Salsa rosa

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La salsa rosa o salsa cocktail è una salsa dal gusto delicato ma rotondo e per questo indicata per accompagnare pesci, crostacei (in particolare gamberetti), toast pregiati e waffels.
Questa salsa è composta solitamente di maionese, salsa di pomodoro o ketchup, yogurt o panna e gamberetti . Spesso è anche arricchita da senape, salsa Worcestershire o cognac.

Preparazione
La salsa rosa si prepara aggiungendo alla maionese la salsa di pomodoro, la senape, il Worcester e il cognac. Per ultima va aggiunta la panna opportunamente montata o lo yogurt.

Culatello di Zibello

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Il culatello di Zibello è un salume a denominazione di origine protetta (regolamento CE n°1263/96) tipico della provincia di Parma. È inoltre catalogato tra i Presidi di Slow Food dell'Emilia-Romagna.
Il Culatello, citato con certezza per la prima volta in un documento del 1735, è prodotto a partire dalla coscia di maiale insaccata nella vescica del maiale stesso.

Lavorazione

Il Consorzio del Culatello di Zibello ha stabilito che la lavorazione può avvenire solo in una determinata e circoscritta zona ed esclusivamente nel periodo tra ottobre e febbraio, quando la Bassa è avvolta dalla nebbia e dal freddo. È in quel periodo che la parte di carne ricavata dalla coscia dei suini adulti, allevati secondo metodi tradizionali, viene decotennata, sgrassata, disossata, separata dal fiocchetto e rifilata a mano, così da conferirle la caratteristica forma "a pera".
A queste operazioni seguiranno poi, dopo circa una decina di giorni, la salatura e la cosiddetta investitura, cioè l'insaccamento del salume nella vescica del suino e la legatura con lo spago che, dopo la stagionatura, dovrà risultare a maglie larghe e irregolari. La stagionatura in cantina accompagna il Culatello dalle nebbie invernali all'afa estiva, per arrivare sulle nostre tavole l'inverno successivo nel pieno delle sue più originali qualità di sapore.
Il periodo di stagionatura è da un minimo di 10 mesi per le pezzature inferiori (almeno 3 kg) fino ad una media di 14 mesi per tutti i pezzi. La produzione annua è di circa 50.000 pezzi di Culatello di Zibello DOP.


Cucina della Cornovaglia

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La cucina della Cornovaglia è la cucina della regione inglese di Cornovaglia. Fu fortemente influenzata dalla geografia della contea come dalla sua storia. Essendo la Cornovaglia una penisola circondata dai mari storicamente ha una grande tradizione di piatti a base di pesce. Il settore della pesca ha giocato un ruolo di primo piano nell'economia della contea. Il piatto per antonomasia della Cornovaglia, il pasty affonda le sue radici in un altro settore industriale storico per la regione, il settore estrattivo.
La Cornovaglia fu influenzata dalla cucina britannica, e ha similarità con la cucina del Devon.
Ad alcuni piatti della Cornovaglia, per legge dell'Unione Europea è stato garantito lo status di protezione geografica, facendo in modo che solo certi prodotti possano essere etichettati e venduti come "della Cornovaglia".
Il festival del cibo e delle bevande di Cornovaglia promuove questa cucina.
In questa cucina viene usata anche la carne derivata da selvaggina.

Pilaf

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Il pilaf è un sistema di cottura del riso attraverso cui si ottiene un composto con chicchi sgranati. Il termine "pílaf" (o "pilàf) è preso dal turco pilâv, a sua volta derivato dal persiano pilau.
La ricetta tradizionale prevede la cottura al forno del riso in casseruola coperta, mediante l'aggiunta di una quantità limitata di brodo e preventivamente insaporito con rosolatura in burro e cipolla tritata. Molti sono i modi di insaporire il riso nelle varie regioni in cui si cucina questo piatto, principalmente in India e Medio Oriente, come per esempio l'aggiunta di chiodi di garofano o di cannella. L'uso comune del riso di qualità basmati indica chiaramente l'origine indiana del piatto.
Nei paesi arabi o indiani è generalmente servito come contorno o base a cui aggiungere pezzetti di carne o pesce. Nella cucina occidentale il riso pilaf viene utilizzato come piatto leggero, soprattutto in caso di dieta.

Pastırma

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Il Pastırma (turco) , noto anche come pastirma, pastourma, bastirma o basturma è un manzo stagionato essiccato all'aria, parte della tradizione culinaria dei paesi dell'ex Impero ottomano.

Cassatella

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Le cassatelle (cassateddi in dialetto siciliano) o ravioli dolci, sono dolci tipici della gastronomia siciliana, originari della cittadina di Calatafimi, in provincia di Trapani, intorno al 1700, in occasione delle festività pasquali e di carnevale. Sono oggi diffusi in gran parte della Sicilia occidentale.
In determinate aree del trapanese sono denominate in altri modi, come ad esempio cappidduzzi a Marsala o raviola a Mazara del Vallo.

