Pasta cremosa con zucca, salsiccia di vitello e gorgonzola: un’armonia di sapori per l’autunno

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L’autunno in cucina rappresenta una stagione di passaggio ricca di colori caldi e ingredienti genuini, perfetti per ricette che accarezzano il palato con comfort e intensità. Tra i piatti che meglio incarnano questa filosofia si trova la pasta cremosa con zucca, salsiccia di vitello e gorgonzola, un primo piatto che unisce in modo equilibrato la dolcezza vellutata della zucca, la sapidità delicata della salsiccia e la cremosità avvolgente del gorgonzola.

Questa preparazione non è solo un piatto: è una narrazione sensoriale che accompagna chi la gusta nelle prime giornate fredde, offrendo calore e soddisfazione senza appesantire. La combinazione di ingredienti, apparentemente semplice, nasconde una complessità tecnica e gustativa che merita attenzione, soprattutto nel modo in cui si raggiunge la consistenza cremosa che caratterizza il piatto.

La zucca è da sempre un simbolo delle stagioni fredde nelle cucine di tutto il mondo, protagonista di molte ricette tradizionali che si rifanno alla semplicità dei prodotti di stagione. In Italia, specialmente nelle regioni del Nord e del Centro, la zucca entra spesso in abbinamento con carni delicate come la salsiccia di vitello, che aggiunge un tocco di sapore rotondo senza sovrastare gli altri ingredienti.

Il gorgonzola, uno dei formaggi erborinati più antichi del nostro paese, completa questo trio perfetto con il suo gusto deciso ma cremoso, capace di esaltare la dolcezza della zucca e di fondersi armoniosamente con la carne. La ricetta così nasce dall’intento di bilanciare consistenze e sapori per creare un piatto che sia appagante e raffinato allo stesso tempo.

La riuscita di una pasta cremosa si basa su alcuni passaggi fondamentali, primo fra tutti il controllo dei liquidi e la tecnica di mantecatura. Durante la cottura della pasta, è importante conservare una tazza di acqua di cottura, ricca di amido, perché rappresenta un legante naturale indispensabile per amalgamare il condimento alla pasta in modo uniforme, senza separazioni o eccessi di liquido.

Nella preparazione di questa ricetta, la pasta viene saltata direttamente nella padella con la salsiccia, dove si unisce la crema di zucca frullata. È proprio questo passaggio che permette agli ingredienti di fondersi, creando una texture morbida e avvolgente. Se necessario, si aggiunge poco per volta l’acqua di cottura per regolare la consistenza, ottenendo così una crema che avvolge ogni singolo pezzo di pasta.

Non tutte le zucche sono uguali, e per questo piatto la selezione della varietà è fondamentale. La zucca Hokkaido, di origine giapponese, è particolarmente indicata per la sua polpa dolce e saporita, che si presta perfettamente a essere trasformata in crema senza dover ricorrere all’aggiunta eccessiva di grassi.

Questa varietà si distingue anche per la sua buccia sottile e commestibile, che rimane morbida dopo la cottura, permettendo di risparmiare tempo e di mantenere intatte le proprietà nutritive e aromatiche. La sua polpa, densa e leggermente farinosa, regala alla crema una struttura corposa e vellutata, con una sfumatura di gusto che ricorda la nocciola, donando una nota caratteristica che si sposa bene con la sapidità della salsiccia e il carattere deciso del gorgonzola.

Il gorgonzola dolce è il formaggio scelto per questo piatto per la sua capacità di fondersi facilmente, creando una crema morbida che non sovrasta gli altri sapori ma li integra in modo armonico. Per preparare la crema, è sufficiente scaldare il latte e sciogliervi il gorgonzola a pezzetti, mescolando fino a ottenere una consistenza liscia e fluida.

Un dettaglio importante è mantecare la pasta lontano dal fuoco negli ultimi istanti, così da consentire una perfetta integrazione dei sapori e una consistenza setosa, senza rischiare di separare la crema o di cuocere troppo il formaggio.

Ingredienti per 4 persone

  • 300 g di polpa di zucca Hokkaido pulita

  • 1/2 cipolla rossa

  • 1 rametto di rosmarino più altro per decorare

  • 100 ml di vino bianco secco

  • 450 g di salsiccia di vitello

  • 150 g di gorgonzola dolce

  • 50 ml di latte

  • 360 g di mezze maniche o altra pasta corta

  • Olio extravergine di oliva

  • Sale

  • Pepe

Preparazione

  1. Preparare la zucca: Sbucciare la zucca, eliminare semi e filamenti, quindi tagliare la polpa a cubetti regolari.

  2. Soffritto: Scaldare un filo d’olio extravergine in una casseruola, unire la cipolla tritata e farla rosolare fino a quando diventa traslucida. Aggiungere gli aghi di rosmarino e la zucca, lasciando insaporire per qualche minuto.

  3. Sfumatore: Versare il vino bianco e lasciar evaporare completamente la parte alcolica, mantenendo la fiamma media.

  4. Stufatura: Aggiungere circa 400 ml di acqua calda, coprire e lasciare stufare per venti minuti, fino a quando la zucca risulterà morbida. Regolare di sale e pepe, quindi frullare con un minipimer fino a ottenere una crema liscia e omogenea. Mantenere in caldo.

  5. Salsiccia: Eliminare il budello dalla salsiccia e sbriciolarla grossolanamente in una padella calda, facendola dorare senza aggiungere grassi.

  6. Crema di gorgonzola: Scaldare il latte in un pentolino, aggiungere il gorgonzola a pezzi e mescolare fino a ottenere una crema morbida. Tenere al caldo.

