Koshari

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Il koshari - in arabo: كشرى‎ -, spesso traslitterato kushari, koshary o kosheri, è una popolare pietanza egiziana. Si tratta di un piatto a base di riso (in arabo: أرز‎, arz ), maccheroni (in arabo: مكرونة‎, makarūna ), lenticchie (in arabo: عدس‎, ʿadas ), ceci (in arabo: حمص‎, ḥummuṣ ) e uno strato di aglio egiziano (in arabo: ثوم‎, thūm ), aceto e salsa di pomodoro speziata. Di solito il tutto è guarnito con cipolle (in arabo: ﺑﺼﻞ‎, baṣl ) fritte e condito con il mastika.
Il koshari è in tal modo un piatto vegano, che può riflettere la dieta priva di carni dei Copti durante la Grande Quaresima oppure rifarsi alla velocità della preparazione e/o all'elevato costo della carne per le classi sociali più misere, ma si sta diffondendo l'usanza di aggiungervi fegato fritto o carne di shāwarmā come strato aggiuntivo, visto il loro costo non elevato.
Il koshari è uno dei più popolari, economici, e comuni piatti in Egitto, e molti ristoranti sono specializzati in questo tipo di pasto, anche da asporto.

Piatti simili
Il koshari è simile al kohsheri (Urdu: کھچری), piatto tipico indiano e pakistano, che è fatto con lenticchie e riso. La Mejadra è un piatto simile popolare in Siria, Giordania, Israele e Libano. Inoltre il koshari ricorda i piatti di riso e fagioli dei Caraibi come il gallo pinto.

Arròs negre

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L'arròs negre è un primo piatto spagnolo diffuso principalmente nella comunità Valenciana e nella Catalogna. A causa della sua somiglianza con la paella, il piatto viene anche soprannominato paella negra. Questo piatto è anche popolare a Cuba e a Porto Rico, dove è noto come arroz con calamares. Nelle Filippine, dove è considerato un sottotipo della specialità locale conosciuta come paelya, è noto come paella negra o paelya negra.

Caratteristiche
La ricetta tradizionale dell'arròs negre richiede nero di seppia o di calamaro, riso bianco, aglio, peperoni, cubanelle Sweet verdi, paprica dolce, olio di oliva e brodo di pesce. Tuttavia, molti cuochi aggiungono altri frutti di mare, fra cui granchi e gamberetti.
La fideuà negra è una variante fatta con le tagliatelle al posto del riso e viene solitamente servita con aioli.
L'arròs negre non va confuso con il riso nero, il nome collettivo di diverse cultivar di riso che hanno un colore scuro.

Penne alla vodka

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Le penne alla vodka sono un primo piatto di pasta a base di penne, condite con una salsa a base di panna e pomodoro sfumata con la vodka. Alcune varianti possono includere cipolla, pancetta o altri ingredienti.
La ricetta divenne molto popolare in Italia e negli Stati Uniti d'America intorno agli anni 1980, quando veniva offerta anche ai clienti delle discoteche. La ricetta divenne così un'icona della cucina alla moda dell'epoca, che prediligeva l'uso della panna nei primi piatti. Tutt'oggi le penne alla vodka sono un piatto tipico della cucina italoamericana.

Origini
Ugo Tognazzi creò la ricetta delle penne all'infuriata, una specie di arrabbiata con l'aggiunta di vodka aromatizzata al peperoncino.
L'origine esatta della ricetta non è nota, per quanto l'uso della vodka in cucina sia piuttosto raro.
La prima ricetta di un piatto di pasta con la vodka risale al 1974, quando l'attore Ugo Tognazzi, amante della buona cucina e lui stesso chef amatoriale per i suoi amici, pubblicò il ricettario L'Abbuffone. In tale opera, scritta dopo l'uscita del film La grande abbuffata, è inclusa la ricetta della pasta all'infuriata, descritta come una variante della pasta all'arrabbiata, realizzata con mezzo chilo di penne, mezzo chilo di pomodori pelati freschi, un cicchetto di vodka, peperoncino, aglio, olio d'oliva e alloro. Al posto del peperoncino naturale, si sarebbe potuto utilizzare una nota vodka polacca aromatizzata al peperoncino, famosa per essere "formidabile, tremenda, fortissima, piccantissima, micidiale".
Ci sono diverse rivendicazioni sulla paternità della ricetta, la quale sarebbe stata perfezionata presso il ristorante Dante a Bologna, oppure dallo studente James Doty della Columbia University, oppure da uno chef romano su incarico di una azienda che voleva reclamizzare in Italia e promuovere la propria vodka negli anni 1980, oppure presso il ristorante Orsini di New York dal cuoco napoletano Luigi Franzese.
Negli anni 1980 andò di moda anche un'altra ricetta a base di penne e vodka, chiamata Penne alla moscovita, realizzata però con salmone affumicato, panna e caviale, oppure panna e gamberetti. Data la particolarità e novità della ricetta rispetto alla cucina italiana tradizionale, veniva diffusa nelle discoteche della riviera romagnola con il nome generico di "penne alla vodka".

