Gaiwan

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Un gaiwan (蓋碗, 盖碗, gàiwǎn, letteralmente "scodella incoperchiata") è una tazza dotata di coperchio usata per l'infusione ed il consumo di tè.

Storia

Prima della dinastia Ming, in Cina il tè era consumato nella stessa tazza in cui era stato preparato. Come descritto dal maestro di tè Lu Yu, questa ciotola speciale (detta cháwǎn 茶碗, lett. "tazza da tè") doveva essere abbastanza larga da permettere l'infusione, e abbastanza piccola da essere tenuta tra le mani in maniera confortevole. Durante la dinastia dei Ming le innovazioni nel rituale e nella preparazione del tè diede luogo ad una tazza più piccola ma egualmente funzionale, detta gaiwan.

Struttura e funzione

Secondo molti intenditori, il gaiwan è il metodo preferito per preparare tè dall'aroma e profumo delicati, come il tè verde o il tè bianco, ma in realtà si può adattare ad ogni tipo di tè. Consiste semplicemente di un piattino, una tazza, e un coperchio. Il coperchio permette di fare l'infuso e bere dalla stessa tazza (bloccando le foglie). Può essere fatto di molti materiali, dal vetro alla porcellana.

Cucina angolana

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La cucina angolana ha subito forti influenze dalla cucina portoghese, per via del passato coloniale che ha legato i due stati.
I portoghesi introdussero non solo alimenti e metodi di cottura della propria patria ma anche dalle altre colonie: molti piatti angolani, ad esempio, sono uguali o perlomeno simili ad alcuni piatti del Brasile.
Tra gli ingredienti della cucina angolana vi sono:
  • Olio di palma
  • Ricavati della cassava come, ad esempio, la farina di manioca (con la quale viene preparata la farofa, piatto diffuso anche in Brasile)
  • Legumi (fagioli)
  • Piri piri, tipo di peperoni originari del Brasile
  • Cocco
  • Pesce: quello usato più di frequente è il tilapia, una specie di Cichlidae localmente chiamato kacusso.
Tra i piatti tipici dell'Angola vi sono:
  • Funge, una sorta di polenta ottenuta con il mais
  • Muamba de galinha, gallina condita con crema di arachidi
  • Calulu di carne o pesce, stufati a base di carne o pesce essiccati
  • Cocada Amarela, un budino a base di cocco, zucchero e tuorli d'uovo

Corunda

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La Corunda è un piatto tipico della cucina messicana. Molto simile al tamale, vi si differenzia poiché avvolta da lunghe foglie di mais verdi, che vengono poi ripiegate in forma triangolare.
La corunda viene solitamente accompagnata da crema e salsa rossa, riempita di massa di mais e non condita da nessun ripieno di carne. Viene cotta al vapore fino alla doratura, e poi consumata svolgendo le foglie in cui è avvolta.
La corunda è un piatto tradizionale dello stato messicano di Michoacán.

Bruschetta

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La bruschetta è un piatto contadino diffuso in tutta Italia, nato dalla necessità che gli agricoltori avevano di conservare il pane. È oggi servito per lo più come veloce antipasto. L'etimologia del termine risale all'aggettivo romanesco brusco, con significato di abbrustolito ed è preparata con una fetta di pane abbrustolito condito con olio e sale e strofinato con aglio crudo.

Campania

Nella cucina napoletana la bruschetta è presente da secoli grazie alla grande produzione di pomodori della Campania. Diffusasi poi in tutta Italia, la bruschetta nacque come spuntino per gli agricoltori campani che durante le pause condivano queste fette di pane abbrustolite con i pomodori appena raccolti. Diventato poi un antipasto, conobbe la sua prima versione condita con olio, aglio e pomodoro talvolta anche origano. Successivamente si sono aggiunte versioni con alici, olive e formaggi vari. Con il passare del tempo ed il continuo mutare della cucina napoletana, da molti anni si possono assaggiare in tante versioni condite con creme e paté di peperoni, funghi, zucchine,piccoli tocchetti di melanzane, mozzarelle, scamorze e salumi vari.

Toscana

In Toscana il nome "bruschetta" deriva da "brusca" o "brusta" con il quale si identificava, fino al dopoguerra, il carbone di legna fine fatto per accendere i focolari nelle case. La brusca veniva preparata dai carbonai della Maremma Toscana e Laziale e venduta porta a porta. Nella zona della Maremma e sud della Toscana la bruschetta è un piatto antico che viene preparato con pane casereccio fatto rigorosamente senza sale e che per questo si conserva più a lungo e può essere tostato più facilmente creando una crosta esterna croccante e mantenendo un cuore morbido. In provincia di Firenze viene chiamata fettunta, in altri luoghi panunto. Quando il pane è caldo e croccante si strofina uno spicchio d'aglio sulla superficie e quindi si condisce con olio extra vergine di oliva, sale e pepe. Si ritiene che questo cibo povero sia nato come spuntino per i lavoratori dei campi. Veniva preparato con il pane casereccio, anche raffermo, e insaporito con carni e salsiccia.

