Congee

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Il riso congee (dal tamil கஞ்சி, kañci; thailandese: โจ๊ก, jok; cinese: , zhōu; coreano: , , juk, chuk; giapponese (白粥 okayu), lao: ເຂົ້າປຽກ, khao piak, tagalog: lugaw) è un particolare porridge di riso. Nel continente asiatico, in particolare in Cina, viene consumato principalmente durante la colazione.

Cina

Il congee cinese (, in cantonese juk, in mandarino zhōu, in jyutping zuk) varia da regione a regione a seconda delle diverse quantità di acqua impiegata nella cottura e della consistenza ottenuta. Quello cantonese prevede una lunga cottura del riso con molta acqua fino a quando i chicchi si sciolgono e si forma un denso porridge.

Giappone

In Giappone si chiama okayu ed è preparato con una minore quantità d'acqua e un più breve tempo di cottura rispetto al juk cantonese, risultando meno denso. Ancora più liquido è lo zosui, simile ad una zuppa di riso. Esiste anche un tipo particolare di congee chiamato nanakusa gayu, generalmente consumato durante la festività del capodanno giapponese.

Thailandia

In Thailandia viene chiamato jok (โจ๊ก), si ottiene facendo bollire il riso per lungo tempo in acqua abbondante fino allo scioglimento dei chicchi. Si aggiungono quindi palline di maiale macinato (meno frequentemente di pollo), interiora, striscette di zenzero fresco, cipollotti a fette, salsa di soia, pepe e vermicelli di riso fritti. A richiesta viene aggiunto un uovo crudo e peperoncino secco macinato. Si può chiedere di non aggiungere carne e interiora.

Citrus japonica

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Il kumquat o cumquat (Citrus japonica Thumb., 1784), detto anche comunemente mandarino cinese o kingen, è un piccolo albero da frutto appartenente alla famiglia delle Rutacee.

Etimologia

Il nome comune "kumquat" deriva dalla pronuncia cantonese dei caratteri 金橘, gam1 gwat1, letteralmente "tangerino d'oro".

Tassonomia

Questa specie fu originariamente descritta nel 1780 da Carl Peter Thunberg come Citrus japonica. Nel 1915, Walter Swingle la riclassificò in un genere a sé stante, Fortunella, così denominato in omaggio al botanico britannico Robert Fortune (1812–1880). Oltre a Fortunella japonica, all'interno del genere Fortunella sono state a lungo riconosciute diverse specie (F. margarita, F. crassifolia, F. hindsii, F. obovata). Gli ibridi tra il kumquat e le altre specie di Citrus (il più noto dei quali è il calamondino (Citrus × microcarpa)) venivano attribuiti al genere × Citrofortunella.
Studi recenti hanno messo in discussione la separazione dal genere Citrus e anche le singole specie sono state declassate al rango di semplici varietà di Citrus japonica, con l'eccezione di Fortunella polyandra segregata nel genere Clymenia.

Descrizione

Si presenta come un piccolo albero sempreverde, di 2,5-4,5 m, con rami fitti, e qualche volta piccole spine. Le foglie sono di un verde scuro intenso, e i fiori bianchi, nascono singoli o in gruppo dalle gemme.
Il frutto del kumquat, che ha lo stesso nome, sembra una miniatura ovale e lunga dell'arancia, lungo 3-4 cm e largo 2-4 cm. A seconda della varietà la buccia si presenta dal giallo al rosso è il frutto può essere ovale o rotondo. Il frutto viene prodotto generalmente dal tardo novembre fino a febbraio.
Differisce dalle altre specie di Citrus per il fatto che durante l'inverno entra in un periodo di letargo in cui non mette più nuove gemme o getti.

Distribuzione e habitat

Il kumquat è originario dalla Cina (in letteratura le prime descrizioni risalgono al XII secolo), ed è stato a lungo coltivato in Giappone. Furono introdotte in Europa nel 1846 da Robert Fortune, collezionista della London Horticultural Society.
Richiede estati calde, dai 25°C ai 38°C, ma può resistere a temperature molto basse fino ai −10°C senza problemi. Cresce molto bene nelle regioni del tè in Cina dove il clima è troppo freddo per le altre specie di Citrus.

Coltivazione

Il kumquat è coltivato in Cina, Corea, Giappone, Europa (Corfù e Grecia) e nel sud degli Stati Uniti (Florida). In Italia, il kumquat cresce e fruttifica dalla Liguria alla Sicilia lungo tutto il litorale tirrenico.
È una pianta da esterno, può resistere fino a −5°C se viene coperto con un velo di tessuto non tessuto ed è collocato in una posizione riparata dai venti freddi. In casa va conservato solo per pochissimi giorni in luogo fresco e luminoso. I frutti vanno raccolti tagliando il picciolo con un paio di cesoie.

Usi

Il frutto è commestibile ed è usato per la preparazione di marmellate e canditi. La consistenza sottile e dal gusto delicato della buccia consente di mangiare il frutto senza sbucciarlo.


Media

Nelle tavole americane originali di Topolino, Eta Beta mangia frutti di kumquat; in Italia si optò per la naftalina, in quanto il kumquat era ancora sconosciuto e il termine difficilmente traducibile.

Chao Fan

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Chǎo fàn è la trascrizione Pinyin del termine in cinese 炒饭 che designa un genere di piatti della cucina cinese a base di riso fritto, cui vengono aggiunti componenti di base quale carne o vegetali vari, con una seconda cottura assieme al riso.
A seconda del componente di base utilizzato, prende il nome di:

Yáng Zhōu Chǎo Fàn
piatto della cucina cantonese, popolarissimo nei ristoranti cinesi occidentali, con carne di maiale grigliata, piselli, gamberetti, uova strapazzate e scalogno, noto in Italia come "riso alla cantonese" (anche se spesso il riso non viene fritto ma lessato)

Dàn Chǎo Fàn
in cui il componente di base sono le uova strapazzate, con aggiunta di spezie piccanti

Ji Chǎo Fàn
con carne di pollo



Dare un Nome al Tuo Ristorante

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Aprire il tuo primo ristorante può essere una sfida spaventosa, soprattutto se non sai neppure che nome dargli! Per fortuna, non devi pensare a tutto da solo. Hai la possibilità di rivolgerti ad altre persone per trovare idee grandiose e inventare un marchio adatto al tuo target di clientela.

