Sartù di riso

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Il sartù di riso è un piatto tipico della cucina napoletana.
Si prepara con riso condito con ragù, piselli, pancetta, funghi, fior di latte o provola, polpettine di carne, salsicce, uova sode e, tradizionalmente, con fegatini di pollo. Il tutto viene infornato e quindi sformato prima di essere servito.
Si può presentare in sia nella versione al sugo, con ragù, che in bianco, senza.

Storia
Il riso, prodotto importato dagli Aragonesi nel Regno di Napoli, non riscontrò successo a Meridione - tranne in Sicilia, dove venne introdotto dagli Arabi. Venne adottato dalla Scuola Salernitata di Medicina e prescritto come cura per gli ammalati, ma non dal popolo, che gli preferiva la pasta. Il sartù nacque probabilmente dalla necessità di adattare questa pietanza al gusto di corte, sotto l'influenza della regina austriaca Maria Carolina. I monsù, cuochi francesi di corte, crearono nel Settecento questo piatto, arricchendo il riso con numerosi ingredienti e mascherandone il sapore con la salsa di pomodoro. Il nome stesso del piatto verrebbe dal francese surtout, il centrotavola che venne in uso nel Settecento e che poteva anche essere usato per portare in tavola il sartù, cucinato come un timballo.

Stracotto alla piacentina

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Lo stracotto alla piacentina (stracòt) è un piatto tipico della cucina della provincia di Piacenza inserito nell'Albo dei Prodotti agroalimentari tradizionali italiani.
Si tratta di una preparazione a base di carne di manzo cotta prolungatamente in un sugo a base di passata di pomodoro, aromi vari e vino. La sua grande diffusione, specie nei decenni scorsi, era dovuto al fatto che con la carne dello stracotto si preparava il ripieno degli anolini.

Preparazione
Le parti del manzo più indicate per lo stracotto alla piacentina sono il girello (conosciuto anche come magatello) e il bordone di coscia (noce). La carne verrà fatta rosolare per cinque o sei ore a fuoco lento in una casseruola nella quale saranno stati messi un pezzo di burro, cipolla, lardo o in alternativa pancetta piacentina tritata, passata di pomodoro e vino rosso o bianco da aggiungere durante la fase di cottura. Inoltre, prima della cottura, è possibile fare marinare la carne per lunghe ore con rosmarino, cipolla, salvia, prezzemolo, aglio e vino. Il piatto si serve a fette, eventualmente accompagnato da polenta o puré di patate.

Soutzoukakia Smyrneika

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I Soutzoukakia smyrneika (in greco Σουντζουκάκια σμυρνέικα) è un piatto tipico dei greci di Smirne. Si tratta di polpette al sugo arricchite da spezie orientali quali il cumino che conferisce un sapore molto intenso e particolare. Solitamente vengono accompagnate a del riso in bianco.

Salsa di pomodoro

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La salsa di pomodoro, o sugo di pomodoro, è un sugo ottenuto dalla cottura della polpa dei pomodori nell'olio di oliva e utilizzato nella cucina italiana come condimento per la pasta.
La ricetta base ha dato origine a innumerevoli varianti.

Preparazione
All'interno della cucina italiana esistono due diverse modalità e ricette della salsa di pomodoro, una tipica del centro nord e una del centro sud.
La versione del centro nord è preparata con un soffritto di sedano, carota e cipolla, a cui si aggiungono poi i pomodori, che vengono schiacciati e portati a bollore. La cottura avviene in sostanza tramite bollitura.
La salsa del centro sud, invece, è preparata solo con aglio, solitamente intero e "vestito": i pomodori vengono quindi aggiunti e rosolati interi a fiamma media, venendo schiacciati solo a fine cottura.

