Perché il riso fritto fatto in casa non ha mai lo stesso sapore del riso fritto di un ristorante cinese?

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Non posso dire con certezza se ti manca o meno qualche ingrediente segreto, dal momento che non conosco la tua ricetta. Sono certo che ti manchi un componente chiave, e questo è il calore.

I ristoranti cinesi cucinano su fornelli wok commerciali, che emettono 36,6 kW (125.000 BTU) di calore. I tuoi fornelli a casa potrebbero generare 4,4 kW (15.000 BTU) dal suo quadro più grande. Questa è una differenza piuttosto significativa.

Il calore di un bruciatore wok conferisce un sapore caratteristico ai cibi. Quando gli alimenti colpiscono la superficie polimerizzata di un wok d'acciaio caldo, rilasciano istantaneamente umidità, che lascia il cibo sotto forma di vapore. Gli alimenti vengono mescolati attraverso il vapore che sale, dove catturano le goccioline d'acqua e ricadono nel wok. Questa azione, ripetuta più volte, è l'essenza della cottura wok. Il calore intenso provoca anche una rapida doratura e caramellizzazione e conferisce al cibo un caratteristico sapore affumicato. Il sapore, noto come Wok Hei, è ciò che rende il cibo cinese così appetitoso e non può essere riprodotto sui fornelli di casa. Niente di ciò che ho descritto può essere duplicato, nella stessa misura, su un fornello domestico. Semplicemente non genera abbastanza calore.

Questo è un bruciatore wok da 36,6 kW.



Arghillà (vino)

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L'Arghillà è un vino ad Indicazione Geografica Tipica (IGT) la cui produzione è consentita nella provincia di Reggio Calabria e, in particolare, nei comuni di Calanna, Campo Calabro, Fiumara, Villa San Giovanni e Reggio Calabria.


Nome

Il suo nome deriva da un quartiere a nord di Reggio Calabria, cioè Arghillà. È uno dei più rinomati vini rossi e rosati calabresi. Viene prodotto su colline molto soleggiate, dal terreno argilloso giallo-grigio scuro e di tessitura fine e scheletro abbondante.


Vendemmia

Si vendemmia verso la terza decade di settembre. Dopo essere state pigiate, le uve fermentano per 48/60 ore a 28°C, poi vengono pressate ed il mosto viene messo in serbatoi d'acciaio per circa 12 giorni a temperatura controllata. Viene imbottigliato a fine dicembre e invecchiato per un periodo che va dai due ai quattro anni. La gradazione alcoolica è di 13°.


Rosso e Rosato

  • Titolo alcolometrico volumico minimo: 12%;
  • Vitigni: uno o più vitigni raccomandati o autorizzati per la provincia di Reggio Calabria a bacca di colore corrispondente;
  • Resa massima di uva per ettaro di vigneto:120 quintali;
  • Tipologie: novello.


Caratteristiche organolettiche

  • colore: rosso porpora o rosato.
  • aroma: vinoso, intenso e ampio.
  • gusto: in bocca ha una buona energia e i tannini presenti non sono fastidiosi ma ne allungano la persistenza.


Abbinamenti consigliati

L'Arghillà si abbina perfettamente a carni alla griglia, arrosti, cacciagione e formaggi stagionati. Da servire a 16°-18°.


Produzione

Provincia, stagione, volume in ettolitri
  • Reggio Calabria (1995/96)
  • Reggio Calabria (1996/97)
  • Reggio Calabria (1998/99)
  • Reggio Calabria (2000/01)
  • Reggio Calabria (2001/02)
  • Reggio Calabria (2002/03)
  • Reggio Calabria (2003/04)



Cacioricotta

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Il cacioricotta è un formaggio prodotto nel mezzogiorno d'Italia, in particolare in Basilicata, Puglia e Calabria.

Lavorazione

Come indica il nome, è prodotto con una tecnica di lavorazione ibrida, a metà tra quella del formaggio e quella della ricotta. Si realizza con latte solitamente di pecora o di capra, ma talvolta anche di mucca o di bufala.
Per la sua realizzazione si porta il latte, opportunamente filtrato, all'ebollizione o quasi; poi si procede ad abbassarne la temperatura fino ad una temperatura di 38-40°, solo a questo punto viene aggiunto il caglio. Avendo portato, a differenza del formaggio ordinario, il latte a temperature vicino ai 90°, si ottiene che venga inglobata nella cagliata non solo la caseina (come un qualsiasi formaggio) ma anche l'albumina che invece si separa con il siero (come succede per la ricotta).
Rotta la cagliata la pasta viene inserita nelle caratteristiche "fruscelle" o "fascedde"; In Basilicata con questa pasta vengo realizzati "L CASIDD": la pasta viene stretta fra le mani per favorirne la fuoriuscita del siero e a darne una forma rotonda o ovale.