Penne alla vodka
Il 25 ottobre 2016 l'Associazione statunitense delle industrie del dolce e della pasta italiane riscoprì questa ricetta degli anni '80, riproponendola in occasione della 18ª edizione della giornata mondiale della pasta organizzata a Mosca. L'iniziativa ebbe molto successo, tanto che una ricerca negli USA ha evidenziato che le penne alla vodka sono diventate il secondo piatto di pasta più cercato nei motori di ricerca, dietro solo alla pasta alla bolognese.

Composizione
Oltre alle penne, il piatto è caraterizzato da una salsa a base di panna e pomodori oppure sugo alla marinara, combinazione di ingredienti piuttosto inusuale nella cucina italiana poiché l'acidità del pomodoro tende a separare l'olio dalla panna.
L'aggiunta della vodka serve quindi come emulsionante, consentendo così all'acqua e ai lipidi di rimanere mischiati insieme e stabili; si ritiene inoltre che la vodka favorisca il rilascio di determinati aromi del pomodoro, altrimenti non apprezzabili.

Gnocchi alla bava

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Gli gnocchi alla bava sono un piatto italiano tipico della Valle d'Aosta. Vengono preparati amalgamando degli gnocchi di patate alla fontina, sebbene sia anche possibile insaporirli con altri formaggi, fra cui la robiola, la toma, il grana o il gorgonzola, e la panna. Gli gnocchi alla bava prendono il nome dai suoi caratteristici filamenti di formaggio fuso.

Chawanmushi

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Il chawanmushi è un piatto della cucina giapponese che utilizza nella sua preparazione i semi dell'albero Ginkgo biloba.
È un budino a base di latte e uova mangiato in Giappone come antipasto usando comunemente il cucchiaio e servito tipicamente in una ciotola per il tè. Gli ingredienti principali sono svariati e alla base di uova si possono aggiungere funghi, gamberetti bolliti, kamaboko (un tipo di surimi). Viene aromatizzato con salsa di soia, dashi (brodo di pesce) e mirin (sakè dolce da cucina).

Pastella

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La pastella è un preparato gastronomico finalizzato alla preparazione di vivande fritte, che esse siano verdure, pesce o frutta.
Esistono diverse ricette per la sua preparazione, fermo restando che due elementi sono indispensabili; la farina (di grano tenero o di grano duro) e l'acqua (liscia o frizzante).
I due elementi vengono attentamente miscelati, versando lentamente acqua su una congrua dose di farina, evitando che si formino grumi. In alcune varianti regionali italiane si preferisce aggiungervi anche una modica quantità di birra, in grado di dare un gusto gradevolmente amaro al fritto.
Secondo alcune ricette il preparato così ottenuto viene arricchito da un uovo fresco, che darà oltretutto un gradevole colorito alla pastella, altrimenti di color bianco.
Quanto si vorrà friggere viene infine immerso nella pastella e cotto in olio bollente.

Frittura

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Per frittura si intende il cuocere gli alimenti in lipidi, cioè grassi animali oppure oli vegetali, caldi.
I lipidi usati possono essere, a temperatura ambiente, solidi o liquidi.

Storia
La frittura è un metodo diffuso in tutto il mondo e usato già nel 2500 a.C. in Egitto. In tale paese, si usava olio vegetale generico. Già nell'antica Roma si friggevano i cibi, dolci o salati che fossero, solitamente nell'olio di oliva. Le frictilia, una ricetta del periodo, sono le probabili antenate delle attuali chiacchiere o bugie di carnevale. La maggior parte della popolazione consumava il pasto del mezzogiorno e diversi spuntini per strada, acquistando dalle varie bancarelle o da locali semi aperti vicini alla strada. Questi negozi, le cauponae e le tabernae, vendevano diversi cibi fritti, quali frittate, frittelle, salsicciotti. Esistevano inoltre le vere e proprie botteghe di friggitori, citati anche dal poeta Marziale.
Il fritto nell'antica Roma era prevalentemente in olio di oliva o strutto. Invece nel Medioevo e fino a tempi recenti ha prevalso quest'ultimo. Nel Nord Italia ha prevalso il burro per la ricchezza in allevamenti bovini.
Recentemente si usano anche materie grasse alimentari sottoposte a frazionamento, che permette di separarle in una parte solida e una liquida adatta anche a friggere (per esempio l'olio di palma bifrazionato) da sola o mescolata con altri oli; queste sostanze sono definite "prodotti per friggere" e non sono propriamente oli.
Dato l'alto contenuto in grassi, gli alimenti fritti vanno consumati con moderazione, soprattutto da chi ha problemi cardiovascolari e di fegato. La quantità di grasso assorbita durante la frittura varia da grasso a grasso e da cibo a cibo.
Un rassegna sull'arte della frittura si svolge ad Ascoli Piceno, dove sono famose le olive ascolane, e si chiama Fritto misto all'italiana e dal mondo.

