Andouille

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L'andouille è il nome generico sotto il quale vengono indicate elaborazioni di salumeria diverse, anche fortemente differenziate, che riflettono tradizioni locali anche molto antiche, inegualmente codificate dal Code des usages de la charcuterie (Codice d'uso della salumeria), redatto come riferimento per gli operatori professionali.
Molto comunemente si tratta di salumeria composta di trippa del maiale: intestino crasso (40 % circa), intestino tenue (43 % circa), altre componenti di trippa (17 % circa), senza aggiunta di grassi né di leganti, con aggiunta invece di sale da cucina, pepe, spezie ed erbe aromatiche da cucina. Il concetto di utilizzo molto prevalente di elementi dell'apparato digerente del maiale non è tuttavia applicabile a certi tipi di andouille (andouille di carne, di cotenna, di cavallo, andouille rosse o sabardin).
Il termine andouille è frequentemente utilizzato dal medioevo, con significati spesso imprecisi e molto diversi.

Modi di produzione e denominazioni

L'andouille, nel contest attuale (così come la propongono salumieri con grandi superfici di lavorazione o meno), è di origine esclusivamente suina, salvo il caso molto particolare e marginale dell'andouille di cavallo. Secondo il Code des usages de la charcuterie, una mescolanza o un insieme eterogeneo di diversi costituenti, insaccato in un tubo cilindrico di diametro e lunghezza variabili. Il prodotto si presenta comunemente sotto la forma di un cilindro irregolare da 25 a 30 cm di lunghezza e da 4 a 6 cm di diametro, arrotondato alle estremità. A una di queste uno spago serve per appenderlo.
La maggior parte delle andouille sono affumicate (salvo le andouille dette "di carne" e sabardin; è obbligatorio precisare nella denominazione di vendita che un prodotto fa eccezione evitando l'affumicatura).
Certe andouille tradizionali, ma molto meno diffuse, vanno cotte lentamente, eventualmente dopo la dissalatura, in questo ben diverse dai tipi Vire o Guéméné ben noti, il più spesso affettati in rondelle per gustarsi come aperitivo (se non sono addirittura già vendute al dettaglio affettate).
È ancora possibile, in certe regioni e presso certi salumieri, acquistare delle andouille non affumicate e non cotte, come delle andouille affumicate ma non insaccate dal produttore.
Si distinguono numerosi tipi di andouille, non sempre molto chiaramente, dipendendo ciò dalle località e dai metodi di produzione, dall'esistenza di una clientela dal gusto più o meno formato da una "tradizione". Le denominazioni sono, per alcune, "ufficiali", riconosciute e descritte dal Code des usages de la charcuterie (che tiene conto dell'evoluzione degli usi e non è opera di storici esigenti); altre, seguendo l'esempio dell'Andouille du Val d'Ajol, che è un marchio depositato presso l'INPI (Istituto Nazionale della Produzione Industriale); altre, ancora, sono semplici denominazioni volontarie riprese dalla stampa locale, i cui autori mettono volentieri in risalto il "territorio".
  • l'andouille «campagnarde»(campagnola) (definizione facile, ma senza significato alcuno quanto alla composizione e alla preparazione);
  • l'andouille de Baye (denominazione locale d'un'andouille corrispondente, secondo il Code de la charcuterie, alla categoria Andouille de Vire);
  • l'andouille di Cambrai, citata nel Code des usages de la charcuterie come «denominazione particolare» ;
  • l'andouille di Charlieu;
  • l'andouille de Couenne, specialità del Sud-Ovest, citata nel Code des usages de la charcuterie come «denominazione particolare»
  • l'andouille di Couvin (Belgio) ;
  • l'andouille di Guémené, citata nel Code des usages de la charcuterie come «denominazione particolare» (uno dei prodotti più identificabili, con i suoi anelli concentrici) ;
  • l'andouille de Jargeau, citata nel Code des usages de la charcuterie ;
  • l'andouille du Val-d'Ajol, che proviene da un'area dei Vosgi molto delimitata (marchio depositato nel 1994);
  • l'andouille di Vire, citata nel Code des usages de la charcuterie come «denominazione particolare»;
  • l'andouille de Revin, citata nel Code des usages de la charcuterie come «denominazione particolare»;
  • l'andouille de Bretagne, o Bretonne supérieure, citata nel Code des usages de la charcuterie come «denominazione particolare» ;
  • l'andouille rouge o sabardin, specialità della Loira, aromatizzata al vino rosso, citata nel Code des usages de la charcuterie come «denominazione particolare».
  • il Grenier médocain, andouille non affumicata, composta di stomaco di maiale, repertoriata dal Code des usages de la charcuterie come «denominazione particolare» dal 2016;
  • diverse andouille di paese, di tipo "Vire", composte con la testa e il cuore del maiale, in proporzioni variabli, non determinate attualmente (2017) dal Code des usages de la charcuterie.
L'andouille de Vire è prodotta per riempimento (montaggio in forma ellittica delle budella attorcigliate). Quella di Guémené è prodotta per infilature successive in intestino crasso di maiale che funge da contenitore. Le differenze strutturali fra tali prodotti affumicati, i più commercializzati, sono evidenti alla vista.
Quelle di Vire e di Guéméné non sono necessariamente Vire e Guéméné. Tuttavia esse devono essere confezionalte completamente a mano quando la denominazione di vendita viene qualificata come authentique (autentica) o véritable (veritiera) (tutte le citazioni geografiche in etichetta implicano un'effettiva localizzazione: una véritable andouillette de Troyes, per esempio, deve provenire dal dipartimento dell'Aube e dai cantoni limitrofi.
La citazione di Andouille supérieure à, o aux, è lecita in Francia se è conforme alle prescrizioni del Code de la charcuterie, quando vi si aggiungono, in una certa percentuale, elementi di maiale, non usuali per questo prodotto, quali lardo o pancetta.
L'andouille de Couvin è costituita di un tratto d'intestino crasso, ove s'inseriscono altre budella sempre più sottili, mescolate a parti di lingua.
La 'nduja è un salame tipico della Calabria, molto speziato. Il suo nome proviene dal francese andouille, per allusione indubbiamente a un tipo di prodotto simile, a base di trippa e di altre parti povere del maiale.

