I broccoli sono velenosi?

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Si.
Ma è una buona cosa.

A molti bambini non piacciono affatto i broccoli. E anche una parte degli adulti non ne è entusiasta.

La ragione di ciò è l'evoluzione. Abbiamo imparato nel suo corso a trovare il gusto amaro sgradevole.

Quando le piante sono amare, di solito questo ci dice che qualcosa in esse è velenoso.

Le piante hanno bisogno di strategie speciali contro i predatori, perché non possono scappare o attaccare come gli animali. Ecco perché hanno sviluppato le armi chimiche.

Così, quando mordi un "broccolo", questo produce tossine nel luogo del morso.

È così che la pianta respinge gli insetti.

Anche il nostro corpo si accorge di questa tossina e reagisce ad essa.

Ma la risposta del nostro corpo è di aumentare le nostre difese. Poi produciamo enzimi che disintossicano il nostro corpo. E questo ci rafforza anche per affrontare tutte le altre tossine.

Per esempio, se mangi molti broccoli, devi bere molto più caffè per ottenere lo stesso effetto di veglia, perché il tuo corpo disintossica la caffeina più velocemente.

Altre verdure hanno un effetto simile.

In realta' i broccoli stanno cercando di ucciderti. Ma alle fine risulta il contrario e ti danno dei superpoteri.

Rafforzano la tua capacità di affrontare le tossine, e probabilmente possono anche aiutare ad allontanare il cancro.

La tossina nei broccoli è velenosa anche per i broccoli stessi, il che sembra incredibile.

Questo potrebbe portarci a pensare che i broccoli siano stupidi.

Ma la tossina viene prodotta solo quando le cellule del broccolo vengono danneggiate, come in questo caso il morso.

Le cellule dei broccoli contengono due sostanze chimiche, e lo fanno in parti separate della cellula. Quando si rompe una cella come quella, le sostanze chimiche si mescolano - come in un bastoncino luminoso.

Ecco perché i broccoli tritati contengono molto di più del composto che combatte il cancro.

Soprattutto se lo si lascia per un po' di tempo.

Troverete lo stesso composto negli spicchi d'aglio. Ecco perché dovreste tritarli o schiacciarli. Se lasciate gli spicchi interi, il vostro corpo non otterrà i suoi benefici.

Quando si danneggia una pianta, questa reagisce e questo dà al tuo corpo una spinta di potenza.

Se volete che i vostri figli mangino molte verdure e vivano una vita lunga e sana, dite loro che mangiare broccoli li trasforma in supereroi che combattono le super tossine.


Perché tante pizzerie non sanno fare una buona pizza Marinara? Non dovrebbe essere semplice?

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Perché meno condimenti metti, più risaltano il sapore e la qualità dell'impasto e della cottura.

Per fare un buon impasto infatti servono farine di qualità, acqua non troppo dura e priva di cloro, poco lievito ed una lievitazione lunga ripartita anche in due o tre fasi (biga, poolish), un olio decente, poco sale ed infine una rapidissima cottura in un forno che raggiunga i 500°C.



In questo modo si ottiene una pizza fragrante, ben lievitata con alveoli larghi, ben digeribile e con cornicioni belli alti e croccanti.

Ovviamente tutto ciò richiede più tempo, più esperienza, materie prime più costose, personale più qualificato ed investimenti maggiori da parte del proprietario della pizzeria.

Per questi motivi alcune pizzerie di serie B (soprattutto le grandi catene) preferisco compensare la scarsità dell'impasto con prezzi più bassi oppure mettendo molto condimento, ma nel caso in cui si ordini una pizza molto semplice tutte le carenze dell'impasto vengono a galla con pizze gommose, dure, poco digeribili e dalla crosta non edible.




Sempre aggiungere la pasta al sugo, non la salsa alla pasta. Perché?

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Perché i cuochi esperti non si limitano a cuocere la pasta ed aggiungervi un sugo, ma effettuano anche la mantecatura in modo da ottenere un piatto molto più cremoso ed invitante.



Il processo di mantecatura consiste sostanzialmente nell'inglobare aria mediante mescolamento mentre la nostra pietanza finisce di cuocere in una padella larga, badando bene che che ci sia una parte grassa sufficiente ad ottenere un buon risultato.


Procedimento:

  • Quando nostra pasta è molto al dente spegnere il fuoco, e con un mestolo travasare un po' di acqua di cottura in un contenitore (indicativamente un mestolo ogni due porzioni)

  • Scolare la pasta e versarla nella padella contenente il sugo, oppure in alternativa trasferirla nella padella mediante una schiumarola o un paio di pinze.

  • Accendere il fuoco sotto la padella e cominciare a mescolare con un cucchiaio di legno, aggiungendo un po' alla volta l'acqua di cottura e olio extravergine.

  • Ogni tanto saltare la pasta in modo che il sugo incorpori aria, e continuare a mantecare fino a che l'acqua, l'amido contenuto nella pasta e l'olio abbiano formato una bella cremina.

  • Spegnere il fuoco e servire!

In tutto il processo di mantecatura dovrebbe durare al massimo un paio di minuti.