  7. Cottura della pasta: Cuocere le mezze maniche in abbondante acqua salata secondo le indicazioni della confezione. Scolare al dente.

  8. Mantecatura: Unire la pasta alla salsiccia in padella, aggiungere la crema di zucca e mantecare bene a fuoco medio. Se necessario, aggiungere qualche cucchiaio di acqua di cottura per raggiungere la cremosità desiderata.

  9. Impiattamento: Servire subito decorando ogni porzione con la crema di gorgonzola e un rametto di rosmarino fresco.

Questo piatto richiede un accompagnamento che sappia bilanciare la sua ricchezza senza sovrastarla. Un vino bianco fermo, con una buona acidità e note fruttate, come un Pinot Grigio o un Verdicchio dei Castelli di Jesi, può offrire una freschezza che pulisce il palato e armonizza con la dolcezza della zucca e la cremosità del formaggio.

Se si preferisce un vino rosso, meglio optare per un’etichetta leggera e non troppo tannica, come un Dolcetto d’Alba, che grazie alla sua morbidezza si sposa bene con la salsiccia senza appesantire l’insieme.

In alternativa, per chi cerca un’opzione analcolica, una tisana calda alle erbe aromatiche o una semplice acqua frizzante con una fetta di limone possono completare il pasto senza interferire con i sapori.

La pasta cremosa con zucca, salsiccia di vitello e gorgonzola rappresenta una sintesi perfetta tra sapori e consistenze, espressione di una cucina stagionale che privilegia ingredienti di qualità e tecniche semplici ma precise. Prepararla significa portare in tavola un piatto che racconta l’autunno attraverso il gusto, capace di conquistare ogni palato con la sua ricchezza avvolgente e la sua personalità elegante.


Lasagne con funghi e besciamella: ricetta in bianco gustosa

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La lasagna, piatto simbolo della cucina italiana, conosce innumerevoli varianti capaci di soddisfare ogni palato e stagione. Tra queste, la versione in bianco con funghi e besciamella rappresenta una proposta raffinata, dal gusto delicato ma ben definito, ideale per i mesi più freschi dell’anno, in particolare durante l’autunno, quando i funghi freschi sono al massimo della loro bontà. Questa ricetta è un omaggio alla tradizione italiana, reinterpretata con un tocco di leggerezza e sapore, perfetta per chi desidera un’alternativa alla classica lasagna al ragù.

Le lasagne con funghi e besciamella affondano le radici nella cucina contadina italiana, che sfruttava i prodotti stagionali e locali per creare piatti semplici ma gustosi. Nel corso del tempo, questa pietanza è diventata una presenza fissa sulle tavole di molte regioni, in particolare in Toscana, Emilia-Romagna e Piemonte, dove i funghi sono protagonisti incontrastati dell’autunno. La scelta di rinunciare al pomodoro per adottare una versione “in bianco” consente di valorizzare il sapore terroso dei funghi, accompagnandolo con la morbidezza e la cremosità della besciamella, una salsa a base di latte, burro e farina che, se preparata con cura, dona una consistenza vellutata e avvolgente.

Un elemento che distingue questa variante è l’utilizzo di diversi tipi di funghi: dagli champignon, che offrono una base neutra ma saporita, ai porcini secchi, che conferiscono un’intensità aromatica inconfondibile. L’uso dei porcini essiccati, messi in ammollo prima dell’uso, non solo ammorbidisce i funghi, ma arricchisce di un profumo unico sia il ripieno che il liquido di cottura, trasformato in una componente preziosa per la preparazione.

La ricetta delle lasagne con funghi e besciamella richiede pochi ingredienti, ma la loro qualità è fondamentale per garantire un risultato eccellente. La pasta fresca all’uovo per lasagne, preferibilmente non precotta, consente una cottura uniforme e una consistenza perfetta, assorbendo al punto giusto la salsa. La besciamella, dal canto suo, deve essere preparata con attenzione per non risultare né troppo liquida né troppo densa; il trucco sta nel cuocerla lentamente e aggiungere lo zafferano, che oltre a dare colore, arricchisce la salsa di una nota aromatica delicata e inaspettata.

I funghi champignon surgelati rappresentano un’ottima soluzione fuori stagione, mentre i porcini secchi sono un elemento irrinunciabile per chi desidera intensificare il sapore del piatto. Burro, olio extravergine di oliva, salvia, sale e pepe completano il quadro aromatico di questa preparazione, conferendo equilibrio e profondità al risultato finale.

Procedimento dettagliato

  1. Preparazione dei funghi:
    Inizia mettendo in ammollo i porcini secchi in acqua tiepida per almeno trenta minuti, così da reidratarli e far emergere tutta la loro fragranza. Nel frattempo, in una padella capiente, scalda un mix di olio e burro, aggiungendo qualche foglia di salvia. Dopo aver scolato i porcini, filtrando con cura l’acqua di ammollo per eliminare eventuali residui, aggiungi sia i funghi secchi che gli champignon surgelati. Aggiungi anche l’acqua di ammollo filtrata, sale e pepe, e lascia cuocere a fuoco medio per circa quindici minuti. La presenza di acqua durante la cottura è voluta: permette ai funghi di rimanere morbidi e saporiti, evitando che si asciughino troppo.

  2. Preparazione della besciamella:
    Scalda il latte in un pentolino senza portarlo a ebollizione. In un altro tegame, fai sciogliere lentamente il burro, aggiungi la farina setacciata e mescola energicamente per ottenere un roux chiaro, base della salsa. Versa gradualmente il latte caldo, continuando a mescolare per evitare grumi. Cuoci a fuoco basso, regolando sale e pepe, finché la salsa non si addensa. Una volta pronta, spegni il fuoco e incorpora lo zafferano sciolto in un piccolo quantitativo di acqua calda, che conferirà alla besciamella un colore giallo tenue e un aroma delicato.