Raccogliere le Idee

Butta giù da solo qualche idea.
Se stai aprendo il ristorante con altre persone, dedica un po' di tempo a mettere insieme delle idee per conto tuo. Se cerchi di lavorare prima in gruppo, una singola trovata può sembrare immediatamente la soluzione migliore, mentre se ognuno di voi avrà il tempo per riflettere da solo, avrete una varietà di scelta più ampia.
Prova la scrittura libera.
Un metodo per raccogliere le idee per conto proprio è la scrittura libera. Procurati un foglio di carta. Scrivi "Nomi per il ristorante" nella parte superiore. Poi, inizia a scrivere tutto ciò che ti viene in mente. Se hai bisogno di uno spunto, comincia a mettere nero su bianco i piatti che intendi servire, l'atmosfera che desideri creare e tutto ciò che è collegato a questi aspetti.
    • Non censurarti mentre scrivi. Butta giù tutto ciò che ti viene in mente. Non è necessario elaborare frasi di senso compiuto.
    • Per esempio, potresti iniziare in questo modo: "Vogliamo servire il pollo in umido, i piatti classici della cucina meridionale con quel non so che ... tranquillo, atmosfera confortevole ... niente cucina della nonna, ma forse della folle zia Clotilde che non ha mai avuto figli. Illuminazione da cascina. Fascino del sud. Caffè bollente".
Evidenzia le parole chiave.
Esamina la tua lista e seleziona le parole che sono particolarmente originali o accattivanti. Inoltre, scegli quelle che sembrano rappresentare meglio il progetto del tuo ristorante. Evidenziale nel testo originale, poi trascrivile su un altro foglio di carta. Gioca e vedi se alcune si incastrano tra loro.
    • Per esempio, forse "fattoria", "la folle zia Clotilde", "sud", "confortevole" e "quel non so che" spiccano ai tuoi occhi. Trascrivile.
    • Prova a combinarle. Ad esempio, potresti ottenere: "La cascina della folle zia Clotilde" oppure "Del sud con quel non so che", anche se "folle" potrebbe avere una connotazione negativa per alcune persone.
Raccogli le idee in gruppo.
Una volta che ognuno avrà maturato qualche idea, provate a riunirvi. Potreste illuminarvi l'un l'altro fino a trovare la soluzione migliore insieme.
    • Raduna tutte le persone. Assicurati che lo spazio sia confortevole e stimolante. Invita alcuni amici e parenti che fin dall'inizio non hanno preso parte al processo decisionale: le differenze contribuiscono a generare creatività.
    • Assicurati che qualcuno appunti le idee. Sarebbe meglio scriverle su una lavagna grande o una cancellabile a secco in modo che tutti possano vedere, anche se nel frattempo puoi incaricare un'altra persona di prendere appunti su carta.
    • Parlate del genere di ristorante che volete aprire e dell'atmosfera che desiderate creare. Fai qualche esempio di menu e discutete dell'aspetto che dovrebbe avere il locale in base ai vostri gusti. Dai a ognuno qualche minuto per pensare da solo, soprattutto se non tutti hanno avuto la possibilità di raccogliere le idee prima della riunione.
    • Condividete le idee a rotazione. Una volta che ognuno avrà proposto la sua, continua a chiedere alle persone di elaborare qualcos'altro, cercando di creare un ambiente aperto in cui buttare giù persino idee stupide affinché tutti capiscano che qualsiasi punto di vista è benaccetto. Fai in modo che ognuno provi ad aggiungere qualcosa alle idee dell'altro, combinando parole e nomi per escogitare diverse soluzioni.
Mantieni aperte le opzioni.
Se cominci ad assumere un atteggiamento di chiusura verso i vari spunti che vengono proposti, sia tuoi che di qualcun altro, non favorirai un clima di apertura mentale verso i nomi più creativi. È probabile che all'inizio l'idea migliore non sembri così grandiosa solo perché è nuova e insolita. Inoltre, se non presti ascolto, qualcuno potrebbe essere meno propenso a proporre qualcos'altro, dal momento che la sua prima intuizione è stata scartata.

Trovare il Marchio per il Ristorante

Fai in modo che sia riconoscibile. Il nome dovrebbe dare ai clienti un'idea di ciò che andrai a servire. Dovrebbe aiutarli a capire che genere di ristorante è, senza confonderli. In altre parole, anche se i nomi astrusi possono attirare un certo tipo di persone, c'è il rischio che ne scoraggino altre.
    • Per esempio, potresti decidere di chiamare il ristorante Olea europaea, ovvero col nome scientifico della pianta di olivo, per rimarcare l'uso di prodotti nostrani, tra cui l'olio extravergine di oliva.
    • Tuttavia, non è detto che i clienti l'associno alla cucina tradizionale, perché magari non sanno nemmeno cosa significa.

Rendilo unico.
Fai un giro tra i ristoranti della tua zona, soprattutto tra i tuoi concorrenti diretti. Per esempio, se stai aprendo un ristorante di cucina siciliana in una città del Nord Italia, esamina i nomi di altri ristoranti analoghi.
    • Se tutti gli altri usano il nome di uno chef di sesso maschile, prova a fare qualcosa di diverso, ad esempio menzionando due alimenti, come "pane e olive".
    • Distinguiti rispetto alla concorrenza.

Prova un nome accattivante.
Un nome invitante, che evochi il sapore e gli odori dei piatti che servi nel tuo locale, spingerà i clienti a entrare a mangiare. Ad esempio, "Oca golosa" può avere un impatto più forte rispetto a "Da Riccardo".

Scegli i piatti.
Vale a dire, utilizza vari piatti per orientarti nella scelta del nome. Non scegliere un nome dal suono britannico per un ristorante di cucina brasiliana, per esempio, a meno che il cibo non sia una fusione di piatti britannici e brasiliani.