Piemonte

Esiste un tipo di bruschetta chiamata in piemontese soma d'aj, di origine tipicamente monferrina e langarola o della zona delle sorgenti del Po (saluzzese e pinerolese). Gli spicchi d'aglio vengono sfregati sulla crosta del pane abbrustolito.
Le fette di pane, così trattate, sono solitamente richiuse a formare un panino, con dentro fette di pomodoro, olio e sale. La soma era il cibo dei vendemmiatori quando, durante la pausa per il pranzo, veniva accompagnata con un grappolo d'uva dolcetto o moscato.

Puglia

Famosa per i suoi prodotti tipici da forno (pane, biscotti, frise, ...) la Puglia vanta una tradizione secolare sulla bruschetta. Alimento veloce e tipico della tradizione contadina pugliese, era preparato abbrustolendo delle fette di pane locale sulle braci sempre accese dei camini domestici e condito con olio di produzione locale, ottenuto esclusivamente da olive molite a freddo attraverso processi meccanici, e con pomodori, coltura tipica principalmente della provincia brindisina. Nel corso del tempo questa pietanza, come nel resto dell'Italia, è diventata una portata frugale degli antipasti tipici, aggiornando i condimenti a seconda dei gusti del consumatore e dei prodotti tipici del luogo in cui viene preparata.






Calabria

In Calabria la bruschetta viene chiamata "fedda ruscia" (fetta abbrustolita), si condisce semplicemente con pomodori, olio, sale, pepe e origano.

Maid café

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Un Maid Café è un particolare tipo di caffetteria a tema nata agli inizi del XXI secolo in Giappone. Il primo maid café è stato probabilmente il Cure Maid Café, aperto nel quartiere di Akihabara nel maggio 2001. Pensati inizialmente per la clientela di appassionati di fumetto ed animazione che frequenta il quartiere, questi locali hanno riscosso crescente successo e notorietà, allargandosi ad un pubblico più vasto e travalicando i confini nazionali. Sulla scia della popolarità del fenomeno, sono stati trasmessi show televisivi, pubblicati manga e avviate intere linee di prodotti.

Caratteristiche

Caratteristica fondamentale di un maid café è la maid, una ragazza in un particolare tipo di divisa da cameriera di foggia vittoriana o francese, riccamente decorata con pizzi e l'immancabile grembiule. Al costume si accompagna la cura dell'ambiente e l'istruzione delle cameriere, che accolgono i clienti con la frase. «Ben rientrato a casa, onorato padrone!» (おかえりなさい、御主人様! Okaerinasai, Goshujin-sama!) e possono intrattenerli con giochi ed esibizioni canore. Il fenomeno è affine al cosplay, e spesso è vissuto come tale dalle stesse maid.

Butler's Café

Per la clientela femminile sono nati i Butler's Café, in cui è il personale maschile (butler) a servire ai tavoli: specularmente alle maid, il butler segue un canovaccio che riprende gli stereotipi del domestico inglese. Il primo Butler's Café è lo Swallowtail Café, aperto dall'imprenditrice venticinquenne Emiko Sakamaki in collaborazione con una famosa fumetteria. Sakamaki sostiene l'importanza della cura esteriore del butler, «riconoscibile dalle belle mani». Nell'ultimo periodo sono apparsi anche i primi Butler's Café italiani, il primo ad adottare un personale misto fin dalla sua nascita è stato il Chocorose Maid And Butler Cafè con sede a Torino. In seguito anche i maid café più famosi, come il "Team Nyan Maidolls", il "Maid Okaeri Café", il "Pretty Guardian Cafè",l' "Honey cafè " , il "Kiseki Maid Cafè" e il "Tanoshimi Maid Café" si sono orientati all'utilizzo di uno staff misto.



Vastedda fritta

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La Vastedda fritta è una frittella dolce o salata tipica di Gratteri (provincia di Palermo) in Sicilia. La vastedda fritta è stata ufficialmente inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf).

Preparazione

La sua preparazione non differisce molto da quella del gnocco fritto o della pizza fritta campana.
La vastedda fritta viene preparata con farina, lievito, olio extravergine d'oliva tagliata in rettangoli in cui viene posta al centro un'acciuga salata, dissalata piegata in due e poi fritta. Può essere anche dolce, a fine frittura, in questo caso viene passata nello zucchero.

Tradizione

A Gratteri località in cui tradizionalmente viene preparata la vastedda fritta si organizza ogni anno una sagra ad essa dedicata.

Vastedda fritta modicana

La semplicità della preparazione ha reso la vastedda un preparazione molto diffusa. A Modica in provincia di Ragusa ne esiste una versione che prevede l'uso delle uova nell'impasto e del formaggio Ragusano DOP nel condimento.


Cotoletta alla bolognese

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La cotoletta alla bolognese è uno dei piatti tipici di Bologna, di origine molto antica e molto ricco, che consiste in una cotoletta di carne (di vitello o pollo), prima fritta in strutto.
Viene quindi brevemente immersa in brodo di carne, per insaporirla ed "inumidirla" quindi la si mette in una teglia, la si ricopre con una abbondante fetta di prosciutto e una generosa manciata di parmigiano reggiano. La si passa quindi al forno caldo fino a che il formaggio sovrastante si scioglie. Particolarmente ricca è la versione con il tartufo. Una volta uscita dal forno la si ricopre di tartufo (o meglio di "trifola", un tartufo bianco piccolo e molto profumato degli appennini circostanti Bologna). È usanza di alcuni mettere anche una punta di concentrato di pomodoro nella teglia da passare al forno. La ricetta è stata depositata dalla Accademia italiana della cucina presso la Camera di Commercio di Bologna il 14 ottobre 2004.

