Acciughe sotto sale

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Le acciughe sotto sale sono uno dei metodi di conservazione del pesce più antichi che ci siano. Si tratta di scegliere, pulire e salare il pesce, al fine di poterlo conservare a temperatura ambiente, in arbanelle di vetro, fino a due o tre anni.
Nella salatura delle acciughe, bisogna fare attenzione a diversi punti essenziali che sono: periodo in cui comprarle, freschezza del pesce, pulizia dalle interiora, salatura, dissalatura, presentazione e consumo e altri esperimenti.

Introduzione

Mettere le acciughe sotto sale è facile, ma arrivare al risultato finale corretto è più lungo e laborioso e bisogna fare esperienza. Se qualcosa va male, è perché, in qualche modo, c'è stato un contatto con l'acqua dolce o col ghiaccio che sciogliendosi produce acqua dolce.
Gli aneddoti d'epoca riportati, riguardano la zona della Liguria, per ricordare i costumi di quando non c'era il frigorifero e l'uso al risparmio della mentalità ligure ma anche in Sicilia e Campania, tramandano la tradizione di mettere le acciughe sotto sale.

Ingredienti

  • Per 1 persona all'anno:
  • Acciughe 10 chili, una cassetta.
  • Sale grosso circa 5 chili.

Attrezzatura

  • Arbanelle n.5, complete di peso e coperchio.
  • Coltello da cucina a punta da circa 12, 14 cm. di lama.
  • Contenitore di vetro di misura 16x10x5 cm. completo di coperchio.

Arbanelle

In un’arbanella ci stanno puliti, circa due chili di pesce, dipende dal diametro e dall'altezza dell'arbanella e dalle dimensioni del pesce.
Ci sono arbanelle non standard oppure arbanelle da negozio di tre misure:
  • grosse e alte, da 4 chili di pesce, 17x27 cm.
  • medie, da 2 chili di pesce, 17x14 cm.
  • piccole, da 1,5 chili di pesce, larghe 15 cm. e alte 11 cm.
  • non standard, casalinghe, contenenti 2 chili di pesce, strette 14 cm. e alte 16 cm.

Un negozio specializzato in vetreria di questo tipo si trova a Sampierdarena (Genova), BECCUTI in via Buranello 155r, angolo via Carzino ma nei negozietti tipici dei paesini liguri, insieme alle scope di saggina, ai seggiolini di vimini e magari pane, salame, frutta e verdura, si trovano anche le arbanelle. In Liguria spesso si trovano arbanelle anche al supermercato, per esempio a Chiavari.
Bisogna passare il dito leggermente sul bordo interno ed esterno, per verificare che non sia scheggiato, come solitamente è, le nostre nonne le cercavano apposta perché ne approfittavano per farsi fare uno sconto. Oggi è sconsigliabile per la suscettibilità dei negozianti che non vogliono più sentir parlare di sconti.
Se bisogna accontentarsi di una arbanella scheggiata, a casa poi, si provvederà a smerigliare la scheggiatura con una pietra da affilare, mettendo un velo d’olio fra pietra e vetro, durante la smerigliatura.
Bisogna comprare anche il vetro che fa da tappo e il coperchio di plastica ma non sono indispensabili, in quanto
  • il vetro che fa da tappo può essere ordinato da un vetraio, che in Liguria sa già tutto, sa le misure e spesso ne ha già pronti oppure sostituito da
  • una pietra rotonda a misura pescata al mare come si faceva un tempo o meglio
  • mattonelle ottagonali da pavimento di ardesia, di scarto, alte 3 cm., nelle discariche delle fabbriche di ardesia, che sono l’ideale.
Fabbrica di lavorazione dell’ardesia, si trovano nella Val Fontanabuona, a Cicagna, dove c'è due fabbriche e dove si trova l’ideale; a Pian dei Ratti, da Lavagna verso Carasco, vicino a Calvari, c’è un fabbricante di piastrelle d’ardesia, da tre generazioni con cava di proprietà “globalizzata”.
  • Anche i marmisti della zona di Staglieno a Genova, hanno qualcosa in ardesia. I pescivendoli usano cubi da chilo di marmo, fatti dal marmista ma il marmo diventa giallo e granuloso perché alla lunga si corrode e puzza.
  • una plastichetta rotonda 13 cm, con la scritta per uso alimentare ma che è meglio evitare di usare perché sta a contatto del sale quasi tutto l'anno e forse non è del tutto sicuro.
  • Per far da peso sono necessarie 4 mattonelle per ogni arbanella.
Un tempo il coperchio non esisteva e si rabboccava il liquido che evaporava con acqua salata. Oggi con l’arbarella danno anche un coperchio di plastica e che non fa evaporare ed evita i rabbocchi. Questa plastica, ad uso alimentare, non sta a contatto diretto con la salamoia e quindi si può usare con maggiore tranquillità.
Dunque con dieci chili di pesce, si calcola cinque arbanelle di quelle piccole.

Perché 5 arbanelle ?

Una serve di rabbocco e 12 mesi all'anno diviso 4 arbanelle fa un consumo di una arbanella ogni tre mesi. Sono 7,5 strati da 12 acciughe, per cui sono 2,5 strati al mese, sono 28 acciughe al mese, sono 7 acciughe alla settimana, che si mettono nella pizza d'inverno o si mangiano crude sott’olio d'estate, quando aumenta la richiesta corporea di sale.