Per questo motivo è necessario ricordarsi di scolare la pasta quando è ancora leggermente cruda, in modo che risulti perfettamente al dente una volta finito di mantecarla.

La mantecatura si può applicare a tutte le preparazioni, ricordandosi però che i risultati migliori si ottengono quando si ha una elevata presenza di grassi.

Per mantecare un sugo contenente pomodoro o altre verdure invece non è necessario aggiungere l'acqua di cottura, in quanto il pomodoro contiene già di suo l'acqua necessaria.

Eccezione anche per la carbonara, che richiede una mantecatura a fuoco spento per evitare di ottenere una frittata! ?


Ce la fate a mangiare una pizza intera?

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In Italia, la pizza si mangia come pasto (una pizza intera) oppure al trancio (come a Roma).

La maggior parte delle pizze consumate intere hanno le dimensioni di un piatto, in modo che una persona riesca a mangiarsela tutta.

Questa è una pizza napoletana. È abbastanza grande perché una sola persona riesca a mangiarsela tutta. A Roma e a Bari le dimensioni delle pizze sono simili.


Poi ci sono queste grandi pizze cucinate in una teglia, alla romana.



In genere si mangiano 1-2 fette alla volta. Potresti anche comprarne una teglia intera e portartela a casa..


È così che si è sviluppata anche la pizza in stile NY (New York). È più tipicamente 'by the slice', cioè al taglio. Pizze intere vengono sfornate in anticipo, poi le fette vengono riscaldate di nuove nel forno quando il cliente le ordina. Questo è un classico pranzo di pizza a New York:



Va bene mangiare il risotto il giorno dopo?

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No. Il risotto è un piatto che va bene solo per circa 5 minuti dopo aver lasciato la padella. Dovrebbe essere consumato immediatamente, né il giorno successivo né dopo un quarto d'ora. Se lo lasci riposare, perderà la sua consistenza mentre il riso proseguirà la cottura e diventerà molle.

Se hai degli avanzi di risotto, però, puoi fare altre cose, trasformandolo in altri piatti. Ecco tre modi per riutilizzare il risotto avanzato e trasformarlo in qualcosa di delizioso. Se avete degli avanzi di risotto, metteteli in una ciotola e coprite con un coperchio o un pezzo di pellicola per evitare che si secchino e riponete in frigorifero per 2-3 giorni.


Risotto al salto



Avrai bisogno di una padella antiaderente capiente. Unite un po' di burro e fatelo schiumare. Quando il burro inizia a spumeggiare, versate il riso, proprio al centro (manterrà la sua forma). Premere il riso per trasformarlo in una sorta di grande frittella e scuotere la padella di tanto in tanto per evitare che si attacchi. Quando la parte inferiore sarà dorata e croccante, capovolgere il risotto (con l'aiuto di un piatto, più o meno come si fa per la frittata), aggiungere un po' di burro lungo i bordi, in modo che si sciolga verso il centro, e anche croccante l'altra parte. Ancora una volta, servire caldo.


Crocchette di riso


Aggiungere un uovo, un po' di Parmigiano Reggiano e pane grattugiato quanto basta per rendere il riso facile da modellare. Tagliate a dadini un po' di formaggio: mozzarella, o un formaggio fuso a vostro piacimento. Prendete un cucchiaio abbondante di riso, mettetelo in mano (dovrete bagnarvi le mani per evitare che il riso si attacchi), inserite al centro i dadini di formaggio e formate attorno ad esso una crocchetta di riso ovale. Ricoprire ogni crocchetta nel pangrattato e friggere fino a doratura su tutti i lati. Ancora una volta, servire ben caldo in modo che il formaggio sia ancora morbido, filante e sciolto.


Sformati di risotto


Questi sono abbastanza carini da essere serviti agli ospiti. Prendete una serie di stampini, imburrateli e spolverizzate con un po' di pangrattato. Cerca se hai avanzi di verdure gustose come peperoni saltati o zucchine. Se non si tagliano a dadini dei buoni formaggi fondenti (niente spazzatura ricostituita!). Riempite lo stampo a metà e create una cavità al centro, spingendo il riso contro i lati. Farcire il centro con i nostri avanzi di verdure, o con un po' di formaggio. Ricoprite con altro risotto, spolverizzate con pangrattato e una piccola noce di burro. Scaldare il forno a circa 160°C. Circa 20 minuti prima del pasto, infornate gli stampini. Nel frattempo preparate la fonduta: scaldate qualche cucchiaio di latte in un pentolino ma toglietelo prima che inizi a bollire. Aggiungere il pepe bianco, e il resto del formaggio a dadini, e mescolare, continuando e fuori dal fuoco, fino a quando il formaggio non si scioglie completamente. Sformare il riso e coprirlo con un cucchiaio di fonduta, quindi servire subito.


Come evitare di bruciare l'aglio durante la cottura nell'olio, in modo che non diventi amaro dopo una lunga cottura?

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Non sbucciare l'aglio e, soprattutto, non tagliarlo a pezzetti.

In Italia l'aglio con la buccia è conosciuto come aglio in camicia, aglio nella sua camicia. Potresti voler dargli una cotta prima di aggiungerlo all'olio. E pescalo quando sprigiona la sua deliziosa fragranza.