Scarta i nomi con connotazioni negative.
Per esempio, sarebbe meglio non chiamare il ristorante "Osteria dei sudici", poiché "sudicio" potrebbe avere una connotazione negativa per molte persone. Altre parole che sarebbe opportuno evitare sono i nomi di insetti e qualsiasi cosa connessa a rifiuti e avanzi.

Pensa all'ubicazione.
A volte, l'ubicazione fornisce il nome perfetto. Alcuni ristoranti utilizzano l'indirizzo nel nome (pensa a "Kitchen 508" o "Bistro 189"), mentre altri indicano la storia della zona. Ad esempio, se la zona in cui si trova il tuo ristorante un tempo era un parco divertimenti, puoi utilizzarlo per trarre ispirazione e trovare il nome adatto.

Non limitarti.
Scegli un nome che cresca insieme con gli affari. Ad esempio, se in un primo momento per dessert servi solo paste secche, forse in futuro vorrai allargarti ad altri tipi di dolci. Considera questa opportunità al momento della scelta.



Fare Colpo sulla Clientela

Sappi chi devi cercare di attirare.
In altre parole, man mano che vai avanti, individua il target delle clientela a cui deve puntare il tuo ristorante. Si tratta di giovani che seguono le tendenze moderne? Vuoi aprire un ristorante sofisticato e costoso? Preferisci qualcosa di più rilassato in cui tutti si sentano benvenuti?
Usa le ricerche di mercato.
Il modo migliore per individuare chi fa parte del tuo target di riferimento e quali sono le sue caratteristiche è quello di effettuare un'indagine di mercato. Puoi ingaggiare una società di marketing locale per fare un sondaggio tra la gente della città sul genere di ristorante che preferisce, corredato di alcune domande pensate appositamente per il tuo locale e altre di carattere demografico.
    • Un'altra opzione è effettuare la ricerca da soli. Puoi iniziare prendendo in considerazione i dati forniti, per esempio, da indicatori economici e statistiche sull'occupazione, sul reddito e sugli stipendi percepiti in una determinata zona.
    • Potresti anche provare a fare le tue indagini inviando per posta sondaggi da rispedire al tuo indirizzo. Prova a offrire un incentivo, ad esempio, proponendo di essere tra i primi clienti che proveranno gratuitamente il ristorante una volta che verrà aperto.

Chiedi un'analisi.
Una volta che la ricerca di mercato verrà completata, chiedi un'analisi delle caratteristiche comuni, come ad esempio il gruppo di età più propenso a frequentare il tuo locale, che tipo di reddito percepisce e quanto tende a utilizzare i social network. Puoi sfruttare questo genere di informazioni per orientarti nella scelta del nome e del marchio del ristorante.
Concentrati sul nome.
Una volta che avrai gli elementi utili a circoscrivere in maniera più definita la scelta del nome, scegli quello più adatto al tuo target di clientela. Per esempio, ai giovani che seguono le tendenze potrebbe piacere un nome un po' più eccentrico rispetto a uno più enigmatico, mentre le vecchie generazioni probabilmente preferiscono qualcosa di più semplice che arrivi al sodo. Con le soluzioni più bizzarre rischi di non attirare i clienti che sono alla ricerca di qualcosa di più raffinato, a differenza delle famiglie che potrebbero apprezzarle.



Consigli

Non scegliere un nome troppo lungo. Considera che dovrai inserirlo interamente negli annunci pubblicitari. Inoltre, se è più breve, si imprimerà più facilmente nella mente delle persone.





Cabidela

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La Cabidela è un piatto tipico originario della cucina portoghese a base di carne di coniglio o pollo.
Dopo che l'animale viene ucciso, viene appeso a testa in giù affinché sia possibile raccoglierne il sangue. Il riso successivamente viene cotto con la carne e il sangue.

Baijiu

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Il baijiu (cinese: 白酒; pinyin: báijiǔ, o shaojiu (烧酒) è una bevanda alcolica cinese. Il nome baijiu letteralmente significa "liquore bianco," "alcol bianco" o "spirito bianco". Il termine Baijiu viene talvolta impropriamente tradotto come "vino" o "vino bianco", ma più precisamente si tratta di un liquore distillato (o acquavite), in generale ha un proof tra gli 80 e i 120, e una gradazione alcolica tra il 40% e il 60%.
Il Baijiu viene distillato principalmente dal sorgo, anche se talvolta sono utilizzati anche altri semi: alcune varianti di baijiu prodotte nel sudest della Cina sono fatte con il riso glutinoso, mentre nel nord della Cina viene preferita la preparazione a base di sorghum, frumento, orzo comune, miglio e occasionalmente lacrime di Giobbe.
Il Bàijiù ha un odore caratteristico e un gusto che è molto apprezzato nella cultura culinaria cinese. I conoscitori della bevanda si focalizzano soprattutto sulla sua fragranza. Tuttavia le numerose recensioni, in genere scritte da non cinesi, commentano negativamente il gusto del bàijiù, confrontandolo con diluenti per vernici, alcol e gasolio. La gradazione alcolica tipicamente elevata di bàijiù è comunemente citata dai cinesi come la ragione di queste impressioni.

Bacchette per il cibo

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Le bacchette per il cibo sono una coppia di piccoli bastoncini affusolati, di uguale lunghezza, che si ritiene generalmente abbiano avuto origine nell'antica Cina e che vengono utilizzate tradizionalmente come posate o utensili per il cibo in vari paesi dell'Asia orientale e sud-orientale (in particolare Cina, Giappone, Corea, Taiwan, Thailandia, Vietnam e Singapore). Al di fuori di tali aree, le bacchette si trovano prevalentemente nei ristoranti che propongono piatti delle cucine originarie di questi paesi.
Attualmente si possono trovare anche in alcune aree del Tibet e del Nepal vicine all'influenza culturale delle popolazioni cinesi di nazionalità Han. Le bacchette sono adoperate comunemente nello Xinjiang dagli Uiguri e da altre etnie per mangiare il lamian, una varietà di noodles cinesi, mentre nell'Asia sud-orientale si usano di solito quando si mangiano noodles o riso bianco.
Tali utensili sono fatti comunemente di legno, bambù, metallo, osso, avorio e, nei tempi moderni, anche di plastica. La coppia di bastoncini si manovra con una sola mano – tra il pollice e le altre dita – e si usa per prendere piccole quantità di cibo.

