Bratwurst

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La bratwurst è una salsiccia tipica della cucina tedesca, composta generalmente da carne di vitello, maiale o manzo. Viene generalmente cotto alla griglia o in padella, e a volte cucinato in brodo o nella birra.
Il nome deriva dall'alto-tedesco antico Brätwurst, da brät-, che è carne finemente spezzettata, e Wurst, ovvero salsiccia. La prima testimonianza del Bratwurst in Germania risale al 1404, e si può trovare nella città di Norimberga che è ancora un rinomato centro di produzione di salsicce.

Carcerato

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Il carcerato è un piatto della cucina tradizionale pistoiese.
Si tratta di una pappa ottenuta facendo cuocere del pane raffermo unito al brodo di cottura delle interiora del vitello, a cui, a piacere delle persone, si può aggiungere, una volta nel piatto, formaggio grattato e pepe. Le interiora cotte vengono spesso servite come secondo con il nome di rigaglia. In alcuni casi insieme al pane vengono unite alcune verdure, come carote e piselli, e un poco di burro, anche se la ricetta originaria non le prevede.

Storia

Il piatto nacque nel carcere di Santa Caterina in Brana di Pistoia, che si trova tuttora accanto a quelli che un tempo erano i macelli comunali, quando detenuti e secondini si facevano dare gli scarti della macellazione per realizzare così un pasto più energetico del semplice pane e acqua.
Il nome sembra derivare dal fatto che a Pistoia i macelli comunali erano vicini alle carceri, i carcerati chiesero il permesso alle autorità di poter avere le interiora che venivano buttate via, da qui la possibile origine di questa zuppa.


Draniki

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Il draniki (in bielorusso дранікі) è un piatto tipico della cucina bielorussa, preparato però anche in Russia.
È uno dei piatti salati bielorussi più famosi, e viene spesso mangiato come prima colazione. Si tratta di frittella di patate fritta in olio, e la ricetta base prevede patate, cipolle e sale; a seconda delle varianti, si possono aggiungere farina, uova, aglio, carote, funghi o pancetta. I draniki tradizionalmente vengono serviti con panna acida.

Brasciole

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Con il termine brasciole si indicano degli involtini di carne di cavallo (o, in alcuni casi, di vitello) tradizionalmente preparati in Puglia.
L'origine del nome è incerta.
Le brasciole sono degli involtini di carne di dimensioni medio-grandi (10–15 cm), preparati con fettine di cavallo (o di vitello, contravvenendo alla ricetta tradizionale) ripiene di lardo e pecorino. Nella tradizione barese si usa preparare questa pietanza nei giorni di festa, cuocendoli in un ragù con il quale condire le altrettanto tradizionali orecchiette. In provincia di Foggia, di Bari, Taranto e in parte del Salento, sono un piatto tipico del pranzo domenicale, tradizionalmente associate ai pezzetti di cavallo al sugo e alla classica pasta fatta in casa (orecchiette e maccheroni).
Le fettine di carne, non troppo sottili, vengono inizialmente adagiate su un tagliere ed eventualmente battute con un batticarne; dopo averle salate leggermente e pepate, si distribuisce su ognuna di esse qualche foglia di prezzemolo, dell'aglio, dei tocchetti di lardo ed una generosa spolverata di formaggio pecorino. Le fettine vengono quindi arrotolate e successivamente legate con del filo da cucito o, più praticamente, richiuse con degli stuzzicadenti, assicurando così che il ripieno non fuoriesca durante la cottura. Gli involtini così preparati vengono cotti per almeno quattro ore in un ragù tradizionale di pomodoro.
Le orecchiette al ragù di brasciole rappresentano il piatto della domenica per eccellenza in molte famiglie di Bari, Taranto e le relative province. Probabilmente a causa della lunga preparazione e cottura, non è facile per il turista riuscire a gustare questa specialità nei ristoranti della zona, rendendolo un piatto tipico molto ricercato e destinato quasi esclusivamente all'ambito della cucina domestica.