Mangiare un cucchiaio di miele a stomaco vuoto fa bene?

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Il valore nutrizionale del miele è molto alto.

Mangiare 1 o 2 cucchiai di miele a stomaco vuoto al mattino è molto benefico per la salute.

Il miele contiene circa il 35% di glucosio e il 40% di fruttosio, che possono essere assorbiti direttamente dal corpo senza digestione.

Pertanto, mangiare miele a stomaco vuoto al mattino può rapidamente ricostituire l'energia, eliminare la stanchezza e ripristinare la vitalità del corpo.

Il miele è ricco di enzimi attivi, che possono migliorare il metabolismo, accelerare la motilità gastrointestinale ed eliminare tossine e rifiuti.

Mangiare miele a stomaco vuoto è molto benefico per la salute del tratto gastrointestinale. Inoltre, il miele è ricco di proteine, aminoacidi, vitamine e minerali.

Mangiare miele a stomaco vuoto al mattino può massimizzare l'assorbimento dei nutrienti dal miele.




E chi fa brillare i piatti?

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Il lavoro del lavapiatti è considerato umile. Ma nel mondo della ristorazione il cliente è al centro e il dietro le quinte è tutto. «Se non ci fossero, crollerebbe il ristorante».

Da pochi giorni mi occupo del lavaggio nella Trattoria A Casa Nostra a Milano, una trattoria di quartiere molto amata.

Il mio posto di lavoro è nella minuscola cucina: è un lavandino e una lavastoviglie. Sei giorni su sette, dalle 11 alle 15 e poi di nuovo dalle 18.30 alle 23.30, sono il destinatario di tutte le stoviglie, tutte le pentole roventi, tutte le posate, tutti i coltelli sporcati dai clienti e dall'aiuto cuoco Elia.

«Prima ho fatto molte cose in molti luoghi, ma questo lavoro è mille volte meglio: è semplice, ha orari regolari, i miei colleghi sono tra loro come una seconda famiglia. In passato avevo più responsabilità, e molti più imprevisti».

«È un lavoro che consiglierei a chiunque, anche a mio figlio se ne avessi uno. Bisogna essere ordinati, veloci e precisi. Perché dovrebbe essere considerato un lavoro umile?».
Mi rendo conto di entrare perfettamente nel cliché: il gesto del pulire è associato da sempre alle attività più popolari, e il lavapiatti è una figura invisibile, così come, del resto, lo erano i cuochi fino a vent’anni fa (e ancora, in parte, i camerieri). «Infatti non mi piace dire “lavapiatti”, preferisco la locuzione “interno cucina”.

L’idea di “seconda famiglia” torna, nei racconti di tutta la gente di cucina che ho conosciuto, e non potrebbe essere diversamente: si lavora stretti, il rapporto è fisico.

In passato per lavoro ho soggiornato in alcuni dei più famosi alberghi del mondo, dove ho potuto vedere con i miei occhi che ancora si segue la suddivisione militaresca dei ruoli codificati da Auguste Escoffier, quando sfamava i soldati al quartier generale dell’Armata del Reno durante la guerra franco-prussiana. In quello schema fatto di maître de salle, maître de rang, chef de rang, demi-chef de rang, commis de rang, commis debarasseur, il lavapiatti si chiama plonge, letteralmente “tuffo”, e il suo è un comparto essenziale.

Può capitare che diverse parti della struttura siano contemporaneamente occupate dalle centinaia di ospiti della pasqua ebraica, da un meeting di un fondo finanziario e dal matrimonio di una rockstar. I lavapiatti, come capita spesso in questi colossi, sono esternalizzati, cioè non sono dipendenti dell’azienda, bensì di un fornitore.
«Sono quasi tutti ragazzi stranieri: marocchini, rumeni, albanesi, pachistani. Giovani, con un forte turnover: la paga non è alta, spesso se trovano di meglio cambiano lavoro». Del resto qui si parla di numeri molto variabili, che possono diventare importanti.

«Posso dire senza tema di smentita che nei miei viaggi ho incontrato persone incredibili», «immigrati che magari nel proprio Paese erano medici, ingegneri. Costretti a ricominciare, ma lo fanno con orgoglio e determinazione».
«Troppo spesso si pensa al lavapiatti in modo denigratorio. Invece se quel comparto non funziona crolla tutto il ristorante. E mi piace che le persone che lavorano con me considerino il lavapiatti fondamentale: così capiscono che tutti i ruoli meritano rispetto».

Ecco, la carriera: in cucina c’è mobilità verticale? Funziona l’ascensore sociale?

In soldoni: si può partire da lavapiatti e finire chef o patron?

Per rispondere a questa domanda basta un nome, Pino Cuttaia. Uno dei più grandi cuochi italiani - due stelle Michelin a Licata, in Sicilia - ha cominciato proprio così, tra lavandino e detersivo.
Forse il più noto è Anthony Bourdain, come scrive nel suo Kitchen Confidential. Anche lo stellato Eric Räty ha cominciato alla plonge. E Kurt Cobain, prima dei Nirvana, lavava i piatti al ristorante Lamplighter.



Gli americani mangiano male?

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Definirei quegli oggetti di sfida alimentare di grandi dimensioni "Abomini del cibo".