Storia

Le bacchette per il cibo provengono dall'antica Cina: sulla loro origine sono fiorite numerose leggende, ma è provato che venivano utilizzate già ai tempi della dinastia Shang (1600-1100 a.C.). Utensili simili a bacchette sono stati dissotterrati anche nel sito archeologico di Megiddo in Israele. Questa scoperta potrebbe rivelare l'esistenza di rapporti commerciali tra il Medio Oriente e l'Asia nei primi tempi dell'antichità oppure potrebbe trattarsi di uno sviluppo parallelo avvenuto in modo indipendente. Le bacchette erano oggetti domestici comuni anche tra gli Uiguri civilizzati delle steppe mongole durante il VI-VIII secolo.

Etimologia

In cinese le bacchette per il cibo sono indicate con la parola kuàizi (筷子). Il primo carattere è composto da una parte fonetica, , che significa "rapido", e da una parte semantica, , che vuol dire "bambù". Nel cinese antico, ed anche in alcune varietà di quello moderno come il min nan, la parola per "bacchette" era zhù () (cinese medio: d̪jwo-; pinyin: zhù; minnan: ). Tuttavia, zhù divenne tabù sulle navi perché suonava allo stesso modo di un'altra parola che significava "fermarsi" (). Di conseguenza, fu sostituita da una parola di significato opposto, kuài ("veloce, rapido"), che si diffuse gradualmente fino a diventare il termine corrente per designare le "bacchette" nella maggior parte delle varietà del cinese moderno. Il carattere che indica il nuovo significato di "bacchette" () ha l'elemento semantico del "bambù" () aggiunto a quello del carattere originario kùai () che, come già accennato, significa "rapido".
In giapponese, le bacchette sono chiamate hashi, scritto . Sono note anche come otemoto (おてもと), un'espressione stampata comunemente sugli involucri delle bacchette usa e getta.
In coreano, si usa il vocabolo composto jeotgarak o chŏtkarak (젓가락), che è formato da jeo ("bacchette") e garak ("bastoncino"). Jeo non può essere usato da solo.
In vietnamita, le bacchette sono dette đũa (), parola anch'essa derivata dal cinese .
Nelle lingue occidentali non esiste, in genere, un termine specifico per indicare le bacchette per il cibo. Fa eccezione la lingua inglese, che utilizza la parola chopsticks, di probabile origine asiatica. Sembra infatti che sia derivata dal pidgin sino-inglese, dove l'espressione chop chop significava "rapidamente".

Tipi

Vi sono diversi stili di bacchette che variano in relazione a:
  • Lunghezza: le bacchette molto lunghe, solitamente circa 30 o 40 centimetri, tendono ad essere utilizzate per cucinare, specialmente per friggere a fondo i cibi. In Giappone sono chiamate saibashi (菜箸). Le bacchette più corte sono usate generalmente come utensili per mangiare, ma anche per cucinare.
  • Affusolamento: le bacchette per prendere il cibo sono affusolate con l'estremità smussata o appuntita. Quelle smussate forniscono una superficie maggiore per trattenere il cibo e per spingere il riso nella bocca. Quelle appuntite consentono di manipolare più facilmente il cibo e di spinare il pesce cotto intero.
  • Materiale: le bacchette possono essere fatte di una varietà di materiali: bambù, plastica, legno, osso, metallo, giada e avorio.
  • Le bacchette di bambù e legno sono a buon mercato, conducono poco il calore e forniscono una buona presa per trattenere il cibo grazie alle loro superfici opache. Si possono incurvare e deteriorare con l'uso prolungato e se non vengono pulite adeguatamente possono annidare batteri. Quasi tutte le bacchette per cucinare e quelle usa e getta sono fatte o di bambù o di legno. Le bacchette usa e getta non laccate si usano in particolare nei ristoranti. Si presentano spesso come un pezzo di legno che è parzialmente tagliato e deve essere spezzato in due bacchette dall'utilizzatore (dimostrando così che non sono state usate in precedenza). In giapponese, sono conosciute come waribashi (割り箸).
  • Le bacchette di plastica sono a buon mercato e conducono poco il calore. Inoltre non annidano batteri né si deteriorano molto con l'uso prolungato. Tuttavia, a causa della loro composizione, non sono buone come quelle di legno e di bambù per prendere il cibo. Per la stessa ragione, le bacchette di plastica non possono essere impiegate per cucinare dal momento che le temperature elevate potrebbero danneggiarle e produrre composti tossici.
  • Le bacchette di metallo sono durevoli e facili da pulire. Come quelle di plastica, non trattengono il cibo bene quanto quelle di legno o di osso. Tendono anche ad essere più costose. La loro più elevata conduzione del calore, inoltre, significa che non sono comode da usare per cucinare.
  • Materiali come avorio, giada, oro e argento sono scelti tipicamente per ragioni di lusso.
  • Ornamenti: le bacchette di legno o di bambù possono essere dipinte o laccate per decorarle e renderle impermeabili all'acqua. Le bacchette di metallo a volte vengono irruvidite o rigate all'estremità affusolata per renderle meno scivolose quando si prende il cibo. Coppie di bacchette di metallo molto lunghe talvolta sono legate da una corta catena all'estremità non affusolata per impedirne la separazione.