  3. Assemblaggio delle lasagne:
    Per ottenere un risultato omogeneo e cremoso, alterna gli strati di pasta fresca con la besciamella, i funghi con il loro liquido di cottura e una generosa spolverata di gruviera o Grana Padano grattugiato. Non è necessario precuocere la pasta: l’umidità della besciamella e dei funghi durante la cottura in forno sarà sufficiente a farla diventare tenera e gustosa.

  4. Cottura:
    Prima di infornare, versa due mestoli di acqua lungo i bordi della teglia, un accorgimento che evita che i bordi si secchino e aiuta a mantenere la morbidezza degli strati. Cuoci in forno preriscaldato a 180°C per circa 45 minuti. Al termine, lascia riposare il piatto per almeno quindici minuti: in questo modo la pasta assorbirà gli eventuali liquidi in eccesso, facilitando il taglio e la degustazione.

Per occasioni speciali o quando si desidera un tocco di eleganza in più, è possibile trasformare la classica lasagna in una versione “impacchettata”. In questo caso, la lasagna viene tagliata in porzioni individuali che vengono avvolte in pasta fillo, spennellata di burro fuso e decorata con semi di papavero. Questi piccoli scrigni croccanti si cuociono in forno fino a doratura, creando un contrasto interessante tra la croccantezza esterna e la morbidezza interna. Servire su un letto di crema di piselli frullati con panna o latte aggiunge un ulteriore livello di sapore e colore al piatto.

La delicatezza delle lasagne in bianco con funghi e besciamella si presta ad abbinamenti altrettanto equilibrati. Un vino bianco di medio corpo, come un Pinot Bianco o un Verdicchio, può accompagnare perfettamente questa pietanza, esaltandone i sentori erbacei e la cremosità. In alternativa, un rosso leggero e non troppo tannico, come un Chianti giovane, può bilanciare la ricchezza della besciamella e la profondità dei funghi senza sovrastarli.

Per completare il pasto, un contorno semplice come un’insalata di stagione o delle verdure grigliate sarà la scelta ideale, mantenendo la leggerezza complessiva del piatto senza rinunciare a un tocco di freschezza.

Ricetta dettagliata: Lasagne con funghi e besciamella (per 4 persone)

Ingredienti:

  • 500 gr di pasta fresca all’uovo per lasagne

  • 500-700 gr di besciamella (preparata in casa o acquistata)

  • 3 bustine di zafferano

  • 3 sacchetti (450 gr ciascuno) di funghi champignon surgelati

  • 30 funghi porcini secchi

  • 500-700 gr di gruviera o Grana Padano grattugiato

  • Burro e olio extravergine d’oliva

  • Salvia, sale e pepe q.b.

  • 1 rametto di prezzemolo per decorare

Preparazione:

  1. Metti i porcini secchi in ammollo in acqua tiepida per almeno 30 minuti.

  2. Filtra l’acqua di ammollo e taglia i porcini a pezzetti.

  3. In una padella ampia, scalda olio, burro e aggiungi la salvia. Unisci i funghi porcini, champignon e il loro liquido filtrato. Cuoci per 15 minuti, mantenendo un po’ di acqua.

  4. Prepara la besciamella: sciogli il burro, aggiungi la farina e mescola fino a formare un roux chiaro. Versa il latte caldo poco per volta, mescolando, fino a ottenere una salsa cremosa. Aggiusta di sale e pepe e, a fuoco spento, incorpora lo zafferano sciolto.

  5. Assembla le lasagne alternando strati di pasta, funghi con liquido, besciamella e formaggio. Termina con uno strato di besciamella e abbondante formaggio grattugiato.

  6. Versa due mestoli di acqua ai bordi della teglia per evitare l’essiccamento.

  7. Cuoci in forno preriscaldato a 180°C per 45 minuti.

  8. Lascia riposare 15-20 minuti prima di servire.

Vino bianco come Pinot Bianco o Verdicchio, oppure un Chianti giovane. Contorno leggero di insalata fresca o verdure grigliate.

Le lasagne con funghi e besciamella rappresentano una scelta raffinata per chi desidera un primo piatto ricco di gusto, capace di raccontare una stagione e una tradizione attraverso i suoi ingredienti e la sua preparazione accurata. Questo piatto unisce semplicità e complessità in un equilibrio armonico, valorizzando al massimo i prodotti autunnali e regalando un’esperienza gastronomica completa, da condividere in famiglia o con gli amici in un’atmosfera calda e accogliente.


Cracco e la “cotoletta senza cotoletta”: provocazione gourmet o trovata da... bruschetta?

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Può un piatto senza il suo ingrediente principale continuare a chiamarsi allo stesso modo? È questa la domanda che nelle ultime ore infiamma social, critici gastronomici e cultori della tradizione milanese, dopo la nuova – e controversa – proposta dello chef stellato Carlo Cracco nel suo ristorante di alta cucina nel cuore di Milano: una “cotoletta” priva di carne, realizzata con pane raffermo ammollato in brodo d’ossa e scarti, poi fritto in burro e olio come si farebbe con la celebre orecchia d’elefante.

Il piatto, presentato con il nome volutamente provocatorio di “cotoletta di recupero”, è stato subito battezzato dagli utenti più polemici come “bruschetta fritta a 40 euro”, mentre altri ne hanno esaltato la creatività e l’approccio anti-spreco, in linea con i più recenti canoni della cucina sostenibile e circolare.