Sto parlando di cose come questa:



Mangia questo grosso mucchio di merda in meno di 30 minuti e prendi una maglietta e la tua foto sul muro!

Perchè dovrei farlo? Quell'hamburger ha un aspetto terribile, addirittura un abominio.

Gli abomini alimentari non si presentano solo sotto forma di hamburger, possono essere:


Burrito!

Se mangi quella cosa ricevi una carta regalo da $ 100. Che può essere usato per comprare più burritos!

Come se.



Naturalmente, ci sono anche le sfide della pizza. Quella cosa sembra piuttosto interessante, ma sedersi a un tavolo e cercare di mangiarne il più possibile è oltre il ridicolo.

Sono sempre sbalordito dai commenti che le persone fanno quando prendono parte a una di queste sfide. Strappano l'oggetto e lo mangiano pezzo per pezzo e poi si esprimono su quanto sia delizioso e sorprendente il cibo. Hanno appena fatto a pezzi l'hamburger e ne hanno infilato ogni parte in bocca, ma è stato comunque fantastico. Tipo, quel panino sul fondo era delizioso, giusto?

Penso che il cibo dovrebbe essere di dimensioni normali. Se vuoi fare una sfida mangiando cose, mangiane due o tre, non un abominio.


Come fanno a preparare la bistecca così velocemente nei ristoranti?

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La velocità di cottura della bistecca nei ristoranti è data da diversi fattori come il grado di cottura richiesto dal cliente, il tipo di pezzatura di carne, l'apparecchiatura usata e la bravura dello chef.

Nei ristoranti le bistecche e i grossi tagli di carne vengono cotti in modo differente rispetto a come si fa in casa. Innanzitutto spesso vengono tenuti fuori dal frigo per due ore circa (ma non è una pratica molto igienica per via dei batteri) di modo tale che la carne a temperatura ambiente impieghi meno tempo a cuocere. Un altro accorgimento è la tecnica del Reverse Searing. Dopo aver tolto l'umidità dalla carne con della carta assorbente, si pone la bistecca in una bacinella per due ore dentro al forno a convezione vapore professionale a 40°C/50°C. In questo modo si riducono i successivi tempi di cottura.

Successivamente si posa la carne sulla griglia, preriscaldata almeno 30 minuti prima e si cuoce in linea di massima ogni lato per due minuti, giusto il tempo che si formino le righe. Gli chef utilizzano in modo orizzontale la sonda per verificare la temperatura, a seconda del grado di cottura richiesta dal cliente: circa 55° C cottura al sangue (anche sotto i 50°C), 62° C cottura media e 78°C cottura completa. Poi la carne viene di nuovo adagiata su carta assorbente. Il tempo di cottura dipende anche dal taglio della carne e dalla parte dell'animale. A rallentare il processo potrebbe esserci la presenza di più bistecche sulla griglia. La carne ha bisogno di spazio tutto intorno per poter cuocere bene.

Se si punta nel menu a offrire delle bistecche, occorre avere in cucina una griglia professionale a pietra lavica o normale a doppio modulo (per cottura simultanea di carne in caso di comande contemporanee) o il fry top. Le padelle, le griglie in ghisa o le piastre rigate da appoggiare sopra il fuoco delle cucine non sono adatte perché la cottura non è uniforme.

La griglia a pietra lavica o normale arriva in pochissimi minuti a 200/300°C, non è necessario tenerla accesa in attesa di comande dalla sala. Si possono utilizzare le griglie senza pietra lavica, più igieniche e pratiche da pulire

Il fry top in acciaio dolce a differenza della griglia che cuoce per irraggiamento, cuoce per contatto. E' un apparecchiatura più versatile in cucina, su cui i ristoratori investono di più. SI usa per cotture multiple anche per verdure rigate come le zucchine. Rispetto alla griglia produce meno fumi e necessita di minor aspirazione.

Entrambi i tipi di apparecchiature hanno elevati kW di potenza totale installata, fattore che li rende potenti e veloci nelle funzioni.



Cosa aveva di particolare il ristorante più strano in cui sono stato?

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Il posto non era strano, era un ristorante italiano in Canada. Aveva le "Linguine mango, maiale, panna e anacardi".

Alcune persone del nostro gruppo credevano che fosse una tipica ricetta di una tipica nonna in una tipica casa di campagna italiana dove mangi bene anche se metti insieme tonno e sassi.

Perché la regola è: italiano = buono, costasse 5 dollari o 50 o un rene. Ne vale la pena, raga, fidatevi di me: in tutto lo Stivale si spaccano di salsa Alfredo, sennò mica mettevano quel nome lì! Ah sì, vero! Basta che il nome suoni italiano e sarà italiano, bisogna tenerlo a mente.

E me le hanno fatte assaggiare, vi dirò, oppure le linguine hanno assaggiato me, non ricordo, ed erano imbarazzanti ma mi hanno portato a riflettere sui limiti e il senso di esportare la cucina italiana all'estero, dal momento che tanti italiani poi frignano di non trovare lo stesso cibo che mangiavano in Italia (sei infatti in Canada, non in Italia) e fanno confronti improponibili su quello che NON trovano qui.

