Il Giappone, con la sua capacità di fondere tradizione e innovazione, ha dato vita a piatti che raccontano più di una semplice ricetta: narrano un’epoca, una trasformazione sociale, un incontro culturale. Il torikatsu è uno di questi esempi. Dietro la sua apparente semplicità – un petto di pollo impanato e fritto in olio caldo – si nasconde una storia che attraversa il Periodo Meiji, l’apertura del Paese al mondo occidentale e l’adattamento creativo di tecniche culinarie importate.
Oggi il torikatsu non è soltanto un secondo piatto diffuso nelle case giapponesi: è un ponte tra culture, un comfort food apprezzato dai bambini come dagli adulti, capace di viaggiare da Tokyo a Honolulu, fino a Londra e oltre. Un piatto tanto immediato quanto raffinato, che mostra come una semplice cotoletta possa assumere sfumature diverse a seconda del contesto e della sensibilità gastronomica di chi la prepara.
Il termine “katsu” deriva dall’abbreviazione di “katsuretsu”, adattamento giapponese della parola inglese “cutlet”. Il tonkatsu, preparato con carne di maiale, è considerato l’antenato diretto del torikatsu, nato probabilmente a fine Ottocento quando i giapponesi iniziarono a conoscere le preparazioni occidentali grazie all’influenza europea.
Il pollo, inizialmente meno diffuso del maiale nella dieta quotidiana, conquistò progressivamente spazio. Durante la prima metà del Novecento, con l’aumento della produzione avicola, il torikatsu si affermò come alternativa leggera e versatile. Rispetto al tonkatsu, più ricco e grasso, la versione con il pollo risultava più digeribile e quindi più adatta anche a chi desiderava un piatto sostanzioso ma equilibrato.
Alle Hawaii il torikatsu trovò un terreno fertile. La forte presenza di comunità giapponesi emigranti portò con sé la tradizione del katsu, che venne reinterpretata secondo i gusti locali. Qui, il pollo superò il maiale nelle preferenze, diventando protagonista di piatti ibridi, come il chicken katsu curry o il katsudon hawaiiano, dove il torikatsu sostituisce il tonkatsu in un piatto tradizionale con riso e uova. Non a caso, ancora oggi nelle isole, “katsu” indica quasi sempre la versione di pollo.
Anche nel Regno Unito, dove il pollo è da sempre una carne più consumata rispetto al maiale, il torikatsu ha avuto grande successo, fino a diventare parte integrante di catene di ristorazione che propongono il “katsu curry” come piatto di punta. Questo successo globale testimonia la capacità del torikatsu di adattarsi a culture differenti pur mantenendo la propria identità giapponese.
La forza del torikatsu sta nella sua semplicità. Il segreto non è solo nella scelta del pollo – che deve essere fresco, sodo e ben rifinito – ma soprattutto nel panko, il pangrattato giapponese. Diverso da quello occidentale, il panko viene prodotto da pane bianco senza crosta, essiccato e sbriciolato in fiocchi leggeri. È proprio questa consistenza che garantisce una croccantezza ineguagliabile, capace di rimanere asciutta anche dopo la frittura.
La preparazione inizia con un petto di pollo tagliato a fette uniformi, battute leggermente per garantire cottura omogenea. Alcuni scelgono di marinare la carne in una soluzione leggera di sake, salsa di soia e zenzero per conferire profondità di gusto; altri preferiscono semplicemente salare e pepare il pollo prima di impanarlo.
La sequenza è classica: farina, uovo sbattuto, panko. L’olio, rigorosamente di semi e portato a una temperatura costante intorno ai 170-175 °C, deve essere abbondante per permettere una frittura uniforme e dorata. Il risultato ideale è una cotoletta croccante fuori e succosa dentro, mai unta, con una panatura dorata e fragrante.
Il torikatsu si serve solitamente con salsa tonkatsu, densa e leggermente agrodolce, ottenuta da purea di frutta, ortaggi e spezie. A completare il piatto, cavolo cappuccio affettato finissimo, riso bianco e zuppa di miso: un pasto completo che rappresenta al meglio l’equilibrio della cucina giapponese.
Ricetta passo dopo passo
Ingredienti per 4 persone:
4 petti di pollo (circa 600 g)
100 g di farina bianca
2 uova medie
150 g di panko
Sale e pepe q.b.
Olio di semi per frittura (arachide o girasole)
Per accompagnare:
Salsa tonkatsu (reperibile nei negozi di alimentari asiatici)
½ cavolo cappuccio, affettato sottilissimo
300 g di riso giapponese a chicco corto
Zuppa di miso a piacere
Preparazione:
Preparare il pollo: eliminare eventuali nervature dai petti e tagliarli in fette spesse circa 1 cm. Batterle leggermente con un batticarne per uniformarne lo spessore.
Condire: salare e pepare i pezzi di pollo su entrambi i lati. Facoltativo: marinarli per 30 minuti in 2 cucchiai di salsa di soia, 1 cucchiaio di sake e un pizzico di zenzero grattugiato.
Impanatura: passare ogni fetta nella farina, scrollando l’eccesso. Immergerla poi nell’uovo sbattuto e infine nel panko, premendo leggermente per far aderire i fiocchi.
Frittura: scaldare l’olio in una padella profonda o wok. Portarlo a 170 °C e friggere i filetti pochi alla volta, senza sovrapporli, per circa 4-5 minuti per lato, fino a doratura uniforme.
Riposo: adagiare i torikatsu su carta assorbente per eliminare l’olio in eccesso.
Servizio: tagliare ogni cotoletta a strisce e disporla su un piatto con cavolo tritato, riso e un mestolo di zuppa di miso. Servire con salsa tonkatsu a parte o versata sopra.
La bellezza del torikatsu sta anche nella sua versatilità. Nelle case giapponesi viene spesso usato come ingrediente principale del katsudon, una ciotola di riso coperta da cotoletta, uovo e cipolla stufata in brodo dolce-salato. Nelle versioni moderne, soprattutto in Occidente, il torikatsu è spesso protagonista del katsu curry, servito con salsa di curry giapponese delicata e vellutata.
In contesti più creativi, viene utilizzato in panini, wrap o perfino in insalate estive, a dimostrazione di quanto questo piatto riesca a viaggiare senza perdere il proprio carattere.
Un piatto come il torikatsu, croccante e ricco di gusto, richiede abbinamenti capaci di bilanciare grassezza e intensità. Tradizionalmente, la birra giapponese leggera e luppolata – come Asahi o Sapporo – è una scelta ideale, in grado di rinfrescare il palato e alleggerire la frittura.
Chi preferisce il vino può optare per un bianco secco e minerale, come un Sauvignon Blanc o un Vermentino, che esaltano la croccantezza del panko senza coprire la delicatezza del pollo. In alternativa, un tè verde giapponese (sencha o genmaicha) rappresenta un abbinamento non alcolico raffinato e coerente con lo spirito della cucina nipponica.
Il torikatsu è più di un semplice pollo fritto: è una testimonianza vivente della capacità del Giappone di trasformare influenze straniere in creazioni uniche, senza mai rinunciare all’armonia che caratterizza la sua cucina. Prepararlo in casa significa non solo cucinare un piatto gustoso, ma anche portare a tavola un frammento di storia e cultura.
0 commenti:
Posta un commento