Rintrocilo al Sugo Trappitara: Tradizione Lucana nel Cuore del Grano

 

Il rintrocilo è una pasta antica, corposa, scolpita a mano, che nasce nei paesi dell’entroterra lucano, dove la cucina è ancora un atto di resistenza alla fretta e al tempo. Il sugo alla trappitara, che ne accompagna il gusto, affonda le sue radici nelle tradizioni rurali legate alla raccolta e alla molitura delle olive, quando i contadini si riunivano nei “trappeti” — gli antichi frantoi — per lavorare insieme e condividere il poco che c’era, condito con ciò che la terra offriva con generosità: aglio, peperoni, pomodori secchi, olio nuovo.

Oggi, questa combinazione vive e respira nel piatto che vi racconterò: rintrocilo saltato con sugo alla trappitara, arricchito da peperone dolce e piccante. È una celebrazione della cultura contadina lucana, un piatto che riunisce il gesto lento della pasta fatta a mano e il brio vivace del peperone crusco. Ogni forchettata è un tuffo nella materia viva del Sud, dove ogni sapore ha un’identità netta e un carattere irriducibile.

In Basilicata, la figura del “trappitaro” era centrale nella microeconomia agricola: si occupava della frangitura delle olive ma anche della preparazione del fuoco, dell’olio, dei pasti. Il sugo alla trappitara, detto anche “condimento del frantoiano”, era un pasto povero quanto nutriente, pensato per scaldare gli animi e saziare chi lavorava ore al freddo.

Il suo profilo aromatico è deciso: base d’aglio, abbondante olio extravergine, peperone secco dolce e piccante, qualche pomodoro secco, all’occorrenza acciughe sotto sale o una punta di lardo per dare rotondità. Nulla di sofisticato, tutto intensamente vero.

Il rintrocilo, invece, è un formato ruvido, preparato a mano con semola di grano duro e acqua, spesso ottenuto arrotolando la pasta attorno a un ferretto (simile al ferro per fusilli). La sua anima è ruvida e adatta a trattenere sughi rustici e decisi, come appunto quello della tradizione trappitara.

Gli ingredienti (per 4 persone)

Per la pasta fresca (rintrocilo):

  • 400 g di semola rimacinata di grano duro

  • 200 ml di acqua tiepida

  • Un pizzico di sale

Per il sugo alla trappitara:

  • 4 cucchiai abbondanti di olio extravergine d’oliva lucano

  • 2 spicchi d’aglio in camicia

  • 4 peperoni secchi dolci (cruschi)

  • 1 peperone secco piccante

  • 3 pomodori secchi sott’olio

  • 2 filetti di acciuga sotto sale (facoltativi)

  • 1 cucchiaio di conserva di pomodoro densa (conserva casalinga o triplo concentrato)

  • Sale q.b.

  • Prezzemolo tritato fresco (facoltativo)

Preparazione: gesti antichi, precisione moderna

1. La pasta: lavorare con le mani
Versa la semola su una spianatoia, forma una fontana al centro e aggiungi l’acqua tiepida poco per volta, impastando energicamente fino a ottenere un panetto liscio e omogeneo. Lascia riposare coperto per 30 minuti.

Trascorso il tempo, stacca dei pezzi di pasta e forma dei lunghi cilindri del diametro di circa mezzo centimetro. Con l’aiuto di un ferretto (o di uno spiedino in metallo), arrotola la pasta su se stessa per ottenere una sorta di fusillo lungo. Estrai delicatamente il ferretto e lascia asciugare i rintrocili su un vassoio spolverato di semola.

2. Il sugo: aromi e fuoco lento
In una padella capiente, scalda l’olio extravergine con l’aglio in camicia. Quando l’aglio comincia a dorarsi, aggiungi le acciughe e lasciale sciogliere lentamente. Aggiungi quindi i pomodori secchi tagliati a listarelle e il cucchiaio di conserva.

Nel frattempo, friggi rapidamente i peperoni cruschi e quelli piccanti in olio caldo, facendo attenzione a non bruciarli (bastano pochi secondi per lato): devono diventare croccanti, non amari. Scolali e tienili da parte su carta assorbente. Sbriciola grossolanamente metà dei peperoni dolci e piccanti e aggiungili al sugo. L’altra metà servirà per la decorazione finale.

Fai cuocere il condimento a fuoco dolce per 10-15 minuti, regolando di sale solo alla fine.

3. Cottura e mantecatura
Cuoci i rintrocili in abbondante acqua salata per circa 6-7 minuti (il tempo varia in base allo spessore). Scolali al dente direttamente nella padella con il sugo, aggiungendo un mestolino d’acqua di cottura. Manteca energicamente per legare il tutto, lasciando che la pasta si lucidi e assorba il condimento.

4. Impiattamento e finitura
Distribuisci nei piatti e completa con i peperoni croccanti rimasti, un filo d’olio a crudo e, se lo gradisci, una spolverata leggera di prezzemolo tritato. Servi immediatamente, mentre il contrasto tra la cremosità del sugo e la croccantezza dei cruschi è ancora vivo.

Il piatto esprime una personalità intensa, speziata e leggermente affumicata. L’abbinamento più naturale è un Aglianico del Vulture, vino rosso vulcanico e strutturato, con tannini levigati e sentori di prugna, cuoio e spezie. La sua mineralità e profondità si sposano magnificamente con il sapore deciso del peperone secco e dell’acciuga.

Per chi predilige una bevanda più leggera, una birra ambrata artigianale, non filtrata, con note di caramello e un finale erbaceo, riesce a rinfrescare il palato e a reggere il confronto con la sapidità del piatto.

Il rintrocilo con sugo alla trappitara, arricchito con peperone dolce e piccante, è un piatto che parla il dialetto della terra, della fatica e della festa. Non cede a compromessi né a mode fugaci: resta saldo nella sua identità contadina e nella sua capacità di raccontare una Basilicata profonda, ruvida e generosa. È una pasta che esige rispetto, nella preparazione e nella degustazione, perché ogni suo elemento — dalla semola alle acciughe, dal peperone crusco all’olio novello — porta con sé un pezzo di storia, di paesaggio, di umanità.

Non è un piatto da fare di fretta: è una preparazione che richiede tempo, attenzione e una certa predisposizione all’ascolto. Ma la ricompensa è straordinaria: un sapore pieno, persistente, che sa di casa, di grano e di sole, come ogni vero piatto della cucina del Sud.

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