Salatura delle acciughe

Periodo

Per mettere le acciughe sotto sale, la luna migliore è la Luna piena di luglio; perché alla Luna piena di luglio, tutte le acciughe raggiungono la loro massima grossezza però va bene anche la Luna piena di maggio e di giugno ma alla Luna di maggio, ci sono mischiati assieme i riproduttori grossi dell'anno precedente e il novellame più piccolo. Se si mettono giù le acciughe alla Luna piena di maggio, su dieci arbanelle, si hanno sette arbanelle di acciughe grosse e tre con acciughe di grossezza media, alla Luna di giugno le acciughe di grossezza media sono un po' più grosse ma alla Luna piena di luglio le acciughe sono tutte della grossezza massima. Le ave le mettevano giù a maggio ma nell’Italia del Sud le mettono giù a luglio.
Cosa c'entra la Luna ?
Effettivamente le acciughe si prendono anche senza Luna però con la Luna piena e il caldo, le acciughe vengono in superficie e se ne prende di più e più facilmente.
  • con la luna c'è più acciughe e il prezzo si abbassa.
  • Le acciughe vanno comprate in bassa stagione a maggio quando i ristoranti della Riviera sono vuoti e sul mercato c'è un eccesso di pesce invenduto, per cui i prezzi alla Luna piena di maggio sono i più bassi dell’anno. A giugno il prezzo delle acciughe aumenta e a luglio le acciughe sono abbastanza care, oltre perché sono le più grosse, anche perché sono maggiormente richieste e di avanzi ce ne sono pochi.
Tanto per dire delle cifre a Genova, nel 2002, alla Luna di maggio si pagavano 2,5 euro al chilo, comprando 16 chili, due cassette, di acciughe fresche dell'Adriatico, pescate la notte e vendute il pomeriggio successivo; talvolta vengono dalla Turchia, che in alta stagione sono belle grosse ma possono contenere l'Anchilostoma nelle interiora, che non è un problema perché non va nelle carni e se per caso ci schizzasse sopra, verrebbe disidratato e ucciso dalla salamoia. Il pericolo della anchilostomiasi sussiste solo per acciughe turche consumate crude, con olio e limone, solitamente in alta stagione, quando l'inquinamento è più marcato.
A giugno siamo già sui 6 euro al chilo e a luglio non si trovano a meno di 8 euro al chilo.
Le acciughe del mese di agosto non vanno bene per essere messe sotto sale, perché grosse non ce n'è più e sono tutte alici. Le alici messe sotto sale sono talmente piccole che nel processo di salatura si dissolvono e nel processo di dissalatura vanno a finire in niente, tutte sciolte nell'acqua. Malgrado ciò, si può incontrare dei commercianti improvvisati pescivendoli e che pretendono di vendere le alici a caro prezzo, da salare, sostenendo che sono le migliori.
I prezzi si abbassano di nuovo a novembre, quando i ristoranti richiudono, le acciughe sono tutte grosse e costano di nuovo sui 2 euro al chilo. Però, queste acciughe di novembre, non sono belle magrine, come a maggio dopo l'inverno e non hanno mangiato tutta la primavera perché hanno in mente la fregola. A novembre le acciughe sono belle grassottelle, per prepararsi al freddo dell'inverno. Quel grasso, non è che sia velenoso, anzi fa bene perché ricco di Omega 3 però, alle acciughe sotto sale di novembre, il grasso ci dà un sapore più pesante.
Questo grasso di pesce, da un punto di vista alimentare fa bene, perché contiene degli acidi grassi che si mettono in competizione, con i grassi animali, occupandone il posto e facendo abbassare il colesterolo però perde un pochino quel sapore puro di mare e acquista un pochettino più sapore di olio rancido.

Provenienza e qualità

Se si vuole le acciughe del Mar Ligure, freschissime come un tempo, si va a Camogli, alla Cooperativa dei pescatori, verso le cinque del pomeriggio, meglio prenotarle il giorno prima e non fare alcuna discussione sul prezzo, altrimenti le vendono nel giro di cinque minuti, il tempo di pesarle, ad altri clienti. Sono appena pescate, non toccano il ghiaccio, sono ancora vive quando i pescatori arrivano sulla spiaggia e le tolgono dalle reti ancora guizzanti, davanti a vostri occhi. Gli avi le chiamavano, acciughe "vive", commercialmente vengono classificate freschissime.
Altre provenienze rinomante sono le acciughe di Monterosso e quelle della Liguria di Levante in generale. Altrimenti, vengono dal Mar Tirreno, dalla Toscana e talvolta da Marsiglia o dalla Turchia. Le pescano il pomeriggio, la notte viaggiano e si trovano al mattino alle sette, al mercato del pesce di Genova e di altre città italiane. C'è la coda, bisogna svegliarsi prestissimo e spesso si torna a mani vuote. Qualità: pesce fresco.
Se non si vuol smanicare con una levataccia, ci si mette d'accordo col pescivendolo sotto casa, quando si vede che c'è abbondanza, gli si chiede quanto mette una cassetta il giorno dopo, se gliela si ordina. Dice un prezzo, che può essere fino al 50% del prezzo esposto al minuto e può essere conveniente.
Ciò che fa marcire il pesce di mare è l'acqua dolce, quindi nella cassetta del pesce che si acquista non ci deve essere assolutamente ghiaccio. Il pesce può essere conservato in frigo ed essere freddo ma guai se si acquista una cassetta di pesce con dentro ghiaccio tritato, questo pesce venuto a contatto con acqua dolce ghiacciata, marcisce irrimediabilmente, qualsiasi salatura si faccia.

Freschezza del pesce

Il pesce in vendita viene classificato in base alle caratteristiche organolettiche in:
  1. pesce freschissimo, si presenta pelle lucida, che riflette la luce, colorata, specialmente nella pancia si vedono i colori dell’arcobaleno; carni di consistenza gommosa, si lascia piegare con le mani senza rompersi e dopo un po’ di tempo riacquista la posizione originale; occhio limpido e trasparente, tale che guardando attraverso l’occhio si vede il fondo dell’occhio; branche rosse, ancora piene di sangue.
  2. pesce fresco, la pelle è opaca, non riflette più la luce, il colore è grigio acciaio uniforme; carni di consistenza lignea, se si piega si rompe; occhio opaco lattiginoso, non si vede più il fondo; branche esangui, biancastre o rosate.
  3. pesce marcio, la pelle è disidratata, screpolata; le carni sono di nuovo molli e si sfaldano prendendolo in mano; l’occhio è decisamente bianco; le branche decisamente bianche.
Attualmente (2000), si sono visti dei documentari in cui il pesce viene manipolato in betoniere contenenti acqua salata, antibiotici e altri prodotti antifungini. Queste manipolazioni sono illegali ma purtroppo incontrollabili e rendono il pesce così trattato simile al pesce fresco per un numero di giorni tale che se non fosse così trattato sarebbe decisamente marcio. In linea di massima gli animali questa roba non la mangiano e quindi se si hanno dubbi basta far assaggiare al gatto e vedere le sue reazioni. Il gatto è un buon assaggiatore di cibi in generale e le carni che rifiuta, fino a prova contraria, sono da evitare. Il gatto è vorace di pesce freschissimo e fresco, mangia di gusto anche pesce congelato di buona qualità, mangia pesce in scatola ma il gatto mangia molto ma molto meno pesce trattato con acqua e sale e rifiuta sia il pesce marcio che quello trattato con antibiotici.
Negli anni 1960, si andava a colpo sicuro all’ultima Luna di maggio alle cinque del mattino a Prà (Genova), appena tornavano i pescatori, dove molte persone lo preparavano sulla spiaggia e lo sciacquavano nell’acqua di mare, altri lo portavano a casa e lo preparavano in mattinata, senza sciacquarlo, che l’acqua dolce lo fa marcire. Qualità: freschissimo.
Dopo che hanno buttato in mare un chilometro di terra, per costruire il porto, le acciughe che migravano davanti a Prà, il primo anno, sono spiaggiate: hanno raccontato che le acciughe si buttavano sulla spiaggia come un'onda e le hanno prese con le mani. Negli anni successivi sono scomparse, a Prà non si sono più prese acciughe e le portavano da Genova con un camion frigo.
Chi ha mancanza di tempo, può comprarlo a cinque chili per volta, a 4 euro al chilo (1992), al mercato comunale Orientale di Genova, nel quale c'è abbondanza fino alla chiusura serale e al mercato comunale di Terralba, nel quale al pomeriggio si esauriscono le scorte o di Sampierdarena, nel quale a mezzogiorno non c'è più niente. Questo pesce comprato alla spicciolata, si mette giù in diversi giorni successivi, salando solo il pesce con le dimensioni più grosse e consumando subito il pesce più piccolo. Se costa di più, non se ne fa niente, perché diventa conveniente quello in scatola. Qualità: fresco.
Comunque, se si ha pazienza di andarci, azzeccare il giorno giusto, ossia andarci quasi tutte le mattine per una settimana, quando c'è la luna e il caldo, al Mercato del pesce di Genova, si può trovare una cassetta da 10 chili di acciughe, freschissime a 12, 15 euro. Bisogna stare attenti che se il prezzo è troppo basso vuole dire che danno una cassetta da 8 chili, a meno di 10 euro. Insomma bisogna chiedere se le cassette sono da otto o da dieci chili. Ricordarsi di andare al mercato con uno o due grossi catini di plastica alimentare o predisporre un sistema di sacchi di plastica, per non bagnare l'auto, altrimenti poi puzza per tutta la stagione. Qualità, fresco.
Il pescivendolo non tiene mai le acciughe in frigorifero, per venderle il giorno dopo, gli avanzi di acciughe il pescivendolo le sala nel pomeriggio stesso e poi vende le arbanelle a circa 30-35 euro l'arbarella di grossezza piccola, tenendo conto del costo dell'arbarella che rimane in casa, è un prezzo del tutto ragionevole e per bassi consumi forse concorrenziale. Queste arbanelle piene di pesce, in Liguria, si trovano un po’ dappertutto, da Agosto a Dicembre.