Storia
Sebbene la definizione di cosa sia in realtà una salsa di pomodoro appare incerta, nell'accezione di "sugo ottenuto principalmente a base di pomodoro", le prime fonti certe di una tale preparazione riconducono alla cucina napoletana. Fu per primo il Latini ad illustrarne una ricetta, tuttavia in questo caso si dovrebbe correttamente parlare di una insalata di pomodori cotti più che di una vera salsa. La prima opera che propose in maniera sistematica l'utilizzo di una salsa di pomodoro, viene ricondotta ad un ricettario pubblicato sempre a Napoli nel 1773, quando Vincenzo Corrado, nella sua opera più famosa propose ben tredici ricette di salse di pomodoro, evidente sintomo di un costume ormai diffuso nel mezzogiorno italiano. Tuttavia anche in questo caso si tratta di salse pensate per accompagnare le portate (mai la pasta), non entrando di fatto nella composizione della pietanza. La prima opera che illustra una ricetta nella quale i pomodori vengono suggeriti come condimento per le paste asciutte, viene attribuita a Francesco Leonardi che, nella sua monumentale opera in sei volumi, l'Apicio Moderno, propone il “Ragù di Maccaroni” (pag. 25, IV Vol.), con la quale ci rimanda ai “Maccaroni alla Napolitana”. Questa consolidata tradizione verrà confermata nel 1807, quando, sempre a Napoli, verrà dato alle stampe "La cucina casereccia" di M.F. Il primo ricettario nel quale la salsa di pomodoro cessa di essere un semplice companatico ed entra finalmente nella preparazione della pietanza; in questo caso, il “Ragù di vacca o di vitello”, la prima del Ragù alla napoletana. Infine nell'edizione del 1844 (ed. I, 1837) della sua opera Cucina casereccia fece la sua prima comparsa la più nota delle salse "all'italiana", con il basilico aglio ed l'olio. Ricordiamo che sebbene venga spesso menzionato per essere stato il primo a proporre un abbinamento tra pasta e salse di pomodoro, in nessuna opera del Nebbia, se non in edizioni tarde di ottocento inoltrato, compare questo connubio, nemmeno indirettamente, A questo autore va riconosciuto comunque il merito di essere il primo autore proporre il riso con il pomodoro, e fu anche il primo a proporre la mantecatura, ed. I, p. 24.

Frittura bassa

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La frittura bassa è una tecnica di cottura che consiste nel cuocere il cibo in uno strato poco profondo e preriscaldata di grasso, burro chiarificato, olio o una miscela dei tre ingredienti. Si usa tipicamente per preparare tagli di carne e pesce in porzioni, polpette e frittelle. Può essere usata anche per cuocere le verdure.
I cibi a bassa frittura sono spesso impastellati: in generale, le coperture protettive non sono necessarie, ma in alcuni casi, specialmente per piccoli tagli di vitello, pesce o fegato, infarinare le superfici aiuterà a colorirle. Il pangrattato si usa frequentemente e dà un particolare gusto al piatto quando viene cotto. Il condimento dovrebbe essere aggiunto poco prima della cottura, tranne quando si fa prima dell'impanatura o della copertura.
La frittura bassa è un processo ad alto calore, che favorisce l'imbrunimento e, in alcuni casi, una reazione di Maillard. Poiché il cibo è solo parzialmente sommerso dalla materia grassa (di qui il nome, in contrapposizione alla "frittura profonda", che prevede l'immersione totale nella materia grassa), deve essere parzialmente rivoltato durante il processo di cottura. Alcuni cuochi raccomandano di cuocere prima il lato di "presentazione" del cibo, perché questo si brunirà meglio.

Bollito misto

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Il bollito misto è una specialità culinaria tipica della cucina piemontese diffusa anche nel resto del nord Italia. È un secondo piatto costituito da vari tagli di carne che vengono fatti bollire a lungo e poi serviti insieme molto caldi, con l'aggiunta delle verdure bollite insieme alla carne, solitamente carote, cipolle e sedano, oltre ad eventuale purè di patate o patate bollite.

