Tra i vicoli di Napoli, prima ancora che si senta la voce di un venditore ambulante o il vociare di una comitiva, c’è un altro suono che anticipa tutto: il sibilo dell’olio bollente. Ed è lì, in quel rituale quotidiano, che nascono i crocchè. Croccanti all’esterno, morbidissimi all’interno, sono più che semplici fritture: sono memoria, ingenuità, mestiere, tradizione di strada.
I crocchè di patate sono parte integrante del cosiddetto "cuoppo" napoletano, il cartoccio di fritti misti servito ancora bollente nei vicoli del centro storico. Ma a differenza delle frittelle o delle pizzelle, il crocchè ha una sua compostezza aristocratica. Semplice negli ingredienti, richiede una mano esperta per non cadere nella banalità o nell’untuosità. È il cibo della festa ma anche della fame, del doposcuola e del dopoteatro, della passeggiata serale e del pranzo frugale in piedi.
Il termine "crocchè" deriva dal francese “croquette”, introdotto a Napoli nel XVIII secolo durante il periodo della dominazione borbonica. La cucina aristocratica francese, raffinata ma talvolta ridondante, fu rapidamente adattata al gusto più diretto e schietto del popolo partenopeo. Così le croquette divennero crocchè, e furono spogliate delle salse e delle farciture elaborate per essere ricondotte a una base essenziale: patate, formaggio, sale, pepe e prezzemolo. A volte arricchite da un tocco di prosciutto o mozzarella, ma spesso lasciate semplici, nella loro forma più pura.
Da allora, i crocchè sono entrati nel lessico gastronomico della città, tanto nei banchi delle friggitorie quanto nelle cucine delle nonne. Ogni famiglia ha la sua ricetta, ogni rione la sua variante. Ma tutti concordano su un punto: il crocchè va mangiato appena fritto, caldo al punto da ustionare, per gustare quella doppia consistenza che lo rende inconfondibile.
Ricetta tradizionale
Ingredienti (per circa 15 crocchè)
1 kg di patate a pasta gialla (meglio se vecchie, più asciutte)
2 uova (1 per l’impasto, 1 per la panatura)
100 g di parmigiano grattugiato
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
Sale e pepe nero q.b.
Pangrattato q.b. per la panatura
Olio di semi di arachide per la frittura
(Facoltativo) 100 g di mozzarella ben scolata o provola a cubetti
Preparazione
1. Cuocere le patate:
Lavate le patate senza
sbucciarle e mettetele in una pentola con acqua fredda. Portate a
ebollizione e fatele cuocere per circa 30-35 minuti, finché non
saranno tenere ma compatte. Scolatele e sbucciatele ancora calde per
evitare che assorbano troppa umidità.
2. Schiacciare e impastare:
Passate le patate
nello schiacciapatate direttamente in una ciotola capiente.
Lasciatele intiepidire leggermente, poi unite un uovo, il parmigiano
grattugiato, il prezzemolo, sale e pepe. Mescolate fino ad ottenere
un composto compatto ma morbido, facilmente modellabile. Se l’impasto
dovesse risultare troppo molle, aggiungete un cucchiaio di
pangrattato.
3. Formare i crocchè:
Con le mani leggermente
unte, prelevate una quantità di impasto grande quanto una grossa
noce e modellatela a forma di cilindro o ovale allungato. Se
desiderate, potete inserire al centro un piccolo cubetto di
mozzarella o provola, avendo cura di richiudere bene le estremità.
4. Panatura:
Sbattete l’uovo rimasto in una
ciotola. In un altro recipiente preparate il pangrattato. Passate i
crocchè prima nell’uovo e poi nel pangrattato, avendo cura che
siano ben coperti su tutta la superficie.
5. Frittura:
Scaldate abbondante olio di semi
in una casseruola dai bordi alti. Quando l’olio è ben caldo
(170-180 °C), friggete pochi crocchè alla volta per non abbassare
la temperatura. Cuoceteli fino a quando non saranno dorati e
croccanti. Scolateli su carta assorbente.
6. Servire:
I crocchè vanno serviti caldi,
quasi bollenti, ma lasciati riposare un minuto per non compromettere
la consistenza interna. All’esterno devono risultare croccanti e
asciutti, mentre l’interno deve rimanere soffice, con il profumo
delle patate e del formaggio ben amalgamati.
Abbinamenti consigliati
Bevande:
Se mangiati per strada, i crocchè si
accompagnano alla perfezione con una bibita gassata classica come una
gassosa al limone o una cola artigianale. In un contesto più
domestico, è consigliabile un bicchiere di Falanghina, che con la
sua freschezza bilancia la frittura. Anche una birra chiara e
leggera, servita ben fredda, si abbina perfettamente.
Piatto completo:
Per una cena a tema
partenopeo, potete servire i crocchè come antipasto insieme ad altre
fritturine: arancini, frittatine di pasta, zeppoline di alghe. Come
primo, una pasta al ragù napoletano o una genovese. Concludete con
una sfogliatella riccia o una delizia al limone.
Condimenti:
I crocchè tradizionali non
richiedono salse, ma nulla vieta di servirli con una maionese fatta
in casa o una crema leggera all’aglio, purché non coprano il gusto
principale. Qualche goccia di limone può essere una piacevole
variazione per chi ama un tocco acido.
I crocchè sono una dichiarazione d’amore alla cucina popolare. Sono la dimostrazione che pochi ingredienti, se ben trattati, possono dare origine a qualcosa che valga la pena ricordare. Ma oltre la bontà, c’è un’altra lezione: quella della semplicità come forma di resistenza.
Mentre la cucina contemporanea si lancia in sperimentazioni sempre più audaci, il crocchè resta saldo nel suo ruolo: confortare, saziare, far sorridere. È il “ti voglio bene” di una nonna, il premio dopo un’interrogazione andata male, l’appuntamento fisso della domenica pomeriggio.
Friggere bene, con attenzione e rispetto, è un atto serio. Perché, come diceva Eduardo De Filippo, "Chi tiene 'a bontà, sta sempe bbuono". E chi sa fare bene i crocchè, un po’ di bontà deve averla per forza.
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