OUI, LE SUPPLÌ! – L’ANTROPOLOGO MARINO NIOLA RACCONTA LA STORIA DEL SUPPLÌ: UNA SORPRESA ROMANA DA SCOPRIRE


Il supplì è un simbolo vivente della tradizione culinaria romana, un piccolo scrigno di gusto che racchiude un sapore unico, capace di sorprendere ogni volta chi lo assaggia. L’antropologo Marino Niola lo descrive come una sorpresa continua, sottolineando che, pur mantenendo una ricetta classica e consolidata, il supplì conserva una varietà di sfumature che rendono ogni morso un’esperienza irripetibile. Questo piatto da strada rappresenta un patrimonio culturale che racconta molto della romanità e della sua storia gastronomica.

Ma da dove deriva il nome “supplì”? Niola fa notare un dettaglio spesso trascurato: il termine sembra provenire dal francese surprise. Questo appellativo sarebbe stato adottato nel momento in cui le truppe francesi arrivarono a Roma, introducendo così una nuova interpretazione di questo piatto. La sorpresa, infatti, non è solo nel sapore, ma anche nella tradizione che il nome porta con sé, testimoniando un intreccio di culture e influenze.

Il supplì nasce come un piatto popolare, legato alle classi meno abbienti e al cibo da strada, ma che nel tempo si è affermato nelle tavole di tutta Italia e nel cuore della cucina romana. Il suo ingrediente principale, il riso, arrivò in Italia grazie agli scambi commerciali con l’Oriente, e con esso la possibilità di creare pietanze gustose e pratiche da consumare al volo.

Nato presumibilmente nella prima metà del Novecento, il supplì è sempre stato un piatto legato alla convivialità e al territorio. È quel tipo di cibo che accompagna le chiacchiere in una trattoria, che si gusta passeggiando tra i vicoli di Roma, e che riporta immediatamente chi lo assaggia a un senso di casa, di tradizione, di comunità.

La ricetta originale prevede un riso condito con salsa di pomodoro e pezzetti di mozzarella, avvolto in una panatura croccante e poi fritto fino a ottenere una doratura perfetta. Questo contrasto tra interno morbido e esterno croccante è la chiave del suo fascino senza tempo. Ma, come sottolinea Niola, ogni supplì è diverso, ogni bottega o famiglia ha la propria versione, rendendo questo piatto un caleidoscopio di variazioni sulla stessa base.

Per preparare i supplì in casa, occorrono pochi ma fondamentali ingredienti di qualità. Ecco una ricetta tradizionale per realizzare circa 8 supplì.

Ingredienti:

  • 300 g di riso Carnaroli

  • 700 ml di brodo vegetale

  • 200 g di passata di pomodoro

  • 150 g di mozzarella fior di latte

  • 50 g di parmigiano grattugiato

  • 2 uova

  • Farina q.b.

  • Pangrattato q.b.

  • Olio di semi per friggere

  • Sale e pepe q.b.

  • Un cucchiaio di cipolla tritata (opzionale)

  • Un filo d’olio extravergine d’oliva

Preparazione del riso:

  1. In una casseruola, scaldare un filo d’olio extravergine d’oliva e aggiungere la cipolla tritata, facendola rosolare dolcemente.

  2. Unire il riso e tostare per qualche minuto, mescolando con cura.

  3. Aggiungere la passata di pomodoro e un pizzico di sale, mescolando bene.

  4. Versare il brodo vegetale poco alla volta, continuando la cottura a fuoco medio, fino a quando il riso sarà al dente e ben amalgamato con il sugo (circa 18 minuti).

  5. Spegnere il fuoco e incorporare il parmigiano grattugiato, aggiustando di sale e pepe. Lasciare raffreddare completamente.

Assemblaggio:

  1. Tagliare la mozzarella a cubetti piccoli.

  2. Con le mani leggermente umide, prendere una porzione di riso e appiattirla sul palmo. Inserire un cubetto di mozzarella al centro e richiudere formando una palla o una forma allungata.

  3. Passare ogni supplì nella farina, poi nell’uovo sbattuto e infine nel pangrattato, assicurandosi che sia ben coperto da ogni lato.

Cottura:

  1. Scaldare abbondante olio di semi in una pentola dai bordi alti a circa 170°C.

  2. Friggere i supplì pochi alla volta, rigirandoli spesso per ottenere una doratura uniforme.

  3. Scolare su carta assorbente e servire caldi, perché la mozzarella all’interno si presenti filante e invitante.

Il supplì, nonostante la sua apparente semplicità, ha un carattere mutevole che lo rende speciale ogni volta. Cambiando la qualità del riso, la tipologia di mozzarella o la salsa utilizzata, il risultato finale può offrire sensazioni diverse. Aggiunte come pepe nero, un tocco di basilico fresco, o persino una spruzzata di peperoncino, sono piccole variazioni che trasformano l’esperienza senza tradire l’essenza del piatto.

In alcune zone di Roma, si trovano anche varianti con ripieno di carne o funghi, o con una panatura arricchita da erbe aromatiche. Ogni supplì racconta così una storia diversa, fatta di gusti, profumi e ricordi personali, un racconto intessuto nella tradizione di una città che sa essere custode di tesori gastronomici senza tempo.

Il supplì si presta a molteplici abbinamenti, sia per accompagnare un pasto leggero, sia per essere protagonista di uno spuntino sostanzioso.

  • Vini: Un vino rosso giovane e fresco, come un Frascati superiore o un Cesanese del Piglio, è ideale per bilanciare la cremosità del riso e la croccantezza della panatura. In alternativa, un rosato vivace può offrire un contrasto piacevole.

  • Birre: Per chi preferisce la birra, una pilsner chiara e non troppo amara permette di apprezzare pienamente la delicatezza del supplì, mentre una birra ambrata più corposa ne esalta la consistenza e il sapore.

  • Contorni: Per un pranzo o una cena completa, il supplì può essere accompagnato da una semplice insalata verde condita con limone e olio, o da verdure grigliate, per una combinazione equilibrata che non sovrasti il sapore del piatto.

Il supplì è più di un semplice cibo da strada: è un patrimonio culturale e gastronomico che racconta Roma attraverso la sua storia, i suoi sapori e le sue tradizioni. La sua capacità di sorprendere ogni volta risiede nella sua natura stessa: una ricetta semplice ma flessibile, capace di assumere mille sfumature pur mantenendo la sua identità forte e riconoscibile.

L’antropologo Marino Niola ci invita a riflettere sul supplì non solo come pietanza, ma come esperienza che incarna l’incontro tra culture, il valore della convivialità e il piacere della scoperta continua.

Provare a prepararlo in casa significa non solo assaporare un piatto amato da generazioni, ma anche entrare in contatto con un pezzo della storia romana, fatto di ingredienti semplici ma di grande valore.

Buon appetito e… à la surprise!

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