Stili di bacchette utilizzati nelle diverse culture

  • Cinesi: bastoncini più lunghi che hanno la sezione trasversale quadrata ad un'estremità (quella con cui si tengono) e rotonda all'altra (quella con cui vengono a contatto con il cibo), terminando con una punta smussata.
  • Giapponesi: bastoncini di lunghezza da corta a media che si affusolano con un'estremità appuntita. Questa forma si potrebbe attribuire al fatto che la dieta giapponese consiste in grandi quantità di pesce con la lisca intera. Le bacchette giapponesi sono fatte tradizionalmente di legno laccato. Alcuni servizi comprendono bacchette di due lunghezze diverse: più corte per le donne e più lunghe per gli uomini. Sono inoltre assai diffuse bacchette a misura di bambino.
  • Coreane: asticciole affusolate di media lunghezza, in acciaio inossidabile, con una sezione trasversale piatta e rettangolare. (Tradizionalmente, erano fatte di ottone o di argento.) Molte bacchette coreane di metallo sono riccamente decorate all'impugnatura.
  • Vietnamite: lunghi bastoncini che si affusolano con una punta smussata; tradizionalmente di legno, ma fatte ora anche di plastica. Un đũa cả è una grande coppia di bacchette piatte, usate per servire il riso da una pentola.
  • In uso in Italia: sono simili a quelle giapponesi e sono fatte di legno laccato oppure di plastica; esistono anche quelle usa e getta. Nello scegliere tra i due tipi di bacchette è bene tener conto dei loro difetti: quelle di legno laccato possono essere portatrici di malattie, mentre quelle usa e getta hanno l'inconveniente di essere costose. Riprendendo il termine giapponese, le bacchette in Italia si chiamano Hashi.

Uso

Generalità

Molte sono le regole di etichetta che governano il modo appropriato di usare le bacchette. Tenute fra il pollice e le dita di una mano, le bacchette si usano a mo' di pinza per prendere piccole quantità di cibo, che sono preparate e portate in tavola in porzioni piccole e adeguate. Le bacchette si possono utilizzare (tranne che in Corea) per spingere in bocca il riso e altri piccoli bocconi direttamente dalla ciotola.
Le bacchette si tengono insieme nella stessa mano, solitamente la destra. Alcune persone, specialmente i mancini, hanno cominciato ad usare le bacchette anche con la mano sinistra. In alcune occasioni (formali), tuttavia, questo comportamento potrebbe essere considerato sconveniente.
Nelle culture che fanno uso delle bacchette, il cibo generalmente è preparato in piccole porzioni; tuttavia, alcuni modelli di bacchette hanno bordi intagliati intorno alle punte per aiutare ad afferrare porzioni di cibo più grandi. Il riso, che solitamente sarebbe quasi impossibile da mangiare con le bacchette se preparato utilizzando metodi occidentali, normalmente in Asia orientale è preparato con una minor quantità di acqua, il che lo porta ad "agglutinarsi", rendendo così più facile mangiare con le bacchette. Le caratteristiche collose del riso dipendono anche dalla cultivar selezionata; quella impiegata nei paesi est-asiatici di solito è la cultivar japonica, che è un tipo di riso naturalmente più agglutinante dell'indica, il riso utilizzato nella maggior parte dei paesi occidentali e sud-asiatici.
Oltre che come posate per mangiare, le bacchette sono utilizzate anche come utensili da cucina per mescolare gli ingredienti in una pentola o trasferire i cibi dalla pentola ai piatti.

Come adoperare le bacchette

  1. Mettete una bacchetta tra il palmo e la base del pollice, usando il dito anulare (cioè il quarto dito a partire dal pollice) per sostenere la parte inferiore del bastoncino. Con il pollice, schiacciate il bastoncino verso il basso mentre il dito anulare lo spinge verso l'alto. La bacchetta dovrebbe essere fissa e molto stabile.
  2. Usate le punte del pollice, dell'indice e del medio per tenere l'altra bacchetta come una penna. Assicuratevi che le punte dei due bastoncini siano allineate.
  3. Ruotate la bacchetta superiore in alto e in basso verso la bacchetta inferiore fissa. Con questo movimento si possono prendere cibi di dimensioni sorprendenti.
  4. Con sufficiente pratica, i due bastoncini funzionano come un paio di pinze.
Suggerimento: per maneggiarle più facilmente all'inizio, tenete le bacchette a metà come farebbe un bambino. Quando sarete divenuti più bravi, tenete le bacchette alle estremità superiori per arrivare più lontano ed avere un movimento più sicuro ed elegante.
Se le punte non riescono ad allinearsi, sarà difficile trattenere i cibi. Tenete le bacchette diritte con una delle punte che tocca leggermente il tavolo, e spingete le bacchette verso il basso o allentate la presa per un istante (sempre delicatamente) per far sì che le punte raggiungano la stessa lunghezza. In questo modo potete anche regolare la presa o la posizione di tenuta.
Con la pratica, è possibile eseguire i passi 1 e 2 simultaneamente, sollevando le bacchette con una sola mano in modo fluido. Se necessario, tenete la bacchetta ad angoli diversi per sentirvi a vostro agio con i bastoncini tra le dita.

Buone maniere a tavola

Etichetta universale

Nei vari paesi in cui si utilizzano le bacchette per mangiare, generalmente si osservano le seguenti regole:
  • Le bacchette non si usano per fare rumore, per attirare l'attenzione o per gesticolare. Giocare con la bacchette è considerato maleducato e volgare (proprio come sarebbe giocare con le posate in un ambiente occidentale).
  • Le bacchette non si usano per spostare ciotole o piatti.
  • Le bacchette non si usano per giocherellare con il cibo o con i piatti in comune.
  • Più spesso, le bacchette non si usano per infilzare il cibo, tranne poche eccezioni, ad esempio quando si fanno a pezzi cibi più grandi come verdure e kimchi. Nell'uso informale, cibi piccoli, difficili da prendere come pomodori ciliegia e polpette di pesce possono essere infilzati, ma quest'uso è biasimato dai tradizionalisti.
  • Le bacchette si possono appoggiare orizzontalmente sul proprio piatto o ciotola per tenerle completamente lontano dalla tavola. Per tenere le punte lontano dalla tavola si può utilizzare un poggiabacchette.
  • Le bacchette non si dovrebbero lasciare appoggiate verticalmente in una ciotola di riso o di altro cibo. Qualsiasi oggetto simile ad un bastoncino con la punta rivolta verso l'alto assomiglia, infatti, ai bastoncini d'incenso che alcuni popoli asiatici usano come offerte per i familiari defunti; non a caso, certi riti funerari indicano le offerte di cibo ai defunti usando bacchette messe in posizione eretta.