Pulizia del pesce

Ciò che fa marcire il pesce di mare è l'acqua dolce e le interiora che hanno un'alta carica batterica. Quindi assolutamente non bagnare con acqua dolce in nessuna fase della preparazione, le mani o il pesce o le arbanelle, assolutamente mai risciacquare il pesce con acqua dolce.
Tutto deve essere perfettamente asciutto, anche il lavandino dove si tolgono le teste e si appoggia il pesce, va asciugato preventivamente con uno straccio. Se ogni tanto si lavano le mani è meglio farlo nel bagno per non schizzare acqua dolce nei dintorni delle arbanelle. Poi le mani bisogna asciugarle perfettamente, con uno straccio adatto che si impuzzirà di pesce e alla fine va lavato subito. Gli schizzi di acqua dolce dentro un'arbanella provocano delle macchie di muffa, facendo imputridire localmente la preparazione.
La prima operazione è togliere eventuali squame dal pesce, le acciughe hanno poche squame e vanno tolte con le mani. Si prende un'acciuga e tenendola con una mano per la coda, si portano via le squame passando delicatamente le dita del'altra mano sul dorso e sulla pancia del pesce. Non togliere le squame implica che quando si salano, le squame si induriscono e si attaccano alla carne in modo irreversibile; di conseguenza quando si desalano la carne attaccata alle squame viene perduta, riducendo notevolmente la parte edule.
La seconda operazione è togliere la testa e le interiora. Si toglie la testa, spezzando il pesce con le mani a livello delle branchie e si tira. In questo modo, vengono via anche le interiora. Per essere sicuri che le interiora siano completamente pulite, si passa l'indice all'interno della pancia del pesce, aprendola e togliendo eventuali residui. Comunque se nella fretta rimane, l'ultimo filo di interiora del pesce attaccato, il sale poi lo sterilizza e non è quello che fa deteriorare il pesce o il sapore. Si pulisce così circa settanta ottanta pesci, cioè un vassoio, sono 2 chili con la testa e 1,4 chili senza testa e si riempie subito un’arbarella.
Le teste invece che strappate, possono essere tagliate con abilità.
Si prende un tagliere di legno e il coltello da cucina a punta.
Si appoggia la punta del coltello sul tagliere con la mano destra, con la sinistra si prende la coda di una acciuga e si appoggia il pesce sul tagliere. Si appoggia la punta del coltello sul tagliere, al di là della testa del pesce e si schiaccia lievemente, fino a tagliare la lisca, non di più e poi rimanendo con la destra fermi così, si tira la coda, strappando il corpo dalla testa che è trattenuta dal coltello. In questo modo le interiora rimangono attaccate alla testa e ci si ritrova con una acciuga bell'è pulita, nella mano sinistra che la lancia nel vassoio e si dà un colpo di coltello alla testa con le interiora che rotolano di fianco sul lavandino. Con un po' di esperienza, questa procedura forse è un po' più veloce, perché non prevede il ripasso nel ventre. Se si taglia la testa troppo in profondità, le interiora rimangono dentro, in questo caso è meglio non interrompere e sporcarsi le mani di sangue ma si destina il pesce in un piatto diverso, di pesce da ripassare con una ditata nel ventre. Oppure si può dare una coltellata di taglio al ventre, tagliando via le interiora, però in questo caso viene portata via un po' di carne. Dare una coltellata di punta nel ventre aprendolo completamente non risolve il problema di portare via le interiora che rimangono adese al dorso e inoltre è pericoloso, perché si perde il controllo della punta che può bucare le mani.
Un tempo (1950-1960) si salava il pesce sulla spiaggia, al mattino presto, dove arrivavano le barche dei pescatori, verso le ore cinque, sei. Le persone, dopo aver tolto le teste ad una cassetta intera di pesce, dato che a questo punto il pesce era un po' sporco di sangue, lavavano il pesce nell'acqua di mare, immergendo la cassetta di pesce a fior d'acqua e scrollandola un po'. A casa, se proprio si vuol lavare il pesce, bisognerebbe lavarlo con una salamoia di sale da cucina sciogliendo per ogni litro di acqua, a temperatura ambiente, 360 grammi di cloruro di sodio, oppure portarsi a casa una tanica da 20 litri di acqua di mare, pulita. Non lavare il pesce non comporta problemi, perché il sale disinfetta tutto e la salamoia stessa che si forma, lava il pesce.

