Il termine frittole di maiale
(in dialetto reggino frittuli, raramente al singolare
frittula) indica un piatto tipico della città di Reggio
Calabria e zone limitrofe. I frammenti di carne di piccole dimensioni
che si depositano sul fondo della pentola di bollitura vengono
comunemente detti curcuci. Le frittole di maiale sono tipiche
della città di Reggio Calabria. Al di fuori di essa (se non nel
diretto circondario) esistono preparazioni simili, prodotte con
tecniche largamente differenti, che assumono nomi come risimoglie,
scarafuagli o sprinzuli.
Preparazione
Le frittole si ottengono riscaldando il
grasso macinato del maiale (grossolanamente privato di carne e altre
impurità), in un pentolone di rame stagnato, detto caddàra
(quadàra o cardara in altri paesi vicino al
capoluogo). Durante la laboriosa fase di preparazione la pentola
viene letteralmente foderata di grasso macinato. In tal modo esso si
scioglie con aggiunta di poca acqua leggermente salata. Quando il
grasso è parzialmente sciolto si dispongono, con particolari
accorgimenti in relazione alle dimensioni ed al tipo di carne, le
costine e le parti meno nobili del maiale (collo, guancia, lingua,
muso, orecchie, gamboni, pancia, rognoni, cotenna e tutte quelle
parti che non possono essere consumate in altro modo) e si lasciano
bollire a fuoco lentissimo nel grasso per almeno sei ore, aggiungendo
solo sale e rimescolando frequentemente. Con questo procedimento la
carne si impregna del sapore del grasso e diventa molto tenera,
rendendo edibili anche le parti cartilaginee.
Tradizionalmente la caddàra
veniva allestita fuori dalle abitazioni contadine quando si macellava
il maiale, evento che si verificava una volta all'anno viste le
condizioni economiche della zona. Oggi la si vede sobbollire accanto
alle macellerie reggine, che il sabato preparano la cottura per
servire già a metà mattino la pietanza, accompagnata a pane e
cosparsa di pepe nero. La caddàra va consumata
necessariamente calda, meglio se appena levata dalla pentola. Ciò
che resta viene poi venduto per il pranzo del sabato.
Come accennato sopra, una volta
esaurite le parti di maggiori dimensioni, tutto quello che rimane sul
fondo del pentolone, come piccoli pezzi di carne, cotenna e sugna, si
solidifica e prende il nome di curcùci (Reggio) o salimorati
(zone limitrofe) o risimoglie (catanzarese). Il prodotto è
molto simile ai ciccioli napoletani. Grazie alla conservazione
sotto lo strato di sugna, le curcùci possono essere
successivamente consumate in diversi modi. Alcune preparazioni
tipiche sono la a pulenta chi brocculi e curcuci (che si
consuma durante l'inverno) e la pitta ca ricotta, l'ovu e curcuci,
una sorta di pizza chiusa in crosta che costituisce anche il piatto
tipico della scampagnata del Lunedì dell'Angelo.
Tradizioni
L'uccisione del maiale, in Calabria,
era un vero e proprio avvenimento collettivo, di tipo liberatorio e
allo stesso tempo propiziatorio, durante il quale il pericolo delle
forze della natura veniva imprigionato in un rito simbolico e
culturale. In passato, infatti, il maiale calabrese era detto il
nero, appellativo che sta a rappresentare non solo il colore, ma,
al pari del cinghiale, anche lo stato selvaggio nei boschi. Il tipico
detto popolare ru pòrcu non si jètta nènti ("del
maiale non si butta via nulla") sta a indicare che durante tutta
la fase dell'uccisione e della macellazione si trae qualcosa di utile
da ogni parte dell'animale.
Le frittole a Reggio Calabria
vengono consumate tradizionalmente in occasione della Festa della
Madonna della Consolazione, patrona della città e più in generale
durante alcuni periodi di festività (Natale, e soprattutto nel
periodo di Carnevale, particolarmente nel giorno di Giovedì Grasso).
In questi periodi, lungo le strade del centro cittadino è possibile
sentirne il profumo che contribuisce a creare il pittoresco e
caratteristico ambiente festivo popolare. Tradizione vuole che il
maiale si macelli solo nel periodo compreso fra la festa della
Patrona e il martedì grasso. Naturalmente in epoca recente, per
motivi commerciali, questa usanza è disattesa, ma dopo Carnevale
(specie nel periodo della Quaresima e ancor di più nei mesi caldi) è
difficile che vengano prodotte frittole.
Il giorno della macellazione del
maiale, risorsa di lusso per molte famiglie, ancora oggi nei paesi di
montagna sopravvive un'antica usanza di fare la serenata,
festeggiando con amici e parenti l'assaggio delle rinomate
"frittuli". Si lasciando le parti più nobili per la
conservazione nei vasi con la sugna. In queste occasioni anticamente
il padrone di casa faceva assaggiare diversi pezzi di carne agli
ospiti ed ogni pezzo aveva un significato differente, ad esempio la
coda del maiale si dava alle donne incinte per propiziare la nascita
di un figlio maschio.
Ancora oggi è molto diffuso un antico proverbio calabrese sul
maiale: "Cu si marita è cuntentu nu jornu, cu ammazza u porceju
è cuntentu n'annu" (Chi si sposa è contento un solo giorno,
chi ammazza il maiale è contento un anno intero)