Faldìa

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La faldìa è un piatto a base di carne di cavallo della cucina piacentina. Si tratta di una sottile cotoletta ricavata dal diaframma, una parte del ventre dell'animale. Il taglio in questione risulta apprezzato per l'assenza di grasso e la somiglianza con il filetto. Nella gastronomia piacentina non è infrequente l'impiego delle carni equine, sia cavallo che asino. Tuttavia, associata alla cucina povera, la ricetta era caduta in disuso nel corso del Novecento, finché negli ultimi decenni il piatto non è stato riproposto con successo da alcuni ristoranti di Piacenza e provincia.

Preparazione

La faldìa consiste in una sottile fetta di carne impanata e fritta in padella nel burro, evitando di farla indurire eccessivamente. Una volta terminata la cottura, viene servita su un letto di lattuga.

Origine del nome

Il nome faldìa è di origine spagnola e correlato con il sostantivo falda, cioè gonna. Faldìa era il termine utilizzato per definire, in epoca barocca, il sostegno posto sotto le gonne per tenerle rigide e allargarne il bordo in fondo. Probabilmente la sottigliezza del taglio di carne richiama un'immagine di leggerezza delle vesti.

Cotoletta alla bolognese

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La cotoletta alla bolognese è uno dei piatti tipici di Bologna, di origine molto antica e molto ricco, che consiste in una cotoletta di carne (di vitello o pollo), prima fritta in strutto.
Viene quindi brevemente immersa in brodo di carne, per insaporirla ed "inumidirla" quindi la si mette in una teglia, la si ricopre con una abbondante fetta di prosciutto e una generosa manciata di parmigiano reggiano. La si passa quindi al forno caldo fino a che il formaggio sovrastante si scioglie. Particolarmente ricca è la versione con il tartufo. Una volta uscita dal forno la si ricopre di tartufo (o meglio di "trifola", un tartufo bianco piccolo e molto profumato degli appennini circostanti Bologna). È usanza di alcuni mettere anche una punta di concentrato di pomodoro nella teglia da passare al forno. La ricetta è stata depositata dalla Accademia italiana della cucina presso la Camera di Commercio di Bologna il 14 ottobre 2004.

Garganelli

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I garganelli (in dialetto romagnolo: garganéi" oppure "macaró ruzlé") sono un formato di pasta all'uovo rigata tipica della Romagna. Vengono ottenuti arrotolando una piccola losanga di pasta sfoglia intorno ad un bastoncino che viene pressato su un pettine da tessitura oppure, in assenza, su un rigagnocchi.
L'aspetto è simile alle penne, se si esclude che nel punto di sovrapposizione dei due lembi di pasta il garganello ha una diversa consistenza. Sono altresì molto simili ai maccheroni al pettine prodotti in Emilia, i quali sono però più grandi rispetto al garganello romagnolo.

Storia

Esistono diverse leggende sulla nascita del garganello, che sarebbe stato inventato dai cuochi di Caterina Sforza, moglie di Girolamo Riario, signore di Imola e Forlì nella seconda metà del XV secolo.
Un'altra tradizione racconta che nel 1725 una razdora del cardinale Cornelio Bentivoglio d'Aragona stava preparando il pranzo per molti invitati, tra i cappelletti. Mentre stava tirando la pastasfoglia con il mattarello (s-ciadur), si accorse che qualche animale si era mangiato il preparato per ripieno dei cappelletti. Bando alla disperazione, le venne in mente un'idea: staccare un pettine dal telaio di casa e, con l'aiuto di una sottile canna (generalmente usata per accendere il fuoco), arrotolarci sopra i quadretti di pasta. I garganelli vennero poi cotti nel brodo di cappone, e serviti ai commensali, con grande successo, riscossero la generale approvazione dei commensali.

Tutela

I garganelli sono riconosciuti prodotto tipico della regione Emilia-Romagna.

Consumo

I condimenti più usati sono comunemente rappresentati dal prosciutto, dai piselli e da abbondante parmigiano reggiano, oppure un ragù all'emiliana arricchito con l'impasto della salsiccia.
Possono altresì essere preparati al forno, pasticciati, con il burro, con il sugo di tartufi e funghi e anche nel brodo di carne (in questo caso però devono essere ancora più piccoli).