Associazioni

Numerose confraternite, incoraggiate dagli Uffici del Turismo locale, celebrano l'andouille e ne fanno l'oggetto-feticcio di festival e di cerimonie fantasiose.
  • La Confrérie des Chevaliers du Goûte-andouille di Jargeau organizza un concorso internazionale della migliore andouille.
  • La Docte Insigne et Gourmande Confrérie des Taste-Andouilles et Gandoyaux di Val d'Ajol attribuisce, ogni anno, il "Premio letterario dell'andouille", facetamente soprannominato localmente il "Goncourt della salumeria" Il testo deve essere redatto su carta solforizzata di macelleria).
  • La Confrérie des Chevaliers de la bonne Andouille di Aire-sur-la-Lys.
  • La Confréries des faiseurs d'andouille di Charlieu.

Etimologia ed evoluzione del termine

Dal Dictionnaire universel contenant généralement tous les mots français di Furetière, pubblicato nel 1690, fino alla nona edizione del Dictionnaire de l'Académie, passando per il Littré, un'etimologia è costantemente avanzata: la denominazione verrebbe dal latino inductilia (cose da introdurre), che deriva da inducere (introdurre).
Si noterà tuttavia che Furetière avanzò anche come etimo "un vecchio termine celtico o basso-bretone": Anduiller, secondo lui con lo stesso significato.
Il termine Andoile comparve, prima del 1200, in un episodio del Roman de Renart, che pone in scena la volpe e l'astuto gatto Tybert.
"Nuls ne puet bonne andouille faire de tels boiaus" (Nessuno può fare della buona andouille con tale budello), scriveva Jean de Meung, nel suo Testament, alla fine del XIII secolo.
Un secolo dopo, l'andouille (scritta Andoulle) ebbe gli onori del Ménagier de Paris, trattato d'economia domestica destinato all'educazione d'una sposa molto giovane:
« [...] les andouilles sont faites du boyau culier et autres boyaux gros, lesquels gros sont remplis des autres (...) » (le andouille sono fatte con la parte finale dell'intestino e altre parti, che sono sempre riempite delle altre…)
Nel XVIII secolo, l'erudito culinario Menon parlò delle andouille affumicate, ove la carne del coniglio si mescolava a quella del maiale, delle andouille de Troyes, delle andouille «di vitello, di manzo e di cotica».

Crumble

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Il crumble è un piatto di origine inglese e irlandese, del quale esistono due versioni, dolce o salata.
La versione più diffusa è quella dolce, che viene preparata usando frutta cotta con zucchero, ricoperta da un impasto friabile di burro, farina e zucchero. La versione salata, invece, contiene carne, verdure salsa e formaggio. Il prodotto va cotto in forno fino a quando la copertura diventa croccante. La variante dolce viene servita con crema pasticciera o panna, mentre quella salata viene spesso accompagnata con verdure. La frutta solitamente utilizzata nel crumble, include mele, more, pesche, rabarbaro, uva, prugne e cocco. Alcune volte si possono abbinare alcuni di questi frutti in un solo crumble. La mela e il rabarbaro, per esempio, vengono spesso usati insieme. La copertura può essere preparata impiegando anche fiocchi d'avena, mandorle o altri tipi di frutta con guscio. Spesso viene aggiunto dello zucchero di canna, che caramellizza una volta cotto, oppure frammenti di biscotti e cereali.
La ricetta ha origine in Gran Bretagna nella seconda guerra mondiale a causa del ferreo razionamento delle risorse alimentari.