Cracco, del resto, non è nuovo a scelte che dividono. “È un omaggio alla città di Milano”, ha spiegato, “che parte dal recupero, dalla cucina povera, dalla capacità tutta lombarda di trasformare ciò che resta in qualcosa di degno. Non è una cotoletta tradizionale, è la sua eco culturale, la sua ombra gustativa”.

Nel piatto, niente vitello o maiale: solo pane vecchio, legato e ristrutturato dalla sapidità concentrata di un brodo ottenuto da ossa, cartilagini e ritagli, per poi essere impanato e fritto secondo i canoni classici. L’idea – dice lo chef – è quella di “cogliere l’essenza del piatto milanese per antonomasia, pur privandolo della carne, in un’ottica di riflessione contemporanea sullo spreco e sul consumo.”

Ma se l’alta cucina si nutre anche di narrazioni, i social non perdonano. L’indignazione di alcuni utenti non si è fatta attendere. “Cracco sta cercando di vendere una fetta di pane fritto a peso d’oro. Altro che cotoletta, questo è un crouton extralusso!” scrive un utente su X (ex Twitter). “Innovativo? Sì, nel prendere in giro la gente,” ironizza un altro.

Altri, però, difendono lo chef: “È un messaggio forte. Usa il linguaggio dell’alta cucina per far riflettere su quanto sprechiamo. E ci riesce.” E ancora: “Se lo avesse fatto un giovane cuoco etiope in un documentario Netflix, avremmo gridato al genio. Ma siccome lo fa Cracco a Milano, scatta la polemica.”

Al di là del clamore mediatico, il caso solleva interrogativi profondi sulla semantica del cibo: fino a che punto un piatto può essere destrutturato senza perdere la sua identità? Una “carbonara” senza uova e guanciale resta tale? Un “tiramisù” senza mascarpone può reggere il nome?

Cracco, da sempre al confine tra provocazione e classicismo, qui sembra voler sfidare il dogma della nomenclatura gastronomica, mantenendo il nome pur mutando la sostanza. È un gesto estetico e concettuale, più vicino all’arte contemporanea che alla trattoria di quartiere.

In realtà, il gesto dello chef milanese si inserisce in un movimento più ampio dell’alta cucina mondiale: quello che cerca valore nel recupero, nella materia di scarto, e che rilegge la tradizione come “contenitore fluido” piuttosto che come ricettario fisso. René Redzepi (Noma), Massimo Bottura (Osteria Francescana) e persino lo spagnolo Ángel León, definito “lo chef del mare”, hanno più volte costruito piatti iconici da elementi poveri o dimenticati.

Ma è evidente che il prezzo e il contesto fanno la differenza. La cotoletta di Cracco, servita in uno dei ristoranti più esclusivi di Milano, non è solo un piatto: è un discorso. Ed è proprio quel discorso a dividere: chi lo interpreta come riflessione alta sul consumo e sulla cultura alimentare, e chi invece lo considera un esercizio di stile snob, per palati ricchi e stomaci vuoti.

In definitiva, la “cotoletta senza cotoletta” è molto più di un piatto. È uno specchio della società contemporanea, dove le identità si scompongono e ricompongono, dove la memoria gastronomica si confronta con la crisi climatica, con i nuovi bisogni e con l’estetica dell’imperfezione. Cracco lo sa. E rilancia.

Che piaccia o no, il suo pane fritto parla. E, per una volta, ci costringe a chiederci: che cos’è davvero una cotoletta? E chi ha il diritto di dirlo?



Vitello fritto alla fiorentina: una rivisitazione leggera di un classico toscano

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La tradizione culinaria toscana è ricca di preparazioni che parlano di territorio, stagioni e sapori intensi, e fra queste spicca senza dubbio il celebre fritto misto alla fiorentina. Oggi vogliamo raccontarvi una versione più semplice e più leggera di questo piatto, proposta dallo chef Carlo Molon dello Sheraton Lake Como e membro della Compagnia degli Chef: il vitello fritto alla fiorentina.

Pur mantenendo la sua essenza autentica, questo piatto è pensato per valorizzare la delicatezza del vitello e offrire una preparazione meno complessa rispetto al tradizionale fritto misto, che prevede l’utilizzo di molteplici parti dell’animale, comprese animelle, cervello e fegato. Qui si predilige un taglio selezionato come la noce o lo scamone, scelti per la loro tenerezza e per una consistenza ideale alla frittura.

Il fritto misto alla fiorentina nasce come una celebrazione della ricchezza dei tagli meno nobili del vitello, una cucina di recupero che si è trasformata in arte. Nel corso degli anni è diventato un simbolo del patrimonio gastronomico toscano, apprezzato per la varietà di sapori e consistenze che riesce a esprimere.

Tradizionalmente, questa preparazione viene servita in occasioni speciali, momenti di festa in cui ogni parte dell’animale viene esaltata da una leggera impanatura e una frittura sapiente, per esaltare l’intensità del gusto e la croccantezza. La versione che vi presentiamo oggi si allontana da questa complessità per offrire un’alternativa più facile da replicare a casa, mantenendo però il rispetto per la materia prima e la cultura culinaria fiorentina.

La carne di vitello rappresenta una delle basi più versatili della cucina italiana. La noce e lo scamone sono tagli particolarmente indicati per questo tipo di preparazione. Si tratta di parti magre, con una struttura fibrosa fine, che garantiscono una consistenza morbida e un sapore delicato, perfetti per essere valorizzati da una marinatura e da una frittura leggera.

Il segreto sta proprio nella marinatura: il succo di limone, l’olio extravergine d’oliva, il sale e il pepe permettono alla carne di ammorbidire ulteriormente, e al tempo stesso di arricchirne il profilo aromatico. Questo passaggio non solo rende più succulenti i bocconcini di vitello, ma aiuta a bilanciare la naturale dolcezza della carne con una nota di freschezza.

