Taddi e fave (it.: talli
e fave) è un tipico piatto povero della cucina campana, in
particolare di quella del Cilento.
Si tratta di una minestra primaverile
di verdure, la cui base è costituita dai talli, ovvero dai getti e
dai germogli, in questo caso di scarola, che spuntano dal cespo
interrato dopo che la parte aerea e commestibile della pianta è
stata tagliata e destinata ad altri consumi. L'altro ingrediente
fondamentale che entra nella preparazione è costituito dalle fave
fresche sgusciate dal baccello. L'uso delle fave conferisce al piatto
la sua collocazione tardo-primaverile.
Preparazione
I talli, tagliati grossolanamente,
vengono fatto brevemente rosolare in olio d'oliva insieme alla
cipollina bianca; si aggiunge quindi dell'acqua (o un blando brodo
vegetale), si sala il tutto e si lascia continuare la cottura facendo
sobollire. Visto il più breve tempo di cottura, le fave fresche si
aggiungono nel corso dell'ebollizione, quando la cottura dei talli è
vicina al completamento: le fave dovranno essere preventivamente
private del picciolo coriaceo, ma non andranno estratte dalla loro
pellicola tenera.
La minestra si consuma calda o tiepida,
con eventuale aggiunta di un filo di olio d'oliva crudo. Si consuma
intingendo nel brodo il pane, eventualmente tostato o biscottato.
Si accompagna a un robusto vino rosso.
Varianti e adattamenti
Vista la non reperibilità commerciale
dei talli di scarola, questi possono essere sostituiti o surrogati
dai talli di cicoria (più amari) o di catalogna, le cosiddette
puntarelle, preferibilmente non sminuzzati come in alcune
preparazioni tipiche di quest'ultimo ingrediente. Le fave fresche
possono essere sostituite con quelle surgelate.
Varianti simili possono essere
rinvenute nella cucina regionale di altri contesti dell'Italia
meridionale.
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