Anelletti al forno

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Gli anelletti al forno sono un tipo di pasta al forno chiamata appunto pasta al forno in Sicilia tipica di Palermo e della sua provincia ma diffusi anche nel resto della Sicilia.
Gli anelletti si possono trovare sia negli esercizi commerciali, dai ristoranti alle tavole calde, dalle friggitorie ai bar con gastronomie, ma vengono consumati molto in ambito familiare soprattutto nelle giornate di festa per via della lunga preparazione richiesta.
La pasta che si usa per preparare le teglie di pasta al forno sono appunto degli anelletti (pasta a forma di anello) di circa un centimetro e con uno spessore simile a quello del bucatino. Alla base di tale piatto é un particolare ragù simile a quello bolognese, che nel palermitano anche nella versione classica del ragù alla bolognese viene quasi sempre fatta con l'aggiunta di piselli. Tra le numerose varianti di questo modo di preparazione, alcune prevedono l'uso di prosciutto, dell'uovo sodo nella farcitura interna, altre della mozzarella, altre ancora del pecorino. In alcune gastronomie si può trovare anche in monoporzioni, dette localmente "timbaletti", che vengono preparate in recipienti d'alluminio a forma di tronco di cono.

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Febbre del sabato sera:

Due fette di pizza newyorkese e mangiarle insieme (letteralmente)





Aburaage

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L'aburaage (油揚げ abura-age o aburage), è un prodotto alimentare a base di soia tipico della cucina giapponese.

Produzione

Viene prodotto tagliando a fette sottili il tofu e poi lasciando friggere, dapprima a 110-120 °C e successivamente aumentando la temperatura, arrivando sino a 180-200 °C. L'Abura-age viene anche utilizzato per avvolgere gli inarizushi (稲荷寿司) o aggiunto alla zuppa di miso. Viene inoltre aggiunto ai piatti di udon, che vengono chiamati Kitsune-udon, poiché secondo alcune credenze popolari giapponesi le volpi (kitsune) sono golosissime di tofu fritto in olio.
Prima della seconda frittura può anche essere farcito, per esempio con del nattō. C'è anche una variante meglio nota come atsu-age (厚揚げ) o nama-age (生揚げ).

Storia

I giapponesi furono i primi a elaborare sacchetti di tofu; comunque si conosce poco della loro storia. Il Tofu Hyakuchin del 1782 dava una ricetta di tofu fritto in olio, ma non è chiaro se si gonfiasse come una sacca di tofu. Si sa che sacche di tofu esistono fin dal 1853, quando furono creati gli inarizushi (piccoli involucri di tofu fritto pieni di riso). Questi sacchetti di tofu si prestavano alla grande produzione in fabbrica e alla distribuzione estesa, per la loro conservazione a lunga durata, la leggerezza, e la complessità della produzione.
Nel 1974 le grandi fabbriche usavano 2 tonnellate di soia al giorno per fare 116.600 sacchetti di tofu. Dal 1980 le fabbriche moderne producevano dai 300.000 ai 450.000 sacchetti al giorno, utilizzando friggitrici automatiche. Attualmente in Giappone circa un terzo della soia consumata per il tofu è per il tofu fritto, e si stima che l'85% di questa sia per sacchetti di tofu.
Nella mitologia giapponese l'abura-age è il cibo preferito di Inari e Kitsune.

Agnello d'Alpago

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La pecora alpagota o agnello d'Alpago è una razza ovina di taglia medio-piccola, autoctona della regione dell'Alpago, che interessa i comuni di Chies d'Alpago, Pieve d'Alpago, Tambre, Farra d'Alpago e Puos d'Alpago. La regione Veneto ha ottenuto dal Ministero il riconoscimento sotto la denominazione di Pecora alpagota. L'agnello è invece protagonista di un presidio di Slow Food.
La pecora alpagota è una razza autoctona di taglia medio-piccola, priva di corna e con orecchie minute. Ha un profilo montonino, una curiosa maculatura scura sulla testa e sulla parte inferiore degli arti ed è ricoperta interamente da un mantello folto, fine e ondulato; è una razza rustica, adatta all'ambiente alpino, ma altrettanto idonea all'allevamento in stalla. Considerata ovino a triplice attitudine, cioè valida sia per la carne che per la produzione di latte e di lana, oggi l'alpagota è allevata quasi esclusivamente per l'ottima carne.