Ciorbă

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Ciorbă (dal turco çorba pron. ciorba) è un gruppo di minestre acide realizzate con carne, ortaggi vari o funghi, diffusa in Asia centrale e in alcune aree balcaniche storicamente di influenza turco-altaica.
Il termine deriva forse dall'arabo شربة, che significa "bere".
Ricetta tradizionale nota in tempi molto remoti e codificata ufficialmente con la ricetta attuale già nel III secolo d.C.
La maggior parte dei rumeni distinguono supă (zuppa), zeama (brodo) e bulion (brodo di carne ristretto) dalla ciorbă sulla base del fatto che la prima non prevede aggiunta di sostanze acide e, soprattutto, non contiene al suo interno alcun tipo di carne o verdura, essendo solamente un brodo, mentre la ciorbă può contenere una grande varietà di ingredienti acidi, come limoni, borş (crusca fermentata), panna acida (smântână) o zeamă de varză acră (succo di crauti).
Spesso si aggiunge del levistico. La ciorbă richiede la presenza di pezzetti di verdura (mista di solito) e a volte anche di carne. È un piatto povero, spesso preparato dai contadini delle campagne con quello che la terra offriva loro, ovvero verdura mista e in proporzioni variabili (molto di raro conteneva la carne, ingrediente ricco), questa variante libera è detta ciorbă ţărănească (minestrone contadino).
Vi sono diversi tipi di ciorbă che si cucinano nelle varie zone della Romania. Ricordiamo qui:
  • ciorbă de burtă (ciorbă con trippa)
  • ciorbă de perişoare (ciorbă con polpette di carne)
  • ciorbă de legume (ciorbă di verdure)
  • ciorbă de ştevie (ciorbă con Rumex patientia)
  • ciorbă de viţel (ciorbă di vitello)
  • ciorbă de văcuţă (ciorbă con carne bovina)
  • ciorbă de pui (ciorbă di pollo)
  • ciorbă de conopidă (ciorbă di cavolfiore)
  • ciorbă de potroace (ciorbă con frattaglie e interiora di gallinacei)
  • ciorbă de dovleac (ciorbă di zucca)
  • ciorbă de peşte (ciorbă di pesce)
  • ciorbă de urzici (ciorbă di ortiche)



Canjiquinha

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La canjiquinha, conosciuta anche come quirera de milho ou péla égua, una ricetta brasiliana tipica dello stato di Minas Gerais che si prepara utilizzando il mais triturato grossolanamente (quirera), lessato con costine di maiale e altre spezie. Ne esistono diverse ricette, meno comuni, fatte con carne bovina, pollo o salsiccia. Normalmente è servita in un piatto fondo, o una ciotola, accompagnata da cavolo tritato fine, soffritta in padella o con peperoncini. Nel Paraná, la stessa preparazione è nota con il nome di quirera de suã.
La vera origine della canjiquinha è sconosciuta, ma ci sono documenti che testimoniano della sua esistenza fin dal 1749. A grandi linee, può essere considerata una varietà dello xerém, nome dato in Portogallo e in altre regioni a vari piatti della cucina luso-brasiliana basati sul mais spezzato e bollito.


Addobbo filippino

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 L'adobo filippino è un piatto e un processo di cottura filippini popolari nella cucina filippina che prevede la carne, frutti di mare o verdure marinate in aceto, salsa di soia, aglio, alloro e grani di pepe nero rosolati nell'olio, e sobbollire nella marinata. Occasionalmente è stato considerato il piatto nazionale non ufficiale nelle Filippine.

Il metodo di cottura per l'adobo filippino è originario delle Filippine. I vari popoli precoloniali del paese spesso cucinavano o preparavano i loro cibi con aceto e sale per preservarli nel clima tropicale. L'aceto, in particolare, è uno degli ingredienti più importanti nella cucina filippina, con i principali tipi tradizionali di cocco, canna, palma nipa e palma kaong. Questi sono tutti legati alla fermentazione alcolica tradizionale.

