Agnello sambucano

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L'agnello sambucano è un particolare tipo d'agnello, molto apprezzato per uso gastronomico, rientrante tra i Presidi di Slow Food e i prodotti agroalimentari tradizionali italiani allevato nella valle Stura, in Piemonte.

Notizie generali
La sambucana è comparsa sulle montagne dell'occitana valle Stura, in provincia di Cuneo, nel XVIII secolo e si è subito adattata ai pascoli d'alta quota. È una pecora di taglia medio-grande, con una groppa larga e muscolosa e arti fini, solidi, non molto lunghi. La testa è leggera, senza corna, priva di lana, il muso è leggermente montonino, le orecchie leggermente divaricate. La lana è bianco paglierina (solo rari esemplari hanno il vello nero e una piccola macchia a stella sul capo) e la coda, sottile e lanosa, arriva fino ai garretti.
La sambucana è preziosa per la lana, ma soprattutto per la carne. Gli agnelli sono macellati a un'età che va dai 45 ai 60 giorni (tra i 18 e i 25 chili di peso circa). La maggior produzione cade nel periodo natalizio, ma c'è anche, in valle, la tradizione di consumare l'agnello già a partire dalla fine di ottobre, quando le macellerie mettono in vendita l'agnellone (tardun) nato alla fine della primavera e alimentato con il latte materno e l'erba degli alpeggi.
Vent'anni fa questa razza è stata segnalata dalla Fao come "vulnerabile" e nel 1985, in valle, si contavano appena 80 capi.
Poi è iniziata la lenta rinascita. Sono nati il consorzio L'Escaroun (1988), e il centro di selezione degli arieti di Pietraporzio, gestito dal Consorzio. Infine si è ottenuto il riconoscimento del marchio "Agnello Sambucano garantito". Oggi in valle ci sono più di 5000 pecore e ogni anno nascono 10.000 agnelli. Crescono in piccoli allevamenti, d'estate al pascolo e nel resto dell'anno ricoverati in stalla e alimentati con fieno secco.
L'ultima domenica di ottobre, a Vinadio, la fiera dei Santi è l'occasione per esporre i migliori capi di pecora sambucana.

Dati gastronomici
La carne dell'agnello Sambucano è compatta, sapida, saporita, poco grassa e ricca di proteine.

Area di produzione
  • Alta valle Stura: comuni di Pietraporzio, Sambuco, Vinadio, Aisone.
  • Media e bassa valle Stura: comuni di Demonte, Moiola, Roccasparvera


Agnello di Zeri

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L'agnello zerasco (o agnello di Zeri) è un prodotto agroalimentare tradizionale toscano e un presidio Slow food. Prende il nome dal Comune di Zeri, dove si concentra l'allevamento e la produzione della pecora zerasca, diffusa soltanto in pochi altri centri della Lunigiana (in quantità comunque molto limitate).

La pecora zerasca
La zerasca è una razza ovina italiana distintasi nel tempo a causa dell'isolamento geografico delle valli zerasche. Le prime notizie documentate della sua presenza risalgono alla metà del XVIII secolo e l'ipotesi più accreditata circa la sua origine parla di incroci tra una popolazione autoctona, alcune razze del Settentrione (come la biellese e la bergamasca) e altri ceppi appenninici. Negli anni sessanta e settanta è stato fatto largo uso di incroci con la razza massese ma da anni gli allevatori cercano di mantenere le peculiarità degli ovini zeraschi. Viene allevata soprattutto per le carni, mentre la produzione casearia e lanifera, pur riscoperte negli ultimi anni, hanno ancora un'importanza molto secondaria.

Consistenza numerica
La popolazione contava 3110 capi al 31 dicembre 2004 scesi a 2050 al 31 dicembre 2006 . L'esiguità dei volumi produttivi rende l'agnello zerasco inadeguato alla commercializzazione di massa e ne fa una specialità esclusivamente locale.

Il consorzio di tutela
Un ente appositamente creato nel 2001, il Consorzio per la valorizzazione e la tutela della pecora e dell'agnello di Zeri, vigila sul rispetto del disciplinare di allevamento ed è impegnato nella promozione di tutta la economia culturale legata alla pecora autoctona. Tra i risultati va annoverata anche la riscoperta di un tessuto tipico della Lunigiana e dei costumi contadini, la mezzalana, una stoffa realizzata incrociando un ordito di canapa con una trama in lana.