Uso in cucina

L'agnello d'Alpago, macellato quando arriva a 5-6 mesi di vita, ha una carne tenerissima, con un giusto equilibrio fra grasso e magro e sensazioni di erbe aromatiche. Gli agnelli migliori sono quelli macellati a 55, 65 giorni dalla nascita e con un peso da vivi di 15, 25 chilogrammi.

Bar mleczny

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Un bar mleczny - letteralmente "latte bar" in polacco (anche se da non confondere con il milk bar australiano ) - è una caffetteria polacca che durante l'era comunista forniva cucina tradizionale polacca sovvenzionata dal governo a basso costo. Il nome deriva dalle cotolette di formaggio , che venivano spesso vendute quando la carne era rara.

Il primo milk bar, chiamato "Mleczarnia Nadświdrzańska", fu fondato nel 1896 a Varsavia da Stanisław Dłużewski, un membro della nobiltà terriera polacca. Sebbene il tipico bar mleczny avesse un menu a base di latticini, questi stabilimenti generalmente servivano anche altri piatti tradizionali polacchi non caseari .

Il successo commerciale delle prime latterie incoraggiò altri imprenditori a copiare questo tipo di ristorante. Quando la Polonia riconquistò la sua indipendenza dopo la prima guerra mondiale, le barrette di latte apparvero in gran parte del paese. Offrivano cibo relativamente economico ma nutriente, e così ottennero ancora più importanza durante la depressione economica degli anni '30 e la seconda guerra mondiale.

Dopo la caduta del regime nazista, la Polonia divenne uno stato comunista nel blocco orientale. Contrariamente alla propaganda ufficiale, la maggioranza della popolazione era povera e anche i ristoranti a prezzi moderati venivano derisi come "capitalisti". Durante gli anni del dopoguerra, la maggior parte dei ristoranti fu nazionalizzata e poi chiusa dalle autorità comuniste. A metà degli anni '60, le barrette di latte erano comuni come mezzo per offrire pasti economici alle persone che lavoravano in aziende che non avevano una mensa ufficiale. Servivano ancora principalmente pasti vegetariani e latticini, specialmente durante il periodo della legge marziale nei primi anni '80, quando la carne veniva razionata.

L'idea prevalente a quel tempo era quella di fornire a tutte le persone pasti economici nel luogo di lavoro. A volte, il prezzo dei pasti serviti nelle mense aziendali era compreso nel salario di un lavoratore. Tuttavia, c'era anche un gran numero di persone che lavoravano in aziende più piccole che non avevano una mensa a loro disposizione. Per questo motivo, durante il mandato di Władysław Gomułka, le autorità hanno creato una rete di piccoli ristoranti self-service. I pasti, sovvenzionati dallo stato, erano economici e facilmente disponibili per chiunque.

Oltre ai latticini crudi o trasformati, le barrette di latte servivano anche uova (omelette o cotolette), pasti a base di cereali o farina come i pierogi. Dopo la caduta del sistema comunista e la fine dell'economia pianificata , la maggior parte dei bar del latte fallì, poiché furono sostituiti dai normali ristoranti. Tuttavia, alcuni di loro sono stati conservati come reliquie dello stato sociale dell'era comunista per sostenere i membri più poveri della società polacca.

All'inizio degli anni 2010, le barrette al latte hanno iniziato a fare un ritorno. Sono diventati piccoli ristoranti economici che hanno approfittato della nostalgia PRL, fornendo cibo di buona qualità e servizio clienti. A causa della loro buona posizione, i bar del latte sono spesso vittime della gentrificazione e sono difesi da gruppi di attivisti. [5] Oggi i bar del latte sono di proprietà privata, ma in parte sovvenzionati dallo Stato, che gli consente di offrire prezzi bassi.