Tipo: è cibo italiano per i gusti canadesi o i canadesi, in un ristorante italiano, dovrebbero mangiare cibo italiano?

Cioè è meglio snaturare i piatti per accomodare il palato locale, creando assurdità e appiccicando comunque l'etichetta "Made in Italy", fatturando a iosa contando sull'ignoranza della gente, o sarebbe meglio educare le persone all'estero - canadesi in questo caso - al cibo italiano più simile al vero, o verosimile, offrendo loro dei piatti come li mangerebbero in Italia? Con tutti i limiti del caso: climatici, gestionali, culturali.

Nel primo caso, quello non è cibo italiano. E non è provincialismo, è chiamare le cose con il proprio nome.

Meglio la seconda, anche se è difficile. Bisogna fare soldi. Nessuno alzerà un sopracciglio con la maggior parte dei piatti italiani perché solo una minoranza ha mangiato in Italia e in quel caso ha provato poche cose. A tanti manca il metro di paragone, qualsiasi cosa associata all'Italia varrà il prezzo del menù e sarà bene, bravo, bis.

Aggiungi che per esportare davvero il cibo italiano bisognerebbe avere ristoranti per ogni regione vista la varietà immensa. Forse per ogni provincia. Diventa materialmente impossibile. Certo che uno sforzo…

A questo punto mi sono ripreso dalla trance temporanea. Era ora di pagare il conto.

Poi mi sono messo a piangere.



La carbonara italiana ha la panna?

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Niente panna, l'autentica salsa alla carbonara ha solo quattro ingredienti: guanciale (quando fuori dall'Italia può essere sostituito da pancetta non affumicata), uovo (la mia versione personale è con un uovo intero + un tuorlo a persona, ma ce ne sono diversi ' scuole'), pepe nero, pecorino (preferibilmente tipo romano). La salsa deve essere cremosa non per la crema di latte, ma perché l'uovo è solo in parte "cotto" quando viene mescolato alla pasta.

Spaghetti alla carbonara




Perché la mozzarella in carrozza si chiama cosi?

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Trattasi di una mozzarella fresca, sul sedile di una carrozza dell’Ottocento. Autore, Gino de Dominicis. Nell’allestimento di quest’opera, è previsto che gli addetti della mostra rinnovino la mozzarella ogni giorno, poiché la dicitura specifica:

Mozzarella in Carrozza di Gino De Dominicis (1968-1970):
1 mozzarella fresca, possibilmente non di bufala, e comunque ben asciugata
1 carrozza per cavalli, senza cavalli



Non è una burla, ma il processo inverso di una metafora.

Il piatto infatti ha questo nome perché la mozzarella viene adagiata su due fette di pane dorate predisposte in modo simile a una carrozza, come a fare da cocchio al formaggio. Oppure, in una visione ancora più fantasiosa, la mozzarella poggiata sul pane si fonde durante la frittura e, quando viene addentata, fila creando delle “briglie” che guidano le fette (ovvero la carrozza) su cui è adagiata.



Un’ipotesi più storica sostiene invece che nell’ Ottocento il latte, trasportato su carrozze (come gli altri viveri), a causa del movimento continuo durante il tragitto, si cagliasse, arrivando a destinazione come formaggio fresco. Da ciò deriverebbe il nome mozzarella in carrozza.

Un nome comunque molto poetico, per un piatto. De Dominicis dà corpo alla metafora, prendendola alla lettera. Al posto dell’impanatura, mette una carrozza vera e ci appoggia una mozzarella sul sedile all’interno, restituendo così al linguaggio tutta la sua potenza. L’opera d’arte e la magia consistono in questo.

Ma c’è un ulteriore aspetto: per De Dominicis la mozzarella rimane tale pur dimorando nel lussuoso contenitore. L'artista ironizza sugli epigoni di Marcel Duchamp che ancora oggi credono che il contenitore, galleria o museo, abbiano il potere di tramutare in opera d’arte qualunque oggetto lì esposto.


Vale la pena fare la fila da Michele a Napoli per mangiare la pizza ad un solo gusto?

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Certo che vale la pena !!! Ho avuto modo di dialogare con i gestori del locale, non troppo, perché li non ti puoi fermare a cincischiare, devi lasciare spazio agli altri che sono lì fuori ad aspettare!

Il mio amico nonché tassista di fiducia che conosco, non posso dire il nome per questione di privacy, ma è buffo, visto il suo lavoro. Ecco, lui mi raccontava che vanno a mangiare la pizza Da Michele altri pizzaioli di Napoli, per carpirne il "segreto" ''Uno di questi lo posso rivelare: al mattino, (molto presto) prima di preparare l'impasto si osserva il tempo, direttamente, anche l'umidità dell'aria farà si che si possa regolare acqua..farina ecc..



Quale pietanza risale inaspettatamente al periodo greco-romano?

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Il gazpacho è uno dei simboli culinari della Penisola iberica.



Gli ingredienti che occorrono per la sua preparazione prevedono i pomodori, peperoni, cetrioli, pane, cipolla, olio e sale.

Come può questo piatto essere di matrice greco-romana se il pomodoro fu importato nel vecchio continente solo nel XVI secolo?