Baked potato

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La baked potato, o jacket potato, specialità culinaria anglosassone, è una grande patata farcita. Essa può essere cotta nel forno a legna, nel microonde o grigliata sul barbeque. La farcitura varia a seconda del luogo.

Varianti locali

Regno Unito

Sulle strade del Regno Unito la jacket potato è stata uno dei cibi più venduti. Si stima che nella Londra di inizio Novecento si vendessero 10 tonnellate di jacket potato ogni giorno.
La patata viene cotta con la buccia, quindi farcita con fagioli, formaggio a scaglie e maionese. Il tonno, il pollo e il bacon sono farciture alternative della jacket potato, ma meno usate.
L'alimento è da poco tornato per le strade d'oltremanica come alternativa salutare ai fast food. Nel 1974 è infatti nata a Edimburgo la prima catena di jacket potato.

Scozia

In Scozia si consuma la jacket potato con la farcitura più curiosa: l'haggis. Si tratta di un insaccato di cuore, polmone e fegato di ovino, macinati insieme a cipolla, farina d'avena, grasso di rognone, sale, spezie e brodo, quindi cotti nello stomaco della pecora per circa tre ore. Questa varietà di jacket potato viene accompagnata da una salsa a base di whisky.

Stati Uniti

Negli "States" la patata viene farcita con burro ed erba cipollina. Le cucine americane servono la baked potato come contorno in accompagnamento ad un piatto di carne

Texas

Le jacket potato del Texas sono famose per le grandi dimensioni: possono infatti raggiungere il 20 centimetri di lunghezza. Il principale ingrediente di farcitura è, senza dubbio, la carne affumicata o grigliata, spesso accompagnata da un contorno di broccoli.

Svezia

Sebbene non faccia parte della tradizione culinaria della Fennoscandia, la jacket potato è apprezzata e consumata anche in Svezia, dove la si farcisce con un mix di frutti di mare conosciuto come Skagenröra.

Cultura

Alla jacket potato è dedicata Great big baked potato, una canzone di N.R. Streeter e H. Cladwell.

Filetto alla Wellington

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Il generale inglese Arthur Wellesley ricevette nel 1815 il titolo di duca di Wellington per la sconfitta di Napoleone a Waterloo. I cuochi al suo servizio non riuscivano a dimostrare le loro capacità a causa dei suoi gusti particolarmente difficili. L'indifferenza al cibo da parte del duca portò molti dei suoi chef al licenziamento, mentre altri si cimentarono nell'affannata ricerca di nuove ricette. Ad uno dei piatti presentati alla sua tavola venne dato il suo nome: una volta cotto "in crosta", cioè avvolto in uno strato di pasta sfoglia, il filetto sembra presentare una particolare somiglianza con gli stivali dello stesso generale "i Wellington's". L'aspetto del filetto alla Wellington è infatti quello di un lucido cilindro dorato.

Marmite

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Marmite è il nome di una crema spalmabile prodotta inizialmente nel Regno Unito e successivamente in Sudafrica, ne viene anche prodotta una variante in Australia e in Nuova Zelanda. Si spalma sui toast ed è a base di estratto di lievito, ottenuto dal processo di produzione della birra.

Caratteristiche

Di colore scuro, ha una consistenza appiccicosa, un odore intenso e un sapore caratteristico, che arriva a polarizzare l'opinione dei consumatori tra estimatori e detrattori; per questo gli inglesi utilizzano, in riferimento al prodotto, il popolare slogan "love it or hate it" (amalo o odialo).
Si trova abitualmente nei supermercati del Nord Europa, confezionata in barattolo. Viene molto utilizzata dai vegetariani.

Varianti

Con lo stesso nome in Nuova Zelanda e Australia viene commercializzato da un'altra azienda un prodotto più dolce, leggermente differente nella composizione. Negli stessi paesi viene prodotta la Vegemite, un'altra crema dalle simili caratteristiche.
In Svizzera viene prodotta la Cenovis, un'altra variante.
In Italia un prodotto simile è fabbricato dall'azienda Bovis e commercializzato in barattoli da 150 o 450 g.