Riconoscimenti

La cacioricotta è riconosciuta prodotto agroalimentare tradizionale su proposta delle seguenti regioni:
Regione Basilicata
  • cacioricotta
Regione Calabria
  • cacioricotta
Regione Campania
  • cacioricotta di capra cilentana
Regione Lazio
  • cacioricotta di bufala
regione Puglia
  • Cacioricotta salentino

Caciocavallo

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Il caciocavallo è un formaggio stagionato a pasta filata tipico dell'Italia meridionale di forma tondeggiante, a "sacchetto", prodotto con latte particolarmente grasso di vacche podoliche, con l'aggiunta di solo caglio, fermenti lattici e sale. Per la sua conservazione è talvolta fatto uso di paraffina (sostanza derivata dal petrolio che ha lo scopo in genere di far scivolare un qualcosa su una superficie).
Queste mucche vengono allevate allo stato brado, quasi come fossero pecore, pascolando nella macchia mediterranea fino alle steppe appenniniche in luoghi ricchi di arbusti e piantine di sottobosco. La presenza di piante aromatiche nella zona dove si è nutrito l'animale caratterizza le sue note aromatiche e i suoi profumi, tanto che, a titolo esemplificativo, in primavera esso assume un caratteristico colore rosato dovuto alle fragoline di bosco ingerite dalle bestie, e dai camparini.
Tipico di tutte le regioni che formavano il Regno delle Due Sicilie, ebbe una tale fama, da ispirare anche modi di dire popolari, come ad esempio "far la fine del caciocavallo", in analogia alla sua forma strozzata da una corda nella parte alta. Le varietà più conosciute sono quelle del caciocavallo Silano, del caciocavallo siciliano, che a sua volta può essere caciocavallo di Godrano, e del caciocavallo podolico e quello del Molise con il caciocavallo di Agnone.
Caciocavallo viene menzionato per la prima volta da Ippocrate nel 500 a.C.
La prima certificazione ufficiale risale al DPR del 30 ottobre 1955.



Etimologia

Il nome di "caciocavallo" sembra derivare dall'uso di appendere le forme fresche, legate a coppie, a cavallo di una trave per farle essiccare. Potrebbe anche derivare dall'uso di lavorare la pasta "a cavalluccio" o dal marchio di un cavallo che veniva impresso sulle forme di caciocavallo durante il Regno di Napoli. Un'altra ipotesi sull'origine della denominazione "caciocavallo" la fa derivare al periodo in cui veniva effettuata la transumanza (migrazione stagionale delle greggi, delle mandrie e dei pastori) e dalla consuetudine dei pastori nomadi di cagliare direttamente nei campi il latte munto e di appendere le forme di formaggio, in coppie, a dorso di cavalli per venderli o barattarli nei paesi attraversati. In uno scritto napoletano dell'Ottocento è riportato che nei mercati cavalli e asini erano ornati di forme di caciocavallo accoppiate, anche se esistono diverse interpretazioni possibili sui motivi di quest'usanza e sulla sua rilevanza etimologica. In realtà, molti studi condotti partendo dalla constatazione dell'esistenza nei Balcani, fino dal XV secolo, di un diffusissimo formaggio di vacca chiamato Kashcaval, induce a pensare che il nome italiano e la tipologia del formaggio derivino in qualche modo dall'antenato Balcano/Ottomano. In tutta l'area ottomana e oggi soprattutto nella zona che va dalla Turchia alla Bulgaria, in Kashcaval è il formaggio più prodotto e consumato e di qui esportato verso paesi ex ottomani. Sembrerebbe che il nome abbia relazione con il termine ebraico Kasher, cioè puro/permesso dalla legge giudaica, ed infatti in varie zone del mondo ex ottomano si parla di questo formaggio come del formaggio degli ebrei, che lo avrebbero portato in Turchia a cavallo del 1500, dopo l'espulsione dal regno di Spagna e provenendo dalla Mancha, regione che oggi produce il celebre queso Manchego, peraltro a base di latte di pecora.
L'ingenua ipotesi che il nome italiano di caciocavallo derivi dal fatto che fosse in qualche modo collegato agli equini, appare in effetti estremamente debole, tuttavia ha curiosamente trovato accoglienza ampia, anche in pubblicazioni dotte e in manuali ed enciclopedie.

Pellaro (vino)

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Il Pellaro è un vino ad Indicazione Geografica Tipica (IGT) la cui produzione è consentita nella provincia di Reggio Calabria e, in particolare, nei comuni di Motta San Giovanni e Reggio Calabria.