Asparago verde di Altedo

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Asparago verde di Altedo è un prodotto ortofrutticolo italiano a indicazione geografica protetta.
L'asparago verde di Altedo Igp può esser coltivato esclusivamente in 30 comuni della città metropolitana di Bologna e 26 della provincia di Ferrara perché le qualità dell'asparago dipendono dall'origine geografica, e la coltivazione avviene in una area geografica determinata.
È conosciuto per la delicatezza del gusto e per l'assenza di fibre che li rende particolarmente teneri.
L'unica lavorazione ammessa è il lavaggio e refrigerazione con acqua fredda.
L'asparago è l'ortaggio più ricco di fibre e contiene limitate quantità di grassi, proteine e zuccheri, mentre è ricco di elementi minerali come calcio, fosforo, magnesio e potassio. Questo ortaggio ha anche un contenuto di antiossidanti, di vitamina A, vitamina B6 e vitamina C ed è un'eccellente fonte di acido folico.
La sua proprietà più significativa è quella diuretica, che facilita l'eliminazione dall'organismo dei liquidi in eccesso e delle scorie prodotte dal metabolismo, ma ha inoltre un effetto rimineralizzante, aumenta la fluidità del sangue e può stimolare l'intestino pigro.

Cucina bolognese

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La cucina bolognese è l'espressione dell'arte culinaria del territorio bolognese. Nella cultura popolare la città di Bologna è conosciuta anche come Bologna la grassa, perché la cucina ha da sempre una forte tradizione nelle abitudini locali.
Le numerose ricette di origine bolognese, diffuse in tutto il mondo come eccellenze della cucina italiana (ad esempio il ragù), unite al fatto che in città proliferano le attività commerciali legate al cibo, hanno spesso condotto la stampa a definire Bologna come "la città del cibo".
Nel bolognese si coltivano la Patata di Bologna D.O.P. e l'Asparago verde di Altedo I.G.P.
L'Accademia italiana della cucina e l'associazione Confraternita del Tortellino hanno depositato a partire dagli anni settanta le ricette ufficiali di alcuni piatti tipici presso la Camera di Commercio di Bologna. Si tratta di:
  • La tagliatella di Bologna
  • Ripieno dei tortellini di Bologna
  • Ragù bolognese
  • Certosino di Bologna
  • Lasagne verdi alla bolognese
  • Il friggione
  • Spuma di mortadella
  • Galantina di pollo (o di cappone)
  • Cotoletta alla bolognese
  • Gran fritto misto alla bolognese
  • Torta degli addobbi
  • Crescente bolognese

Tra storia e leggenda

La fama internazionale della cucina bolognese risale al Medioevo: erano presenti in città potenti famiglie signorili, presso le cui corti servivano i cuochi più celebrati, come Giulio Cesare Tirelli e Bartolomeo Stefani. Ma la tradizione gastronomica di Bologna è strettamente legata all'Università: la mescolanza di numerosissimi studenti e professori di nazionalità diverse arricchì la cultura gastronomica, e rese necessaria una buona organizzazione dell'approvvigionamento alimentare. Nel trecento si contavano in città ben 150 osterie e 50 alberghi, che venivano riforniti dalle fertili campagne circostanti ma anche da lontano, per vie d'acqua (tramite i canali della città, che erano collegati al Po e di qui al mare).
La cucina Bolognese (così come la cucina emiliana in genere) è nota per la sua varietà ed opulenza: i piatti tipici sono a base di carne (in particolare maiale) e pasta all'uovo. Sono particolarmente famosi e saporiti: la mortadella, i tortellini, le lasagne, il ragù (tipicamente usato per condire le tagliatelle), la zuppa inglese.
La leggenda racconta che i tortellini siano stati modellati sulla forma dall'ombelico di Venere. Le tagliatelle, sempre secondo la leggenda, furono create a somiglianza dei lunghi capelli biondi di Lucrezia Borgia in occasione delle sue nozze con il Duca di Ferrara, Alfonso I d'Este.

Antipasti

  • Crescentine e tigelle



Primi piatti

  • Tagliatelle al ragù bolognese
  • Gramigna con la salsiccia o salsiccia e panna;
  • Risotto con le rane
  • Tortellini in brodo
  • Tortelloni ripieni di ricotta conditi con burro e salvia o burro e pomodoro;
  • Tortelloni di pasta verde ripieni di ricotta e mascarpone conditi con panna prosciutto e piselli;
  • Pasta e fagioli con i maltagliati
  • Lasagne
  • Balanzoni bolognesi (tortelloni verdi)
  • Zuppa Imperiale
  • Passatelli
  • Maccheroni alla bolognese (con ragù bianco)
  • Strichetti alla bolognese

Secondi piatti

  • Cotoletta alla bolognese
  • Gran fritto misto alla bolognese
  • Gran bollito alla bolognese
  • Scaloppine alla petroniana
  • Rane in umido
  • Galantina di pollo (o di cappone)
  • Polpette di carne alla bolognese (in umido con i piselli)
  • Polpettone alla bolognese
  • Stecchini alla bolognese (o Stecchi fritti alla petroniana)
  • Uccellini scappati
  • Coratella d'agnello alla bolognese
  • Agnello fritto alla bolognese
  • Pollo arrosto morto alla bolognese
  • Baccalà alla bolognese

