Carne asada

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La carne asada è una pietanza della cucina messicana a base di carne, generalmente di pancia di manzo, che viene marinata con delle spezie (aglio, coriandolo, ecc) per un massimo di 4 ore e poi cotta sulla griglia. Viene spesso servita con guacamole, cipolle grigliate, fagioli neri, riso e tortillas.
Questo piatto viene preparato comunemente nel nord e nell'ovest del Messico (negli stati di Sonora, Baja California, Baja California Sur, Coahuila, Sinaloa, Chihuahua, Nuevo León, Durango, Tamaulipas, Nayarit, Zacatecas, Colima, Michoacán, Aguascalientes, Guanajuato, San Luis Potosí e Jalisco) e nel sudest degli Stati Uniti (specialmente in California, Arizona, Nuovo Messico e Texas). Viene venduto nei negozi di carne messicani, chiamati carnicerías.

Preparare un Piatto di Formaggi

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1 Scegli i formaggi. Chiedi dei suggerimenti al tuo negoziante se non sai da dove iniziare. Per creare un buon piatto di formaggi è fondamentale averne differenti tipi. Comincia col sceglierne uno da ognuna di queste categorie:
Formaggi stagionati: pecorino, parmigiano, castelmagno, grana padano, etc.
Formaggi morbidi: brie, camembert, tomini, caprini, stracchino, taleggio, etc.
Formaggi a pasta dura: fontina, groviera, provolone, scamorza, formaggio di montagna, etc.
Formaggi erborinati: gorgonzola dolce, gorgonzola piccante, roquefort, etc.
In alternativa puoi scegliere un formaggio per ogni tipo di latte: mucca, capra e pecora, per assicurare sapori differenti all'interno del tuo piatto di formaggi.

2 Scegli con cosa accompagnare i tuoi formaggi. Puoi servirli con delle varietà di crackers o di pane. Può essere interessante anche l'abbinamento con la frutta.
Se vuoi accompagnare un formaggio con un sapore poco intenso servilo con dei crackers aromatizzati con vari sapori così da accentuarlo.
Utilizza dei crackers ricoperti di semi per accompagnare dei caprini.
Una bella fetta di pane si sposa perfettamente con i formaggi morbidi e spalmabili come ad esempio il brie o il gorgonzola.
Puoi creare abbinamenti interessanti tra i formaggi freschi, come la feta, e le fave o il miele.
Prova ad abbinare della pancetta o delle noci a dei formaggi erborinati.
Accompagna formaggi a pasta dura, o stagionati, con qualcosa di piccante come ad esempio rafano o mostarde di frutta.
Una mela a fette accompagna bene del brie o del camembert, ma anche dei pomodorini secchi o dei pistacchi appena tostati sono ottimi.
La cipolla affettata molto sottile è un abbinamento perfetto con formaggi dai profumi molto intensi, quasi pungenti, come gli erborinati, il taleggio o il formaggio al fieno (Sant'Andrea).

3 Decidi tu in che porzioni servire il formaggio. Dipenderà anche dalla tua scelta di servire il piatto di formaggi come antipasto o come piatto di portata. Se pensi di servire il tuo piatto come dessert calcola delle porzioni piccole, da circa 30 grammi per ogni tipo di formaggio. Se vuoi servire i formaggi come antipasto, in un piccolo buffet, regolati in base alla fame dei tuoi ospiti. Se si tratta di un pranzo leggero 60-90 grammi di formaggio per persona saranno una porzione perfetta.
Servi sempre tutti i tipi di formaggio in numero dispari (3,5,7,etc). Questa è solo una linea guida, puoi anche servirne 4 o 6, ma sappi che l'equilibrio naturale dei numeri dispari si riflette visivamente nella presentazione del tuo piatto. Questo vale anche in molte altre arti come ad esempio l'Ikebana, l'arte floreale giapponese.