Gli esperti di cucina iberica ritengono il gazpacho un discendente di un’antica bevanda ellenica, il kykeon, ricetta rinfrescante a base di acqua, vino, farina d’orzo e menta.

Furono gli Arabi a diffondere questa bevanda nel Mediterraneo e in particolare in Andalusia, dove rimasero dall’VIII secolo al 1492.

Altri studiosi ritengono che l’antenato del moderno gazpacho sia opera dei legionari romani che viaggiavano portandosi sempre pane, aglio e aceto per preparare il pasto mentre marciavano.

A volte non potevano accendere neppure il fuoco e per rendere masticabile il pane raffermo lo ammollavano in acqua fredda.

Solo alla fine del XVIII secolo fecero la loro comparsa i pomodori nella ricetta.


I ristoranti utilizzano un sistema comune per cucinare le uova su ordinazione? La bistecca a cottura media è uguale dappertutto. Le uova a cottura media, non tanto.

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Di solito si mangiano uova a colazione.

Ci sono uova da 3 minuti e da 7 minuti (morbide e dure).

Oppure c'è un macchinario dove gli ospiti possono cucinare le proprie uova.

A volte c'è una stazione per le uova dove un cuoco prepara le uova su ordinazione.

La maggior parte dei ristoranti migliori utilizza uova a 63 gradi centigradi nei propri piatti. A questa temperatura il bianco e il tuorlo saranno semi-morbidi e avranno la stessa consistenza.






Quando il cibo va a male, perché non si possono cuocere i batteri e mangiarlo?

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 Pensare di poterlo fare è ciò che ha ucciso Friedrich Ritter, uno dei primi coloni europei delle Galápagos. Aveva del pollo in vaso improprio che era andato a male. Pensava di poter "cuocere" il veleno e mangiarlo senza problemi. Ci provò. Sbagliò. Morì.



La cottura uccide i batteri del cibo avariato, ma potrebbe non eliminare alcune tossine batteriche resistenti al calore che si sono già accumulate nel cibo.


Perché il sugo della nonna è sempre così buono? Qual è il segreto della sua ricetta?

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Burro…Una montagna di burro!

Fedele a quanto si diceva una volta, che il burro fa bene.



Poi magari oltre al burro ci si aggiunge un po’ di olio di oliva e vai che la combinata è fatta!

Può anche esserci un motivo più semplice.

Io non sono capace di fare un sugo decente e quindi quello di mia nonna è il migliore che c’è!


Quanto guadagna al mese uno chef rinomato?

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Per calcolare lo stipendio di uno chef si fa riferimento al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. La retribuzione minima è sui 1.600-1.700 euro lordi con 14 mensilità e un orario di lavoro di 40 ore la settimana. La cifra può lievitare in base alle ore extra, all'esperienza maturata e alla richiesta di mercato in quel momento. Se si da un'occhiata ai principali portali di selezione e offerte di lavoro, lo stipendio può salire dai 2.000 euro circa lordi mensili ai 7.000 euro in quelle strutture della ristorazione commerciale di lusso come navi da crociera, catene alberghiere, dove l'inquadramento è al 6° livello. In realtà le cifre cambiano in base al portale di recruitment.

La retribuzione aumenta in modo esponenziale per gli chef che hanno una presenza televisiva e sono famosi come ad esempio Gordon Ramsay, Carlo Cracco e Antonino Cannavacciuolo. Il fatto che il ristorante abbia una o più stelle Michelin fa aumentare ancora di più la cifra. Spesso gli chef sono proprietari del ristorante stesso, il che comporta delle entrate mensili "stellari" da imprenditori di successo.


Il formaggio esiste nella cucina giapponese?

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Quando vivevo in Giappone, ho sentito una storia divertente da un uomo più anziano per cui stavo traducendo.

Mi disse che dopo che il Giappone fu sconfitto nella seconda guerra mondiale, gli americani lanciarono pacchi di assistenza con cibo e generi di prima necessità dagli aeroplani su tutto il Giappone.
Ha detto che la sua famiglia, almeno, non aveva mai sentito parlare di formaggio, quindi quando la lunga scatola di formaggio Velveeta è atterrata hanno pensato che fosse sapone, che si trovava appunto in lunghe scatole simili a quelle del formaggio velveeta.



(Un po' come quello in alto a sinistra)

Lo tagliarono in blocchi e provarono a lavarsi con esso, ma scoprirono che non faceva schiuma e aveva un cattivo odore e concordarono sul fatto che quella doveva essere la ragione per cui gli americani avevano un odore diverso dai giapponesi.
Alla fine scoprirono dai loro vicini che era commestibile e si trovarono ad essere molto confusi su come mangiarlo.
Il pane non era un alimento comune nel Giappone in tempo di guerra, quindi i panini al formaggio grigliato non erano un'alternativa.


Una persona del Medioevo potrebbe mangiare cibo moderno?

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Si. Ora, la maggior parte dei medievali lo troverebbe strano. Il cibo medievale veniva cucinato secondo una serie di principi precisi su come bilanciare i sapori. Ciascuno dei sapori di base era collegato a un umore, secondo le conoscenze mediche di allora, e la creazione di un equilibrio di sapori era considerata essenziale per un'ottima salute. Questo non si otteneva necessariamente con spezie e zucchero costosi: frutta, aceto, sale, erbe e altri ingredienti quotidiani e abbastanza economici. Ma la maggior parte dei piatti medievali (e soprattutto tardo medievali) aveva comunque un carattere complesso.