Procedimento salatura

Ogni arbarella piccola porta circa un chilo e mezzo, due di pesce e necessita di un chilo di sale grosso.
Si cosparge il fondo di un arbarella con un pugnetto di sale grosso, due cucchiai da cucina e poi si dispongono i pesci, in una fila da 12-14 pesci disposti testa-coda, con due o quattro pesci ai lati per riempire lo spazio rotondo che avanza ai lati della fila.
Poi si butta il solito pugno di sale sullo strato di acciughe, non c'è bisogno di metterci un centimetro di sale, come c’è scritto sui libri, non succede nulla se la carne del pesce di due strati si toccano, l’importante è non lasciare grosse bolle.
Diciamo che ci deve essere abbastanza sale da riempire i buchi fra i pesci e un lieve eccesso sopra, tale da ricoprire appena i pesci sottostanti. Se rimangono dei punti senza sale, lì si possono formare delle bolle d'aria che è meglio evitare, perciò ogni strato che si fa, si scuote un po' l'arbarella per far sistemare meglio pesci e il sale ed eventualmente aggiungere sale dove manca.
In croce si fa un altro strato, ossia se si è fatta una fila dall'avanti verso di sè, lo strato successivo lo si fa da destra a sinistra. E lo strato successivo lo si fa di nuovo dall'avanti verso di sè.
Si va avanti così, per 5-6-7 strati finché non si riempie l'arbarella fino a 2 cm dal bordo.
Allora si riempie di due centimetri di sale fino all'orlo.
Si mette una pietra piatta, o una plastichetta o una piattina di vetro, addirittura se non si ha altro un piattino da caffè che sia abbastanza largo e piatto e sopra un peso di 1-2 chili, di forma cilindrica, che non si incastri. Può essere anche un bottiglione da un litro e mezzo due litri di vino, ben pulito sul fondo e senza etichetta, si trovano cilindri di pietra da carotaggio da due tre chili, ma si possono usare impilate le famose piastrelle di ardesia. Deve essere molto pesante e schiacciare il più possibile fino al massimo.
Quando il pesce è schiacciato, durante la prima settimana si possono fare dei rabbocchi di pesce, ossia togliere con un cucchiaio, i due centimetri di sale, conservandoli in un piatto e aggiungere altri due o tre strati, di pesce sia fresco o meglio usando il pesce di un arbarella di servizio che poi, facendo i rabbocchi di 4 arbanelle, rimane vuota. E poi si ricopre di nuovo col sale che si era tolto. Però è un lavoro in più ed è sempre un rimaneggiamento di per sé pericoloso.

Tempi di uso e conservazione

Il pesce così salato, schiacciandosi al massimo, perde i propri liquidi interni e diminuisce di volume. L’arbarella deve essere posta su di un piatto perché trabocca salamoia. La salamoia non va buttata via, perché serve per fare eventuali rabbocchi di liquido salato, che non deve mai mancare. L’arbarella deve essere lasciata col pesce così schiacciato, al buio e aperta all'aria, per circa due mesi. Il minimo è un mese e dopo un mese lo si può già mangiare ma in genere si lascia così due mesi. Si possono formare delle bolle che è meglio evitare e far uscire scuotendo l'arbarella con un movimento come quando si setaccia la farina. Se le bolle sono piccole non succede niente ma se sono lunghe come un pesce sono punti a rischio e bisogna andare a riempirle di sale.
Dopo due mesi, l'arbarella può essere chiusa per fare evaporare meno il liquido ma comunque il pesce deve rimanere sempre schiacciato, ricoperto di sale e di salamoia; ora basta anche una pietra del mare piatta e rotonda da mezzo chilo appoggiata sul vetro oppure la famosa piastrella ideale di ardesia che fa da tappo e da vetro. Soprattutto deve essere rabboccato se il liquido evapora, con una salamoia preparata al momento di acqua e sale, in soluzione satura. Mai e poi mai lasciare la superficie del pesce asciutta. Per saturare la salamoia, si fa sciogliere due cucchiai di sale grosso, a caldo in un bicchiere d'acqua, e si continua ad aggiungere sale finché l’ultima cucchiaiata rimane indisciolta sul fondo. Poi si lascia raffreddare e si aggiunge al bisogno. Per due mesi lo si deve curare che non si asciughi. Solo durante le estati molto calda succede di dover fare delle aggiunte di salamoia, di solito va tutto bene così, però lo si deve curare, perché se lo lascia in una zona ventilata, se il liquido evapora, dopo una settimana va tutto a male, marcisce. Comunque in qualsiasi momento rimanga senz'acqua, bisogna innanzitutto controllare che non ci siano muffe e che non si senta odore di putrido. Se si vede muffe, specialmente rosa o verdi, con un minimo odore non buono, anche se si toglie due o tre strati sopra e sotto sembra buono, è meglio non fidarsi ed è necessario buttare via tutto.

Dissalatura e consumo

Le acciughe sotto sale durano anche due o tre anni, però più il tempo passa e più il sale corrode la carne, per cui dopo un anno ponendo le acciughe in acqua corrente rimangono integre; desalando le acciughe dopo due anni, le parti più sottili della pancia si sfanno nell’acqua. Desalando dopo tre anni, dell’acciuga originale rimane sempre meno, perché l’acciuga si scioglie nell’acqua.
Aprendo il coperchio, viene su un'ondata dall'odore di mare. Si toglie il pesce dal sale, facendo attenzione di non bagnare assolutamente con acqua dolce il pesce restante, la salamoia, l'arbarella, il tappo o il coperchio. La dove cadono gocce d'acqua dolce, per esempio sulla piastra o sul peso, si crea una zona non salata che fa la muffa. Se la muffa rimane così confinata la si toglie mentre è piccola ma se dilaga, poi non da più fiducia. Per desalare il pesce lo si lascia in acqua corrente una o due ore, la dissalatura va a gusto e stagione, d’estate è meglio consumarlo più salato e d’inverno più insipido.
La salinità della carne conservata del pesce varia a seconda delle ore che lo si lascia a bagno, nell'acqua corrente. Se lo si lascia nell'acqua corrente 4 ore o più, alla fine si hanno delle carni assolutamente insipide e se non le si consuma subito, vanno a male. Se lo si bagna appena e lo si asciuga subito, lasciandogli tutto il suo sale, dura parecchi giorni sott'olio in frigo. In campagna, ci tolgono il sale più grosso sbattendolo, senza lavarlo e mettono il pesce sott'olio così com'è, consumandolo tutto l'anno abbastanza salato.
Lo si pulisce, si apre e si toglie la lisca. Per togliere la lisca più facilmente, farlo sotto il rubinetto lasciando scorrere sopra un filo di acqua dolce che facilita lo stacco della lisca dalla carne, specie se il pesce era molto fresco. Lo si lascia asciugare su un tagliere di legno o lo si asciuga in un panno o nella carta assorbente, tovagliolini di carta e simili. Lo si lascia nell'olio un paio d'ore, di solito nel frigo ma non è necessario mantenerlo freddo, nel suo contenitore di vetro. Si consuma servendolo dal suo contenitore di vetro in un piatto, su crostini di pane tostato, imburrato con burro o margarina.
Se lo si usa al volo sulla pizza, non c’è bisogno di asciugarlo e immergerlo nell’olio. Si può mettere nell'insalata con le uova sode.
Ghiotto è preparare un battuto d’aglio e capperi e mettendo un paio di acciughe intere su una fetta di peperone, con dentro un velo d’olio, che si cuoce al forno.
Con le acciughe desalate si preparano pure vari tipi di pasta d’acciuga da spalmare su crostini di pane. La pasta d’acciuga più comune è pura e semplice, battitura delle acciughe in un mortaio. Altrimenti si possono aggiungere a questa pasta d’acciughe di base, il rosso sodo di uova, con capperi e mollica acetosa di pane, che si dice abbia proprietà afrodisiache.
L'acciuga desalata si può friggere, come il baccalà desalato, invece che nella pastella, l'acciuga desalata va inserita in una frittella (frisceu in genovese o crispeddi in siciliano) che si fa lievitare. Fritta da sola è troppo piccola, risultano degli stecchini secchi come grissini.
Forse, si potrebbero mettere le acciughe desalate sotto limone e olio, come si fa con le alici fresche. Gli avi ci mettevano l'aglio.
Il gusto di salato giusto, dovrebbe essere quello dell'acciuga fresca, dargli il giusto salato va a proprio gusto.