Eventi

A Codrignano, piccola frazione del comune di Borgo Tossignano (BO), dal venerdì che precede la prima domenica di settembre al martedì successivo, si tiene la sagra del garganello, dal 1989.


Pasticcio di maccheroni alla ferrarese

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Il pasticcio di maccheroni alla ferrarese, chiamato più comunemente pasticcio di maccheroni (o pastiz in dialetto ferrarese), è un primo piatto tipico della città di Ferrara. Si presenta come un involucro di pasta frolla a forma di cupola ripieno di maccheroni, ragù, besciamella e tartufo, il tutto cotto al forno in un apposito contenitore di rame. La sua particolarità risiede nell'accostamento fra il dolce dato dalla pasta con il salato del ripieno. Data la sua complessità di esecuzione, viene ritenuto un piatto molto raffinato e necessita di una buona manualità nelle fasi di preparazione.

Origini

La storia del pasticcio ferrarese risale al Rinascimento dove, nelle corti ducali, vi era la consuetudine di preparare pietanze fatte con ingredienti diversi al fine di poterli conservare nel tempo, da qui la forma a cupola che serve appunto a "racchiudere" gli ingredienti. Una prima testimonianza del pasticcio arriva dall'antica ricetta del pastelle, appartenente al cuoco della corte estense Cristoforo di Messisbugo. Sebbene il termine "pasticcio" fosse assai diffuso in tutta Italia per indicare proprio questo tipo di pietanze, quello ferrarese subì invece delle modifiche derivanti dalle vicende politiche e culturali fra la corte degli Este e quella di Napoli: infatti, Eleonora d'Aragona, figlia di Ferdinando I di Napoli, sposa Ercole I d'Este nel 1473, dando quindi vita a scambi culturali fra le due signorie. Questo spiegherebbe l'inserimento nella ricetta del pasticcio dei maccheroni, che erano un tipo di pasta diffusa al sud e che ebbero i natali o nella cucina napoletana o in quella siciliana. La ricetta del pasticcio subì quindi varie modifiche sino ad arrivare al 1700, quando iniziarono a circolare le prime ricette documentate. Il pasticcio di maccheroni si presenta come un piatto dalla preparazione molto laboriosa e che coniuga l'accostamento fra dolce e salato, sebbene a Ferrara sia presente anche la variante con la sola pasta salata.

Ingredienti e preparazione

Il pasticcio di maccheroni necessita di una lunga lavorazione dovuta alle diverse tipologie di ingredienti che occorrono. Esso si compone di tre parti principali: l'involucro di pasta frolla, il contenuto (ovvero i maccheroni) e il condimento (cioè i funghi secchi). A questi ingredienti vanno aggiunti il ragù, la besciamella, il parmigiano e le scaglie di tartufo.
Secondo la tradizione, la cottura del pasticcio deve avvenire in un apposito contenitore di rame detto appunto piatto da pasticcio, il quale permetterebbe un'adeguata cottura del composto. Inoltre, in base alla famiglia che lo preparava, ogni pasticcio di maccheroni recava sulla pasta frolla una decorazione diversa data proprio dal contenitore di rame, modellato a piacimento.

Tortelli alla piacentina

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Si definiscono tortelli alla piacentina (turtéi in piacentino) un tipo di pasta ripiena tipico della provincia italiana di Piacenza. Tradizionalmente sono considerati un piatto di magro, cioè quelli privi di carne il cui consumo era concesso dalla Chiesa cattolica nei giorni di venerdì, durante la Quaresima o alla vigilia delle principali festività cristiane. Sebbene siano frequentemente confezionati con due caratteristiche "code" (turtéi cun la cua, turtéi cun il cui in piacentino), che conferiscono loro la distintiva "forma a caramella", sono anche preparati in forma rettangolare.

Ricetta

All'impasto, composto da farina, acqua, uova e sale, si aggiunge un ripieno costituito da ricotta, spinaci, Grana Padano, noce moscata, uova e sale.
Vengono generalmente conditi con il burro fuso, che può essere insaporito con qualche foglia di salvia, e formaggio grana. A differenza che in altre zone del Nord Italia, in cui i tortelli di "magro" vengono condititi solo con burro fuso, in provincia di Piacenza è abbastanza diffuso servire il piatto con un intingolo a base di funghi porcini (che può contenere anche la salsa di pomodoro, oppure essere "in bianco").