Contorni

  • Friggione
  • Salsa verde per bollito o pesce

Salumi e formaggi

  • Mortadella di Bologna
  • Squaquerone (sebbene sia originario dei colli romagnoli, al confine con la provincia bolognese, è un formaggio molle assai diffuso in città)
  • Pecorino dolce dei colli bolognesi
  • Parmigiano Reggiano (una delle zone di produzione del parmigiano è proprio il bolognese, a ovest del fiume Reno)

Pane

  • Crescente bolognese (o crescenta)

Dolci

  • Certosino di Bologna
  • Torta degli addobbi (o torta di riso)
  • Pinza bolognese
  • Zuppa inglese
  • Crema di mascarpone
  • Panone
  • Torta di tagliatelline
  • Zuccherotti montanari
  • Sfrappole
  • Mostarda bolognese
  • Salame di cioccolato

Vini

  • Pignoletto DOCG
  • Barbera dell'Emilia DOC

Liquori

  • Amaro Montenegro




Minestra

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Per minestra s'intende un cibo di solito che nei pasti (pranzi o cene) formali è servito dopo un antipasto – nel caso sia a base asciutta (pastasciutta o altro), o come prima portata – nel caso sia una pietanza liquida (in brodo). Ciò ha valore Nella normale alimentazione giornaliera in famiglia o al ristorante rappresenta – in genere – il primo piatto del pasto meridiano o serale o di entrambi.
Nell'accezione più comune del termine, nella gran parte delle zone d'Italia, per "minestra" s'intendono i primi piatti a base liquida.

Origini e natura

La minestra è una preparazione del cibo che ha larga diffusione, soprattutto in Italia. Per la sua gradevolezza al palato, per la sua relativa maggior economicità e digeribilità rispetto ai piatti a base di carne si è largamente diffusa anche in altri paesi europei e nordamericani. A ciò hanno contribuito la presenza all'estero degli emigrati, le positive esperienze dei turisti che hanno visitato l'Italia e un grande miglioramento delle tecniche di cucina che le nuove generazioni di cuochi e ristoratori di scuola italiana hanno introdotto (soprattutto negli ultimi 30/40 anni).
In origine, la minestra era un piatto povero e tipico delle popolazioni rurali che era però arricchito ed elaborato nelle occasioni festive e sulle tavole dei "signori".
L'aspetto e la preparazione di una minestra possono variare da una semplice zuppa di verdura ad un elaborato timballo di pasta al forno.
Anche nelle cucine orientali vi è abbondanza di preparazioni brodose, ad esempio lo Tom Yam thailandese o il Ramen giapponese.

Tipi di preparazioni

Potremmo suddividere i tipi in minestra in queste grandi categorie:
  • brodi e zuppe
  • pasta semplice o ripiena in brodo
  • pasta semplice o ripiena asciutta
  • pasta al forno e timballi di pasta o altro
Tipi di minestre (esempi)
Categoria 
Nomi dei piatti
Preparazione e ingredienti principali
Brodi e zuppe
Minestrone di verdure
Base di condimento e aromi, verdure miste tagliate, legumi
" "
Zuppa
Brodo di carne o vegetale, pane raffermo, formaggio grattugiato
" "
Pappa al pomodoro
Base di condimento e aromi, pane raffermo, pomodoro
" "
Ribollita
Base di condimento e aromi, cavolo nero, pane raffermo
" "
Zuppa di pesce
Base di condimento e aromi, pezzi di pesce vari, pane raffermo
Minestra in brodo
Pasta in brodo
Brodo di carne o vegetale, pasta di semola corta secca
" "
Tagliatelle in brodo
Brodo di carne, tagliatelle fini di sfoglia fresca, formaggio grattugiato
" "
Risi e bisi
Base di condimento e aromi, piselli freschi, riso
" "
Cappelletti o tortellini
Brodo di carne, pasta all'uovo ripiena di carne, formaggio, aromi, formaggio grattugiato
Minestra asciutta
Spaghetti al pomodoro
Base di condimento con aromi, pasta di semola lunga (scolata), formaggio
" "
Risotto alla parmigiana
Burro, cipolla, vino bianco, brodo, riso, formaggio
" "
Tagliatelle al ragù
Base di condimento e aromi, carne trita, pomodoro, tagliatelle di pasta all'uovo, formaggio
" "
Penne all'arrabbiata
Base di condimento e aromi, peperoncino, pasta corta secca di semola, aglio, pomodoro
" "
Cappelletti o tortellini
Pasta all'uovo ripiena di carne, formaggio, aromi, cottura in acqua o brodo, scolati, conditi con ragù o burro o panna, eventuale aggiunta di tartufo, formaggio grattugiato,
" "
Tortelli (vari ripieni)
Pasta all'uovo ripiena di spinaci, zucca, patate, scolata e condita con burro o burro e salvia, formaggio
Pasta al forno, timballi
Lasagne al forno
Pasta all'uovo o con spinaci (a strati), ragù, besciamella, formaggio, cottura al forno
" "
Ziti al forno
Pasta lunga (a tubo), ragù o pomodoro, besciamella, formaggio, cottura al forno
" "
Melanzane alla parmigiana
Melanzane a fette impastellate e fritte, sugo pomodoro, mozzarella o provola, cottura al forno
" "
Bomba di riso
Risotto, con rivestitimento di prosciutto, sugo di funghi, cottura al forno a bagnomaria