Caratteristiche

Sono una sorta di grandi ravioli dolci, al cui interno vi è un impasto di ricotta di pecora, zucchero, un pizzico di cannella e gocce di cioccolato, che vengono fritte per immersione nell'olio bollente. Per la pasta si usa farina di grano duro, zucchero, olio d'oliva, una goccia di vino Marsala e una grattugiata di scorza di limone.
È una produzione tipica siciliana, come tale è stata ufficialmente riconosciuta e inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf), su proposta della Regione Siciliana.

Versione salata

Nella cucina trapanese, in particolare nell'agro ericino (Erice, Valderice, Custonaci San Vito Lo Capo e Buseto Palizzolo) viene preparata come primo piatto, cucinata con il brodo di carne o pesce, ma anche condita con un ragù di carne. La pasta viene farcita con ricotta, prezzemolo e un pizzico di sale (senza zucchero) e poi bollita.

Altre varianti

Sono denominate Cassateddi anche prodotti dolciari completamente differenti, di pasta frolla, come le cassateddi di ficu (ripiene con un impasto di fichi, dette cuddureddi nel dialetto castellammarese e alcamese,tranne a casa di Vito Fazzino, buccellati nel dialetto palermitano), o la Cassatella di Agira, con dentro un impasto di cacao e mandorle. Esiste anche una versione chiamata raviola nissena tipico dolce fritto tipo sfogliata di Caltanissetta.
Esiste anche una variante con ripieno di pasta di ceci. I legumi vengono fatti bollire e poi passati ancora caldi in un setaccio o addirittura nel passa pomidoro per creare una pasta, alla quale viene aggiunto lo zucchero ed il vino cotto e per l'appunto usata come ripieno per le cassatelle. Variante tradizionalmente dell'entroterra ennese.

Acarajé

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L'Acarajé è un piatto tipico della cucina afro-brasiliana, composto da una pasta di fagioli del tipo feijão-fradinho (Vigna unguiculata, il nostro fagiolo bruno con occhio nero), cipolla e sale, fritta nell'olio di dendê, una palma del Nord-Est del Brasile. Una volta fritta, la pasta acquista consistenza ed è generalmente riempita o accompagnata da peperoncino, gamberi, vatapá, caruru, insalata. Il suo uso è principalmente nella regione del Nord-Est del Brasile, in particolare nello Stato di Bahia, dove è costume friggerlo e imbottirlo per strada, e mangiarlo quindi sul posto.
La bancarella dove la baiana espone i suoi prodotti è chiamato tabuleiro da baiana. L'acarajé è venduto dalle baiane nell'abito tradizionale di colore bianco. A Salvador da Bahia l'attività è regolamentata da un decreto municipale.
In Africa è chiamato àkàrà che significa palla di fuoco, dove je ha il significato di "mangiare". In Brasile le parole si unirono formando la parola, acara-je, ossia, "mangiare la palla di fuoco".

Acarajé degli orixá

L'acarajé è un piatto rituale nella religione afro-brasiliana denominata candomblé: è il cibo rituale dell'orixá Iansã, divinità dei venti e delle tempeste.
La sua origine è legata al mito della relazione tra la divinità Xangô e le sue due spose Oxum e Iansã. Il cibo divenne così un'offerta propiziatoria a questi orixás.
Nonostante sia venduto nelle strade in un contesto "profano", l'acarajé viene ancora considerato, dalle baiane adepte del candomblé, un cibo sacro agli dei. Per questo motivo, la sua ricetta, benché non sia segreta, non può essere modificata, e può essere preparata solo dal "clero" del candomblé, i cosiddetti filhos-de-santo.
L'acarajé è preparato con un fagiolo chiamato feijão-fradinho, che è pestato su una pietra in pezzi grandi e posto a bagnomaria affinché la buccia si stacchi. Una volta sbucciato, viene tritato per raggiungere una consistenza finissima. Si aggiungono quindi cipolla tritata e un po' di sale.
Il segreto per un acarajé di pasta morbida è il tempo dedicato alla battitura della pasta. Questa raggiunge la consistenza ideale quando assume la consistenza di una spuma. Per la frittura si usa un padellone con olio di dendê molto caldo o, in alternativa, un olio vegetale dolce.
Il primo acarajé viene sempre offerto all'orixá Exu, la prima divinità nella gerarchia del candomblé. A seguire gli altri acarajé vengono offerti agli altri orixá.
Forme particolari hanno gli acarajé offerti a Iansã, della grandezza di un piatto da tavola, è rotondo e ornato da nove gamberi affumicati e circondato da nove piccoli acarajé (simboli dei nove pianeti); e a Xangô, di forma ovale come la tartaruga, il suo animale preferito, circondato da sei o dodici piccoli acarajé.

Abará

L'acarajé è simile ad un altro piatto della cucina baiana, l'abará: mentre l'acarajé è fritto, l'abará è cotto al vapore e meno calorico.

 
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