Cucina berbera

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La cucina berbera è la cucina tradizionale del Nordafrica. Data la vastità del territorio nordafricano, non sorprende trovare usi alimentari differenti da un'area a un'altra, e quindi non è facile individuare una cucina "tipica".
A seconda delle risorse naturali disponibili e delle consuetudini, ogni gruppo berbero ha proprie consuetudini alimentari. Per esempio, la tribù degli Zayan della regione di Khénifra in mezzo ai monti dell'Atlante, ha una cucina di notevole semplicità. Si basa primariamente sul granturco, latte di pecora, formaggio di capra, burro, miele, carne e selvaggina.
I principali cibi berberi sono:
  • Cuscus, il piatto più tipico del Nordafrica, oggigiorno conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Se ne conoscono infinite varietà: con carne, con pollo, con pesce, con verdure, più o meno piccanti, più o meno dolci, ecc.
  • Tangia, un piatto tipico marocchino che contiene diversi pezzi di carne come agnello, mucca ecc.
  • Gofio, impasto di farina di grani abbrutoliti tipico delle isole Canarie.
  • Tè alla menta.
  • Tajine un piatto molto diversificato, cucinato in diversi modi:
    • Tajine con pollo, limone e olive;
    • Tajine con tonno;
    • Tajine con le sardine;
    • Tajine con carne di agnello e succo di susine;
    • Tajine con susine;
    • Tajine con legumi e indivia;
    • Tajine con tacchino e patate.
  • Pastilla o bastilla un piatto tradizionale marocchino.
  • Pane fatto con lievito tradizionale.
  • Bouchiar (wafer fine senza lievito ricoperto di burro e miele naturale).
  • Bourjeje (frittella fatta con farina, uova, lievito e sale).
  • bsisa o aḍemmin (polvere di farina di grano e orzo a ciò vanno aggiunte varie spezie come coriandolo, cumino, mandorle, oltre a datteri e zucchero).
  • Matbucha (insalata elaborata di pomodori, peperoni arrostiti, olio di oliva ed aglio).
  • Tahricht (contenente viscere quali il cervello, la trippa, i polmoni e il cuore: questi ingredienti sono arrotolati con l'intestiono su un bastone di quercia e cucinati sulla brace).
  • Mechoui o barbecue di agnello - un'intera pecora cotta in un forno creato appositamente per questo uso. L'animale è cucinato con burro naturale, che lo rende più saporito. Questo piatto è servito soprattutto in occasione di festività.
  • Insalata mechouia, insalata di pomodori, peperoni, melanzane grigliati, conditi con sale, pepe, aglio, polvere di coriandolo e olio d'oliva.
  • Amlou, piatto dolce marocchino.



I berberi sono gli abitanti del Nord Africa. Molti di essi oggi parlano dialetti arabi, ma numerose comunità, per un totale di diversi milioni di persone, parlano ancora la lingua autoctona, sopravvissuta nonostante le varie incursioni da parte dei Fenici, Romani, Bizantini, Arabi, Ottomani e Francesi.

Vegemite

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Vegemite è un marchio registrato della Kraft che identifica una crema salata fatta di estratto di lievito, simile alla Marmite britannica, alla Cenovis svizzera e all'italiano Estratto di Lievito Vegetale Bovis. Viene solitamente spalmata sul pane, ma può essere usata anche per cucinare. È diffusa soprattutto in Australia e in Nuova Zelanda, dove gode dello status di "cibo nazionale" e icona culturale. Fu inventata nel 1923 da Cyril Callister ed è ricca di vitamina B.