La pastella, che avvolgerà la carne prima della frittura, deve essere creata con attenzione per ottenere la giusta consistenza: né troppo densa, né troppo liquida. La base prevede uova e latte, elementi che conferiscono morbidezza e leggerezza, a cui si aggiunge farina per raggiungere una densità equilibrata.

L’aggiunta di Grana Padano grattugiato e prezzemolo tritato dà carattere e una sfumatura aromatica che rende questa panatura particolarmente gustosa senza sovrastare la delicatezza della carne. Sale e pepe completano il condimento, consentendo un risultato armonico.

L’olio di semi di girasole, scelto per la sua alta soglia di fumo, permette di friggere a temperature adeguate senza alterare il sapore. I bocconcini di vitello, dopo essere stati passati nella pastella, vanno immersi nell’olio caldo fino a raggiungere una doratura uniforme, segno di una panatura perfetta e di una carne cotta ma ancora morbida all’interno.

È fondamentale mantenere la temperatura costante durante la cottura per evitare che il fritto assorba troppo olio, perdendo leggerezza e diventando pesante. I tempi di frittura sono brevi proprio per garantire che il vitello mantenga la sua naturale succosità.

La ricetta completa: Vitello fritto alla fiorentina

Ingredienti per 4 persone

  • 400 g di spezzatino di vitello (preferibilmente noce o scamone)

  • 1 limone (succo)

  • Olio extravergine di oliva qb

  • 2 uova

  • Farina qb

  • 1/2 bicchiere di latte

  • 50 g di Grana Padano grattugiato

  • 2 cucchiaini di prezzemolo tritato

  • Sale e pepe qb

  • Olio di semi di girasole per friggere

  • Funghi champignon trifolati per accompagnare

Preparazione

  1. Preparazione della carne
    Taglia a metà i cubetti di spezzatino per ottenere bocconcini più piccoli. Sbatti leggermente ogni pezzo con un batticarne per uniformare lo spessore.

  2. Marinatura
    Disponi i bocconcini in una ciotola e coprili con il succo di limone, un filo di olio extravergine d’oliva, sale e pepe. Lascia marinare per almeno due ore in frigorifero, affinché la carne si ammorbidisca e si insaporisca.

  3. Pastella
    In una ciotola, sbatti le uova con il latte. Aggiungi gradualmente la farina fino a raggiungere una consistenza media, che possa aderire bene senza risultare troppo pesante. Incorpora il Grana Padano e il prezzemolo, regola di sale e pepe.

  4. Frittura
    Riscalda abbondante olio di semi di girasole in una padella profonda. Passa i bocconcini di vitello nella pastella, assicurandoti che siano ben coperti, quindi immergili nell’olio caldo. Friggi fino a doratura uniforme, pochi minuti per lato.

  5. Scolare e servire
    Scola il vitello fritto su carta assorbente per eliminare l’olio in eccesso. Servi subito accompagnando con funghi champignon trifolati, il cui sapore terroso contrasta piacevolmente con la croccantezza della carne.

Il vitello fritto alla fiorentina, con la sua panatura leggera e il gusto delicato, si presta a essere accompagnato da contorni semplici ma saporiti. I funghi champignon trifolati, scelti dallo chef Molon, rappresentano l’abbinamento perfetto: la loro texture morbida e il gusto deciso bilanciano la croccantezza del fritto.

In alternativa, una insalata di rucola e pomodorini con un filo d’olio extravergine può aggiungere freschezza e contrasto.

Per quanto riguarda il vino, si suggerisce un bianco toscano strutturato, come un Vermentino, oppure un rosato delicato, che con la loro acidità e mineralità riescono a pulire il palato e ad accompagnare senza appesantire.

Questa versione del vitello fritto alla fiorentina rende accessibile un piatto della tradizione toscana con un approccio più semplice e leggero, senza rinunciare al gusto e alla qualità. La scelta attenta della carne, la marinatura e la pastella aromatica sono gli ingredienti fondamentali per ottenere un risultato elegante e bilanciato.

Portare in tavola questa preparazione significa omaggiare la cucina regionale in modo contemporaneo, capace di conquistare chiunque cerchi sapori autentici e tecniche rispettose della materia prima. Una ricetta che unisce storia, tecnica e piacere del palato in un abbraccio fragrante e irresistibile.



Costolette alla milanese: croccante tradizione nel cuore della Lombardia

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C’è un piatto che, più di molti altri, riesce a racchiudere l’identità gastronomica di Milano in una sola, fragrante forchettata. Le costolette alla milanese, con la loro panatura dorata e la carne tenera, sono da secoli emblema della cucina lombarda: semplici all’apparenza, ma tutt’altro che banali nella realizzazione.

Non è solo una cotoletta impanata. È un secondo piatto che nasce da regole ben precise, da rituali tramandati, da gesti che richiedono attenzione e precisione. Ogni passaggio contribuisce al risultato finale: croccante fuori, succosa dentro, e rigorosamente fritta nel burro chiarificato.

Nel corso del tempo, molti piatti hanno cercato di assomigliarle – alcune versioni più leggere, altre più creative – ma la costoletta alla milanese autentica resta un caposaldo inimitabile. Oggi la prepariamo insieme partendo dalle sue origini storiche, passando per i segreti della tecnica, fino ad arrivare a tavola, con qualche consiglio per l’abbinamento.