Minestre in brodo

Premesso che la classificazione delle minestre in brodo è un problema a lungo dibattuto, per cui sono state proposte diverse soluzioni, distinguiamo le minestre così:
  • Minestre chiare che comprendono minestre chiare all'italiana costituite da brodo guarnito variamente con pasta (spesso indicate come minestrine), riso, crostini, carne, etc.; consommés ovvero un brodo classico più o meno ristretto accentato con un ingrediente particolare e accompagnato da una guarnizione delicata, talvolta servita anche a parte; consommés doppi cioè molto ristretti, senza guarnizione o con guarnizione a parte, aromatizzati da ingredienti come vino liquoroso, cacciagione o tartufo, destinati a pranzi o cene di gran classe. I consommés possono essere anche freddi ed allora andranno serviti freddissimi.
  • Minestre legate che comprendono puree cioè passati di varia natura; creme costituite da una purea legata con un roux, una besciamella o una vellutata, o anche crema di riso; vellutate costituite da una purea legata completata con tuorli d'uova e burro che la rendono particolarmente liscia.
  • Minestroni, ricche minestre derivanti dalla pratica familiare caratterizzate da un soffritto di vegetali e grassi, consumati caldi o freddi.
  • Zuppe, anch'esse di derivazione familiare, sono quelle di origine più antica; la loro caratteristica sono le fette di pane, abbrustolite o meno, sommerse da una preparazione liquida o semi-liquida in cui molto spesso compaiono i legumi; quando il condimento del pane è a base di pesce la zuppa prende il nome di brodetto o cacciucco.

Principali ingredienti

Nelle minestre troviamo svariati alimenti che svolgono diverse funzioni.
Per insaporire:
  • Condimenti
I principali per cucinare una minestra sono l'olio d'oliva o altro olio vegetale, burro, margarina, panna, lardo, pancetta, guanciale
Olio o burro possono essere utilizzati a crudo appena prima del consumo; tutti possono essere utilizzati per preparare sughi o fondi di cottura.
  • Sughi
Sono utilizzati per condire le minestre asciutte, ma possiamo comprendere tra questi anche i fondi di cottura delle minestre in brodo (che li richiedono).
Quasi sempre sono realizzati con un soffritto di cipolla o aglio o scalogno o porro in olio o burro; successivamente sono aggiunti aromi e/o verdure e/o carni (trite) quali: peperoncino, pepe, carote, sedano, funghi, olive, carne, prosciutto, salsiccia, pesce; sono quindi possibili aggiunte di leganti o liquidi quali: brodo, vino, pomodoro (intero, pelato o in salsa).
Va sottolineato che gli ingredienti dei sughi delle minestre asciutte condizionano la scelta del tipo di vino: rosso o rosato per le salse a base di carne, funghi, pomodoro, bianco per il pesce; il vino sarà di buon corpo per le salse di sapore intenso, più leggero e morbido per salse di sapore delicato.
  • Aromi e spezie
Gli aromi principali che si utilizzano per le minestre sono: la cipolla, l'aglio, lo scalogno, il peperoncino, il prezzemolo, il sedano.
Per dare consistenza:
  • Pasta secca o all'uovo
  • Cereali come Riso, Orzo, Farro
  • Legumi
  • Verdure
  • Pesce
  • Pane (raffermo abbrustolito o non abbrustolito)

Metodi di cottura

Per cuocere le minestre si utilizzano due metodi principali:
  • Cottura in liquido (acqua o brodo)
  • Cottura al forno.
Nella cottura in liquido l'uso del brodo, di carne o di verdure, si ha per le minestre in brodo che saranno servite insieme ad esso; la cottura in acqua è utilizzata per le minestre asciutte che saranno quindi scolate e servite con un sugo o condimento.
Va notato che i risotti sono cotti quasi sempre con l'ausilio di un brodo, ma rientrano tra le minestre asciutte in quanto sono tirati, a fine cottura, quasi alla completa evaporazione del liquido; è possibile, inoltre, prevedere la cottura di una pasta asciutta in un brodo, anziché in acqua, per essere poi scolata e condita con un sugo, questa pratica viene utilizzata per dare maggior sapore e delicatezza alla preparazione.
La cottura al forno è usata quasi esclusivamente per le minestre asciutte quali lasagne o timballi.
La cottura a vapore (poco utilizzata per le minestre italiane) può essere assimilata alla cottura in acqua.
La pratica di far saltare alcune preparazioni di minestre asciutte, detta spadellare, non è un vero e proprio metodo di cottura, ma una rifinitura.

Alimenti particolari

Nella cucina popolare e familiare italiana vi sono delle preparazioni che non possono essere considerate delle minestre, ma ne sono dei sostituti in quanto, in un pasto, difficilmente sono consumate insieme a queste e hanno alcune caratteristiche assimilabili, sono:
  • Polenta
  • Gnocchi
  • Tortelli verdi
  • Tortelli di zucca

Fraschetta

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Con il termine popolare "fraschetta" si è soliti indicare un particolare tipo di osteria la cui diffusione è limitata principalmente alla zona dei Castelli romani nella regione Lazio.
Le peculiarità di questa tipologia di ristorazione affondano le radici nella storia di questi luoghi, e con essa si modificano nel corso dei secoli.

