La ciambella sorana, detta
ciammèlla è un prodotto a base di farina di grano tenero
tipico della città di Sora.
Nasce da un'antica ricetta tramandata a
voce che racconta la semplicità degli ingredienti usati, la lunga
lavorazione e la necessità di avere sì un prodotto economico ma che
si conservasse sufficientemente a lungo.
Si presenta come una ciambella lucida e
dorata, croccante all'esterno e morbida internamente, ottima come
semplice snack oppure accompagnata a salumi, formaggi, acciughe sotto
sale o peperoni.
La ciambella sorana si prepara con
farina di grano tenero, lievito di birra, sale, acqua, semi di anice
e uova (non sempre).
L'impasto viene fatto lievitare per
poco tempo. Quindi si formano le ciambelle intrecciando la pasta, si
scottano in acqua bollente e si infornano per farle diventare
croccanti.
Nel mese di maggio 2011 la ciambella
sorana ha ottenuto dalla Giunta Comunale il DE.CO (denominazione
comunale d'origine).
La ricetta
tradizionale
Tradizionalmente la preparazione della
ciambella sorana iniziava alle otto di mattina del giorno precedente
la vendita.
Si impastava insieme, a lungo ed in
modo accurato, la farina con il lievito naturale ed un'adeguata
quantità d'acqua. Poi si lasciava “riposare” per circa tre ore.
A questo punto la pasta veniva
rimpastata aggiungendo altra acqua, sale, un pizzico di bicarbonato
di sodio ed un po' di lievito di birra.
La pasta si lasciava lievitare ancora
per tre ore, poi si passava alla formatura. Si prelevava la giusta
quantità di pasta variabile a seconda della pezzatura che si voleva
ottenere e si stendeva, in forma di lunghi cilindri, sopra le
tradizionali lastre di marmo che una volta costituivano il ripiano
dei “tavoli da cucina”.
Si aggiungevano in modo uniforme, e nel
giusto dosaggio, i semi di anice, si comprimeva la pasta per sagomare
i tradizionali solchi laterali e poi si arrotolavano, saldando le due
estremità, per formare le ciambelle.
Queste erano immerse in grosse caldaie
di acqua molto calda, ma non bollente, e subito andavano a fondo
tornando a galla dopo circa cinque minuti. Allora si raccoglievano
infilando nel foro centrale un lungo cucchiaio di legno di faggio
adagiandole su una “scifa” cioè un vassoio rettangolare
anch'esso di faggio.
Le ciambelle, scolate ed asciugate,
dopo circa mezz'ora si impilavano 8 o 10 la volta sopra un'altra
“scifa” lasciandole a riposo fino alle due o le tre di notte,
quando arrivava il momento di cuocerle di nuovo, ma questa volta in
forno a temperatura media e per circa mezz'ora.
Le ciambelle erano così pronte per il
consumo e venivano conservate e trasportate all'interno di grossi
canestri adeguatamente coperte per mantenerle tiepide.
Le ciambelle venivano confezionate in
tre grandezze differenti in base al peso della pasta impiegata: da un
etto, due etti e quattro etti circa.