Preparazione

I tagli tradizionalmente più utilizzati del manzo sono:
  • scaramella,
  • coda,
  • muscolo,
  • lingua,
  • testina.
Ad essi vengono aggiunti altri tagli bovini tra i quali la spalla, il brut e bon (brutto e buono), il tenerone, il fiocco e il cappello del prete.
Se si è interessati ad utilizzare successivamente il brodo occorre aggiungere la carne nell'acqua fredda, togliere la schiuma che si forma quando inizia a bollire e solo successivamente aggiungere gli odori, se invece il brodo non interessa si può aggiungere la carne all'acqua in ebollizione.
Spesso oltre alla carne di manzo è presente anche quella di cappone, in alternativa la gallina o il pollo ruspante. Talora viene aggiunto anche del maiale, sotto forma di zampone o cotechino, che devono essere cotti a parte (così come la lingua).

Gran bollito misto alla piemontese

La tradizionale ricetta del Gran bollito misto alla piemontese, detta anche del Bollito storico risorgimentale piemontese perché particolarmente gradita a re Vittorio Emanuele II, comprende sette tagli principali di manzo, cotti insieme nella pentola più grande, sette ammennicoli (ovvero tagli di carne da cuocersi in pentole separate), sette bagnetti o salse, un richiamo (lonza di maiale) e quattro contorni (patate lesse, spinaci al burro, funghi trifolati e cipolle in agrodolce). Al termine è consigliata una tazza di brodo ben caldo.

Accompagnamento

Il bollito viene spesso accompagnato da salse, tra le quali: maionese, senape, cognà, bagnet verd, bagnet ross e salsa verde; spesso sono presenti la mostarda di Cremona o la cognà e una ciotola di brodo bollente.
Il piatto è tradizionalmente invernale, ma non è inusuale reperirlo anche in altri periodi dell'anno.
Per accompagnare il bollito misto vengono consigliati vini rossi moderatamente acidi e tannici e non troppo invecchiati. Tra i vini piemontesi oltre a quelli a base di Barbera e di Dolcetto molto adatto è il Grignolino.

Coppia ferrarese

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La Coppia ferrarese (ciopa, ciupeta o pane ferrarese) è un prodotto di panetteria a indicazione geografica protetta tipico della provincia di Ferrara.
Il 27 febbraio 2004 si è costituito il Consorzio di tutela per la coppia ferrarese IGP.

Storia

Prima del XII secolo era confezionato a mo' di pagnotta, senza orli, bordi o ricami. Successivamente i legislatori della signoria estense dettarono severe norme per la confezione del pane, per la sua conservazione e per l'identificazione del produttore.
Uno statuto del 1287 ordinava ai panettieri di fare pane:
  • con orletti
  • che non si abbassasse quando si cuoceva
  • di un peso specifico
  • ben cotto
  • quando ultimato di coprirlo con un drappo bianco
  • apporre un sigillo che identificasse il produttore
  • i forni non dovevano essere situati nelle vie più trafficate perché il pane non si impolverasse
La versione più rassomigliante nella forma all'attuale coppia ferrarese si può far risalire al carnevale del 1536. Quando in una cena imbandita in onore del duca di Ferrara, secondo la leggenda, messer Giglio presentò in tavola un pane ritorto, con i caratteristici "crostini" aventi una forma simile a cornetto.

Metodo di produzione

  • Ingredienti: 1 kg di farina di grano tenero di tipo “0”, 350 gr d'acqua, 60 gr di strutto di puro suino, 30/40 gr di olio extravergine di oliva, 100 gr di lievito naturale “madre”, sale, malto.
  • Lavorazione: gli ingredienti vengono lavorati nell'impastatrice per 15/20 minuti. La pasta viene “stirata” nel cilindro con 15/20 passaggi. Viene tagliata a strisce e immessa nella macchina per la formazione delle coppie. Il pane viene posto su assi di legno coperto da un telo e immesso nella cella di lievitazione per 70/90 minuti. La cottura avviene in forni a platea fissa (calore dal basso verso l'alto). Pesa tra gli 80 e 250 gr. Umidità massima da 12 al 15%. Venduto entro 24 ore, non potrà essere surgelato o congelato. Anche nella proposta di modifica del disciplinare del 2007 viene confermata la stessa procedura.