4 Nel caso di una degustazione di formaggi sistemali con ordine, dal più delicato al più saporito. Disponili in modo circolare. Normalmente i formaggi più intensi sono gli erborinati, seguiti da quelli a crosta lavata. Tieni i formaggi ben all'interno del piatto per dargli un aspetto ordinato.

5 Crea degli abbinamenti. Cibi diversi possono intensificare e modificare il sapore del formaggio. Servi i tuoi formaggi con noci, pasta di mele cotogne, fette di pera o di mela, frutta secca, gelatine di vino, mostarde di frutta o fichi. Gli abbinamenti sono innumerevoli, sperimenta e scegli quelli che più ti soddisfano.

6 Scegli il vino adatto. Anche se l'acqua è perfetta con tutto, un buon vino potrebbe essere il complemento giusto. Se vuoi servire il piatto di formaggi come dessert accompagnalo con l'ultimo vino che hai abbinato agli antipasti. In alternativa scegli di servirlo con un vino apposito per impressionare i tuoi ospiti (chiedi al tuo negoziante un consiglio in base ai formaggi che hai comprato). Con i formaggi erborinati niente si sposa meglio di un vino da dessert o da meditazione, scegli tra: Porto, Porto Tawny, moscato, passito, Sauternes, etc. Al contrario il sapore di un formaggio meno intenso potrebbe essere sopraffatto se servito con un vino dolce e liquoroso, quindi, nel caso tu non voglia servire formaggi troppo forti, scegli un abbinamento diverso.

7 Rilassati e goditi il tuo piatto. Preparare un piatto di formaggi dovrebbe essere una cosa divertente ed interessante, mai stressante. Se ti sembra difficile, o poco divertente, fatti aiutare dal tuo negoziante di fiducia, sarà molto felice di farlo.

Consigli
Trova un buon negozio di formaggi. Non tutti i negozi sono uguali. Controlla se vende formaggi confezionati o tagliati al momento, se ti permette di assaggiare prima di acquistare e se è frequentato da molti clienti, garanzia del fatto che il formaggio sarà sempre fresco. Fatti queste domande prima di entrare in un negozio di formaggi. Inoltre sappi che un formaggio di qualità non è economico. I prezzi possono andare dai 10 ai 40 euro al chilogrammo, dipende dalla provenienza e dalla rarità, oltre che dagli ingredienti usati. Se sei intenzionato ad acquistare un formaggio di qualità assicurati che sia stato trattato nel modo corretto e che sia al suo picco massimo di maturazione.
Se vuoi creare un piatto di formaggi che sia anche bello da vedere, segui le regola base per l'ordine dei formaggi, ma poi impiattali come meglio credi, su un tagliere di legno o di bambù. Aggiungi delle noci tostate, dell'altra frutta secca e magari dei fiori commestibili. A parte servi del pane caldo e assicurati che non vada mai esaurito.

Avvertenze
Usa un coltello per formaggi, taglierà meglio e sarà più sicuro!




Ragù napoletano

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Il ragù napoletano è probabilmente il condimento più conosciuto della cucina napoletana nonostante la sua poca diffusione nell'uso quotidiano, ciò dovuto all'elevata complessità di preparazione a causa anche dei tempi di preparazione molto lunghi.
Per questi ed altri motivi, il ragù napoletano risulta essere un piatto tipicamente festivo consistente nell'unione di diversi tipi di carne tagliata a pezzi e non tritata, bovina e suina, cotti in una salsa di pomodoro a fuoco molto lento.

La leggenda del ragù

Il ragù napoletano è decantato anche da Eduardo De Filippo in una sua poesia dal titolo, appunto: 'O rrau.
« 'O rraù ca me piace a me
m' 'o ffaceva sulo mammà.
A che m'aggio spusato a te,
ne parlammo pè ne parlà.
Io nun songo difficultuso;
ma luvàmmel' 'a miezo st'uso