Disciplinare
Secondo il disciplinare l'allevamento deve lasciare il bestiame allo stato semi-brado e l'alimentazione degli agnelli deve essere rigorosamente a base di latte materno e di erba e fieno locale.. I capi, capaci di adattarsi molto bene alle difficili condizioni climatiche dell'Appennino, restano quasi tutto l'anno nei pascoli, localizzati ad un'altezza tra 600 e 1200 metri, e solo durante la stagione invernale vengono tenuti nell'ovile e alimentati con il fieno prodotto dai pascoli stessi.

Uso in cucina
L'elevata qualità delle carni dell'agnello di Zeri è dovuta sia alle caratteristiche della razza, che produce tra l'altro un latte molto nutriente per l'alto contenuto proteico e lipidico, sia al rigoroso disciplinare che impone che i capi vivano e si alimentino in un ambiente poco antropizzato e relativamente incontaminato.

Può essere consumato fritto, in umido, alla brace o al forno, accompagnato dall'altrettanto tipica patata di Zeri. La ricetta tradizionale prevede però l'utilizzo dei testi, particolari pentole di ghisa dotate di coperchio che vengono messe a scaldare sulla brace e garantiscono un risultato a metà tra la cottura al forno e la cottura al vapore.

Agnello di Sardegna

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Agnello di Sardegna è una denominazione di carne ovine riservata esclusivamente agli agnelli nati, allevati e macellati in Sardegna.
Dal gennaio 2001, a livello europeo, la denominazione « Agnello di Sardegna » è stata riconosciuta indicazione geografica protetta (IGP) e suo disciplinare di produzione modificato nel 2010.

Storia
L'allevamento ovino e in particolare dell'agnello è un'attività tipicamente sarda risalente all'epoca della civiltà nuragica dell'Età del bronzo. Negli scavi archeologici effettuati nei nuraghi del centro Sardegna sono stati rinvenuti resti di ossa d'agnello ed utensili relativi alla caseificazione datati 3000 a.C. che testimoniano questa antica tradizione. Altri ritrovamenti attestano invece l'esistenza di riti religiosi sacrificali relativi all'agnello, come ad esempio la statuina rinvenuta a Serri di un orante che offre agli dei delle pelli di agnello. È importante considerare che nonostante l'abbondanza di pascoli e della pastorizia soprattutto ovina, nel ventesimo secolo la consumazione della carne (d'agnello ma anche di maiale e di pecora) era piuttosto secondaria, per lo più festiva, rispetto al pane.
Nel ventunesimo secolo il patrimonio ovino dell'isola ammonta a circa tre milioni di capi; circa il 70% degli allevatori, ovvero più di 3.000, sono soci del Consorzio per la tutela dell'IGP Agnello di Sardegna; ciò equivale designare l'agnello Sardo originario di questa determinata regione e ad assicurare una determinata qualità al consumatore. In dettaglio, la Disciplinare di Produzione IGP del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali "Agnello di Sardegna" garantisce che: L'Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.) Agnello di Sardegna è riservata esclusivamente agli agnelli nati, allevati e macellati in Sardegna che siano in regola con le norme dettate dal presente disciplinare di produzione e identificazione.

Caratteristiche
Di piccole dimensioni, l'agnello di Sardegna IGP si distingue per una carne morbida e bianca, per un odore intenso e l'estrema digeribilità e magrezza della carne. Suo sapore è deciso e selvatico, determinato dalle particolari condizioni degli allevamenti in cui l'agnello viene nutrito con latte materno e con alimenti naturali e in piena libertà.
Commercializzato fresco, può essere immesso sul mercato intero e/o porzionato secondo tre tipologie: da latte (5–7 kg), leggero (7–10 kg) e da taglio (10–13 kg).




Kufta

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Il kufta (anche kofta o kofte, dall'arabo كفتة) è una polpetta, di solito di carne d'agnello speziata, che viene principalmente servita nei Balcani, nel Medio Oriente, nel Nordafrica e nel subcontinente indiano.
Viene normalmente fritta, ma in paesi come Palestina e Giordania, il cufta indica la carne macinata cotta al forno. Quando viene cotta sulla carbonella viene invece chiamata cabab.

Varianti
In Grecia e a Cipro vengono fritte e accompagnate con tzatziki o yogurt. In Bulgaria sono preparate con carne di bovino, di suino o di vitello oppure con un mix delle tre. Vengono accompagnate con tarator o meze.
La ricetta romena prevede invece l'utilizzo di carne maiale tritata, purea di patata e spezie e poi la friggitura.


Youtiao

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Lo youtiao (in cinese 油條, pinyin yóutiáo) è un lungo pezzo di impasto fritto in olio consumato nella cucina cinese e, assumendo differenti denominazioni, in altre cucine dell'Asia orientale e del Sud-est asiatico. Tradizionalmente viene leggermente salato e assume un aspetto simile al pane. Viene consumato normalmente durante la colazione, accompagnato dal congee di riso o dal latte di soia.