Denominazione

Il suo nome deriva da un quartiere a sud di Reggio Calabria, cioè Pellaro. È uno dei più rinomati vini rossi calabresi. Viene prodotto su colline a terrazzo, dal terreno sabbioso e asciutto, ad una altitudine di 100 m s.l.m.


Lavorazione

Si vendemmia verso metà settembre. Dopo essere state pigiate, le uve fermentano per 48/60 ore, poi vengono pressate ed il mosto viene messo in serbatoi d'acciaio a temperatura controllata, dove rimane fino al primo travaso nel mese di novembre. Dopo altri travasi a febbraio e maggio, il vino viene messo in botti di legno castagno per circa due mesi e poi messo in bottiglia a 18 mesi dalla vendemmia, dove affina per almeno altri due mesi. La gradazione alcoolica è di 14°.



Caratteristiche organolettiche

  • colore: rosso rubino con leggere sfumature porpora.
  • odore: intenso, è delicatamente fruttato con note di lampone e mela.
  • sapore: fine, morbido, di vellutata eleganza.



Abbinamenti consigliati

Il Pellaro si abbina perfettamente a carni rosse, cacciagione, insaccati e formaggi stagionati. Da servire a 18°-20°.



Produzione

Provincia, stagione, volume in ettolitri
  • Reggio Calabria (1990/91)
  • Reggio Calabria (1991/92)
  • Reggio Calabria (1992/93)
  • Reggio Calabria (1993/94)
  • Reggio Calabria (1994/95)
  • Reggio Calabria (1995/96)
  • Reggio Calabria (1996/97)





Alimenti che fanno bene al cuore: cosa mangiare?

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La prima regola per avere un cuore sano è limitare i fattori di rischio cardiovascolare. Per questo è fondamentale seguire una alimentazione ricca di cibi che fanno bene al cuore, abbinata ad uno stile di vita adeguato, per preservare la salute cardiologica.

  • Frutta fresca, verdure e ortaggi: aumentare il consumo giornaliero di vegetali senza particolari limitazioni di quantità. L'ideale sarebbe una porzione di verdura (meglio frasca) sia pranzo che a cena. Vanno bene spinaci, radicchio rosso, funghi, zucchine, rucola, finocchi mentre preferire la frutta fuori dai pasti come ad esempio kiwi, mandarini, albicocche, ciliegie, mele, ananas con l'eccezione dei frutti troppo zuccherini (uva, fichi) per chi è in sovrappeso o diabetico;

  • Pesce: almeno due volte a settimana consumare pesce preferibilmente azzurro (salmone, alici, sarde, sgombro) ricco di acidi grassi polinsaturi Omega-3 protettivi per il cuore. Per tutti i tipi di pesce la quantità di grassi saturi è vicina allo zero e la quantità di colesterolo è molto bassa, al contrario invece dei frutti di mare (tipo scampi, gamberi e aragosta) che vanno mangiati occasionalmente perché ne sono ricchi;

  • Legumi: avena, fagioli, ceci, piselli, lenticchie devono essere presenti nel menù settimanale regolarmente, anche 2-3 volte la settimana. I legumi infatti contribuiscono a ridurre il colesterolo e tengono sotto controllo pressione sanguigna e trigliceridi nel sangue;

  • Carni: andranno scelte carni magre, come pollo e tacchino, vitello, coniglio ed agnello, limitando il consumo di carni grasse. I moderni sistemi di allevamento permettono di trovare sul mercato anche carne di maiale magra;

  • Cereali integrali: pane, pasta, riso ma anche patate e polenta sono alimenti ricchi di amido e vanno combinati nei diversi pasti. Meglio preferire prodotti integrali ricchi di fibre che riducono l’assorbimento di grassi e aumentano il senso di sazietà, aiutando a mantenere il peso forma. Se si è in sovrappeso diminuire le porzioni poiché questi farinacei hanno un elevato indice glicemico.


Bisogna invece fare attenzione al consumo di:

  • Salumi e insaccati: sono ricchi di grassi saturi e colesterolo e contengono anche molto sale. Limitare quindi l'assunzione di salsicce, wurstel, mortadella e preferire di tanto in tanto salumi magri come prosciutto crudo e bresaola;

  • Latte e derivati: preferire il consumo di latte parzialmente scremato o scremato per una dieta povera di colesterolo. Anche i formaggi sono alimenti ricchi di grassi saturi e sale e pertanto limitare l’utilizzo a non più di un paio di volte a settimana in rapporto al peso;

  • Uova: benché siano uno degli alimenti più completi da un punto di vista nutrizionale, è bene mangiare non più di 2 uova la settimana perché ricche di colesterolo;