Le prime testimonianze della cotoletta alla milanese risalgono al Medioevo. Nel “Liber de coquina”, un manoscritto latino del XIII secolo, si fa riferimento a una preparazione che prevedeva carne impanata e fritta nel burro, molto simile a quella attuale. Ma è nel 1134 che compare un documento ufficiale che menziona una “lombolos cum panitio”, ovvero lombata impanata: una portata servita ai canonici di Sant'Ambrogio durante i banchetti solenni.

Questo fa della cotoletta un piatto che ha attraversato i secoli, mantenendo intatta la sua struttura e la sua popolarità. Alcuni storici gastronomici italiani la difendono strenuamente da paragoni con la Wiener Schnitzel viennese, che sarebbe comparsa solo secoli dopo.

A Milano, la tradizione vuole che la costoletta venga preparata con la carne attaccata all’osso, elemento distintivo rispetto ad altre cotolette italiane. Ed è proprio questa struttura che conferisce al piatto una presenza scenica immediata.

La base per una vera costoletta alla milanese è la lombata di vitello con l’osso, idealmente ricavata dal carré. Il taglio dev’essere alto circa 3-4 centimetri, con l’osso ben visibile: questo non solo migliora la cottura, ma aiuta anche a mantenere la carne tenera e umida.

È importante che il macellaio elimini la pelle esterna e i nervetti, per evitare che la carne si arricci in padella. Dopo la pulizia, il secondo gesto fondamentale è battere leggermente la fetta con un batticarne, per rendere la fibra più tenera e uniforme nella cottura.

L’uovo sbattuto serve da collante. La carne deve essere immersa con cura, rigirata più volte per garantirne la copertura. Subito dopo, il passaggio nel pangrattato finissimo è cruciale: va fatto aderire bene con le mani, premendo leggermente.

A differenza di altre impanature, qui non è previsto l’uso della farina, né del doppio passaggio. La crosta che si formerà sarà sottile, dorata e croccante, senza coprire il sapore della carne.

Una padella larga, idealmente di ferro o rame stagnato, permette di cuocere due o più costolette contemporaneamente senza sovrapporle. Il burro chiarificato, che resiste alle alte temperature senza bruciare, è il grasso ideale per questa frittura.

Le costolette vanno cotte a fiamma media, girandole una sola volta per lato. L’obiettivo è ottenere una crosta uniforme e asciutta, con un colore dorato intenso. A fine cottura, vanno disposte su carta assorbente per eliminare l’eccesso di burro, ma senza asciugarle troppo.

Un piccolo trucco: irrorare le costolette con il burro di cottura caldo prima di servirle, per esaltarne il sapore e restituire brillantezza alla panatura.

Ricetta: Costolette alla milanese

Ingredienti per 4 persone

  • 4 costolette di vitello con l’osso (spesse circa 3 cm)

  • 2 uova grandi

  • 100 g burro chiarificato (più altro per servire)

  • Pangrattato q.b.

  • Sale q.b.

Preparazione

  1. Prepara la carne
    Elimina la pelle e i nervetti dalle costolette (chiedi al macellaio di fiducia). Appiattisci leggermente ogni fetta con un batticarne, facendo attenzione a non rompere la fibra.

  2. Impanatura
    In un piatto fondo, sbatti le uova con un pizzico di sale. In un altro piatto, distribuisci il pangrattato in uno strato uniforme. Passa le costolette prima nell’uovo, poi nel pane, premendo con le mani per far aderire bene la panatura.

  3. Cottura
    In una padella capiente, fai sciogliere il burro chiarificato a fuoco medio. Quando è caldo ma non fumante, adagia le costolette e cuocile 6-7 minuti per lato, girandole una sola volta. Devono diventare dorate e croccanti. Scolale su carta assorbente.

  4. Servizio
    Disponi le costolette su un piatto da portata, irrorale con un cucchiaio di burro caldo filtrato e aggiungi un pizzico di sale. Servile subito, ben calde.

Le costolette alla milanese, con la loro grassezza bilanciata dalla croccantezza esterna, si sposano bene con contorni leggeri e freschi. I più classici sono:

  • Insalata verde con limone e olio d’oliva

  • Pomodori datterini con origano e cipolla rossa

  • Patate novelle al forno o bollite

Per chi ama la tradizione milanese, l’abbinamento ideale resta con risotto allo zafferano, servito come primo piatto prima della cotoletta.

Per il vino, si consiglia un bianco strutturato o un rosso giovane con poca tannicità. Ottimi un Lugana, un Franciacorta Brut oppure un Bonarda dell’Oltrepò Pavese.

La costoletta alla milanese è una ricetta che non ammette scorciatoie. Ogni elemento, dalla scelta della carne alla qualità del burro, concorre a definire un gusto che è allo stesso tempo elegante e confortante.

È un piatto che si prepara con lentezza e cura, perfetto per un pranzo domenicale o una cena che vuole rendere omaggio alla cucina lombarda più autentica. Prepararla significa non solo riproporre una tradizione, ma difendere un modo di cucinare che non accetta compromessi.

E mentre i profumi del burro e della carne si diffondono per casa, ci si accorge che la semplicità – quella vera – ha bisogno di rigore. Come tutte le cose che durano nel tempo.



Zuppa Santella con Scarola e Polpette: la minestra contadina che racconta due regioni

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C’è qualcosa di profondamente rassicurante in una zuppa. Non solo per il calore che sprigiona, ma per la storia che racchiude. Alcuni piatti attraversano i secoli portando con sé tracce di gesti antichi, di stagioni passate e confini valicati a piedi o a dorso di mulo. La zuppa santella è una di queste ricette: nasce da una tradizione molisana, si trasforma attraversando la linea invisibile che separa il Molise dalla Campania, e prende una nuova forma a base di scarola e polpettine.