Origini

La tradizione delle paste ripiene dell'Italia settentrionale viene fatta risalire al Medioevo. La ricetta del territorio di Piacenza era nota a Giovanni Boccaccio, che definiva semplicemente piasentino la varietà locale del tortello. Secondo alcune ricerche, la caratteristica chiusura della pasta con due "code" alle estremità è menzionata a partire dal 1351, l'anno in cui il nobile piacentino Bernardo Anguissola ospitò Francesco Petrarca al castello di Vigolzone (PC). Fu il feudatario a chiedere al personale di cucina di modificare dei comuni ravioli in un qualcosa di più originale e visivamente gradevole per i canoni estetici del poeta laureato a Roma in Campidoglio. Con la stessa conformazione furono apprezzati e descritti anche da un altro poeta, Giosuè Carducci, ospitato al castello nel 1888 dal conte Cesare Anguissola.

Riconoscimenti

I tortelli alla piacentina sono iscritti nell'elenco dei Prodotti agroalimentari tradizionali stilato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e sono valorizzati con la Denominazione comunale d'origine a Vigolzone (PC).


Tortelli verdi

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I tortelli verdi o tortelli d'erbetta sono un piatto italiano tipico dell'Emilia ed in particolare dell'area Parmense e Reggiana.
Si tratta di una minestra asciutta di involtini di sfoglia all'uovo ripieni di un impasto composto da spinaci o bietole verdi anche in abbinamento con aromi, condimento, formaggio e ricotta.
Gli ingredienti di base del ripieno possono variare nella proporzione della composizione secondo le tradizioni locali e familiari.

Origini di questo piatto e similari

La ricetta reggiana dei tortelli verdi si inserisce nell'antica e nobile tradizione culinaria delle paste ripiene, risalente almeno al Basso Medioevo.
Scopo di tali preparazioni era riunire in un unico piatto gustoso, nutriente e fantasioso quel poco che la cucina contadina forniva.
La relativamente facile disponibilità delle verdure, che costituiscono la parte principale del ripieno, ne hanno fatto un piatto facilmente realizzabile da tutti gli strati della popolazione anche se è rimasto, per lungo tempo, un piatto dedicato ai giorni di festa.
I tortelli d'erbetta della provincia di Parma sono stati riconosciuti prodotto tipico dalla Regione Emilia-Romagna ed inseriti nell'apposito elenco dal Ministero per le Politiche Agricole.

Caratteristiche principali

La caratteristica più saliente di questo piatto è la presenza delle verdure nel ripieno che ne fanno un alimento abbastanza leggero e digeribile sebbene sia ricco di sapore e di gusto.
La presenza di tanta parte dei prodotti caseari quali: ricotta e formaggio (nel ripieno), burro e formaggio per il condimento finale, ne fanno un alimento tipico delle zone, qual è l'Emilia, dove questi alimenti sono prodotti tipici e di uso quotidiano.
Nel ripieno, in luogo degli spinaci e/o delle bietole, si possono utilizzare altre verdure o erbe: verza, catalogna, radicchio, borragine e, perfino, ortiche.
Nell'area parmigiana i tortelli sono riempiti con un impasto dove prevale la ricotta mentre la quantità delle erbette è molto ridotta. Lo stesso avviene in Romagna (cfr. Pellegrino Artusi - La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene).
Il ripieno viene avvolto in una sottile sfoglia di uova e farina formando dei piccoli rettangoli di dimensione massima come una carta di credito e minima come la sua metà.

Condimento

La classica preparazione reggiana "impone" che i tortelli siano conditi soffregando un pezzo di burro su ogni strato degli stessi cotti e posti nella zuppiera (o ne nel piatto se è una preparazione singola) cospargendo poi di formaggio Parmigiano-Reggiano stravecchio.
Volendo, si possono condire anche con burro fuso, tenendo presente che risulteranno meno delicati e si dovrà utilizzare una maggiore quantità di burro. Sempre il formaggio grattugiato, sopra.
Sconsigliabile l'utilizzo di burro nocciola. Ammissibile il burro aromatizzato con salvia.