Conservazione domestica della coppia

Benché il massimo della fragranza della coppia si abbia nello stesso giorno in cui viene prodotta, caratteristica che probabilmente sta alla base dell'obbligo imposto dal disciplinare di vendere il pane entro le 24 ore dalla produzione, rimane possibile la conservazione domestica in sacchetto di carta chiuso dentro un normale portapane, anche per diversi giorni (dipendentemente dal clima e dalla temperatura esterna). Questa proprietà fa apprezzare la coppia anche da persone che consumano abitualmente pane di pezzatura grossa (pagnotte tipo pane pugliese, ecc.). Inoltre la coppia ferrarese comincia a diffondersi anche in regioni diverse, e si trova in vendita, ad esempio, anche in esercizi commerciali del Trentino. Qui arriva come impasto semilavorato e viene ultimata la cottura.
La conservabilità della coppia ferrarese è infatti nella sua origine storica. Le tradizioni rurali del territorio di Ferrara infatti prevedevano che in famiglia si panificasse una o al massimo due volte a settimana. Questo comportava la necessità della conservazione del pane per diversi giorni. Per questo motivo non è escluso che la ricetta della coppia ferrarese si sia progressivamente adattata a questa necessità di avere pane buono anche dopo giorni. Il pane infatti rimane friabile e sempre adattissimo per molte pietanze.
Come per gli altri tipi di pane è bene che nei contenitori dove si conserva la coppia non vi siano cibi aromatici, perché il pane in breve tempo acquisisce il loro sapore. Negli ultimi anni si è imposto anche il metodo di conservazione mediante surgelazione domestica. Il pane quindi può essere consumato anche molto tempo dopo la sua produzione.

La coppia ferrarese nella cultura

Molte sono le citazioni del pane ferrarese ad opera di protagonisti del mondo culturale. In un articolo del 2008, Folco Quilici racconta come nella sua famiglia la coppia ferrarese, finisse presto al centro dell'attenzione nei discorsi con ospiti "forestieri". Nonostante il lavoro di documentarista abbia portato Quilici in giro per il mondo, ed abbia quindi avuto occasione di assaggiare numerosi tipi di pane, egli chiude l'articolo in questione dicendo: "È stato per me «il cibo preferito» e qualunque sforzo io faccia, è sempre il pane ferrarese che mi manca, che desidero, che non perdo occasione di magnificare e di gustare”.
Riccardo Bacchelli parlava del pane ferrarese come de “Il Pane migliore del mondo.” Nella sua opera "Il mulino del Po" narra appunto del luogo dove si produceva la farina per il pane ferrarese.
Il rito della panificazione domestica nelle famiglie ferraresi è cantato anche da Corrado Govoni in "Casa Paterna" nell'opera poetica "Inaugurazione della primavera" del 1915. Ed in un altro luogo ebbe occasione di dire: "Il nostro Pane: orgoglio di noi ferraresi. Dono dell'aria, dell'acqua, dell'uomo. Offerta generosa di Ferrara al mondo.”

Il pane Ferrarese ed i tempi che cambiano

Dopo l'ottenimento per la coppia, nel 2001, da parte della Comunità europea del marchio di prodotto Igp (Indicazione Geografica Protetta) e in seguito, nel 2004, della nascita del Consorzio di Tutela per la coppia ferrarese Igp, il tipico pane ferrarese vive un momento di problematiche legate al disciplinare molto rigido riguardante la sua preparazione.
Rimane ferma la grande qualità della coppia ferrarese e le sue caratteristiche che ne hanno fatto un prodotto tipico di alto livello ancora prodotto nel territorio della provincia di Ferrara. Il problema che diversi panifici hanno incontrato è piuttosto quello del rispetto delle norme molto restrittive che riguardano alcune fasi della sua preparazione, previste dal disciplinare e che è problematico seguire in modo rigoroso.

 
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