Esperimenti

Dopo diversi anni che si mette il pesce sotto sale con successo e si ha esperienza di tutte le fasi e dei trucchi, si può incominciare a pensare, se si può fare di più:
  1. esperimento pesce esangue, (la prima volta, si consiglia di farlo su di una arbarella sola).
    I primi due chili di pesce che si pulisce, invece di metterli subito nell'arbarella, si mettono sul lavandino da parte e si lascia scolare completamente il sangue che viene buttato. Intanto si mette sotto sale le altre 4 arbanelle.
    Alla fine della mattinata, si mette sotto sale i pesci così dissanguati e trattati sempre allo stesso modo. Al momento del consumo si vedrà che le carni sono quasi bianche. Il sapore è più leggero e più fine.
  2. esperimento sale fino, (sconsigliabile).
    Usando il sale fino le acciughe vengono così salate ma così salate, che il salato non lo si toglie nemmeno in una giornata a bagno nell'acqua dolce corrente.
  3. esperimento con le sarde, (da provare).
    Invece che le acciughe mettere sotto sale le sarde. Costano niente, tipo 2 euro (2002), la cassetta da 10 chili.
    Le sarde non sono saporite come le acciughe e producono comunque un olio rancido. Forse come pesce bisognerebbe imbroccare la salacca. Le salacche vengono dalla Sardegna e le vendono per sarde, però sono più magre e filate, si vede che sono diverse, sono sardine un po' strane e sono meglio da salare, infatti si trovano anche al supermercato. Le sarde si possono preparare da regalare, piacciano; a volte in commercio si trovano le sarde sotto sale, fatte passare per acciughe ma solo gli intenditori se ne accorgono.
  4. esperimento cambio della salamoia (sconsigliabile).
    Meglio non sostituire la salamoia del pesce con una salamoia d'acqua e sale, come qualcuno fa. Va tutto bene ma perde tutto il suo gusto di mare.
  5. utilizzo della salamoia, dalla lavorazione avanzano circa 6 etti fra teste e interiora ogni chilo di pesce acquistato e ci si chiede se non siano utilizzabili. Così si scopre il garum, una antica salsa romana, fatta con interiora salate e fermentate al sole con aggiunta di pesce e piccoli pezzi di pesce. Farla in casa richiama nuguli di mosche e non si è mai sicuri se il liquamen sia commestibile oppure no, tanto che questa salsa è caduta in disuso. A Cetara, in Campania, usano una salamoia trattata, per condire pietanze.

Canederli di spinaci

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Ingredienti

(per 4 persone)
  • 60 gr di cipolle
  • 200 g di spinaci lessi (il doppio se freschi)
  • 2 C di burro
  • 2 uova
  • 50 ml di latte
  • 30 g di formaggio a dadini
  • 1 C di farina
  • 150 g di pane raffermo a dadini
  • noce moscata
  • 1 spicchio d'aglio
  • sale e pepe
  • burro e parmigiano per condire

Preparazione

  1. Tagliare fini cipolla e aglio e rosolarli nel burro
  2. tritare gli spinaci e unirli al soffritto e condirli con sale e pepe e noce moscata
  3. Frullare il tutto assieme alle uova
  4. Unire il pane al composto, il latte, il formaggio la frina il sale, il pepe e mescolare bene.
  5. Fare riposare il tutto 15 minuti. Nel frattempo portare ad ebollizione l'acqua
  6. Formare i canederli utilizzando mani umide e cuocerli quindi nell'acqua (15-20min)
  7. Disporli su un vassoio e cospargerli di burro e parmigiano

Insalata di gamberi in crema di avocado

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Insalata estiva accompagnata da spicchi di pompelmo e noci tostate.

Ingredienti

per 2 persone
  • 200 g insalata mista (incluse carote a julienne)
  • 14 gamberi grandi
  • 1 piccolo pugno di noci (non necessariamente intere)
  • 1/2 pompelmo
  • 4/5 cucchiai di crema di avocado
  • una grossa noce di burro
  • sale quanto basta

Preparazione

  1. Passare al mixer tutti gli ingredienti per la crema di avocado e lasciare riposare almeno 1 ora in frigorifero
  2. Sgusciare, pulire e salare i gamberi, mescolarli e lasciarli riposare qualche minuto in una ciotola
  3. Scaldare bene una padella col burro e aggiungere le noci e i gamberi. I gamberi andranno girati una volta sola dopo un paio di minuti, per rimanere croccanti. Lasciare raffreddare nella ciotola per qualche minuto, mantenendo le noci separate dai gamberi.
  4. Sbucciare il pompelmo e tagliarlo a dadini come per una macedonia.
  5. Mescolare in una insalatiera l'insalata, i gamberi e la crema di avocado.
  6. Guarnire con il pompelmo e le noci.

Consigli

Si possono sostituire i gamberi con del maiale a dadini.
Se non vi piace il pompelmo, sostituitelo con dell'arancia o qualche altro ingrediente dal sapore acido, ma non eliminatelo del tutto: la crema di avocado al palato risulta piuttosto grassa (pur essendo di fatto assolutamente dietetica, visti gli ingredienti), pertanto il sapore stancherebbe molto presto se non contrastato efficacemente.

note

  • per la Crema di avocado:
    * 1 avocado maturo
    * 1 cucchiaino di aceto balsamico
    * 1/2 bicchiere di latte
    * 1/2 cucchiaio di olio di oliva
    * 1/4 di spicchio di aglio
    * sale quanto basta

Frittelloni

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I frittelloni sono uno dei piatti gastronomici civitonici più famosi nell'Italia centrale.