Una buona porzione di tagliatelle al ragù sarebbe stata probabilmente accettabile, ma molto probabilmente chiunque del Medioevo si sarebbe lamentato del fatto che la pasta fosse quasi cruda (la pasta medievale veniva bollita fino alla morte e servita molto, molto morbida) e che il ragù fosse un po' monodimensionale. La pasta all'epoca poteva essere servita con formaggio, burro, spezie e un po' di zucchero, cosa che per noi è molto strana.



Qual è il ristorante più originale del mondo?

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Sublimotion, a Ibiza.



È il ristorante creato dallo chef spagnolo Paco Roncero (due stelle Michelin) che immerge i suoi ospiti in una realtà virtuale per la bellezza di 1.650 euro a pasto.

Situato al Hard Rock Hotel, consta in una stanza ricoperta di schermi, con dodici coperti.

Gli avventori durante la cena vivono un’esperienza multisensoriale che si avvale di sofisticati sistemi di proiezione multimediale, a partire dalla tavola che in realtà è un enorme schermo digitale.



Grazie a occhiali per la realtà virtuale, immagini, proiezioni, musiche, luci e profumi orchestrati da un team di professionisti, si viene trasportati in un ambiente diverso per ogni portata.

A detta dei fortunati clienti, un’esperienza capace di influenzare la percezione dei sapori.


In Italia, qual è la differenza tra una trattoria, un ristorante e un bistrot?

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Ristorante indica un luogo più sofisticato dove si mangiano cibi di classe. Un ristorante investe in vini di qualità, ingredienti di alto livello, arredi più belli e sempre aggiornati, e di solito i piatti sono unici e creati e serviti con cura. Tende anche ad essere più costoso.


Trattoria indica un locale più economico che serve cibo casalingo in un ambiente solitamente caratteristico ma senza pretese. I vini sono più economici e spesso limitati (in alcuni casi si prende un vino rosso e uno bianco e basta), gli ingredienti sono locali e a volte non vengono serviti nemmeno i dolci.

Il bistrot è in Francia.


Qual è il miglior panino della tradizione culinaria italiana?

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In Calabria, soprattutto nelle zone montane intorno all'Altopiano della Sila, puoi trovare e provare questa delizia



Pane con salsiccia arrostita e "bomba" (mix di peperoncini macinati, puri o mescolati con funghi e melanzane). Se c'è abbastanza vuoto nello stomaco, si possono aggiungere caciocavallo filante e patate "mpacchiuse". Servito.


Qual è il piatto nazionale di pasta d'Italia?

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Direi che è pasta al pomodoro. Oppure la pasta al sugo come viene in Italia. È un piatto che i bambini adorano e gli adulti adorano. La soluzione perfetta per una giornata senza ispirazione. Un piatto da gustare solo tra le mura di casa. I ristoranti non lo servono e non puoi prepararlo per gli ospiti.



È solo uno spicchio d'aglio, olio e pomodoro. Niente bucce, niente semi. Con sopra i formaggi grattugiati.

Ciò che rende questo piatto così italiano è la semplicità, non avendo alcun bisogno di 'arricchire' il piatto.