Originaria di Agnone, piccolo centro dell’Alto Molise, la ricetta affonda le sue radici nella zuppa alla Santè, nome che in dialetto suona come “zuppa della salute” e che un tempo veniva servita durante le feste di Natale come piatto beneaugurante. Con il passare degli anni, varcando i confini provinciali, questo piatto si è adattato al territorio e alla disponibilità stagionale degli ingredienti, trasformandosi nella zuppa santella che oggi conosciamo: un piatto nutriente, umile nei componenti ma straordinariamente ricco di sapori.

Perfetta per una giornata qualunque di marzo – magari quando la pioggia batte lenta sui vetri o il vento ancora freddo scoraggia le uscite – questa minestra rappresenta un piccolo atto di resistenza domestica: cuocere lentamente, profumare la casa, nutrire nel profondo.

La base della zuppa santella è un brodo di carne che va curato con attenzione. Si possono usare diversi tagli, ma qui suggerisco la guancia di vitello, una parte ricca di collagene che regala corpo e sapore senza eccessiva intensità. Le verdure – sedano, carota, cipolla – non devono mancare, così come un mazzetto di erbe aromatiche legato con spago da cucina: alloro, prezzemolo, magari un accenno di rosmarino.

Il brodo cuoce lentamente, schiumato con pazienza, e viene salato solo al termine per non alterarne la concentrazione. Si può preparare anche il giorno prima e conservare in frigorifero, così da poter eliminare il grasso in superficie con maggiore facilità.

Attraversato il confine campano, la zuppa accoglie un ingrediente che ne cambia completamente il carattere: la scarola. Non quella liscia e tenera da insalata, ma quella più resistente e croccante, perfetta per la cottura. Sbollentata brevemente e poi passata in acqua e ghiaccio, mantiene il suo colore verde brillante e regala alla zuppa una nota vegetale amarognola che bilancia la morbidezza delle polpettine.

La scarola è una verdura tipica dei mesi freddi, resistente, versatile, e proprio per questo largamente utilizzata nella cucina dell’entroterra campano. Il suo inserimento nella zuppa santella è un esempio di come le tradizioni locali non siano mai immobili ma si modellino sul presente, pur conservando una memoria viva.

Nulla è lasciato al caso. Le polpettine, piccole quanto una nocciola, si preparano con macinato di vitello, uovo, pane raffermo ammollato, parmigiano, sale e pepe. Un impasto semplice, dove il pane, ben strizzato, regala leggerezza, e il formaggio aggiunge sapidità.

Vanno cotte velocemente in padella con un filo d’olio, giusto il tempo di formare una leggera crosticina esterna, che le proteggerà nel brodo senza farle disfare. Una volta immerse nella zuppa, completano il piatto con la loro delicatezza e lo arricchiscono con proteine e sapore.

La ricetta della Zuppa Santella con Scarola e Polpette

Ingredienti per 4 persone

Per il brodo:

  • 1 guancia di vitello (o altro taglio simile)

  • 1 costa di sedano

  • 1 carota

  • 1 cipolla bianca

  • 1 mazzetto di erbe aromatiche (alloro, prezzemolo, timo)

  • Sale grosso q.b.

Per la zuppa:

  • 1 cespo di scarola

  • 300 g di macinato di vitello

  • 1 uovo

  • 1 cucchiaio di Parmigiano grattugiato

  • 2 fette di pane raffermo (ammollate in latte o acqua e ben strizzate)

  • Sale e pepe q.b.

  • Olio extravergine d’oliva

Facoltativi:

  • Crostini di pane

  • Un filo di olio a crudo per completare

Preparazione

1. Il brodo
In una pentola capiente, inserisci la carne, le verdure pulite e tagliate grossolanamente, e le erbe legate. Copri con abbondante acqua fredda e porta a bollore. Schiuma con un mestolo man mano che si forma l’impurità in superficie. Lascia cuocere a fuoco basso per almeno due ore. A fine cottura, filtra il brodo e regola di sale.

2. La scarola
Lava bene la scarola, eliminando le foglie rovinate. Sbollentala in acqua salata per 10 minuti, poi scolala e immergila in una bacinella con acqua e ghiaccio. Questo passaggio serve a mantenere vivo il colore. Quando è fredda, strizzala leggermente e tienila da parte.

3. Le polpettine
In una ciotola mescola la carne macinata con l’uovo, il pane ammollato e strizzato, il Parmigiano, sale e pepe. Lavora l’impasto fino a ottenere una consistenza morbida ma compatta. Forma delle polpettine molto piccole, grandi quanto una nocciola. Scalda un filo d’olio in padella e rosolale brevemente su tutti i lati.

4. Assemblaggio
Riporta il brodo a leggero bollore, aggiungi le polpettine e lasciale sobbollire per circa 10 minuti. Aggiungi la scarola e lascia insaporire ancora qualche minuto.

Servi la zuppa calda, completando con crostini di pane rustico e, se desideri, un giro d’olio extravergine a crudo.

Questa zuppa, pur nella sua semplicità, ha un equilibrio complesso di sapori: la dolcezza del brodo, l’amaro della scarola, la morbidezza delle polpettine. Per accompagnarla, puoi optare per un vino bianco strutturato, come un Greco di Tufo, oppure un rosato molisano che tenga testa al brodo senza sovrastarlo.

Come secondo, basterà un piatto di formaggi locali con miele e noci, oppure un’insalata di arance, finocchi e olive nere. Per concludere, una fetta di ciambella rustica o una crostata con confettura di uva fragola.