Ingredienti

  • 3 uova
  • 3 cucchiai di olio
  • 3 bicchieri di acqua
  • 6 cucchiai di farina
  • un pizzico di sale
  • pecorino romano grattugiato
  • un pezzetto di lardo di maiale

Preparazione

  1. Sbattere le uova in una terrina, aggiungere il sale, l'olio e l'acqua; aggiungere gradualmente la farina sino ad ottenere un impasto liquido e cremoso.
  2. Lasciare riposare il composto per almeno 30 minuti.
  3. Procurarsi una padella antiaderente di circa 20 cm di diametro.
  4. Porre la padella sul fuoco ed ungerla con il lardo precedentemente infilzato con una forchetta.
  5. A padella ben calda versare con un mestolo l'impasto sino a formare un sottile strato, a questo punto attendere qualche secondo e girare il frittellone ottenuto per terminare la cottura.
  6. Ripetere l'operazione sino a terminare l'impasto.
  7. Prendere un frittellone alla volta, cospargerlo con un abbondante strato di pecorino e arrotolarlo delicatamente.
  8. Procedere sino al termine di tutti i frittelloni che andranno posizionati uno accanto all'altro a file sovrapposte.

Suggerimenti

Per gustare appieno i frittelloni si consiglia di accompagnarli con un buon bicchiere di vino rosso.


Triglie alla campagnola

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Ingredienti

per 2 persone
  • 2 triglie medie
  • 200 g di carciofi puliti
  • 30 g di olive nere del salento
  • 10 g di capperi (opzionale)
  • 2-3 patate medie
  • prezzemolo, aglio, olio e sale secondo i gusti

Preparazione

  1. Bollire i carciofi fino a quando non diventano morbidi e ridurre in crema con un frullatore dopo aver aggiunto due cucchiai di olio, sale e se lo si gradisce mezzo spicchio di aglio e qualche cappero.
  2. Pulire e sfilettare le triglie lasciando la pelle.
  3. Aggiungere alla crema di carciofi le olive intere
  4. Mettere in un contenitore da forno oliato i filetti di triglia in forma arrotolata (vedi figure 1 e 2) con all' interno il frullato ed in cima un'oliva.
  5. Cuocere in forno a 200 °C per mezz'ora dopo aver condito con olio.
  6. Bollire nel frattempo le patate.
  7. Servire in un piatto dopo aver spolverato di prezzemolo e pepe con accanto le patate bollite e una parte della crema.

Cucina irlandese

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La cucina irlandese (Cócaireacht na hÉireann) è l'espressione dell'arte culinaria sviluppata in Irlanda ed ha come ingrediente principale la carne.
La maggior parte dei piatti Irlandesi non contiene erbe aromatiche e spezie, ma solamente sale e pepe: normalmente le pietanze sono servite senza salse di contorno, proprio per esaltare il sapore degli ingredienti utilizzati. L'originaria cucina irlandese era basata sulla carne ed i prodotti caseari, con l'aggiunta del pesce nelle regioni costiere e delle verdure spontanee.
Le patate sono un ingrediente onnipresente nella cucina Irlandese. Introdotte nel paese alla fine del 1500, sono diventate nel corso degli anni l'alimento principale della popolazione dell'isola, addirittura più importanti dei latticini e dei prodotti caseari.
Ma verso il 1845 questa dipendenza dalla coltivazione delle patate si rivelò una catastrofe per gli Irlandesi. Si diffuse infatti un fungo che colpiva le patate rendendole inutilizzabili. Nel giro di soli due anni, i due terzi del raccolto andarono distrutti. Iniziarono così i tristi anni delle "Grande Carestia", che uccise più di un milione di persone e spinse più di due milioni di Irlandesi a lasciare il Paese per emigrare all'estero, soprattutto negli Stati Uniti.
Oggi i cardini della cucina irlandese sono patate e birra, con due robusti apporti proteici garantiti da agnello (montone) e salmone. Oltre a queste pietanze l'Irlanda trova un codice tradizionale nel suo pane. Ve ne sono diverse varietà, bianco o nero, e tra queste il più nutriente ed originale è il Soda Bread, la cui ricetta risalirebbe al 1840.

Piatti principali

In Irlanda il breakfast è fondamentale e assai ricco, a scapito di un lunch (il pranzo) che si può ridurre al classico sandwich; dopo l’high tea pomeridiano con pasticcini vari si passa al dinner (la cena), che consiste generalmente in un antipasto o in una zuppa, in un secondo di carne o di pesce e in un dessert o in un piatto di formaggi, il tutto innaffiato da buona birra.
La colazione, conosciuta come "Full Irish Breakfast" è una tradizione in tutta l'Irlanda. Ci sono molte varianti della ricetta base, ma fondamentalmente gli ingredienti di base sono: bacon Irlandese a fette (si chiama "rasher" ed è diverso dalla nostra pancetta) - salsicce Irlandesi (sausages) - uova - pane tostato - té, succo d'arancia. Gli ingredienti vengono cotti lentamente e a fuoco basso. A questi a volte si aggiungono anche pudding nero o bianco e pomodoro a fette appena passato in padella. Spesso la colazione Irlandese è accompagnata dal "brown bread" (pane nero) oppure dal "soda bread", Una precisazione è però d'obbligo: normalmente la Full Irish breakfast è la colazione della domenica o delle festività, in realtà molti irlandesi si limitano, nei giorni feriali, ad una tazza di tè o caffè accompagnata da pane tostato e marmellata o cereali.
Un antipasto di grande rispetto può essere costituito da una dozzina di ostriche di Galway da gustare con pane nero e un boccale di birra Guinness, seguite da scampi della baia di Dublino e cozze in salsa; oppure da una porzione di salmone affumicato tagliato a tocchetti, o da qualche fettina di prosciutto cotto al forno di Limerick, da salsicce di manzo affumicato, dalle aringhe, anguille, trote, il tutto accompagnato da burro salato, un prodotto molto rinomato fin dal XVII secolo.
Una zuppa tipica è la Lamb Soup (agnello e montone cucinati con verdure), servita con larghe fette di pane imburrato, a cui oggi alcuni chef uniscono anche il formaggio. Nella Cockle Soup si cuociono molluschi in brodo con sedano. Il Calcannon è uno sformato a base di patate lessate, schiacciate e successivamente amalgamate con burro e sale a cavoli o verza lessati. Il Bacon Broth consiste in una minestra di verdure con orzo e pancetta affumicata.
Chi gradisce la carne di manzo, in Irlanda, non ha che l’imbarazzo della scelta. Si può gustare sotto forma di Steak con un po' di burro prezzemolato e contorni vari, o apprezzarla sotto forma di Roastbeef cotto al forno stile english con patate e insalata. Il Beef in Guinness (Manzo alla Guinness) è un piatto con un piacevole retrogusto di malto, merito della più famosa ed apprezzata birra scura Irlandese che la rende tenera e gustosa. Da assaporare con una pinta di Guinness al pub. Buono anche il Cabbage and Bacon, con senape a soia. Importante è la cacciagione e in particolare il tacchino arrosto ripieno (Roast Turkey), che rappresenta il tipico piatto di Natale, di solito servito con il Glazed Ham, prosciutto glassato e con salsa di ribes rosso (Cranberry Sauce).
Tra i piatti principali compare l'Irish stew: stufato di montone cotto con cipolle, patate, prezzemolo e timo. È un altro piatto tradizionale Irlandese le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Anche di questo piatto esistono numerose ricette e anche in questo caso gli ingredienti base restano fondamentalmente gli stessi.
Con la carne del maiale si preparano i Cribins (gli zampetti bolliti, affettati, impanati e fritti), il Cullar and Cabbage (il rotolo di pancetta al forno), il Dublin Coddle (strati di bacon, salsicce, patate e cipolle stufate) e, infine, la testa del maiale bollita e cotta alla griglia (Pig’s Head).
L'Irlanda consuma anche molto pesce. Si può spaziare dai lucci, che prediligono le acque fredde del fiume Shannon, alle trote. Dallo stoccafisso semplicemente bollito ai tranci di salmone fresco; dalle sogliole di Dover, che in Irlanda si chiamano “Black”, ai filetti di San Pietro, alla pescatrice, sino all’onnipresente merluzzo fritto (cod). Un ruolo importante riveste il fish and chips divenuto un piatto tipico condiviso con la cucina britannica. L’Irlanda è anche grande produttrice di crostacei: scampi, astici e aragoste del Connemara.
L'Irlanda ha anche una grande tradizione di formaggi: il Cashel Blue leggermente piccante tipico della contea di Tipperary il cremoso Cooleney di latte crudo che assomiglia al Camembert l’Ardrahan con la sua crosta rustica e lavata e dall’aroma di fungo Millens piccante e odoroso che viene prodotto nella penisola di Beara nel West Cork; il Poulcoin, cioè un caprino semiduro dal sapore appena salato.
Per quanto riguarda i dessert: si può spaziare dalla torta di mele tradizionale ai dolci con salsa di whiskey o di frutti di bosco; dai cioccolatini al natalizio Plum Pudding confezionato con mollica di pane, zucchero, mandorle, uvette, polpa di mele cotte, uova. Gli Scones: sono degli ottimi dolcetti che spesso accompagnano il tè del pomeriggio. Esistono varie versioni di scones: con uvetta, con pezzetti di cioccolato, con frutta secca, con mirtilli o frutti di bosco. Sono ottimi anche nella versione salata, farciti con olive, pomori o formaggio.
Il Barm Brack o Barn Brac (in Irlandese Báirín Breac): è un dolce secco a impasto lievitato con uvetta e canditi che viene di solito servito con burro e accompagna il tè pomeridiano. È il tipico dolce irlandese della festa di Halloween. Secondo la tradizione, all'interno di ogni Barm Brac veniva nascosto un anello o un altro oggetto. Trovare l'anello era, ed è ancora oggi, segno di buon augurio e di matrimonio imminente. I Barm Brac in commercio al giorno d'oggi hanno ancora tutti al proprio interno un anello di metallo, per rispettare l'antica tradizione.