Salsa Worcestershire

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La salsa Worcestershire, o anche salsa Worcester (in inglese «Worcestershire sauce» o «Worcester sauce»), è una salsa inglese, agrodolce e leggermente piccante, che prende il nome dalla contea inglese omonima del Worcestershire. Di colore bruno scuro, è adatta per le carni, i sughi, le minestre ed è indispensabile per alcuni cocktail quali per esempio il Bloody Mary.

Storia

Nacque nel 1835 su richiesta di un ex governatore inglese che aveva vissuto nel Bengala; commissionò a due farmacisti (John Wheeley Lea e William Perrins) di riprodurre una salsa indiana: i due fecero "l'intruglio" e lo misero in una botticella ma il risultato fu disastroso e la botticella dimenticata in cantina. Dopo qualche anno, i due ripresero dalla cantina il barile con quella salsa e si accorsero che era deliziosa, così fondarono un'azienda, la Lea & Perrins, dedita alla produzione di tale prodotto, ancora attiva, divenuta di proprietà del gruppo Heinz dal 2005.

Preparazione

Dalla sua creazione, la ricetta non è mai cambiata: la salsa viene fatta invecchiare per tre anni in botti di legno, e, tra gli ingredienti, si annoverano cipolle britanniche, aglio francese, acciughe sotto sale spagnole, cipolla scalogna olandese ed erbe aromatiche. Dopo l'invecchiamento, viene aggiunto aceto di malto, tamarindo di Calcutta, chiodi di garofano del Madagascar, peperoncino rosso della Cina e melassa di canna da zucchero dei Caraibi.

Sanguinaccio insaccato

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Il sanguinaccio è un insaccato di diverse parti di maiale (per lo più interiora e sangue), arricchito con vari ingredienti in base alle tradizioni culinarie della regione in cui viene preparato. È simile al Blutwurst tedesco, alla morcilla spagnola, alla morcela portoghese, al black pudding britannico, al mustamakkara finlandese ed al blodpudding svedese.
  • Nella cucina alpina, e nella cucina piemontese il sanguinaccio (sanganèl in friulano, boudin in valdostano, bodin in piemontese, birölt in Alta Valtellina) si consuma cotto insieme con la polenta, in Piemonte si mescola il sangue del maiale a pane e/o patate riso barbabietole e spezie e si consuma anche come insaccato.
  • Nella cucina ligure, conosciuto col termine dialettale di berodo, l'insaccato è preparato con l'aggiunta di pinoli, sale, latte non scremato e cipolle.
  • Nella lombarda si mescola il sangue del maiale a pane e/o patate e spezie e viene denominato marzapane (da non confondere con l'omonimo dolce di mandorla tipico di Sicilia e Puglia)
  • Nella cucina dell'Alta Val Camonica, il sanguinaccio è un insaccato con una pasta simile a quella del cotechino, con l'aggiunta del sangue. Viene consumato in due modi: lessato insieme ad altri salumi (come il cotechino) e patate, oppure seccato in cantina e mangiato dopo qualche mese di essiccazione. Viene denominato sanguigni o sanguignino.
  • Nella cucina toscana si prepara secondo la ricetta del mallegato o biroldo con l'aggiunta di varie spezie, tra cui i semi di finocchio selvatico,nella zona del senese viene preparato un insaccato chiamato buristo.
  • Nella cucina calabrese è conosciuto col termine di sangiari. Viene preparato con il sangue di maiale, più l'aggiunta di ricotta o vino cotto. In altre parti della Calabria (sibaritide) viene preparato come crema cotta partendo dal sangue fresco di maiale e cacao in polvere, a fuoco lento (spesso al caminetto) e in genere viene aggiunta noci e o uva passa. Da questo punto di vista è molto simile al sanguinaccio dolce della Basilicata e in questa versione viene conservato in barattoli come per la marmellata.
  • Nella cucina pugliese (lu sangunazz) e siciliana (detto sangeli), per la preparazione viene usato l'intestino, che cotto con del sangue messo all'interno viene tagliato a fettine e mangiato.
  • Nella cucina lucana esistono diversi tipi di sanguinaccio a seconda delle zone. Nella zona del Vulture, viene preparato con l'aggiunta di cioccolato fondente, vaniglia, cacao amaro e cannella. Vi è un'altra variante regionale che è composta da friselle tritate, biscotti secchi, riso, miele, caffè, cioccolata fondente e uva sultanina.
  • Nella cucina nord - campana e molisana, cioè in area matesina (ru sanguanatu/ le sanghenàte) viene preparato aggiungendo al sangue, riso, cacao,pinoli, bucce d'arancio, uva passa. Mangiato freddo a fette a mo' di dolce o riscaldato in padella o sulla brace o insaccato (Molise).

 
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