La tradizione

Nelle famiglie reggiane è tradizione preparare i tortelli come primo piatto della cena della Vigilia di Natale, eventualmente tortelli verdi e tortelli di zucca abbinati. Si vuole così proporre un piatto ricco e gustoso rispettando il precetto di magro della Vigilia.
Nell'area del parmigiano la tradizione vuole che per non passare da conigli (ovvero per mangiatori d'erba, detto popolare), i tortelli siano riempiti con un impasto in cui prevale la ricotta mentre la quantità delle erbette è molto ridotta.
I tortelli d'erbetta parmigiani sono gustati tradizionalmente la sera del 23 giugno, vigilia di San Giovanni Battista.
Anche in Romagna il ripieno è povero di erbette. Ciò è dovuto alle motivazioni riportate anche da Pellegrino Artusi: "I Romagnoli, per ragione del clima che richiede un vitto di molta sostanza e un poco fors'anche per lunga consuetudine a cibi gravi, hanno generalmente gli ortaggi cotti in quella grazia che si avrebbe il fumo negli occhi, talché spesse volte ho udito nelle trattorie: - Cameriere, una porzione di lesso; ma bada, senza spinaci. - Oppure: - Di questi (indicando gli spinaci) ti puoi fare un impiastro sul sedere."

Tortel Dols di Colorno

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Il Tortél Dóls (dialetto parmigiano) è un piatto tipico della tradizione culinaria della bassa parmense ed in particolare del comprensorio di comuni tra Colorno, Mezzani, Sissa, Torrile e Trecasali.

Origini

La tradizione vuole che la nascita del Tortél Dóls risalga all'incirca all'epoca della Duchessa Maria Luigia d'Austria. Si narra infatti, che in occasione di particolari ricorrenze la Duchessa era solita offrire ai barcaioli di Sacca di Colorno (sabien) un primo piatto di tortelli dal ripieno agrodolce. Per questa sua particolarità fu chiamato così Tortél Dóls.

Usanza

Questo piatto è stato tramandato di famiglia in famiglia e oggi l'usanza vuole che venga preparato nel periodo invernale, specialmente in occasione della Vigilia di Natale, l'ultimo giorno dell'anno e la vigilia (cavdon) della festa di Sant'Antònni dal Gozén (16 gennaio).

Ingredienti

Il ripieno è formato da pan grattato, vino cotto (ricavato facendo bollire lentamente per 24 ore il mosto d'uva affinché di tre parti ne rimanga 1) e mostarda rigorosamente fatta in casa. In alcune varianti è possibile trovare anche marmellata di susine, aggiunta per rendere il ripieno un po' meno dolce. A questi ingredienti poi ogni "rezdóra" (la massaia-governante-cuoca che in passato amministrava con oculatezza e sapienza le risorse alimentari di casa) può aggiungerne anche altri personali. Il condimento è fatto in prevalenza con salsa di pomodoro e burro, anche se alcuni li condiscono in bianco" con burro fuso e Parmigiano Reggiano.

Mostarda

La mostarda deve essere rigorosamente preparata in casa ed è costituita da:
  • Pere nobili
  • Zucca da mostarda (cocomero bianco)
  • Mele cotogne
  • Limoni tagliati a fette
  • Zucchero
  • Senape da mostarda

Curiosità

Ogni secondo weekend di ottobre, la Piazza di Colorno vede protagonista il Gran Galà del Tortél Dóls, un evento culturale e gastronomico organizzato dalla Confraternita del Tortél Dóls e dedicato alla degustazione di questo tradizionale primo piatto. Durante la manifestazione, oltre ad assaporare i veri Tortéj Dóls, preparati secondo la ricetta originale della Confraternita, è possibile vedere tutte le fasi della preparazione del tortello direttamente dal vivo, dagli ingredienti della mostarda alla sfoglia. Momento topico dell'evento è la Gara delle Rezdore, disputa accesa tra le mani più esperte nella preparazione del piatto, provenienti dai comuni del comprensorio di produzione. Fanno da cornice alla giornata piacevoli intrattenimenti culturali, differenti ogni anno, che coinvolgono artisti di diverse discipline, chef, ma anche scuole e studenti.

 
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