Alcolici

La birra riveste un ruolo importante nella cultura irlandese. Tra queste la più celebre è la Guinness, utilizzata anche come ingrediente per una torta di frutta: la guinness cake. Altre birre irlandesi sono la Kilkenny, la Beamish e la Murphy's. Tra i superalcolici, l'Irlanda vanta un'antica tradizione nella produzione di wiskey.

Ayam Buah Keluak

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Pollo e maiale con le noci di Bancoul. Tipica ricetta della Cucina Nonya.

Ingredienti

per 4 persone
  • 200 g di noci di Bancoul
  • 100 g di carne di maiale tritata.
  • 1 Kg. di pollo tagliato a quarti.
  • 1 L. di acqua
  • 2 cucchiai di olio.
  • 1 cucchiaio di polpa di tamarindo ammollata in una tazza di acqua.
  • 1 cucciaino da the di sale.

Pasta di spezie

  • 30 noci di Bancoul equivalente a 200 g di polpa schiacciata.
  • 100 g di carne di maiale tegliata a cubetti.
  • 1 Kg. di pollo tagliato a quarti.
  • 1/2 cucchiaio di pasta di gamberetti.
  • 2 cm. di galanga.
  • 4 steli di citronella.
  • 150 g di scalogni tritati.



Preparazione

  1. Mescolare assieme la polpa delle noci con la carne di maiale e 1/2 cucchiaino di sale. Riempire con il composto i gusci vuoti delle noci.
  2. Filtrare l' acqua di tamarindo da ogni elemento solido.
  3. Amalgamare assieme tutti gli ingrediente per la pasta di spezie, porli in una pentola con l' olio e cuocere fino a far sviluppare le fragranze. Aggiungere il pollo e far cuocere per 5 minuti. Aggiungere l' acqua, l' acqua di tamarindo, le noci e portare a bollore. Cuocere per 20 minuti.
  4. Togliere dal fuoco, far raffreddare e porre in frigorifero per qualche ora, meglio una notte.
  5. Riscaldare e servire con riso bianco al vapore.

Consigli

Sostituire le noci di Bancoul con noci di macadamia.

Makluba

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Il makluba è un piatto della cucina mediorientale a base di riso, agnello e verdure.
Il nome makluba, in arabo capovolto, deriva dalla fase finale della preparazione in cui il contenuto della pentola viene appunto rovesciato sul piatto.
Il makluba viene servito caldo ed è solitamente accompagnato da yogurt e insalata.



Batsoà

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I batsoà costituiscono un antico piatto povero della cucina piemontese (in particolar modo di quella canavesana) che hanno come principale ingrediente il piedino di maiale fritto.

Etimologia

Originariamente venivano chiamate, in lingua francese, bas de soie (pron.: bad'suà), cioè "calze di seta", più che un'allusione alla tenerezza del cibo in questione, un'allusione antifrastica e ironica alla somiglianza fra il piedino del maiale e le calze da seta femminili di un tempo.

Preparazione

Il piedino di maiale, precedentemente raschiato per privarlo delle setole e preferibilmente diviso in due per la lunghezza, va cotto lungamente in acqua e aceto fino ad ammorbidirne la cotenna e le cartilagini. Quindi viene passato nell'uovo frullato con sale e pepe, poi nella farina di mais e fritto in abbondante burro spumoso.
Deve risultare croccante e tenero al tempo stesso. Viene servito tradizionalmente con il bagnet verd. È uno dei piatti tradizionali serviti al Festival delle Sagre di Asti.




Turciniuna

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I turciniuna sono un tipico piatto ragusano, che viene preparato durante il periodo pasquale. La tradizione vuole che si debbano mangiare il Sabato Santo a pranzo. Anticamente si cosumavano, però il sabato sera, quando le campane annunziavano che era finita la quaresima e quindi ci si poteva "cammarare", cioè mangiare carne o grassi. Gli ingredienti principali sono le interiora dell'agnello (cuore, polmoni e fegato). La preparazione del piatto incomincia di giovedì quando viene macellato l'agnello. Poi gli intestini vengono puliti e si lasciano a macerare col prezzemolo, sale, cipolla, pepe e spezie. Con le interiora, avvolte nella coratella (calia) si fanno degli involtini con il cacio (rigorosamente ragusano) che in seguito di sabato vengono infornati nel fuoco a legna. Ormai è un piatto che si trova raramente sulle tavole e rischia di scomparire.