Lo chef francese che ha restituito le tre Stelle Michelin

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"Forse sarò meno famoso, ma lo accetto".
Nel 1900, una compagnia francese pubblicò una guida ai ristoranti per spingere le persone a mettersi in viaggio, e ad usare di conseguenza i loro prodotti sempre di più.
Centodiciassette anni e milioni di pneumatici dopo, il sistema delle tre Stelle Michelin (una stella: "Un buon ristorante nella sua categoria"; due stelle: "Cucina eccellente, vale una deviazione"; tre stelle: "Cucina eccezionale, vale il viaggio") è diventato il metro che ufficialmente misura il successo di uno chef in tutto il mondo.
Le stelle, distribuite da ispettori anonimi, sono ambitissime, anche se il peso del sistema di valutazione della Guida Michelin è stato legato, anche se superficialmente, al suicidio di due chef.
E mentre le stelle Michelin perdono forse un po' di fascino per i giovani chef, non è cosa di tutti i giorni vederne uno da tre generazioni restituire le sue alla compagnia di pneumatici. Ma oggi è proprio quel giorno, perché Sebastien Bras - tre Stelle Michelin per Le Suquet, a Laguiol - lo ha fatto.
Stando all'Agenzia France Presse, Sébastien Bras ha dichiarato di voler lasciare la Rossa a partire dall'edizione 2018.
Dietro la decisione di abbandonare il ristretto e prestigioso club, lo stress di mantenere degli standard così elevati per tutto l'arco dell'anno.
"Ricevi l'ispezione due o tre volte all'anno, non sai mai quando", ha dichiarato lo chef. "Ogni piatto potrebbe essere soggetto ad ispezione. Questo significa che, ogni giorno, uno dei 500 piatti che lasciano la tua cucina potrebbe essere giudicato. Forse sarò meno famoso, ma lo accetto".
Ma Bras non sta gettando la spugna completamente: continuerà a cucinare, ma pensando meno alla critica, come ha riferito: "senza chiedermi se le mie creazioni piaceranno all'ispettore della Guida Michelin".
Bras non è certo il primo chef che decide di mettere le sue tre Stelle Michelin in una doggy bag per restituirle al legittimo proprietario. Nel 1999 Marco Pierre White, che a 33 anni è stato il più giovane chef a riceverne tre (sempre se non contiamo Massimiliano Alajmo che ne aveva 32), ha rinunciato alle stelle che aveva ossessivamente cercato, ottenuto e mantenuto.
"Sono stato giudicato da persone che ne sanno meno di me, quindi mi chiedo: ne vale davvero la pena? Ho attribuito agli ispettori della Michelin troppo rispetto, ho ingannato me stesso", Pierre White disse Pierre White all'epoca. "Avevo tre opzioni: potevo essere prigioniero del mio mondo e continuare a lavorare sei giorni a settimana, potevo vivere una bugia, far pagare prezzi altissimi e non essere neanche dietro i fornelli, o potevo dare indietro le mie stelle e passare del tempo con i miei figli e reinventarmi".
Sestien Bras non è il primo chef francese a fare una cosa del genere; Alain Senderens e Olivier Roellinger hanno innescato un vespaio quando hanno ridato indietro le stelle più di un decennio fa. Ma Bras è, secondo la Michelin, il primo francese che ha chiesto di essere tolto dalla Guida "senza un grande cambiamento dietro di posizionamento o modello di business".
Sebastien è il figlio del leggendario Michel Bras, che ha ricevuto tre Stelle Michelin per Le Suguet.
MUNCHIES USA qualche tempo fa aveva parlato con un contemplativo Sebastien Bras a proposito del suo nuovo ristorante nell'isola dell'Hokkaido, e già allora sembrava più interessato a latte, orto e alla sua famiglia che alle guide gastronomiche.
"Quando sei un bambino di campagna, ci sono cose che ti rimangono dentro e che riemergono naturalmente, con amore", ha dichiarato. "Il nostro cibo è la rappresentazione dei nostri desideri, delle nostre ispirazioni, del nostro raccolto e delle nostre scoperte al mercato".
E questo può essere difficile da ricordare, forse, quando le stelle penzolano sopra la tua testa.



Il ristorante più antico del mondo

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Il Guinness World Record ha riconosciuto il ristorante madrileno El Botín come il più antico del mondo ancora attivo.


La sua lunga storia inizia nel 1725 e la sua attività non è mai cessata.


Da quasi 300 anni sforna gli arrosti di maiale e agnello alla castigliana e queste pregiati carni vengono cotte e dorate nel forno a legna originario, sempre lo stesso, in funzione sin dalla nascita del ristorante!

I clienti illustri non sono mancati e addirittura ha avuto persino un celebre lavapiatti: il pittore Francisco Goya.


Il piatto di riso più buono che ho mai mangiato

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Il riso più delizioso: il soffice e profumato "Bamboo Biryani" a Penang, dove ha avuto origine un altro piatto di riso classico per la cultura della zona il "nasi kandar". Il "Bamboo Biryani" si trova anche a Kuala Lumpur e Klang.

Il biryani (riso) nei ristoranti malesi-indiani è normalmente precotto in grandi pentole. Ciò che rende il "bamboo biryani" il migliore è che vengono cotti singolarmente in tubi di bambù al momento dell'ordine. Quando è pronto per servire, il cameriere si inclina e svuota il contenuto bollente fumante su un piatto foderato di foglie di banana: che aroma fragrante appetitoso.



Il biryani di pollo della mia compagna è arrivato accompagnato da un uovo sodo, raita (yogurt) e salsa extra piccante a parte. Pollo tenero e molto ben speziato e il riso biryani era soffice e delicatamente profumato. Lei rimase meravigliata e mi disse : "E' il miglior Biryani che io abbia mai mangiato".


(Sopra: Tubi di bamboo pieni di riso e coperti da foglie di bananiero che impedisce al riso di diventare troppo bagnato)



Ho apprezzato molto il succulento montone speziato,cotto lentamente, che aveva un profumo e un sapore forte, perfettamente adatto al riso.

Aveva un sapore migliore non così secco con un aroma più saporita del biryani cucinato in modo convenzionale.


Quale ingrediente speciale "segreto" aggiungono i migliori chef al sugo per dargli qualcosa in più?

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I migliori ristoranti hanno di solito un cuoco che si dedica solo alla preparazione delle salse, il saucier.

Anche se non ci sono segreti o trucchi magici, le salse si basano per lo più sul brodo preparato in casa o sulle proprie riduzioni. Si prendono tutto il tempo necessario per cucinare correttamente le salse da zero. Questo è l'unico segreto.

Olio di gomito


Preparare il brodo di pesce:



Il brodo di manzo in arrivo


E la base per la perfetta salsa all'aragosta


Una riduzione di brodo di manzo, vino rosso e scalogno


Manzo


La base per una bearnaise, il re delle salse per bistecche



Il salmone in salsa di acetosa è un vero e proprio classico



 
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