Storia

La storia della Vegemite inizia intorno agli anni venti, quando l'imprenditore Fred Walker, facendo un contratto di fornitura di lieviti di birra con alcuni birrifici, iniziò a pensare che cosa avrebbe potuto fare con il lievito in eccesso (che sapeva ricchissimo di vitamina B) scartato dai birrifici. E ispirandosi alla Marmite, nel 1922 assunse un giovane chimico, Cyril P. Callister, che dopo 2 mesi di ricerche e di prove per trovare la giusta formula creò la Vegemite, che venne commercializzata nella fine del 1923. Il successo non fu immediato, ma ci vollero ben 14 anni perché venisse diffusa su larga scala in Australia. Nel 1935, Fred Walker vendette il brevetto alla Kraft, che tuttora ne detiene i diritti.
La vera esplosione infatti ci fu nel 1939, quando la British Medical Association diede la sua approvazione ufficiale, stabilendo che un uso quotidiano di Vegemite facesse bene alla salute ed inserendola tra le razioni militari dell'esercito australiano. Fu proprio allora che durante il conflitto mondiale, la richiesta di Vegemite aumentò vertiginosamente, perché tutta la produzione veniva assorbita dall'esercito.
Le scorte riservate ai normali cittadini andarono quindi presto a esaurirsi, e le pubblicità dell'epoca iniziarono a diffondere messaggi patriottici di consolazione per giustificare la mancanza del prodotto: «Sarà disponibile solo quando i ragazzi torneranno a casa» oppure «Lo mettiamo nello loro razioni alimentari gente: ci dispiace, ma voi dovete aspettare» recitavano gli slogan.
Al termine del conflitto la Vegemite fece ritorno sulle tavole delle famiglie australiane, dove è presente tuttora. Molte sono le dicerie che circolano su questo prodotto, ma non fanno che accrescerne il mito. Ad ogni modo questo è quello che molti considerano il vero “cibo nazionale”, nonostante nel resto del mondo se ne ignori l'esistenza. Vengono prodotti ogni anno ventidue milioni di vasetti di cui solamente il due percento dei quali viene venduto al di fuori dell'Australia.
La diffusione nella cultura australiana è così forte da essere citata sia nella canzone sia nel relativo videoclip Down Under del gruppo rock australiano Men at Work. Nella seconda strofa il protagonista racconta l'incontro con un panettiere connazionale a Bruxelles, che riconosciutolo dall'accento gli dà un "vegemite sandwich" lanciandoglielo con il tipico modo di colpire la palla col pugno in uso del football australiano, seguita da un'abbondante innaffiatura di birra Foster's (anche se il marchio non viene mostrato nel video).
Nel film Due gemelle in Australia la Vegemite viene fatta mangiare alle gemelle Olsen come prova dell'essersi ambientate completamente in Australia (in realtà si trattava di Nutella).

Cassoulet

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Il cassoulet (dall'occitano caçolet) è una specialità regionale della Linguadoca, a base di fagioli secchi generalmente bianchi e di carne. In origine era a base di di fave. Il cassoulet deriva il proprio nome dalla casseruola in terracotta smaltata a forma di cono tronco fabbricata a Issel.
Il cassoulet si serve tradizionalmente con un vino rosso della regione (Fitou, Corbières o Minervois).

Storia

La leggenda, riportata da Prosper Montagné, pone l'origine del cassoulet all'interno della città di Castelnaudary, durante la guerra dei Cent'anni (1337-1453). Durante l'assedio di Castelnaudary da parte degli Inglesi, gli assediati ridotti alla fame avrebbero riunito tutti i viveri disponibili (fagioli secchi e carni) per cucinare un gigantesco ragù o estofat per rifocillare e rinvigorire i combattenti. Questi ultimi riuscirono così a cacciare gli Inglesi e liberare la città.
Questa leggenda che sostiene il sentimento nazionalista e fa del cassoulet un difensore dei valori francesi non resiste tuttavia al confronto con un'analisi critica. Sicuramente la città di Castelnaudary ha notevolmente sofferto durante la guerra dei Cent'anni, fu parzialmente bruciata dall'esercito del Principe Nero il 31 ottobre del 1355. D'altra parte, i fagioli, originari del continente sudamericano, sono stati introdotti in Europa solo molto più tardi (nel XVI secolo); quindi probabilmente si trattava di fave o di fagioli dall'occhio (moujette o mounjette in occitano) che erano consumati all'epoca come ragù.
Uno dei libri di cucina più antichi, Le Viandier de Taillevent, descrive una ricetta di ragù di montone con le fave probabilmente ispirata dagli Arabi. Questa ricetta mette in evidenza la natura stessa del piatto, fatto con gli avanzi di cucina e molto energetico. All'origine è quindi una ricetta contadina, composta di legumi (fave, fagioli dell'occhio, e poi successivamente di fagioli bianchi) nei quali cuociono le carni disponibili nella dispensa dei contadini dell'epoca. Il piatto è lasciato in un angolo della cucina tutta la mattina, cuoce così per tutta la giornata ed è consumato durante la cena serale.
Il cassoulet, che nel XVII secolo si chiamava ancora estouffet, acquistò durante il XVIII secolo il nome di cassoulet dal nome del contenitore nel quale si fa cuocere a fuoco lento, la cassole (pignatta in terracotta, in italiano).
La disputa sul paese d'origine del cassoulet data fin dal XIX secolo, quando la revue méridionale pubblicò nel 1890 un articolo affermando che il solo e autentico cassoulet viene da Castelnaudary. Anatole France appoggiò questa versione quando scrisse "Non si deve confondere il cassoulet di Castelnaudary con quello di Carcassonne che è un semplice cosciotto di montone con fagioli". La questione divenne nazionale verso il 1900 quando il critico gastronomico Edmond Richardin aprì una discussione su questo argomento sulle pagine della gazzetta parigina. Ognuno allora prese le parti di un paese (Castelnaudary, Carcassonne, Tolosa), dimenticando l'esistenza di alcune versioni locali come quelle di Villefranche-de-Lauragais, Narbonne, Montauban, Pau e Pamiers.
Nel 1911 il cassoulet fu celebrato dal poeta felibrista Auguste Fourès che ritrascrisse un canto anonimo del 1850. Questo piatto arrivò alla tavola dell'Eliseo grazie a Armand Fallières.
Ai nostri giorni sono disponibili, nella grande distribuzione, delle conserve di cassoulet in una versione che i puristi della cucina rinnegano. Per altro verso, nella regione d'origine si trovano rimarchevoli versioni gastronomiche. La sua ricetta è strettamente codificata, con qualche variante a seconda delle varie scuole.