Etichetta cinese

  • Nella cultura cinese, è normale sollevare la ciotola di riso alla bocca e usare le bacchette per spingere il riso direttamente in bocca. Se il riso però viene servito su un piatto, come è più comune in Occidente, è accettabile e più pratico mangiarlo con una forchetta, un cucchiaio o una forchetta-cucchiaio.
  • L'estremità smussata si usa a volte per trasferire il cibo da un piatto comune al piatto o alla scodella di un commensale.
  • È accettabile trasferire il cibo a persone strettamente imparentate (ad es. nonni, genitori, moglie, figli e altre figure importanti) se stanno avendo difficoltà a prenderlo. Inoltre è un segno di rispetto passare il cibo per primi ai più anziani prima che inizi il pasto.
  • Le bacchette non devono mai essere appoggiate sul piatto, ma sulla tovaglia o sugli appositi poggiabacchette. Lasciare le bacchette infilzate in una portata è un segno di ostilità verso il padrone di casa.

Etichetta giapponese

  • Il cibo non si dovrebbe trasferire dalle bacchette di qualcuno a quelle di qualcun altro. I Giapponesi offriranno sempre il loro piatto per trasferirlo direttamente, o passeranno il piatto della persona da servire se la distanza è grande. In Giappone, infatti, le bacchette si usano in questo modo solo durante la cerimonia del funerale buddhista: dopo aver cremato il defunto, la famiglia e gli amici spostano le ossa bruciate del morto dalla bara ad una pentola appunto con le bacchette.
  • Quando le bacchette non si usano, le estremità appuntite dovrebbero essere appoggiate su un poggiabacchette.
  • È abbastanza frequente rovesciare le bacchette ed usare l'estremità opposta pulita per spostare il cibo dal piatto comune, sebbene non sia considerato segno di buona educazione. Piuttosto, i commensali dovrebbero chiedere altre bacchette per trasferire il cibo dal piatto comune.
  • Le bacchette non si dovrebbero incrociare sulla tavola, né lasciare appoggiate verticalmente in una ciotola di riso, poiché questo simboleggia la morte.
  • Come già ricordato, in Giappone, si adoperano spesso bacchette monouso chiamate waribashi ("bacchette divise"), che sono unite tra loro e devono quindi essere spezzate in due per poter essere usate. In questi casi, è da maleducati sfregare insieme le bacchette dopo averle divise, perché questo gesto comunica all'ospite che si pensa siano a buon mercato.

Etichetta coreana

  • I Coreani considerano segno di maleducazione sollevare la ciotola di riso dal tavolo per mangiare.
  • Diversamente da altre culture che fanno uso delle bacchette, i Coreani adoperano un cucchiaio per il riso e la zuppa, e le bacchette per la maggior parte degli altri cibi in tavola. (Tradizionalmente, i cucchiai coreani hanno una testa relativamente piatta, circolare, con un manico diritto, diversamente dai cucchiai da minestra cinesi o giapponesi.)
  • Diversamente dal riso consumato in molte parti della Cina, il riso cucinato in Corea può essere preso facilmente con le bacchette, sebbene mangiare riso con il cucchiaio sia più accettabile.
  • Quando si posano le bacchette sul tavolo accanto ad un cucchiaio, non bisogna mai metterle a sinistra di quest'ultimo. Le bacchette, infatti, si poggiano a sinistra solo per i membri defunti della famiglia.
  • Le estremità smussate del manico delle bacchette non si usano per trasferire il cibo dai piatti comuni.
  • Quando non sono disponibili bacchette comuni, è perfettamente accettabile prendere il banchan e mangiarlo senza prima metterlo giù sulla propria ciotola.
  • Inoltre, c'è un vecchio detto secondo cui più si tiene la mano vicina alle punte delle bacchette, più a lungo si rimane non sposati.



Etichetta vietnamita

  • Come nel caso dell'etichetta cinese, la ciotola di riso si solleva alla bocca ed il riso si spinge in bocca usando le bacchette.
  • Diversamente dai piatti cinesi, è pratico usare le bacchette anche per prendere il riso nei piatti, ad esempio il riso fritto, perché quello vietnamita è tipicamente colloso.
  • È corretto usare sempre due bacchette insieme, anche quando le si adopera per mescolare.
  • Non si dovrebbe prendere il cibo dalla tavola e porlo direttamente in bocca. Il cibo deve prima essere messo nella propria ciotola.
  • Non si dovrebbero tenere le bacchette in bocca mentre si sceglie il cibo.
  • Dopo mangiato, le bacchette non si dovrebbero mai poggiare sulla tavola formando una "V"; è interpretato come un segno di malaugurio.



Problemi con le bacchette

L'uso delle bacchette comporta essenzialmente due tipi di problemi:
  • Le bacchette usa e getta hanno un pesante impatto sull'ambiente
  • Usare regolarmente le bacchette può causare certi problemi di salute.



Le bacchette e l'ambiente

Usare una sola volta un servizio di bacchette e poi gettarle via, causa problemi per l'ambiente.
Sono sorti alcuni movimenti volti a spingere la gente ad utilizzare più volte lo stesso paio di bacchette. In Cina, si usano circa 45 miliardi di paia di bacchette usa e getta all'anno. Questo equivale ad 1,7 milioni di metri cubi di legname - circa 25 milioni di alberi adulti. La Cina è il più grosso produttore di bacchette usa e getta: basti pensare che quasi 60.000 persone sono impiegate in questo settore. Se la produzione continuerà al livello attuale, le foreste della Cina saranno esaurite nel giro di qualche decennio.
Per questa ragione, nell'aprile 2006 sulle bacchette monouso è stata introdotta un'imposta. Si parla anche di sostituire le bacchette usa e getta fatte di legno con quelle in plastica o metallo.