Preparazione
L'impasto, costituito essenzialmente da farina multiuso, lievito chimico, acqua e sale, viene lasciato lievitare in frigorifero. Completata la lievitazione, l'impasto viene steso e tagliato in rettangoli dai quali si ricavano le strisce che vengono immerse in olio bollente. La cottura risulta ultimata quando viene raggiunta una doratura uniforme.

Varianti culinarie
Imbottendo lo shaobing, un caratteristico tipo di pane, con lo youtiao si ottiene una specie di sandwich (shaobing youtiao) che viene mangiato a colazione. Lo youtiao avvolto all'interno di involtini di noodles di riso viene invece chiamato zhaliangNello Yunnan viene comunemente avvolto in un particolare pancake di farina di riso tostata (shaoerkuai); un'altra comune associazione è quella con il riso glutinoso (cifantuan). Il tanggao (torta di zucchero) è una versione dolce e di dimensioni più ristrette.
Lo youtiao si può inoltre intingere in diversi tipi di zuppe.

La leggenda
Il nome cantonese yàuhjagwái significa letteralmente "diavolo fritto" e, secondo il folclore, è un atto di protesta contro il primo ministro della dinastia Song Qin Hui, ritenuto colpevole di avere orchestrato un complotto ai danni del generale Yue Fei, una icona di patriottismo nella cultura cinese. Si dice che questo alimento, originariamente sotto forma di due pezzi di impasto di forma umana che divennero in seguito due pezzi uniti nel centro, rappresenterebbe Qin Hui e sua moglie, entrambi collaboratori del nemico nel portare alla caduta del grande generale che in seguito alle accuse ricevute fu condannato a morte. Quindi lo youtiao fritto e successivamente mangiato simboleggerebbe la coppia di traditori. In accordo con la leggenda, gli youtiao sono spesso costituiti da due lunghi pezzi uniti al centro, con una parte che rappresenta il marito mentre l'altra rappresenta la moglie.

Diffusione
Lo youtiao e le sue varianti sono diffusi nell'Asia orientale e nel Sud-est asiatico.
In Indonesia l'impasto fritto viene chiamato cakwe e viene comunemente sminuzzato e consumato con il congee di pollo oppure come snack. In Laos il patongko (o dau chao quay) si mangia solitamente a colazione con il caffè, al posto della baguette. In Malaysia e a Singapore il nome trae origine dal termine min man iû-chiā-kóe, che in malese diventa cakoi. La versione malese trova uso in varie farciture, sia dolci sia salate; normalmente viene servita con il bak kut teh (zuppa di costole di maiale).
Anche in Birmania lo youtiao, dove è noto col nome e kya kway, viene comunemente consumato durante la colazione. Solitamente viene mangiato insieme ai fagioli gialli cotti a vapore, inoltre viene inzuppato anche nel caffè e nel tè. Nelle Filippine lo youtiao è chiamato bicho (pl. bicho-bicho), termine usato anche per indicare una specie di frittelle. Il thailandese pathongko identificava originariamente una torta di zucchero bianco, venduta dai venditori ambulanti insieme allo youtiao vero e proprio. In Thailandia il pathongko viene pure inzuppato nel latte condensato o, al sud, mangiato con la kaya (marmellata di cocco). Nella vicina Cambogia accompagna una caratteristica zuppa di noodles di riso con brodo di maiale e verdure (kuy teav). Nella cucina vietnamita vengono utilizzati nomi diversi, il più semplice dei quali è quẩy. Viene tipicamente consumato con il congee, il phở o altre zuppe di noodles.




Taco indiano

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Il taco indiano (o taco navajo, Indian taco in inglese) è un piatto molto comune nelle comunità nativo-americane degli Stati Uniti. Esso condivide col taco messicano l'idea di una base farinacea su cui si dispone il companatico, ma è completamente diverso in sapore e apparenza. Il taco indiano infatti è simile alla pizza fritta laziale o campana, probabilmente a causa dell'influenza spagnola su ambedue le culture.
Il taco indiano consiste di un disco di pasta da pane fritto in olio bollente (comunemente chiamato fry-bread) e coperto con chili, lattuga, pomodori a pezzetti, formaggio grattugiato e salsa piccante.
Il fry-bread può anche essere servito da solo o condito con miele e zucchero a velo (anche qui, simile alle pizzette fritte dolci servite in luoghi dell'Italia meridionale).
Bancarelle che vendono fry-bread e indian tacos sono una presenza inevitabile nelle feste e raduni dei nativi americani (powwow).


 
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