I turisti a Rione Sanità non sono ben
visti. Ciro Oliva con la sua pizzeria vuole cambiare le cose.
"Non è un quartiere per turisti.
Non tanto per gli scippi, quanto per le stese,infatti in preparazione
al vostro arrivo Ciro ha dovuto avvertire, fare un po' di "bonifica"
— se così la vogliamo chiamare."
È questa la risposta che ricevo quando
mi rivolgo a un signore che è con me, cercando di capire quanto la
realtà di quel luogo differisca dai racconti che se ne fanno. Sono a
Napoli per la prima volta e dall'aeroporto di Capo di Chino mi sono
trovata catapultata nel mezzo del Rione Sanità—un quartiere
popolare della città conosciuto soprattutto per l'elevata
emarginazione sociale e l'alta diffusione di episodi di violenza
legati alla camorra.
I miei compagni di avventura sono una
decina di giornalisti, critici e insider gastronomici, e il
nostro bonificatore—nonché il motivo per cui siamo qui— è Ciro
Oliva: 24 anni, sposato, padre, e gestore della pizzeria Concettina
ai Tre Santi.
Da qualche tempo, la pizzeria ha
conquistato una fama sempre maggiore e il plauso di critica e
pubblico: mentre ogni sera al suo ingresso stazionano code di
aspiranti clienti, sempre più riviste di settore le hanno rivolto
l'attenzione, e la sua pizza si è posizionata al primo posto
sulla Guida alle Pizzerie d'Italia del 2017 del Gambero Rosso.
Di pari passo, il personaggio di Ciro
Oliva si sta ritagliando un posto sempre più rilevante nel mondo
della gastronomia. Al di là degli ovvi meriti del prodotto, a
giocare un ruolo in quest'ascesa ci sono una personalità estroversa,
una storia particolare, e una comunicazione—che passa per i social
e arriva a eventi come questi—curata nei minimi dettagli.
È esattamente dall'incontro tra questi
tre fattori che nasce l'evento a cui mi trovo a partecipare—una
giornata aperta alla stampa che prevede tour del rione e pranzo—con
l'intenzione di capire il successo della pizzeria e cosa rende un
ragazzo di 24 anni il simbolo di un quartiere e uno dei migliori
pizzaioli d'Italia.
L'appuntamento è alle 10:30 in piazza
Vergini, la piazza che delimita l'inizio del rione Sanità. Bastano
pochi passi per capire che il tour del rione non è una trovata
pubblicitaria, né di contorno rispetto al pranzo. Al contrario, ne è
parte integrante: la storia di Concettina ai Tre Santi, così come
quella di Ciro e della sua famiglia, è visceralmente legata al rione
nel quale sorge, ed è impossibile comprenderla appieno se
estrapolata da quel contesto.
Come ci racconta mentre ci addentriamo
nel cuore del quartiere, Ciro è nato e cresciuto nel Rione Sanità,
dove ancora vive. Ha cominciato a lavorare a Concettina ai Tre Santi,
il ristorante di famiglia da quattro generazioni e aperto nel 1951,
giovanissimo. A 14 anni la sua ambizione—che a quel tempo era
rappresentata dalle mance—lo portava a consegnare pizze in giro per
Napoli con una sola mano, mentre con l'altra reggeva il manubrio del
motorino.
Crescendo, il ruolo di Ciro all'interno
della pizzeria si è fatto sempre più importante, mentre l'ambizione
lo portava a esplorare nuovi orizzonti.
"Avevo 18 anni, lavoravo in
pizzeria, e come molti ragazzi di quell'età passavo un sacco di
tempo su internet. Mi piaceva guardare cosa facevano i colleghi più
bravi, come gestivano i loro social. Prendevo moltissimi spunti da
loro. Piano piano ho cominciato a rivolgermi a persone che mi
potevano aiutare, a cui chiedevo consulto su vari aspetti, dagli
ingredienti all'arredamento, e la pizzeria si è piano piano
evoluta," racconta.
Del resto, pure in un mondo molto
competitivo come quello della gastronomia, basta ascoltarlo per
immaginarsi come possa essere facile farsi trascinare dal suo
entusiasmo. Mentre camminiamo per il rione, passando sotto la casa di
Totò—venerato come un Dio—tra molti motorini, pochi caschi e
panni stesi come nelle migliore delle cartoline di Napoli, Ciro si
ferma a salutare tutti e con tutti scambia due parole. Dai giovani è
trattato come una specie di divo, ed è palese che quel ruolo, come
ammette lui stesso, lo inorgoglisce. Oltre a fargli sentire un forte
senso di responsabilità.
Da circa un anno, data della sua
apertura, Ciro investe tempo e denaro nella
"Casa dei Cristallini" —un luogo in cui
volontari e il parroco di zona organizzano attività extrascolastiche
pomeridiane per i bambini del rione, che vanno dai corsi di
fotografia a quelli di cucina.