Composizione e ricetta

Il cassoulet è un piatto tradizionale la cui base è un ragù di fagioli bianchi lungamente cotto a fuoco lento per essere tenero in bocca, come se si sciogliesse. Al ragù vengono aggiunti, secondo le versioni, del confit d'oca o di anatra, del lardo, della cotenna, dello stinco di maiale, della salsiccia, dell'agnello o della pernice. Ci si può trovare anche del pomodoro, del sedano o della carota. Può essere o meno ricoperto da pangrattato.
È l'oggetto di una disputa annosa fra tre città: Castelnaudary, Carcassonne e Tolosa. La controversia verte sull'origine stessa del cassoulet, sulla sua composizione e le qualità organolettiche dei diversi cassoulet preparati nelle varie città. Il cassoulet di Castelnaudary è a base di fagioli bianchi del Lauragais, contiene confit d'oca, lo stinco o la spalla di maiale, salsiccia e cotenna di maiale, una carota, un porro e una gamba di sedano. La sua cottura finisce in un forno da panettiere nel quale bruciano sterpi della Montaigne Noire. Il cassoulet di Carcassonne può contenere anche pernice rossa e un pezzo di montone. Il cassoulet di Tolosa contiene confit d'anatra e salsiccia di Tolosa, carote e cipolle. Talvolta lo si ricopre con del pangrattato prima di passarlo al forno. Il numero di volte in cui si deve, durante la cottura al forno, rompere la crosta che si forma sulla superficie del piatto - tra le sei e le otto volte a seconda delle ricette - è oggetto di grande dibattito tra gli esperti.
Per porre fine alla rivalità tra le città, Prosper Montagné (Carcassonne, 1865 - Sèvres, 1948), un gastronomo della Linguadoca divenuto cuoco a Tolosa, ha fatto ricorso a una metafora, presente nel suo libro intitolato "Le Festin Occitan": "Il cassoulet, è il Dio della cucina occitana; Dio-Padre, è il cassoulet di Castelnaudary, Dio-Figlio è quello di Carcassonne e Dio-Spirito Santo quello di Tolosa."
Nonostante le numerose varianti di questo piatto, si possono individuare due costanti: i fagioli che servono da base e la pentola che permette la cottura.

I fagioli

Da tradizione si utilizzano, per la preparazione del cassoulet, dei fagioli locali del sud-ovest della Francia. Alcuni cuochi tentano un ritorno alle origini preparandolo con le fave. Il fagiolo comune (Phaseolus vulgaris), probabilmente una variante locale del Phaseolus arborigineus, è originario del Perù ed è stato importato in Europa verso il 1528 da un canonico italiano. Caterina de' Medici, contessa del Lauragais, raggiunse la Francia portando nei suoi bagagli alcuni semi di questo prodotto e ne incoraggiò la coltivazione nel sud della Francia. Il fagiolo diventò durante il XVII secolo e fino al XIX secolo una base importante della produzione e del consumo locale. Dopo la Seconda Guerra mondiale, questa coltura locale è stata abbandonata a favore di coltivazioni più redditizie. Il cassoulet è quindi preparato con fagioli importati, ma la qualità del prodotto ne soffrì: i fagioli importati erano di differenti origini, risultava difficile ottenere una qualità costante e un livello di cottura omogeneo. Verso la metà degli anni 1990 venne istituito un consorzio di produttori di fagioli da cassoulet il cui scopo principale è quello di promuovere la produzione del fagiolo del Lauragais. In dieci anni la produzione è stata così aumentata di quasi venti volte (da 35 a 600 tonnellate). I fagioli coltivati nella regione di Mazères o di Pamiers sono spesso raccomandati per la preparazione del cassoulet. Il consumo di fagioli, importante ancora nel XIX, secolo ha subito un notevole calo fino ad arrivare a circa 150-200 grammi al mese pro capite. Con la riabilitazione del fagiolo regionale, il consorzio dei produttori di fagioli da cassoulet e la CAPA sperano di ridare prestigio a un piatto ricco di fibre, di proteine e di carboidrati a metabolizzazione lenta.