Sì, va buono: comme vuò tu.
Mò ce avéssem' appiccecà?
Tu che dice? Chest'è rraù?
E io m' 'o mmagno pè m' 'o mangià...
M' 'a faje dicere 'na parola?...
Chesta è carne c' 'a pummarola»
(Eduardo, 'O rraù.)
Secondo la leggenda, a Napoli alla fine del Trecento esisteva la Compagnia dei Bianchi di giustizia che percorreva la città a piedi invocando "misericordia e pace". La compagnia giunse presso il "Palazzo dell'Imperatore" tuttora esistente in via Tribunali, che fu dimora di Carlo, imperatore di Costantinopoli e di Maria di Valois figlia di re Carlo d'Angiò. All'epoca il palazzo era abitato da un signore nemico di tutti, tanto scortese quanto crudele, e che tutti cercavano di evitare. La predicazione della compagnia convinse la popolazione a rappacificarsi con i propri nemici, ma solo il nobile che risiedeva nel "Palazzo dell'Imperatore" decise di non accettare l'invito dei bianchi nutrendo da sempre antichi e tenaci rancori. Non cedette neanche quando il figliolo di tre mesi, in braccio alla balia sfilò le manine dalle fasce ed incrociandole gridò tre volte: "Misericordia e pace". Il nobile era accecato dall'ira, serbava rancore e vendetta, ed un giorno la sua donna, per intenerirlo gli preparò un piatto di maccheroni. La provvidenza riempì il piatto di una salsa piena di sangue. Finalmente, commosso dal prodigio, l'ostinato signore, si rappacificò con i suoi nemici e vestì il bianco saio della Compagnia. Sua moglie in seguito all'inaspettata decisione, preparò di nuovo i maccheroni, che anche quella volta, come per magia, divennero rossi. Ma quel misterioso intingolo aveva uno strano ed invitante profumo, molto buono ed il Signore nell'assaggiarla trovò che era veramente buona e saporita. La chiamo' così "raù" lo stesso nome del suo bambino.
In realtà il termine Ragù deriva dal francese Ragout, che indica un tipo di cottura di carne e verdure, simile allo spezzatino. Bisogna inoltre ricordare che il pomodoro non arrivò in Italia prima della fine del XVI secolo.

Caratteristiche

Originariamente costituiva il piatto unico della domenica, in quanto il sugo veniva utilizzato per condire la pasta, e la carne consumata come seconda portata. I tipi di carne impiegati nella preparazione del ragù sono numerosi, e possono variare anche da quartiere a quartiere, ed inoltre, questa non è macinata ma è cotta a pezzi grossi, da 500 g fino a un kg, tagliati a mo' di grossa bistecca, farcita con ingredienti vari (uvetta, pinoli, formaggio, salame o lardo, noce moscata, prezzemolo) e legata con uno spago. Generalmente viene utilizzato un misto di carne di manzo (tagli anteriori e poco pregiati, che necessitano di lunga cottura) e di maiale. Troviamo il muscolo di manzo (gamboncello o colarda), le spuntature di maiale (tracchie), l'involtino di cotenna (cotica), la polpetta e la braciola, termine che viene usato però per indicare un involtino di carne di manzo ripieno con aglio, prezzemolo, pinoli, uva passa e dadini di formaggio.
Tradizionalmente, la preparazione del ragù inizia di buon mattino, se non il sabato sera, in quanto la salsa deve addensarsi molto, cuocendo a fuoco lento, fino a diventare di una consistenza molto cremosa, prima di poter condire degnamente una buona pastasciutta. In molte varianti del ragù napoletano viene impiegato anche un cucchiaio di concentrato di pomodoro.