Dall'ultimo piano del palazzo, in cui
come ci ripetono più persone i turisti solitamente non sono ben
visti, Ciro ci parla del rapporto con il rione e con i suoi abitanti,
specialmente i più giovani. "Tutti i ragazzi che lavorano con
me sono del Rione. Questi ragazzi stanno imparando un mestiere e lo
stanno imparando ai massimi livelli: se la gente viene da me e scrive
che la nostra pizzeria non ha nulla da invidiare ai ristoranti due
stelle, vuol dire che fuori da qui hanno la possibilità di lavorare
in un ristorante di alto livello, possono avere una carriera in
questo campo," spiega
Ma il discorso va ben oltre l'aspetto
professionale. Oltre al curriculum, i ragazzi che lavorano da Ciro
costituiscono all'interno del rione un'immagine alternativa di
successo. Grazie al loro lavoro nella pizzeria hanno i soldi per
uscire dal rione, conoscere determinati ambienti, farsi le vacanze,
comprarsi i vestiti, fare l'assicurazione del motorino.
Piccole soddisfazione che Ciro si augura possano essere
d'ispirazione per i loro coetanei e i più piccoli.
Dopo un giro di due ore e mezzo per il
Rione e dopo aver conosciuto un po' la storia della pizzeria, arriva
finalmente l'ora di pranzo.
Il posto è più piccolo di come lo
avevo immaginato dai racconti, l'arredamento ricercato e al tempo
stesso semplice, l'atmosfera tra i dipendenti tesa. Ragazzi tatuati
in giacca e cravatta si muovono veloci mentre continuano ad arrivare
nuovi ospiti—tra cui vari nomi di punta del settore—che si
aggiungono al pranzo organizzato.
Alla fine siamo circa 20 persone,
sedute attorno a un tavolo rettangolare. Ciro ci parla un po'
dell'arredamento: giustifica la scelta del non usare le tovagliette,
i bicchieri con il ginepro dentro, le sedie che rimangono uguali a
come erano quando la pizzeria ha aperto per la prima volta. Sul
fronte innovazione, invece, a tavola ci vengono consegnati degli
occhiali 3D dai quali degli iPhone mostrano un video a 360 gradi di
Ciro e i ragazzi intenti a fare una delle loro pizza.
Nelle due ore successive si svolge il
pranzo: tra antipasti, le
montanarine e
assaggi di pizza, il menù prevede 12 portate, con sette vini in
degustazione. In quasi tutti i piatti, ingredienti della cucina
tradizionale vengono associati in modo innovativo.
Non avendo un palato particolarmente
fine, mi limito ad apprezzare tutto quello che mi passa tra le mani e
ad ascoltare le conversazioni che si svolgono attorno a me. I
commenti sul cibo sono quasi sempre positivi, anche se nessuno dei
presenti sembra voler perdere occasione per cercare di mettere in
difficoltà camerieri e personale.
Ciro spunta di tanto in tanto dalla
cucina (a vista) per spiegarci la portata successiva, con un
entusiasmo e un lessico che rappresentano una boccata di freschezza
al clima patinato che vige a tavola.
Quando, superato anche lo scoglio del
dessert, il vino e cibo stanno prendendo il sopravvento e gli occhi
stanno per cedere, nasce una conversazione che risveglia la mia
attenzione. A tavola due invitati discutono del ruolo che gioca il
rione nell'ascesa della pizzeria.
Se il
primo sostiene che pizzeria di Ciro sia vittima della sua posizione,
argomentando che all'interno del rione Sanità non potrà mai
sperimentare quanto serve per fare il salto, il secondo sostiene la
tesi opposta. Secondo lui sono proprio il Rione e le storie di chi ci
lavora a rappresentare la forza di quel posto, a rendere Concettina
ai Tre Santi un luogo inedito in un mondo omogeneo come quello
gastronomico.
La discussione potrebbe continuare
all'infinito, ma Ciro interrompe tutti e ci richiama all'ordine per
il momento del caffè, dichiarando di fatto il pranzo concluso.
Della discussione, che ascoltava mentre
faceva avanti e indietro, sembrava non interessargli poi molto, e se
solo il futuro ci dirà quali tra le due tesi si rivelerà giusta,
per adesso questo suo atteggiamento sembra dirla lunga sul presente.
Ciro, come per le pizze che portava con
il motorino a 14 anni, sembra riuscire a stare sempre in perfetto
equilibrio in tutto ciò che al momento lo circonda: tra novità e
tradizione, tra il mondo stellato e quello del rione, tra entusiasmo
di fare e umiltà di farsi aiutare, tra il suo lavoro quotidiano e le
attenzioni esterne.
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