Le fraschette del passato

Cenni storici

Le fraschette hanno un'origine antichissima, sicuramente medioevale, ma che in altre forme addirittura risalgono all'antica Roma, quando i contadini delle campagne romane in viaggio verso la capitale per vendere i propri prodotti necessitavano di punti occasionali di ristoro durante il tragitto.
Le origini della denominazione “fraschetta” sono riconducibili all'antico borgo di Frascata (l'odierna Frascati), chiamato così poiché in epoca medioevale i boscaioli dell'allora Tusculum erano soliti costruire e vivere in capanne di frasche, probabilmente per costruire ripari di fortuna dopo la distruzione di Tusculum (Tuscolo) nel 1191.
Proprio in era medioevale nacque l'usanza, per i viticoltori del tempo di apporre una frasca ben carica di foglie sopra l'ingresso del locale (come avviene con le moderne insegne) in modo tale da indicare agli avventori che il nuovo vino era pronto da bere. In questo modo i vinai dell'epoca si garantivano una fonte di profitto aggiuntiva, oltre ai normali traffici commerciali dell'epoca, per rifarsi delle spese della vendemmia.

Caratteristiche e peculiarità

L'arredamento di questi locali era all'insegna della semplicità: Le botti di vino dominavano l'ambiente, solitamente disposte su un lato, mentre a beneficio dei clienti vi erano panche come sedili e tavolacci arrabattati, sparsi nella stanza. Come scarni ornamenti lungo le pareti dei locali solitamente erano esposte delle attrezzature tipiche per la realizzazione del vino. Infine in fondo al locale, su un livello interrato generalmente si trovava la cantina, dove i gestori conservavano il vino.
Ciò che differenziava le fraschette dalle normali osterie, era il fatto che questi posti fossero sprovvisti di cucina, e non veniva offerto nulla, eccezion fatta per il vino, del pane ed eventualmente di uova sode che servivano a preparare il palato alla degustazione del nettare di Bacco. Per tutto il resto bisognava recarvisi muniti di cibi propri, spesso raccolti in fagotti di canapa: di qui il nomignolo dapprima neutro, poi bonariamente ironico di "fagottari" per coloro che in un locale pubblico usavano consumare cibi portati da casa. Si trattava quindi di punti di vendita e di degustazione diretta del vino prodotto in quell'annata.
Ben presto però si sparse l'abitudine da parte degli abitanti più intraprendenti, di approntare dei banchi vendita in prossimità delle fraschette con generi alimentari di vario tipo in modo tale da fornire il companatico agli avventori delle fraschette. Tra questi, un prodotto particolarmente diffuso, di tradizione trimillenaria, era rappresentato dalla porchetta, il cui connubio con questi locali ha reso, col trascorrere dei secoli, inscindibile questo legame.

Le fraschette moderne

Solo in epoca moderna all'interno delle fraschette stesse è possibile acquistare generi alimentari e quindi effettuare un pasto completo. Con questa evoluzione si è persa certamente la componente originale che avevano questi luoghi nel passato e si è data origine alla loro commercializzazione, anche se in alcuni casi è ancora possibile giovare dell'ospitalità di questi locali alla vecchia maniera.
Ad ogni modo le fraschette ancora oggi sono rivendite di antica origine dove ancora si può degustare il vino “sciolto”, venduto in caraffe di varie dimensioni. Tradizionalmente ogni caraffa aveva un suo nome: quella da 2 litri "Boccale" o "Barzilai", dal nome di un uomo politico romano di fine 800 uso a offrire vino in grandi quantità ai suoi elettori; quella da un litro "Mezzo Boccale" o "Tubbo"; quella da mezzo litro "Fojetta" e quella da un quarto, naturalmente, "Quartino". Di particolare tipicità e di rilevante diffusione è la "Romanella", un vino rosso leggermente frizzante e beverino.

Il menu tipico

Oltre alla porchetta e al vino, gli altri prodotti tipici offerti dalle moderne fraschette provengono dall'enogastronomia del Lazio e sono principalmente costituiti da salumi, formaggi freschi e stagionati ed antipasti vari, quali olive, sott'olii e sott'aceti.
Questi antipasti, in genere, sono serviti in quantità talmente abbondanti che difficilmente si riesce ad ordinare un primo piatto (qualora disponibile) e ancor più raramente si riesce ad arrivare ad un secondo piatto, una portata peraltro molto scarsamente diffusa nelle fraschette.
Tutte queste portate evidentemente si rifanno alla tradizione della cucina romana, pertanto è praticamente d'obbligo da parte del fraschettaro proporre primi piatti classici quali ad esempio: pasta alla ”carbonara”, alla ”amatriciana”, o all'”arrabbiata”.
Spesso (ma sempre più raramente) prive di una cucina, attualmente le fraschette sono tra gli esercizi più frequentati dagli abitanti della capitale (Roma) e dei suoi dintorni. I suoi avventori sono costituiti prevalentemente da giovani, i quali le affollano soprattutto nei fine settimana.

Le fraschette ad Ariccia

Il punto nevralgico del “fenomeno fraschette” in chiave commerciale e moderna è rappresentato dalla cittadina di Ariccia, nel cui centro storico sono presenti alcune strade e una piazza dominate esclusivamente da questo tipo di locali. Particolarmente forte qui è l'abbinamento con la porchetta, la cui produzione in questi luoghi vanta una tradizione millenaria risalente ad epoche pre-romaniche ed in particolare alla popolazione dei Prisci Latini.