Promozione

A Castelnaudary è nata a partire dal 1970 una confraternita del cassoulet il cui obbiettivo è quello di promuovere il cassoulet di Castelnaudary. Ogni anno si organizza una festa del cassoulet durante la quale sono offerte alcune degustazioni. Un concorso raccoglie anche i migliori specialisti del cassoulet di Castelnaudary. In questa città il cassoulet è una vera sfida economica: l'80% della produzione francese (75000 tonnellate) viene prodotto da sei aziende di Castelnaudary. Carcassonne ha dato i natali a una "Accademia Universale del Cassoulet". Il progetto iniziato da un restauratore di Carcassonne André Pachon, e portato a termine da Jean-Claude Rodriguez tende a promuovere il cassoulet in tutta la sua generalità. È stata proposta l'istituzione di una strada del cassoulet che permetta un viaggio tra le migliori tavole della regione e proponga più varianti di questo piatto. L'Accademia Universale del Cassoulet incorona anche i migliori chef in tutto il mondo (Belgio, Canada, Giappone).

Piatti simili

Esistono nel mondo numerosi piatti o ragù a base di fagioli o di fave. Un piatto di origine medievale è il fèvoulet che è un cassoulet a base di fave. Il cassoulet brasiliano si chiama feijoada, è composta da fagioli neri e si possono trovare al suo interno frattaglie, spalla di maiale salato, carne bovina seccata e del peperoncino. La fabada asturiana o cassoulet delle Asturie è consumata nel nord-ovest della Spagna. È preparata con un tipo speciale di fagiolo coltivato nella regione, chiamato la faba o fagiolo delle Asturie. Nelle Antille si cucina un cassoulet con una varietà di fagioli secchi locali. In Catalogna, il piatto chiamato faves ofegades è un cassoulet che si prepara utilizzando le fave e che ha la stessa origine del cassoulet occitano. Nel Québec, le fave al lardo sono un piatto tipico tradizionale composto da fagioli cotti a fuoco lento e a lungo con del lardo. Le tre principali varianti sono: salsa di pomodoro, melassa e sciroppo d'acero.




Gaiwan

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Un gaiwan (蓋碗, 盖碗, gàiwǎn, letteralmente "scodella incoperchiata") è una tazza dotata di coperchio usata per l'infusione ed il consumo di tè.

Storia

Prima della dinastia Ming, in Cina il tè era consumato nella stessa tazza in cui era stato preparato. Come descritto dal maestro di tè Lu Yu, questa ciotola speciale (detta cháwǎn 茶碗, lett. "tazza da tè") doveva essere abbastanza larga da permettere l'infusione, e abbastanza piccola da essere tenuta tra le mani in maniera confortevole. Durante la dinastia dei Ming le innovazioni nel rituale e nella preparazione del tè diede luogo ad una tazza più piccola ma egualmente funzionale, detta gaiwan.

Struttura e funzione

Secondo molti intenditori, il gaiwan è il metodo preferito per preparare tè dall'aroma e profumo delicati, come il tè verde o il tè bianco, ma in realtà si può adattare ad ogni tipo di tè. Consiste semplicemente di un piattino, una tazza, e un coperchio. Il coperchio permette di fare l'infuso e bere dalla stessa tazza (bloccando le foglie). Può essere fatto di molti materiali, dal vetro alla porcellana.

Cucina angolana

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La cucina angolana ha subito forti influenze dalla cucina portoghese, per via del passato coloniale che ha legato i due stati.
I portoghesi introdussero non solo alimenti e metodi di cottura della propria patria ma anche dalle altre colonie: molti piatti angolani, ad esempio, sono uguali o perlomeno simili ad alcuni piatti del Brasile.
Tra gli ingredienti della cucina angolana vi sono:
  • Olio di palma
  • Ricavati della cassava come, ad esempio, la farina di manioca (con la quale viene preparata la farofa, piatto diffuso anche in Brasile)
  • Legumi (fagioli)
  • Piri piri, tipo di peperoni originari del Brasile
  • Cocco
  • Pesce: quello usato più di frequente è il tilapia, una specie di Cichlidae localmente chiamato kacusso.
Tra i piatti tipici dell'Angola vi sono:
  • Funge, una sorta di polenta ottenuta con il mais
  • Muamba de galinha, gallina condita con crema di arachidi
  • Calulu di carne o pesce, stufati a base di carne o pesce essiccati
  • Cocada Amarela, un budino a base di cocco, zucchero e tuorli d'uovo