La zuppa santella è la dimostrazione concreta che cucina di territorio non significa povertà, ma attenzione, stagionalità e rispetto per ciò che si ha. È un piatto che non alza mai la voce ma resta impresso. Cucinata in un giorno qualsiasi, regala una sensazione di completezza e calore che difficilmente si dimentica.

In un tempo in cui tutto deve stupire, questa zuppa invita a rallentare, a ritrovare il piacere dei gesti misurati, dei profumi familiari, dei pasti condivisi senza fretta. Un piatto antico, ma sempre attuale.


Tagliatelle con ragù bianco di vitello, tartufo e crema di Parmigiano: un primo piatto per sorprendere anche un mercoledì qualunque

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Non serve attendere un’occasione speciale per concedersi un piatto capace di cambiare il tono di una giornata. A volte basta un mercoledì di marzo, quando l’inverno sta lentamente lasciando spazio alla primavera, per ritagliarsi una parentesi di cura, bellezza e gusto. È proprio in giorni come questi che una ricetta come le tagliatelle con ragù bianco di vitello, tartufo e crema di Parmigiano riesce a fare la differenza: elegante ma non pretenziosa, ricca ma bilanciata, perfetta per chi vuole concedersi un momento di piacere nel mezzo della settimana.

L’idea di portare in tavola un piatto così strutturato in un giorno feriale può sembrare azzardata, ma è proprio nei ritmi ordinari che riscopriamo il valore delle piccole cose. Preparare un ragù bianco, lasciarlo sobbollire lentamente mentre fuori piove o si alza il primo sole primaverile, aggiungere una fonduta morbida e profumata di Parmigiano, affettare con attenzione il tartufo bianco... tutto questo non è solo cucina: è un gesto di attenzione verso sé stessi, una forma concreta di benessere.

In questa ricetta, il ragù di vitello – chiaro, gentile, aromatico – incontra la complessità del tartufo e la rotondità di una crema al Parmigiano. È una combinazione che parla di boschi umbri e cascine emiliane, di pranzi lenti e cucina d’affetto. Perfetta per una sera in cui hai voglia di spegnere il telefono e accendere il fornello.

La ricetta

Ingredienti per 4 persone

  • 320 g di tagliatelle all’uovo fresche

  • 500 g di macinato di vitello

  • 1 carota

  • 1 gambo di sedano

  • 1 cipolla bianca

  • 1 rametto di timo fresco

  • 1 bicchierino di Marsala secco

  • Brodo di vitello q.b.

  • 80 g di Parmigiano Reggiano grattugiato

  • 100 ml di panna fresca

  • 30 g di burro

  • Tartufo bianco fresco q.b.

  • Sale e pepe nero macinato al momento

Preparazione passo passo

1. Il ragù bianco

Trita finemente sedano, carota e cipolla. In una casseruola capiente, fai sciogliere 20 g di burro e rosola il trito per circa 5 minuti a fuoco dolce, fino a quando sarà tenero e profumato. Aggiungi il macinato di vitello e mescola con cura, lasciando rosolare la carne finché non prende colore.

Sfuma con il Marsala, aggiungi il rametto di timo, regola di sale e pepe e, una volta evaporato l’alcool, versa un mestolo di brodo caldo. Copri e cuoci a fiamma bassa per 30 minuti, aggiungendo brodo se necessario: il risultato dovrà essere un sugo cremoso, leggero, ma ricco di sapore.

2. La crema di Parmigiano

Scalda la panna in un pentolino fino a quasi raggiungere il bollore. Abbassa la fiamma e incorpora gradualmente il Parmigiano, mescolando con una frusta fino a ottenere una crema liscia e vellutata. Tieni da parte, coperta, senza farla addensare troppo.

3. La pasta

Cuoci le tagliatelle in abbondante acqua salata bollente. Scolale al dente direttamente nella casseruola con il ragù di vitello, aggiungendo un po’ di acqua di cottura o di brodo per facilitare la mantecatura. Unisci una piccola noce di burro e mescola delicatamente finché la pasta non sarà lucida e ben condita.

Distribuisci le tagliatelle nei piatti formando un nido al centro. Versa un cucchiaio abbondante di crema di Parmigiano su ciascuna porzione e termina con il tartufo bianco affettato finemente. Se vuoi aggiungere un ulteriore tocco aromatico, qualche foglia fresca di timo completerà perfettamente il piatto.

Servi subito, quando il profumo del tartufo è ancora vivo e la pasta calda ne esalta gli aromi.

Un piatto come questo merita un vino bianco dal corpo deciso e una buona struttura. Un Fiano di Avellino, un Lugana Riserva o un Friulano dei Colli Orientali possono accompagnare egregiamente i toni avvolgenti della crema di Parmigiano e il profilo boschivo del tartufo.

Per completare il pasto, scegli contorni leggeri ma interessanti. Una insalatina di valeriana, pere e nocciole tostate, condita con un filo d’olio extravergine, aggiunge freschezza e croccantezza. In alternativa, una crema di topinambur o una zuppetta di porri e patate possono accompagnare senza sovrastare.

Cucinare queste tagliatelle in un giorno qualunque, come può essere un mercoledì di marzo, è un gesto che rompe la routine con eleganza. È un invito a rallentare, a ritrovare attenzione nei gesti quotidiani. Non serve un evento particolare per rendere il pranzo o la cena speciali: basta scegliere ingredienti buoni, accendere i fornelli e ascoltare i profumi che si diffondono nella cucina.

Le tagliatelle con ragù bianco di vitello, tartufo e crema di Parmigiano ci ricordano che l’eccellenza non è una questione di calendario, ma di intenzione. Una ricetta che, proprio per questo, vale la pena preparare quando meno te lo aspetti — e proprio allora sarà la più apprezzata.


 
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