Tortelli pere e ricotta

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Per tortelli di pere e ricotta s'intende un tipo di pasta ripiena costituita da involucri di sfoglia all'uovo farciti di una crema di pere e formaggio.
La caratteristica di questo piatto è il gusto molto leggero del ripieno del tortello, che si abbina molto bene con qualsiasi condimento o salsa.

Ingredienti

Per 4 persone:

Ripieno

  • una pera "williams" ben matura
  • 150 g di ricotta di pecora
  • 100 g di pecorino salato grattugiato
  • sale e pepe q.b.

Sfoglia

  • farina di grano tenero
  • uova (calcolare un uovo a persona e 100 grammi di farina ogni uovo)

Preparazione

  1. Impastare a lungo farina e uova e tirare una sfoglia non eccessivamente sottile con il matterello o con la macchina per la pasta.
  2. Unire nel mixer le pere sbucciate e la ricotta e tritare il tutto insieme al pecorino, aggiungendo anche il sale ed una spolverata di pepe per dare un tocco di sapore in più.
  3. Creare dei quadrati di eguali dimensione di circa 5x5 cm di pasta sfoglia.
  4. Mettere una dose di ripieno al centro del quadrato di pasta sfoglia,chiudere a metà il quadrato e schiacciare molto bene la parte di pasta dove non vi è il ripieno,per non far aprire il tortello durante la cottura.
  5. Tagliare la pasta in eccesso con la rotella ondulata.

Cottura

  1. Preparare una pentola con abbondante acqua,salare e portare ad ebollizione.
  2. Calare i tortelli, pochi per volta,abbassando la fiamma del fornello in modo da non avere un bollore eccessivo.
  3. Cuocere per pochi minuti.
  4. Prelevare delicatamente i tortelli cotti con un mestolo forato e, dopo averli ben scolati, riporli in una zuppiera per condirli con la salsa che si preferisce.



Spaghetti cinesi alle verdure

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Ingredienti

Per 4 persone:
  • 300 g di spaghetti cinesi di riso o di soia
  • 1 porro
  • 1 peperone giallo
  • 2 carote grandi
  • 2 zucchine grandi
  • 150 g di pomodorini datterini
  • 100 ml di acqua(mezzo bicchiere)
  • sale,salsa di soia q.b.

Preparazione

Tagliare il peperone,le carote e le zucchine a cubetti,mentre i pomodori datterini van tagliati a metà.Mettere del porro tritato finemente in una pentola wok con un filo d’olio e lasciar soffriggere per qualche minuto.Quindi aggiungere il mezzo bicchiere d’acqua,le carote a cubetti,dopo qualche minuto le zucchine,e per ultimi i pomodori e il peperone.Far cuocere per una decina di minuti a fuoco moderato,aggiungendo ulteriore acqua in caso essa evapori troppo in fretta.
Per cuocere la pasta invece leggere prima le istruzioni riportare sul retro della confezione,poiché alcuni tipi di pasta van cotti in acqua bollente,altri no poiché si incollerebbero.Se va fatta cuocere in acqua bollente,scolarla un minuto e mezzo prima del dovuto per farla saltare col sugo.Aggiungere quindi la soia a piacimento secondo i propri gusti,e servire in tavola.

Consigli

  • Il peperone,secondo i propri gusti,può esser aggiunto verso la fine per mantenerlo croccante,o può esser aggiunto insieme alle carote per renderlo più morbido in bocca.
  • Per quanto riguarda la cottura delle verdure in generale,si posson tener al chiuso mettendo il coperchio alla wok,evitando di aggiungere continuamente dell’acqua in questo modo.
  • Si posson aggiungere ulteriori ingredienti alla ricetta,come dei germogli di soia,del pepe o del peperoncino,del pollo o dei gamberetti per renderla ancora più ricca e gustosa.



Cannelloni ripieni con soia

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Ingredienti

per 6 persone
Ripieno
  • 300g spezzatino di soia tritato ed idratato
  • 200ml brodo
  • 100g prosciutto cotto
  • 200g filetto di pollo lessato
  • 1 cipolla
  • 1 carota
  • 1 costola di sedano
  • 1 cucchiaino maizena
  • 1 uovo
  • 150g parmigiano grattugiato
  • olio q.b.
  • sale q.b.
  • 1 cucchiaino prezzemolo tritato
Salsa di pomodoro
  • 1 barattolo di pomodori pelati
  • olio di oliva q.b.
  • sale q.b.
Besciamella
  • 40g burro
  • 40g farina
  • 500ml latte
  • sale q.b.
Pasta
  • N° 18 sfoglie per lasagna
Ricopertura
Formaggio Emmenthal

Preparazione

  1. Ripieno
    1. In un tegame antiaderente soffriggere nell' olio le verdure pulite e tritate, aggiungere lo spezzatino di soia ed insaporirlo bene, aggiungere il brodo nel quale avete stemperato la maizena.
    2. Restringere il liquido del preparato protraendo la cottura. Far raffreddare il tutto.
    3. Tritare il pollo ed il prosciutto; in una boule mescolare la carne con la soia, l'uovo, 100g di parmigiano, il prezzemolo ed una presina di sale.
  2. Salsa
    1. Passare i pelati.
    2. Scaldare poco olio in un tegame antiaderente ed aggiungere cautamente il pomodoro, mescolare, salare leggermente e far addensare il preparato cuocendo il sugo.
  3. Besciamella
    1. Preparare la roux con burro e farina in una pentola antiaderente, sulla fiamma; aggiungere il latte tiepido a filo mescolando energicamente con una frusta, salare. Portare ad ebollizione girando in continuazione la frusta nel fluido, cuocere qualche minuto la salsa affinché addensi.
    2. Aromatizzare con pochissima noce moscata grattugiata.
  4. Preparazione dei cannelloni
    1. Aggiungere al ripieno due cucchiai di pomodoro e due cucchiai di besciamella, mescolare.
    2. Lessare le sfoglie in acqua bollente e salata, a cui é stato aggiunto poco olio.
    3. Deporre su di una tela di cotone le sfoglie raffreddate in acqua fredda e scolate, farcirle con il ripieno a base di soia ed avvolgerlo, formando i cannelloni.
    4. Preparare due teglie da forno, stendere su ognuna un leggero strato di sugo e metà dei cannelloni; su questi depositare nuovamente pomodoro, besciamella, parmigiano ed Emmental grattugiato quanto basta.
    5. Infornare per 20 minuti circa a 180°C.

Consigli

Far riposare qualche minuto la pietanza bollente ed impiattare.

 
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