Gli andarinos sono una
specialità di pasta artigianale esclusivamente realizzata a mano,
autentica testimonianza di una tradizione contadina che affonda le
radici nella storia più antica della Sardegna.
La loro origine è incerta, ma in
assenza di ulteriori elementi è lecito supporre che si tratti di una
tradizione nata in Sardegna. L'isola è stata una grande produttrice
ed esportatrice di pasta fin dai tempi delle dominazioni genovese e
pisana e continuò ad esserlo anche successivamente in seguito alla
conquista spagnola. Le mete della pasta sarda erano soprattutto i
porti catalani e quelli di Genova e Pisa, ne rimangono tracce nel
basso Piemonte, a Ovada, dove ancora oggi vengono preparati gli
“andarini”, descritti come una sorta di piccoli gnocchi o piccole
trofie, che vengono serviti in brodo in occasione delle festività
pasquali.
La prima testimonianza scritta
dell'esistenza degli andarinos si deve nel XVII secolo al “visitatore
reale” Martin Carrillo, inviato in Sardegna dal re Filippo III di
Spagna affinché riferisse circa le situazioni socio-economiche e
giudiziarie dell'Isola. Nella sua relazione, redatta a Barcellona nel
1612, si legge il resoconto di un pranzo offerto dal dottor Antiogo
Marcello di Mamoiada, nel quale vennero serviti tra le tante pietanze
anche “los andarines”.
All'inizio del XVIII secolo, il padre
domenicano Jean-Baptiste Labat indicò gli “andarini” tra le
paste artigianali prodotte dalle donne sarde. Nella sua relazione, il
religioso si soffermò ironicamente sul fatto che la lavorazione
manuale della pasta artigianale, non richiedendo una grande
attenzione, non impedisse alle donne di chiacchierare tra di loro, un
esercizio, definito dal padre Labat, “comune a tutto il gentil
sesso”.
Li troviamo poi citati come “andarinus”
nel vocabolario sardo-italiano di Giovanni Spano, stampato del
1851-52, indicati come “specie di minestra che fanno le donne coi
pezzetti di pasta compressi nel crivello”.
Intorno alla fine del secolo scorso
erano rimaste poche testimonianze dell'esistenza degli andarinos,
lasciate alle mani sapienti di poche anziane donne rimaste
depositarie di questa antica manualità, le quali, tramandandone la
memoria li hanno tenuti in vita solo nel paese di Usini, mentre
risultano scomparsi nel resto della Sardegna. Erano, queste donne, le
eredi dell'antica tradizione contadina, di quel prezioso lavoro
femminile e domestico legato più che altro alla panificazione, e
rispetto al quale la produzione della pasta era una conseguenza
diretta della manipolazione delle farine e delle semole utilizzate
per la preparazione del pane.
La pasta confezionata in casa era un
alimento tanto prezioso da essere consumato nei momenti festivi in
famiglia (domeniche, feste patronali, Natale, Pasqua) oppure
collettivamente in occasione dei matrimoni o delle feste campestri.
A partire dal 2000 la Pro Loco di Usini
ha riscoperto e rivalutato questa pasta artigianale, riproponendola e
facendola conoscere attraverso l'edizione di una sagra di consolidato
successo, giunta, nel 2015, alla sua sedicesima edizione. La
manifestazione “Andarinos de Usini” ha costituito un importante
volano per la rivalutazione di questa tipologia di pasta, tanto che
si sono moltiplicate le persone, anche tra le più giovani, che ne
hanno appreso la tecnica di lavorazione, per cui si può affermare
con soddisfazione il successo e l'efficacia di un'operazione di
salvaguardia di questo prodotto alimentare unico nel suo genere, le
cui forme e sapori possono definirsi distanti anni luce
dall'omologazione delle paste di realizzazione industriale.
Poiché nulla è stato finora fatto per
favorire la produzione meccanica di questo tipo di pasta, gli
andarinos vengono ancora oggi preparati rigorosamente a mano, con
l'antica e sempiterna tecnica di lavorazione che prevede la
formazione di un impasto di semola di grano duro e acqua con
l'aggiunta del sale. Il composto così ottenuto, elastico e omogeneo,
viene assottigliato e poi frammentato in listelli di tre o quattro
centimetri, i quali vengono premuti su una superficie rigata e fatti
roteare con tre o quattro movimenti rapidi e calibrati del
polpastrello, che conferiscono al prodotto finale una forma
elicoidale, simile ad un piccolo fusillo o alla trofia genovese. A
differenza di queste ultime tipologie di pasta, gli andarinos sono
decorati dalle rigature a rilievo, ottenute grazie alla pressione
esercitata sulla superficie di un vetro rigato o di un “chiliru”
di giunco o di asfodelo. Ancora oggi, terminata la fase della
lavorazione, la pasta fresca viene essiccata, esponendola al sole per
alcune ore, stesa sui “canistreddos”. Gli andarinos essiccati si
devono poi cuocere per venti minuti in acqua salata e si condiscono
con un “ghisadu” di carni miste (pecora, manzo e maiale) e con
una grattata di pecorino sardo.