Corunda

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La Corunda è un piatto tipico della cucina messicana. Molto simile al tamale, vi si differenzia poiché avvolta da lunghe foglie di mais verdi, che vengono poi ripiegate in forma triangolare.
La corunda viene solitamente accompagnata da crema e salsa rossa, riempita di massa di mais e non condita da nessun ripieno di carne. Viene cotta al vapore fino alla doratura, e poi consumata svolgendo le foglie in cui è avvolta.
La corunda è un piatto tradizionale dello stato messicano di Michoacán.

Bruschetta

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La bruschetta è un piatto contadino diffuso in tutta Italia, nato dalla necessità che gli agricoltori avevano di conservare il pane. È oggi servito per lo più come veloce antipasto. L'etimologia del termine risale all'aggettivo romanesco brusco, con significato di abbrustolito ed è preparata con una fetta di pane abbrustolito condito con olio e sale e strofinato con aglio crudo.

Campania

Nella cucina napoletana la bruschetta è presente da secoli grazie alla grande produzione di pomodori della Campania. Diffusasi poi in tutta Italia, la bruschetta nacque come spuntino per gli agricoltori campani che durante le pause condivano queste fette di pane abbrustolite con i pomodori appena raccolti. Diventato poi un antipasto, conobbe la sua prima versione condita con olio, aglio e pomodoro talvolta anche origano. Successivamente si sono aggiunte versioni con alici, olive e formaggi vari. Con il passare del tempo ed il continuo mutare della cucina napoletana, da molti anni si possono assaggiare in tante versioni condite con creme e paté di peperoni, funghi, zucchine,piccoli tocchetti di melanzane, mozzarelle, scamorze e salumi vari.

Toscana

In Toscana il nome "bruschetta" deriva da "brusca" o "brusta" con il quale si identificava, fino al dopoguerra, il carbone di legna fine fatto per accendere i focolari nelle case. La brusca veniva preparata dai carbonai della Maremma Toscana e Laziale e venduta porta a porta. Nella zona della Maremma e sud della Toscana la bruschetta è un piatto antico che viene preparato con pane casereccio fatto rigorosamente senza sale e che per questo si conserva più a lungo e può essere tostato più facilmente creando una crosta esterna croccante e mantenendo un cuore morbido. In provincia di Firenze viene chiamata fettunta, in altri luoghi panunto. Quando il pane è caldo e croccante si strofina uno spicchio d'aglio sulla superficie e quindi si condisce con olio extra vergine di oliva, sale e pepe. Si ritiene che questo cibo povero sia nato come spuntino per i lavoratori dei campi. Veniva preparato con il pane casereccio, anche raffermo, e insaporito con carni e salsiccia.

Piemonte

Esiste un tipo di bruschetta chiamata in piemontese soma d'aj, di origine tipicamente monferrina e langarola o della zona delle sorgenti del Po (saluzzese e pinerolese). Gli spicchi d'aglio vengono sfregati sulla crosta del pane abbrustolito.
Le fette di pane, così trattate, sono solitamente richiuse a formare un panino, con dentro fette di pomodoro, olio e sale. La soma era il cibo dei vendemmiatori quando, durante la pausa per il pranzo, veniva accompagnata con un grappolo d'uva dolcetto o moscato.

Puglia

Famosa per i suoi prodotti tipici da forno (pane, biscotti, frise, ...) la Puglia vanta una tradizione secolare sulla bruschetta. Alimento veloce e tipico della tradizione contadina pugliese, era preparato abbrustolendo delle fette di pane locale sulle braci sempre accese dei camini domestici e condito con olio di produzione locale, ottenuto esclusivamente da olive molite a freddo attraverso processi meccanici, e con pomodori, coltura tipica principalmente della provincia brindisina. Nel corso del tempo questa pietanza, come nel resto dell'Italia, è diventata una portata frugale degli antipasti tipici, aggiornando i condimenti a seconda dei gusti del consumatore e dei prodotti tipici del luogo in cui viene preparata.






Calabria

In Calabria la bruschetta viene chiamata "fedda ruscia" (fetta abbrustolita), si condisce semplicemente con pomodori, olio, sale, pepe e origano.

 
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