Panino imbottito

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Un panino imbottito è una forma di pane di piccola pezzatura tagliata in orizzontale e riempita con vari companatici, solitamente salumi, formaggi, insalata, etc.

Preparazione

I panini imbottiti possono essere preparati in moltissimi modi, ed esistono numerosi libri di ricette dedicati alla loro composizione. Alcune ricette possono prevedere un riscaldamento del panino prima del suo consumo, in modo anche da rendere più croccante il pane.

La scelta del pane

La varietà nel campo dei panini imbottiti non riguarda solamente l'imbottitura ma anche il tipo di panino da utilizzare. Nei libri di ricette in base al risultato voluto vengono consigliate diverse tipologie di pane.
  • Per panini dove sono presenti sottaceti vengono sconsigliati pani troppo ricchi di mollica, in quanto questa potrebbe imbibirsi in modo eccessivo del liquido di governo rendendo il panino troppo unto o acido.
  • Per panini freddi dove predominano salumi stagionati viene consigliato pane sciocco o comunque pane non troppo salato, in modo da dare il giusto rilievo al sapore del salume.
  • Per panini nella cui imbottitura siano presenti salse (es. maionese o salsa tonnata) è preferibile un pane ricco di mollica, possibilmente piuttosto morbida, in modo che la salsa non fuoriesca ma venga trattenuta da quest'ultima.
  • Per panini che prevedono di essere riscaldati il pane ideale dovrebbe essere basso e poco lievitato, come schiacciate o ciabatte.

Distribuzione

Oltre che a livello casalingo i panini imbottiti vengono preparati (e commercializzati) da numerosi esercizi pubblici. Esistono alcuni punti vendita specializzati nella vendita al pubblico di panini che vengono solitamente chiamati paninoteche. I panini imbottiti si possono inoltre acquistare, già pronti, anche nei supermercati o tramite distributori automatici.

Nella cultura popolare e nei media

Nel gergo giovanile degli anni settanta-ottanta il venditore di panini imbottiti era definito paninaro, termine poi passato a definire i membri di una determinata sottocultura originatasi a Milano nei primi anni ottanta.
Nel gergo giornalistico, con il termine "panino", per analogia geometrica col panino imbottito, si intende un servizio di argomento politico in cui le opinioni di una parte politica sono schiacciate fra un'apertura e un commento finale, entrambe della parte politica opposta; nella sua formulazione originaria (attribuita a Clemente Mimun) le opinioni espresse da membri dell'opposizione sono precedute da quella ufficiale del governo e seguite da interviste a politici della maggioranza, che può quindi avere la prima e l'ultima parola sulla questione.

Tavola calda

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Per tavola calda si intende un locale di piccola ristorazione in cui si servono cibi caldi o freddi, per lo più rapidamente. I piatti sono tendenzialmente consumati al banco, ma moltissime tavole calde offrono anche tavoli.
Oltre ai servizi offerti da un bar "tradizionale", la tavola calda permette di pranzare o cenare con pietanze anche molto più elaborate dei cibi espressi come panini, tramezzini e stuzzicheria normalmente serviti nei bar e nelle tavole fredde. Una tavola calda ha spesso una vera e propria cucina, non un semplice banco di preparazione di alimenti, e richiede quindi l'adozione di norme sanitarie e manipolazioni dei cibi più simili a quelle di un ristorante. La tipologia di cibo servita in una tavola calda può includere tutta la produzione di rosticceria, e spuntini di prodotti salati e dolci. Fra essi si annoverano gli arancini, le cartocciate, le cipolline, i paté, i supplì, le pizzette ed altre varietà locali presenti in ogni regione italiana.

Tavola fredda

La tavola fredda (a volte espressa ricorrendo al termine inglese snack bar) è una variante che si distingue dalla tavola calda perché serve cibi che richiedono una minima attività di manipolazione e riscaldamento (caffè, panini, toast, paste scongelate, e simili). In questo si avvicina al bar, anche se è molto più focalizzata sulla somministrazione di cibi.
Non di rado le tavole fredde offrono anche aperitivi, dato che il cibo in questi servito è spesso quello a bassa manipolazione tipico di questa piccola ristorazione.




Chiringuito

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Chiringuito (letto "ciringhito"), è un termine spagnolo utilizzato per indicare un particolare chiosco per la vendita di alimenti e bibite, originario degli ambienti balneari della costa spagnola mediterranea. I chiringuitos sono molto diffusi su spiagge e altre zone turistiche nella loro classica forma di strutture in legno, provvisorie e rimovibili.
L'utilizzo del termine "chiringuito" si è diffuso fino a indicare anche veri e propri locali destinati alla ristorazione, normalmente sulle spiagge.

Cassoeula

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La cassoeula o cassoeûla (In dialetto lombardo occidentale e in dialetto monzese), italianizzata in cazzuola o cazzola, oppure bottaggio (probabilmente derivante dal termine francese potage), è un piatto invernale tipico della tradizione popolare e della cucina milanese e lombarda.
La tradizione afferma che Arturo Toscanini fosse ghiotto di cassoeula. Oggigiorno è il "piatto forte" di numerose sagre lombarde, sia invernali sia estive.

