Amatriciana Napoletana? Un Antropologo Svela le Radici Meridionali di un Simbolo Romano

 


Preparatevi, romani, perché un'affermazione destinata a far sussultare le vostre certezze culinarie sta per infrangere un tabù gastronomico: la celebre Amatriciana, icona indiscussa della tradizione culinaria della Capitale, potrebbe avere radici ben più a sud di quanto si creda. A gettare il sasso nello stagno è l'antropologo Marino Niola, che con un'analisi storica e culturale ribalta le carte in tavola, sostenendo che Amatrice, la patria riconosciuta di questo amatissimo piatto, faceva parte del Regno di Napoli fino all'Unità d'Italia. Una rivelazione che non solo riscrive la geografia del gusto, ma che smonta anche alcuni miti sulla nascita del condimento stesso.

L'assunto di Niola è cristallino e affonda le sue radici nella storia politica e territoriale pre-unitaria. Per secoli, Amatrice, pur essendo oggi in provincia di Rieti e dunque nel Lazio, rientrava nei confini del vasto Regno di Napoli. Questo dettaglio storico, spesso trascurato nella narrazione popolare del piatto, suggerisce che le influenze culinarie, gli scambi di prodotti e le tradizioni pastorali si muovessero lungo assi diversi da quelli attuali, legando Amatrice più strettamente al Sud Italia che alla Roma pontificia.

Ma le "provocazioni" dell'antropologo non si fermano qui. Niola scardina anche l'idea che l'Amatriciana sia nata come un sugo da pasta nel senso moderno. Secondo la sua ricostruzione, il piatto avrebbe avuto origini ben diverse, fungendo non da condimento principale, ma da "companatico". Immaginate i pastori che partivano per la transumanza, affrontando lunghi viaggi e condizioni spartane. Avevano bisogno di un pasto energetico, facile da trasportare e da consumare. Così, si portavano dietro il pane da condire con pochi, ma sostanziosi ingredienti: guanciale, strutto e pecorino, il tutto rigorosamente in bianco.

Questa descrizione non vi ricorda nulla? È proprio quella che oggi conosciamo come la Gricia, considerata l'antenata diretta dell'Amatriciana, il suo nucleo essenziale "in bianco". La Gricia, dunque, sarebbe la forma originaria e più antica del piatto, un pasto frugale ma nutriente per chi viveva e lavorava in montagna. Solo in un secondo momento, con l'introduzione del pomodoro dall'America (un ingrediente che ha rivoluzionato la cucina europea dal XVIII secolo in poi), questo companatico si sarebbe trasformato nel sugo rosso che oggi identifichiamo con l'Amatriciana, adattandosi ai gusti e alle disponibilità alimentari delle epoche successive.

La tesi di Niola, sebbene possa apparire eretica per i puristi della tradizione romana, apre un affascinante dibattito sulla fluidità delle culture culinarie e sulla complessità delle loro origini. I piatti tipici, infatti, raramente nascono in una forma fissa e immutabile, ma sono piuttosto il risultato di secoli di evoluzioni, migrazioni di ingredienti, adattamenti climatici e scambi culturali. La storia dell'Amatriciana, rivista in questa chiave, diventa un simbolo di come le frontiere geografiche e politiche influenzino profondamente anche le più radicate tradizioni gastronomiche. È un invito a guardare oltre le etichette consolidate e a esplorare le intricate trame che collegano il cibo alla storia, alla società e all'identità di un popolo. Dopotutto, l'essenza del gusto non risiede solo nella ricetta perfetta, ma anche nella ricchezza delle storie che porta con sé.

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