"Chili Texano: Il Fuoco Lento del West nel Piatto"

Il chili in stile texano non è soltanto un piatto. È una dichiarazione, una memoria collettiva fatta di carne, spezie e lunghe cotture, che racconta l’epopea di mandriani, carovanieri e pionieri. Prima di diventare una celebrità culinaria delle fiere statali e delle cucine moderne, il chili era il conforto bollente di chi, a cavallo, attraversava sterminate distese polverose sotto il sole cocente del Texas.

Contrariamente alla narrazione più recente — spesso difesa con fervore quasi religioso da alcuni puristi — il chili delle origini conteneva i fagioli. Lo dico da amante della versione “da gara”, ma con rispetto per la verità storica. I fagioli erano un elemento fondamentale per un motivo molto semplice: duravano a lungo, erano facili da trasportare e fornivano proteine e fibre essenziali. Su un chuckwagon — il carro da cucina che seguiva i mandriani durante le lunghe transumanze — non si poteva chiedere di più.

La carne, spesso essiccata o di seconda scelta, veniva cotta a lungo per intenerirsi. Le spezie erano quelle disponibili: peperoncino secco, cumino, talvolta aglio o origano messicano. Ogni mestolata era il frutto di necessità e ingegno, non di scuola di cucina.

Nel corso del XX secolo, con la nascita dei concorsi di chili — in particolare quelli del Texas, come il celebre Terlingua International Chili Championship — il piatto si è trasformato. È diventato un banco di prova per appassionati e cuochi amatoriali, un esperimento di equilibrio tra intensità, dolcezza e acidità, senza concessioni agli ingredienti che potessero distrarre dalla carne e dalle spezie.

Il chili da competizione ha una sua grammatica precisa. Nessun fagiolo, nessun pomodoro intero, e guai a tritare la carne: deve essere a cubetti. Il taglio più usato è il controfiletto, ma anche il mandrino è apprezzato per la sua tenerezza dopo lunghe cotture. Le spezie si stratificano, dosate con precisione e spesso aggiunte in più fasi.

Il risultato è un piatto ricco, profondo, che racconta un’altra storia rispetto al chili del chuckwagon. Una storia fatta di passione, di studio, di sperimentazione. Ma anche, a ben vedere, di una certa nostalgia per quel passato da cui tutto è nato.

Quella che segue è la mia versione preferita, affinata nel tempo attraverso tentativi, errori e qualche medaglia vinta lungo il percorso. È una ricetta che richiede tempo, ma non troppa fatica: il segreto è la pazienza.

Ingredienti per 4-6 persone

  • 1,2 kg di controfiletto (o mandrino), tagliato a cubetti da 1,5 cm

  • 3 cucchiai di strutto (o olio di arachidi)

  • 3 peperoncini ancho secchi

  • 2 peperoncini guajillo secchi

  • 1 cucchiaino di cumino intero, tostato e macinato

  • 2 cucchiai di paprika dolce affumicata

  • 1 cucchiaino di origano messicano

  • 1 cipolla bianca tritata finemente

  • 2 spicchi d’aglio schiacciati

  • 1 cucchiaino di concentrato di pomodoro

  • 500 ml di brodo di manzo

  • 250 ml di birra ambrata

  • 1 cucchiaino di aceto di mele

  • 1 cucchiaino di zucchero di canna

  • 1 cubetto di cioccolato fondente al 70% (facoltativo)

  • Sale e pepe q.b.

Preparazione

1. Preparare la base di peperoncino

Tostate i peperoncini secchi su una padella calda per pochi secondi per lato, finché non rilasciano l’aroma. Rimuovete i semi e i gambi, poi metteteli in ammollo in acqua calda per 20 minuti. Frullateli con un mestolo dell’acqua d’ammollo fino a ottenere una pasta liscia.

2. Rosolare la carne

In un’ampia casseruola di ghisa, scaldate lo strutto e rosolate i cubetti di manzo in più turni, fino a doratura uniforme. Rimuoveteli e teneteli da parte.

3. Costruire i sapori

Nella stessa casseruola, soffriggete la cipolla fino a doratura, poi aggiungete l’aglio e il concentrato di pomodoro. Lasciate caramellare qualche minuto. Unite quindi la pasta di peperoncino, il cumino, la paprika e l’origano. Mescolate energicamente.

4. Sfuma e lascia sobbollire

Versate la birra per deglassare il fondo. Lasciate evaporare l’alcol, poi rimettete la carne nella pentola. Aggiungete il brodo, l’aceto, lo zucchero e, se lo desiderate, il cioccolato. Portate a ebollizione, poi abbassate la fiamma al minimo.

5. Cottura lenta

Coprite parzialmente e lasciate sobbollire per almeno 3 ore, mescolando di tanto in tanto. La carne deve diventare tenerissima e il liquido ridursi a una salsa densa e vellutata.

6. Assaggia e correggi

Assaggiate e aggiustate di sale, magari un pizzico di paprika in più se volete intensificare il sapore. Lasciate riposare 20 minuti prima di servire: il sapore si armonizzerà ulteriormente.

Il chili texano non ha bisogno di molto. Una ciotola calda, magari accompagnata da tortilla chips, pane di mais o una fetta di pane rustico. Qualcuno osa una cucchiaiata di panna acida o qualche anello di cipolla cruda per contrasto. Ma la verità è che, se fatto bene, basta lui.

C’è chi difende il chili senza fagioli con la stessa convinzione con cui si difenderebbe la propria terra. Altri lo preferiscono come veniva cucinato un tempo: semplice, robusto, con fagioli e carne insieme. Non esiste una verità assoluta. Esistono storie, gusti, abitudini.

Il chili texano, che sia quello del chuckwagon o delle competizioni, è un viaggio nel tempo e nello spazio. È memoria e creatività. E soprattutto, è un piatto che ci invita a rallentare, a lasciare che il calore faccia il suo corso, e che la semplicità riveli tutta la sua profondità.

E se un giorno qualcuno vi dirà che nel chili “vero” non vanno i fagioli, sorridete. Poi offritegliene una ciotola.


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