La ricetta

Il ragù non è la carne c' ‘a pummarola, come recita la poesia di Eduardo. Non è di facile realizzazione ed inoltre per essere saporito come quello della mamma del de Filippo richiede una lunghissima cottura. Attualmente si usa chiamare ragù un sugo di pomodoro nel quale si è cotta della carne. Il ragù, come recita Eduardo, veniva cotto su di una fornacella a carbone e doveva cuocere per almeno sei ore.
La pentola in cui si dovrebbe cuocere è un tegame di rame, e per rimestarlo occorre la cucchiarella (il cucchiaio di legno). Il ragù napoletano è il piatto tipico domenicale e base per altre pietanze altrettanto saporite, come ad esempio la tipica lasagna che a Napoli viene preparata con una grande quantità di ingredienti durante il periodo di Carnevale.
Ingredienti
  • 1 kg di spezzatino di vitello
  • 2 cipolle medie
  • 2 litri di passata di pomodoro
  • un cucchiaio di concentrato di pomodoro
  • 200 g. di olio d'oliva
  • 6 tracchiulelle (costine di maiale)
  • 1/4 di litro di vino rosso preferibilmente di Gragnano
  • basilico
  • sale q.b.
Preparazione
È consigliabile prepararlo il giorno prima mettendo la carne nel tegame, unitamente alle cipolle affettate sottilmente e all'olio. Carne e cipolla dovranno rosolare insieme: la prima facendo la sua crosta scura, le seconde dovranno man mano appassire senza bruciare. Per ottenere questo risultato, bisogna rimanere ai fornelli, pronti a rimestare con la cucchiarella di legno,e bagnare con il vino, appena il sugo si sarà asciugato: le cipolle si dovranno consumare, fino quasi a dileguarsi. Quando la carne sarà diventata di un bel colore dorato, sciogliete il cucchiaio di conserva nel tegame e aggiungete la passata di pomodoro. Regolate di sale e mettete a cuocere a fuoco bassissimo, il ragù dovrà, come si dice a Napoli, "pappuliare", parola onomatopeica che ben descrive il suono del ragù che cioè dovrà sobbollire a malapena. A quel punto coprirete il tegame con un coperchio, senza chiuderlo del tutto. Il ragù dovrà cuocere per almeno tre ore, di tanto in tanto rimestatelo facendo attenzione che non si attacchi sul fondo della pentola.

Allesse

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Le allesse sono una ricetta tipica della cucina napoletana più povera. Si tratta di castagne sbucciate e lessate con foglie di alloro ed un pizzico di sale, consumate prevalentemente per la prima colazione.
Non vanno confuse con i palluòtte, o palluòttole, che sono sì lessate, ma con tutta la buccia, che talvolta si usava aggiungere in una pentola di allesse.

Usi figurati

Il termine cuoppo allesse (cartoccio di allesse), o anche solamente cuoppo, in napoletano viene usato in senso dispregiativo verso una persona, in particolare ad una donna sgraziata. Analogamente, il termine scampolo d'allesse è stato usato da Roberto De Simone ne La gatta Cenerentola.

Biscotto di Castellammare

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Il biscotto di Castellammare è un prodotto tipico campano, in particolare della zona di Castellammare di Stabia, dove è stato creato nel 1848 dai fratelli Giovanni e Francesco Riccardi, e dove si continua a produrre. Creati con farina, zucchero, pasta lievitata, vanillina, acqua e burro, hanno una tipica forma allungata. Bisogna precisare che esistono diverse ricette per la creazione di questa specialità, anche perché colei che rese famoso questo biscotto, alla sua morte non rivelò a nessuno la ricetta.
Oggi si trovano già confezionati e vengono venduti soprattutto d'estate sulle strade del litorale campano, insieme ai tarallini ricoperti di zucchero, altra specialità tipica stabiese.

Corzetti

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I corzetti o croxetti oppure anche corsetti (in dialetto genovese corzétti, che si pronuncia [kurˈzetti]) sono una pasta tipica della cucina ligure.

Tipologie

Ne esistono due tipi: quelli della val Polcevera (corzetti valpolceveraschi), dalla caratteristica forma a piccolo 8 (otto) e quelli stampati (corzétti stanpæ o corzetti del Levante). Sono detti stampati perché la decorazione di questi piccoli cerchi di pasta a forma di medaglione è ottenuta mediante uno stampino in legno che decora la pasta in modo da "prepararla" ad accogliere meglio il condimento. In alcune botteghe artigianali del centro storico genovese si trova ancora chi fabbrica questi stampi così utili per preparare questa pasta tipica. Parallelemente alla produzione artigianale, esiste anche una produzione industriale dei corzetti che viene normalmente effettuata con macchine raviolatrici.