Ci sono quattro principali metodi di cottura tradizionali che utilizzano l'aceto nelle Filippine: kiniláw (pesce crudo in aceto e spezie), paksíw (un brodo di carne con aceto e spezie), sangkutsá (brasato di carne precotto in aceto e spezie) e infine adobo (uno stufato di aceto, aglio, sale/salsa di soia e altre spezie). Si ritiene che paksíw, sangkutsá e adobo siano tutte derivazioni di kiniláw. Sono anche legati a tecniche di cucina come sinigáng e pinangát na isdâche hanno anche un brodo acido, anche se usano frutti come calamansi, tamarindo, mango acerbo, bilimbi, santól e carambola come agenti acidificanti al posto dell'aceto.

Quando l'impero spagnolo colonizzò le Filippine tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo, incontrarono il processo di cottura dell'adobo. Fu registrato per la prima volta nel dizionario Vocabulario de la lengua tagala del 1613 compilato dal missionario francescano spagnolo Pedro de San Buenaventura. Lo chiamava adobo de los naturales ("adobo dei nativi [popoli]").

Gli spagnoli applicavano il termine adobo anche a qualsiasi piatto autoctono che veniva marinato prima del consumo. Nell'edizione del 1794 del Vocabulario, veniva applicato al quilauìn (kinilaw) un piatto affine ma diverso che utilizza anche principalmente l'aceto. Nel dizionario Visayan del 1711 Vocabulario de la lengua Bisaya, il termine guinamus (forma verbale: gamus) era usato per riferirsi a qualsiasi tipo di marinata (adobo), dal pesce al maiale. Altri termini per piatti precoloniali simili all'adobo tra i popoli visayani sono dayok edanglusi. Nella moderna Visayan, guinamós e dayok si riferiscono a piatti separati. I piatti preparati con aceto, aglio, sale (poi salsa di soia) e altre spezie alla fine divennero noti esclusivamente come adobo, con il termine originale per il piatto ormai perso nella storia.

Sebbene il piatto di adobo e il processo di cottura nella cucina filippina e la descrizione generale dell'adobo nella cucina spagnola condividano caratteristiche simili, si riferiscono a cose diverse con radici culturali diverse. A differenza dell'adobo spagnolo e latinoamericano, gli ingredienti principali dell'adobo filippino sono ingredienti originari del sud-est asiatico, vale a dire aceto (fatto da linfa di palma o canna da zucchero), salsa di soia (originariamente sale), grani di pepe nero e foglie di alloro (tradizionalmente Cinnamomo tamalae specie affini; ma in tempi moderni, di solito Laurus nobilis). Tradizionalmente non usa peperoncini, paprika, origano o pomodori. La sua unica somiglianza con l' adobo spagnolo e latinoamericano è l'uso principale di aceto e aglio. L'adobo filippino ha un gusto tipicamente salato e aspro, e spesso dolce, in contrasto con l'adobo spagnolo e messicano che sono più speziati o infusi con origano.

Mentre l' adobo filippino può essere considerato adobo nel senso spagnolo, un piatto marinato, l'uso filippino è molto più specifico di un processo di cottura (piuttosto che di una ricetta specifica) e non si limita alla carne. In genere, il maiale o il pollo, o una combinazione di entrambi, vengono cotti lentamente in aceto, aglio schiacciato, foglie di alloro, grani di pepe nero e salsa di soia. Si serve con riso bianco. Veniva tradizionalmente cucinato in piccole pentole di terracotta (palayok okulon); ma oggi si usano in gran parte pentole di metallo o wok (kawali).