Le bacchette e la salute

Nel 2003, fu fatto uno studio in base al quale l'uso regolare delle bacchette potrebbe aumentare lievemente il rischio di sviluppare l'artrosi nella mano, una condizione in cui la cartilagine si consuma, causando dolore alle articolazioni della mano, in particolare tra gli anziani. Sono stati inoltre avanzati timori circa il fatto che l'utilizzo di certi tipi di bacchette usa e getta, fatte di legno scuro sbiancato con candeggina, possa causare tosse o addirittura asma.
Un'indagine condotta nel 2006 dal Ministero della salute di Hong Kong rilevò che la proporzione di persone che si servono di bacchette o altri utensili per il cibo è aumentata dal 46% al 65% dopo lo scoppio della SARS nel 2003, determinando anche un miglioramento delle condizioni igieniche generali.

Amorphophallus konjac

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Il konjac (Amorphophallus konjac) (in giapponese コンニャク, in cinese 蒟蒻, in coreano 곤약) è una pianta asiatica appartenente al genere Amorphophallus, nativa della zona subtropicale orientale asiatica. È conosciuta anche con i nomi di konnyaku, konjak, konjaku, patata konjac, giglio voodoo, lingua del diavolo o igname di elefante.
Dalla radice del konjac viene prodotto il konnyaku, ingrediente utilizzato nella cucina orientale.

Coltivazione e utilizzo

La pianta di konjac viene coltivata in Cina, Giappone, Corea, Taiwan e nel Sud-est asiatico. Dal suo cormo viene prodotta la gelatina konnyaku.
Nella cucina giapponese il konnyaku viene prodotto mixando la farina di konjac con acqua o acqua di calce; viene utilizzato come ingrediente in molti piatti e specialità come l'oden, il sukiyaki, il gyūdon e gli spaghetti shirataki. Inoltre, viene usato anche dai vegetariani come sostituto della gelatina animale. Il konnyaku destinato alla vendita nei negozi alimentari viene confezionato in sacchetti di plastica, contenenti acqua, e ha l'aspetto di un blocco grigio dalla consistenza di una gelatina soda.
Il cormo del konjac contiene il glucomannano, una gomma naturale vegetale (denominata anche gomma di konjac) utilizzata all'interno di alcuni tipi di gomme da masticare.

Benessere e diete alimentari

Il glucomannano, prodotto dal cormo del Konjac, viene usato come componente di alcuni integratori alimentari assunti per perdere peso, ridurre il colesterolo o per facilitare il transito intestinale; a contatto con l'acqua, può aumentare il proprio volume fino a 60-80 volte e, grazie a questo fattore, determina un senso di sazietà e riduce lo stimolo alla fame. Grazie a queste caratteristiche, gli integratori a base di glucomannano sono usati per curare il sovrappeso e l'obesità.
Il Konjac è quasi privo di calorie ed è ricco di fibre; per questo motivo, viene utilizzato come alimento dietetico. In Corea viene usato anche come crema per i massaggi al viso.

Gelatine alla frutta

Il Konjac è utilizzato anche per preparare gelatine alla frutta; questo tipo di snack, confezionato in coppette di plastica, è molto conosciuto in Giappone e negli Stati Uniti d'America.

Rischio di soffocamento

A differenza delle altre gelatine, il Konnyaku ha una consistenza quasi solida e non si scioglie subito in bocca; per questo motivo, è vivamente consigliato masticarlo molto bene prima di ingoiarlo.
In seguito a parecchi decessi di bambini (avvenuti nella San Francisco Bay Area) causati da soffocamento durante l'ingerimento di gelatina Konnyaku alla frutta, la Food and Drug Administration ha lanciato l'allarme sulla distribuzione dello snack e la sua vendita è stata proibita negli Stati Uniti d'America, in Canada e nell'Unione europea.
In Giappone, la MannanLife (la più grande azienda produttrice di merendine a base di gelatina Konnyaku) ha temporaneamente sospeso la produzione degli snack in seguito alla morte scampata di un ragazzo ventunenne. Tra il 1995 e il 2008 si sono verificati 17 decessi per soffocamento con gelatina Konnyaku.
Ora sulle confezioni delle gelatine alla frutta prodotte dalla MannanLife è presente una nota che invita i consumatori a spezzare il prodotto in piccole parti prima di somministrarlo ai bambini.
Sono ancora in commercio, comunque, i blocchi di Konnyaku da usare come ingrediente nella preparazione di cibi vari.
Oltre al rischio di soffocamento dovuto all'ingerimento della gelatina, si può incorrere in altri rischi dovuti all'utilizzo non conforme alle istruzioni riportate sulla confezione dei prodotti a base di glucomannano, utilizzati per curare particolari patologie.

Agar agar

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L'agar-agar (noto anche come agar, dal nome malese delle alghe rosse) è un polisaccaride usato come gelificante naturale e ricavato da alghe rosse appartenenti a diversi generi (tra i quali Gelidium, Gracilaria, Gelidiella, Pterocladia, Sphaerococcus).
Dal punto di vista chimico è un polimero costituito principalmente da unità di D-galattosio (è quindi detto poligalattoside). Il galattosio è uno dei due componenti del lattosio, lo zucchero presente anche nel latte; infatti il lattosio è per definizione un disaccaride formato da una molecola di α-glucosio e una di β-galattosio.