Leggenda

Il piatto, così come viene preparato, nasce all'inizio del XX secolo, ma le sue varianti più antiche sono di origine incerta e controversa. Probabilmente, il piatto deriva ed è legato alla ritualità del culto popolare di Sant'Antonio abate, festeggiato il 17 gennaio, data che segnava la fine del periodo delle macellazioni dei maiali. I tagli di carne utilizzati per la cassoeula erano quelli più economici e avevano lo scopo di insaporire la verza, elemento invernale basilare della cucina contadina lombarda nei secoli scorsi. Ciò ha fatto presumere ad alcuni storici che il piatto sia nato da aggregazione successiva di ingredienti intorno al nucleo di verza e maiale, altri ipotizzano invece che il piatto originario, di origine barocca, prevedesse l'utilizzo di diversi tipi di carne e vi sia stata una successiva semplificazione e riduzione di ingredienti. È anche ritenuto plausibile che i due piatti, la versione "povera" e la versione "ricca", avessero origine diversa e nel tempo vi sia stata una sorta di convergenza che ha portato al piatto come è attualmente conosciuto.
La leggenda vuole invece che la cassoeula nasca da un soldato spagnolo che invaghitosi di una giovane donna milanese, cuoca di una famiglia nobile, le abbia insegnato la ricetta e che in seguito la giovane abbia proposto con successo il piatto ai suoi datori di lavoro.
Nella tradizione culinaria popolare europea vi sono altri piatti con ingredienti simili, come le diverse forme di "potée" francesi (minestre a base di cavolo e maiale) o la Choucroute alsaziana, a sua volta derivata dal Sauerkraut tedesco (entrambi i piatti sono basati su crauti e carne di maiale e sono preparati però con ingredienti già sottoposti a un procedimento di conservazione). Il piatto nazionale della Polonia è il bigos, anch'esso basato sulla verza.
Gli ingredienti principali della cassoeula sono le verze, che la tradizione prevede vengano utilizzate solo dopo la prima gelata, e le parti meno nobili del maiale, come la cotenna, i piedini, la testa e le costine. Altro ingrediente, usato in maniera molto parca e solo come "colorante naturale" per dare un minimo di tono cromatico a un piatto che altrimenti avrebbe una scialba e poco appetibile colorazione grigio-verdastra, è il concentrato (o la passata) di pomodoro.
Il nome deriva probabilmente dal cucchiaio con cui si mescola (casseou) o dalla pentola in cui si prepara (casseruola). Esiste un'altra spiegazione per il nome: è piuttosto noto che, per tradizione, il piatto venisse preparato dagli operai dei cantieri edili una volta che l'edificio fosse giunto al tetto ed il nome derivi dall'attrezzo utilizzato per mescolarla durante la cottura, per l'appunto la "cazzuola". È da segnalare inoltre che esiste un piatto della tradizione tedesca, il "Kasseler" ("càssola" nella pronuncia italiana), consistente in tagli di maiale affumicato servito con un contorno di cavolo verza.

Storia

Al di là delle leggende, gli storici individuano nel ricettario di Ruperto da Nola la prima ricetta riconducibile alla pietanza. Questo autore, originario di Nola, e che viene considerato uno dei padri della gastronomia spagnola, fu al servizio della corte Aragonese di Napoli, nel corso del XV secolo. Nella sua opera più importante, Il Llibre del Coch, ci propone una ricetta di "Cassola de carn" in cui molti elementi riconducono alla Cassoeula. Sempre a Napoli nel 1773, Vincenzo Corrado riporta una ricetta per il "Grugno di porco lesso" e lo propone "su pottaggio di cavoli". Un evidente filo rosso, che lega la minestra maritata, della tradizione Napoletana alla Cassoeula Lombarda. Bisognerà attendere il XIX secolo, per ritrovare nell'opera “Il cuoco senza pretese” del comasco Odescalchi (1826), la prima ricetta lombarda del piatto.

Varianti

Vi sono numerose varianti locali:
  • nella tradizione comasca non vi sono i piedini e il battuto di verdure ma viene aggiunto il vino bianco e la testa.
  • in Brianza la cassoeula è più asciutta rispetto a quella milanese, più brodosa, inoltre vengono utilizzati anche i verzini o i cotechini, piedino, codino e le verdure non sono battute ma a pezzetti.
  • nella Bergamasca il piatto è piuttosto asciutto e viene preparato con verze, cavolo cappuccio e costine di maiale.
  • nel Novarese, tra gli ingredienti si trova anche la carne d'oca.
  • nel Pavese sono usate solo le puntine e il piatto prende il nome di ragò. Ne esiste anche una versione tradizionale a base di oca.
  • nel Milanese si utilizzavano anche le orecchie ed il musetto del maiale.
  • sempre nel Milanese si prepara il bottaggio che si differenzia per l'utilizzo della carne di pollo in luogo di quella di maiale.
  • nel Varesotto si aggiungono anche i verzini (piccole salamelle fatte con l'impasto della salsiccia).
  • nel Trentino, altrernati ai crauti, vengono preparati nel periodo invernale anche i capùsi gràsi, ovvero cavoli tagliati grossolanamente e fatti cuocere con varie parti come stinchi, pancette, luganega fresca o cotechino.

 
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