Ci sono numerose varianti della ricetta adobo nelle Filippine. L'ingrediente di base dell'adobo è l'aceto, che di solito è aceto di cocco, aceto di riso o aceto di canna (sebbene a volte si possano usare anche vino bianco o aceto di sidro). Quasi ogni ingrediente può essere cambiato in base alle preferenze personali. Anche le persone nella stessa famiglia possono cucinare adobo in modi significativamente diversi.

Una versione più rara senza salsa di soia è nota come adobong puti ("adobo bianco "), che utilizza invece il sale, per contrastarlo con adobong itim ("adobo nero"), le versioni più prevalenti con salsa di soia. Adobong puti è spesso considerato il più vicino alla versione originale dell'adobo preispanico. È simile a un altro piatto noto come pinatisan, dove al posto dell'aceto si usa il patis (salsa di pesce).

L'adobong dilaw ("adobo giallo"), che utilizza kalawag (curcuma) per fornire la colorazione gialla e aggiungere un sapore diverso, si trova nelle regioni di Batangas, Visayas e Mindanao.

La proporzione di ingredienti come salsa di soia, foglie di alloro, aglio o pepe nero può variare. Anche la quantità e lo spessore della salsa varia poiché ad alcuni piace il loro adobo secco mentre ad altri piace impertinente. A volte possono essere usati altri ingredienti; come siling labuyo, peperoncino a volo d' uccello, peperoncino jalapeño, peperone rosso, olio d'oliva, cipolle, zucchero di canna, patate o ananas. Può anche essere ulteriormente rosolato al forno, fritto in padella, fritto o addirittura grigliato per ottenere bordi croccanti.

L'adobo è stato chiamato lo stufato filippino per eccellenza, servito con riso sia ai pasti quotidiani che alle feste. È comunemente confezionato per alpinisti e viaggiatori filippini perché si conserva bene senza refrigerazione. La sua durata relativamente lunga è dovuta a uno dei suoi ingredienti primari, l'aceto, che inibisce la crescita dei batteri.

Sulla base degli ingredienti principali, i tipi di adobo più comuni sono l' adobong manók, in cui viene utilizzato il pollo, e l'adobong baboy, in cui viene utilizzato il maiale. Adobong baka (manzo), insieme ad adobong manók (pollo), è più popolare tra i filippini musulmani in conformità con le leggi dietetiche halal. Possono essere utilizzate anche altre carni, come il pugò (quaglia), l'itik (anatra) e il kambíng (capra). Esistono anche varianti di frutti di mare che possono includere il pesce (isdâ), pesce gatto (hitò), gamberi (hipon) e calamari o seppie (pusít). Il metodo può essere utilizzato anche per frutta e verdura, come spinaci d'acqua (kangkóng), germogli di bambù (labóng), melanzane (talóng), fiori di banana (pusô ng saging) e gombo (okra).

Versioni più esotiche includono adobong sawâ (serpente), adobong palakâ (rana), Kapampangan adobung kamaru (grillo talpa), e l' adobong atáy at balúnbalunan (fegato di pollo e ventriglio).

Ci sono anche variazioni regionali. Ad esempio, a Bicol, nel sud-est di Luzon e nella città di Zamboanga nel Mindanao occidentale, è comune che adobo abbia latte di cocco (noto come adobo sa gatâ). In Cavite si aggiunge il purè di fegato di maiale. In Laguna, viene aggiunta la curcuma, che conferisce al piatto un colore giallastro distinto (noto come adobong diláw, "adobo giallo"). Nella provincia più settentrionale di Batanes, gli Ivatan preparano un tipo diadobo chiamato luñiz, dove si conserva la carne di maiale in barattoli con sale. A Batangas, l'adobo viene cotto con semi di achuete, che gli conferiscono un colore rossastro. L'adobo è diventato anche uno dei piatti preferiti della cucina fusion filippina, con cuochi d'avanguardia che inventano varianti come l'adobo di maiale "in stile giapponese".




 
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