  • Oli e grassi: utilizzare per il condimento dei cibi oli vegetali, in particolare l'olio di oliva che contiene l'acido oleico, un grasso monoinsaturo che ha effetti protettivi sulle malattie cardiovascolari. Limitare invece grassi animali come il burro e strutto, oli vegetali tipo l’olio di palma, salse e condimenti ad alto contenuto di grassi;

  • Sale: evitare di aggiungere sale da cucina alle pietanze perché tutti gli alimenti (ad eccezione del riso e della frutta) sono già salati. Occhio anche agli additivi come glutammato di sodio e citrato di sodio nascosti negli alimenti. Bisogna considerare che il fabbisogno giornaliero di sale è intorno a 4 grammi, mentre la popolazione occidentale ne consuma il doppio;

  • Dolci: Pasticcini, torte e cioccolata sono alimenti ricchi di zuccheri semplici e di grassi ad elevato apporto calorico; inoltre sono alimenti a scarso contenuto di nutrienti. La loro assunzione va limitata ad un consumo occasionale ed a piccole porzioni;

  • Bevande: limitare il consumo di bevande gassate e zuccherate, ma anche alcolici e superalcolici.

    Il vino in quantità moderate (1-2 bicchieri al giorno) è invece protettivo per il cuore e grazie alle sue qualità antiossidanti può contrastare il colesterolo cattivo


Quali sono le buone abitudini per la salute del cuore

  • Seguire una dieta povera di grassi animali, sale, zuccheri semplici e cibi calorici in modo da controllare il peso corporeo;

  • Preferire modalità di cotture salutari come al vapore, lessa, alla griglia, al microonde, con condimenti semplici. No alle fritture che apportano inutili grassi nella dieta;

  • Fare attività fisica regolare commisurata alle proprie condizioni. Basta una camminata veloce, una pedalata in bicicletta o un po’ di nuoto, tre volte alla settimana, per 30 minuti. Questa attività se eseguita con costanza permette di aumentare i livelli di colesterolo "buono" e ridurre il colesterolo "cattivo";

  • Vietato saltare i pasti e attenersi alla regola delle 3-5 razioni quotidiane. Digiunare, infatti, favorisce un aumento del senso di fame che quindi porta a mangiare quantità di cibo più grandi al pasto successivo. Il rischio è di non smaltire il numero di calorie e favorire l'aumento di peso ponderale nel tempo;

  • Attenzione agli snack: cracker, toast, snack confezionati vengono si prodotti senza sale o con scarso contenuto di sodio, ma alcuni sono ricchi di grassi saturi e grassi idrogenati. Occorre fare molta attenzione e leggere attentamente le etichette o la lista degli ingredienti;

  • Quando ci si concede “uno sgarro alla dieta” con alcuni alimenti ricchi di grassi saturi o ipercalorici bisogna sempre controbilanciare i pasti seguenti con l’assunzione di cibi "favorevoli" e più salutari per il cuore;

  • Smettere di fumare.



Palizzi (vino)

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Il Palizzi è un vino ad Indicazione Geografica Tipica (IGT) la cui produzione è consentita nella provincia di Reggio Calabria.


Caratteristiche organolettiche

  • colore: rosso intenso tendente al granato.
  • odore: il bouquet è vinoso, dalla struttura importante e avvolgente.
  • sapore: asciutto ed austero.



Cenni storici

L'aristocratico Palizzi nasce dalla costa del basso jonio nell'Area Grecanica in provincia di Reggio Calabria, ad una altitudine di circa 250 m s.l.m., e da una struttura di terreno argillosa. È uno del più rinomati vini rossi della viticoltura calabrese. Si vendemmia nella seconda decade di settembre; dopo pigiate, le uve fermentano in vasche di acciaio per 48/60 ore, poi vanno pressate e il mosto messo in serbatoi di acciaio a temperatura controllata, dove resterà fino al primo travaso di novembre. Seguono altri due travasi e dopo una permanenza di circa due mesi in botti di legno castagno, va messo in bottiglia a circa 18 mesi dalla vendemmia per affinare ancora tre mesi prima della vendita. La gradazione alcolica è di 14°.



Abbinamenti consigliati

Ideale per accompagnare piatti a base di carni rosse e cacciagione, particolarmente il cinghiale, ma può anche annaffiare il tonno alla griglia.



Produzione

Provincia, stagione, volume in ettolitri
  • Reggio Calabria (1990/91)
  • Reggio Calabria (1991/92)
  • Reggio Calabria (1992/93)
  • Reggio Calabria (1993/94)
  • Reggio Calabria (1994/95)
  • Reggio Calabria (1995/96)
  • Reggio Calabria (1996/97)




 
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