Raccomandazioni
Durante la cottura per via del calore la materia grassa si ossida, cioè si deteriora, e può generare sostanze tossiche, soprattutto una volta superato il punto di fumo. Questa temperatura è diversa per ogni tipo di grasso.
Per questo motivo il grasso non va né usato troppo a lungo o per troppe fritture né rabboccato, altrimenti il grasso aggiunto si deteriora più rapidamente.
La resistenza e il deterioramento di un grasso alla cottura dipendono dalla sua composizione in acidi grassi: i grassi con una quantità maggiore di acidi grassi saturi sono più resistenti mentre quelli con acidi grassi polinsaturi sono meno resistenti. La differenza si fa notare soprattutto nelle fritture successive alla prima o nelle fritture prolungate. Quindi i grassi più sani per la frittura sono quelli con la maggiore quantità di acidi grassi monoinsaturi, non quelli con meno saturi o più polinsaturi che sono i più sani nel caso dell'ingestione.
Queste regole di base valgono naturalmente anche quando per friggere si usa l'olio. Al riguardo, non ce n'è un tipo migliore in assoluto. In generale, un olio è più resistente se contiene una quota maggiore di acidi grassi monoinsaturi. Una circolare del 1991 dell'allora Ministero della Sanità raccomanda l'uso di oli a basso grado di insaturazione e oli monosaturi, come l'olio d'oliva, che ha un contenuto di acido oleico superiore a tutti gli altri e un punto di fumo abbastanza elevato.
Tuttavia, anche l'olio di semi di arachidi presenta un'alta resistenza ed è quindi raccomandato per una buona frittura. L'olio extravergine di oliva non è raffinato e ha di conseguenza una scorta di acidi grassi liberi superiore. Ciò lo rende ricco di sostanze pregiate, ma che ad alte temperature vengono degradate, assieme all’aroma, che tende a svanire.
Per tali ragioni, tranne a basse temperature o con una bassa acidità (ma le etichette non riportano il pH) l'olio extravergine di oliva non è indicato per le fritture. Gli oli di semi di girasole, mais e soia tendono a deteriorarsi facilmente se esposti all’aria e ad alte temperature.
Quindi, l'olio di oliva (non extravergine) e quello di semi di arachidi, soprattutto per le preparazioni dolciarie, sono quelli migliori per friggere, grazie anche al punto di fumo adeguato.

Tecniche di frittura
Le tecniche di frittura variano per la quantità di grassi richiesta, il tempo di cottura, il tipo di recipiente utilizzato e la manipolazione dei cibi. La rosolatura, la frittura al salto, la frittura in padella, la frittura bassa e la frittura profonda sono tutte tecniche comuni di frittura.
La frittura in padella, la rosolatura e la frittura al salto implicano la cottura dei cibi in uno strato sottile di grasso su una superficie bollente, come una padella, una piastra, un wok o un saltiere. La frittura al salto comporta di friggere rapidamente a temperature molto alte, rimescolando continuamente il cibo per evitare che si attacchi alla superficie di cottura e bruci.
La frittura bassa è un tipo di frittura in padella che usa solo la quantità di grasso sufficiente per immergere approssimativamente da un terzo alla metà di ciascuna porzione di cibo; il grasso usato con questa tecnica si usa tipicamente una volta sola. La frittura profonda, d'altro canto, implica immergere totalmente il cibo nell'olio bollente, che viene normalmente rabboccato e usato varie volte prima di essere eliminato. La frittura profonda di solito è un processo molto più elaborato e può richiedere l'uso di oli specializzati per risultati ottimali.
La frittura profonda è ora la base di una industria mondiale molto vasta e in rapida espansione. I prodotti fritti richiamano consumatori in tutte le fasce di età e virtualmente in tutte le culture, il processo è rapido, può essere reso facilmente continuo per la produzione di massa e il cibo emerge sterile e asciutto, con una vita di scaffale relativamente lunga. I prodotti finali possono essere facilmente impacchettati per la conservazione e la distribuzione. Esempi sono le patate fritte espresse e imbustate, le noci, le ciambelle fritte, le fettuccine istantanee, ecc.

 
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