'Nduja

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La 'nduja è un salume calabrese di consistenza morbida e dal gusto particolarmente piccante.
Il nome 'nduja è collegato ad altri due particolari tipi di insaccato costituiti da carne e spezie, il piemontese salam dla doja e la francese andouille, da cui la 'nduja prende il nome. Tutti questi termini traggono origine dal latino "inductilia" («cose pronte per essere introdotte», da "inducere"),
Varianti meno comuni sono la forma italiana anduglia e altre forme dialettali quali 'ndugghia, 'nduda. Notare che la caduta della vocale a inizio parola è norma diffusa nei dialetti della Calabria meridionale (si confronti ad esempio la resa del nome di persona "Andrea", ivi pronunciato "'Ndria"), mentre la resa del suono "gli" varia di città in città (e così una parola come "meglio" sarà pronunciata "megghiu", "meju", etc., a seconda del luogo).
È tipica delle zone dell'altopiano del Poro: Spilinga (in provincia di Vibo Valentia) è il comune d'elezione, ma l'area di produzione è estesa a molti comuni, in particolar modo a quelli del versante tirrenico, a tal punto da fare della 'nduja un alimento tipicamente associato a tutta la Calabria. Preparata con le parti grasse del maiale, con l'aggiunta del peperoncino piccante calabrese, è insaccata nel budello cieco (orba), per poi essere affumicata.
Storicamente la 'nduja è un piatto povero, nato per utilizzare gli scarti delle carni del maiale: milza, stomaco, intestino, polmoni, esofago, cuore, trachea, parti molli del retrobocca e faringe, porzioni carnee della testa, muscoli pellicciai, linfonodi, grasso di varie regioni, ecc. Il successo commerciale è all'origine delle modificazioni attuali nelle diverse composizioni.
L’abbondante contenuto di peperoncino, con le sue proprietà antisettiche, fa sì che la 'nduja non abbia bisogno di conservanti.
Si consuma spalmandola su fette di pane abbrustolito, meglio se ancora calde, o utilizzata come soffritto per la base di un ragù o di un sugo di pomodoro, con aglio; può essere usata per guarnire la pizza, prima degli altri condimenti se cruda, oppure appena sfornata; si può consumare su fettine di formaggi semi-stagionati o può entrare nella composizione di frittate.
Come molti prodotti tipici di un territorio, anche la 'nduja ha la sua sagra, che viene celebrata l'8 agosto di ogni anno a Spilinga. In questa occasione, sono presenti banchetti gastronomici che consentono di degustare la 'nduja in molti modi. Durante la serata è possibile ascoltare musica popolare e assistere al caratteristico camejuzzu i focu, uno spettacolo pirotecnico molto coinvolgente. Tutto il paese, in modo corale, si impegna alla buona riuscita dell'evento, che accoglie ogni anno migliaia di turisti della Costa degli Dei.

Agnello arrosto

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L'agnello arrosto è un secondo piatto tipico della gastronomia dei pastori di tutto il mondo, quindi in Italia lo troviamo nelle regioni lungo tutto l'arco appenninico, nella cucina ligure, nella cucina toscana, nella cucina emiliana, nella cucina abruzzese, nella cucina marchigiana, nella cucina umbra e nella cucina laziale e nelle isole, nella cucina sarda e nella cucina siciliana. Si tratta di un taglio d'agnello, solitamente la coscia, ma anche la spalla, il petto arrotolato, o il carré infarcito con spezie varie e cotto in forno oppure alla brace. Tradizionalmente viene cucinato con un contorno di patate, per festeggiare con l'agnello pasquale la festività religiosa del giorno di Pasqua. Vengono utilizzati agnelli fino a 7 Kg. e agnelli da 10 a 25 Kg.
Gli aromi di base all'italiana sono i classici aglio, alloro, rosmarino e salvia. Oppure usati altri aromi come il ginepro o il pepe verde o altre spezie di tipo orientale come quelle usate nel kebab: origano, menta, peperoncino, cannella, cumino, coriandolo.
La marinata si prepara con vino bianco o rosso, limone o aceto, brodo e gli aromi.
Bordeaux Rouge Château Batailley. Lazio Rosso, Montiano Falesco. Collio Goriziano Cabernet. Poi in ogni regione ognuno abbina il proprio vino rosso: quindi un Montepulciano d'Abruzzo rosso, Costa d'Amalfi Tramonti rosso riserva, Aglianico del Vulture, Brunello di Montalcino, Colli Orientali del Friuli Pignolo, Sangiovese e Cannonau.

 
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