Utilizzo in cucina

L'agar-agar ha un alto contenuto di mucillagini (65%) e di carragenina (sostanza gelatinosa, nota in farmacopea come alginato). La gelatina prodotta dall'agar-agar ha un sapore tenue ed è ricca di minerali. Viene impiegato nella preparazione di gelatine per dessert e aspic, poiché ha la proprietà di non alterarne il sapore naturale. L'agar-agar produce una gelatina più solida di quella commerciale, non si scioglie facilmente, ed è inoltre completamente vegetale. Viene assorbita in minima parte dall'organismo, quindi non fornisce alcun apporto calorico. La sua preparazione è facile e veloce e richiede solo una breve cottura, il tempo più lungo è richiesto per la sua solidificazione: un'ora a temperatura ambiente. Non necessitando di zuccheri per gelificare, è adatta per la produzione di confetture a basso tenore di zucchero.
Usata per preparazioni salate non necessita di grandi quantità, per addensare dolci ne occorrono quantità maggiori.
L'alga da cui si ricava l'agar-agar ha pareti cellulari ricche di amidi e di polisaccaridi complessi simili alla cellulosa.
L'alga ha un sapore molto forte ed intenso per cui è necessario trattarla per ammorbidire le fibre e per neutralizzarne il sapore. In tal proposito vengono utilizzati due metodi:
  • Metodo industriale: implica l'uso dell'acido solforico per sciogliere gli amidi e dei procedimenti di sbiancatura inorganica e tintura per neutralizzare il colore e il sapore. La maggior parte dell'agar-agar in polvere è così preparata, come anche quella in barre;
  • Metodo tradizionale: le alghe sono raccolte e fatte seccare sulla spiaggia; in inverno sono poi trasportate in montagna, cotte in pochissimo aceto poco aspro per ammorbidire le fibre più dure. Tale composto è poi pressato e filtrato in sacchetti di tela, da cui esce un liquido omogeneo. Viene versato in grosse forme simili a vassoi, dove si rapprende; questa gelatina è poi tagliata a strisce o barre e messa all'aperto su telaiature basse di bambù perché prenda quanto più sole possibile; si ripete un ciclo di congelamento notturno alle basse temperature e di scioglimento diurno all'esposizione al sole in modo che tutta l'umidità contenuta evapori e che le barrette di amido rimangano così secche, fibrose e leggerissime, scolorite naturalmente e divenute di un colore grigio e di un sapore neutro (kanten in giapponese significa infatti "cielo freddo"). Le barrette vengono successivamente impacchettate o ridotte in fiocchi finissimi.
L'agar-agar naturale è ricco di iodio e di oligoelementi ed ha leggere proprietà lassative che possono venire esaltate dall'aggiunta di succo di zenzero fresco; il suo potere addensante varia a seconda dell'alcalinità o dell'acidità dei cibi con cui è mescolato: gli alimenti acidi ne richiedono una maggior quantità di quelli alcalini.
In cucina, è un sostituto vegetariano per la colla di pesce.
È catalogato tra gli additivi alimentari codificati dall'UE col numero E406.

Altri usi

L'agar agar non può essere digerito dagli enzimi presenti nella maggior parte degli organismi, batteri e miceti compresi, per questo motivo è utilizzato in microbiologia per solidificare i terreni di coltura per tali microorganismi.
È anche usato nella preparazione di terreni di coltura per la coltivazione di piante in vitro, e in particolare per la riproduzione mediante semina delle orchidee e anche nella preparazione dei terreni di coltura semisolidi per i batteri. L'agar è utilissimo per questo scopo in quanto è liquido a 80° e solidifica a temperature inferiori a 50°; in questo modo rimane in stato di gel a quelle temperature che sono ottimali per la crescita batterica. La consistenza dell'agar permette ai batteri di riprodursi per schizogonia, ma impedisce loro di muoversi in modo tale da dar luogo alla formazione di colonie separate. L'uso in questo campo è stato ipotizzato per la prima volta da Fanny Angelina (Lina) Eilshemius Hesse, moglie di Walther Hesse, assistente di Robert Koch, e utilizzato da quest'ultimo nei suoi studi. In particolare un terreno agarizzato è composto dallo 0,5% di peptoni (sostanze derivanti dalla degradazione di estratti di carne), dallo 0,2% di estratto di carne, dall'1,5% di agar e da acqua.
È adoperato per la preparazione dei ponti salini caratteristici delle celle elettrolitiche. A tal scopo viene miscelato ad un quantità di sale circa 10 volte più grande in peso e fatto bollire in un quantità d'acqua circa 30 volte più grande in peso. La soluzione viene lasciata solidificare e il gel così ottenuto viene trasferito nel tubo ad U tipico dei ponti salini.
L'agar agar nell'industria farmaceutica e dolciaria è usato come addensante. Il suo principale utilizzo in fitoterapia è legato all'effetto calmante, dimagrante, antinfiammatorio e protettivo che esso esercita a livello della mucosa gastrica e dell'intestino poiché ricopre con un sottile strato le mucose e le protegge dagli ulteriori danni dell'infiammazione. A dosaggi più elevati esso è efficacissimo come lassativo: per la proprietà di idratarsi, aumenta la massa intestinale e si comporta da purgante meccanico, privo di effetti collaterali. L'agar agar è indicato pertanto in pediatria e in età avanzata. L'agar agar viene anche utilizzato come strumento di pulitura e detersione superficiale nell'ambito del restauro delle policromie lignee e delle tele. Inoltre è un coadiuvante per la stipsi (azione meccanica), il colon irritabile, la diverticolite, la gastrite e come dimagrante.
In passato veniva utilizzato in odontoiatria protesica per la presa di impronte di precisione, date le caratteristiche di buona stabilità dimensionale ed idrofilia. Per questo utilizzo veniva anche denominato idrocolloide reversibile, per distinguerlo dagli alginati, non reversibili. L'introduzione dei materiali da impronta siliconici e dei polieteri, di più agevole utilizzo, conservazione e disinfezione, ne ha decretato l'abbandono.

Cucina di Hong Kong

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La cucina di Hong Kong è una cucina cinese, influenzata dalla cucina cantonese, dalla cucina hakka, Teochew, Hokkien, da quella occidentale, giapponese e del sud est asiatico. Tutte queste influenze sono dovute al suo passato di città commerciale e facente parte dell'impero coloniale britannico. Dalle bancarelle ai ristoranti più esclusivi, Hong Kong offre una varietà illimitata di cibo per ogni classe sociale. Combinazioni complesse e competenze gourmet internazionale hanno dato Hong Kong le etichette reputazione di "paradiso Gourmet" e "Fiera mondiale di prodotti alimentari".

Abitudini a tavola

La maggior parte dei ristoranti ad Hong Kong servono portate piccole rispetto agli standard internazionali e soprattutto rispetto alle nazioni occidentali. La portata principale è accompagnata da riso o noodle. Ad Hong Kong si mangia 5 volte al giorno: colazione, pranzo, il tè del pomeriggio (verso le 15:00) la cena e il siu yeh, dopo le 22.00.

 
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