Storia

I corzetti stampati (“cruxetti“) compaiano nel medioevo, nell'epoca rinascimentale. Le famiglie nobili del tempo pare ordinassero ai loro cuochi di realizzare un tipo di pasta che riportasse il proprio stemma, tutto ciò con lo scopo di rammentare ai commensali l'importanza della loro famiglia e per riaffermare il proprio dominio sul territorio. Le incisioni erano solitamente differenti sulle due parti. Il nome deriva dall'immagine stilizzata di una piccola croce, una crocetta (“cruxetta“) con la quale veniva originariamente decorato un lato di questi medaglioni, da qui il nome “cruxettu“. Nel levante ligure, con la parola “corzetto“ s'intende sia lo stampo di legno che la pasta così incisa.
Tecnicamente i corzetti si presentano come stampi di legno, sono composti da due parti: una che ha la funzione di “timbro” e l'altra di forma cilindrica con una parte incisa e concava, che serve per tagliare la pasta. I tipi di legno generalmente usati sono: pero, melo, faggio o acero.

Ingredienti

Acqua, farina di grano e sale.

Preparazione

Si prepara l'impasto, poi la sfoglia, quindi la si taglia a cerchietti su cui si stampa il disegno dello stampino.
Una volta fatti si lasciano asciugare un po' sulla madia e poi si cuociono.
Sono ottimi conditi con salsa di noci, salsa coi funghi (Tocco de funzi) ed anche con il pesto. Nel Levante Ligure è uso condirli anche con la salsa di pinoli

Riconoscimento

Sia i corsetti valpolceveraschi che quelli del Levante sono stati riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, su proposta della Regione Liguria, come Prodotti agroalimentari tradizionali liguri.

Culurgiones

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I culurgiònes (nome in lingua sarda, detti anche culurgiònis, culurjònes, culurjònis, culirjònis, culunjònis, culinjònis, culurzònes, in italiano culurgiòne o culurgiòni) sono i classici ravioli di Sardegna, conosciuti anche come angiulottus, cioè agnolotti, e quelli a base di patate, pecorino, cipolle e menta sono una specialità culinaria tipica della zona barbaricina dell'Ogliastra, mentre nel resto dell'Isola esistono ricette diverse, come quella di Gallura, che aromatizza il prodotto con scorza di limone o arancia.
Dal 2015 i "Culurgionis d'Ogliastra" sono stati riconosciuti come prodotto IGP.

Varianti

Il piatto, a seconda del paese d'origine, è presente in più varianti:
  • nell'Ogliastra una delle sei Barbagie della provincia di Nuoro e nelle zone interne (tra cui Sadali, al confine con l'Ogliastra, dove si organizza un'interessante Sagra di degustazione nel mese di Agosto) vengono preparati con pasta fresca di semola di grano duro e un ripieno di pecorino sardo (fresco di uno o due giorni, come a Talana, o stagionato come in altri paesi), oppure di patate, aglio e menta come a Gairo e Ulassai, in quest'ultimo paese al posto del pecorino si mette "su fiscidu" un particolare formaggio acido messo in salamoia, (o menta sostituita da "sa nepidedda", nepitella, a Jerzu), chiusi in modo da formare con le dita una piccola spiga, cotti in acqua bollente e conditi con olio d'oliva, di recente col sugo di pomodoro e pecorino grattugiato.
  • La chiusura a spighitta da entrambi i lati è una caratteristica dei paesi di Talana e Urzulei.
  • A Baunei, invece, "us culurgiones" non hanno la forma classica con la chiusura a spiga. Hanno invece una forma simile a quella dei classici ravioli, ma a differenza di questi ultimi sono molto più grandi. La tradizionale chiusura a spiga viene comunque ampiamente utilizzata, ma i culurgiones prodotti in questo modo vengono chiamati "culurgiones cosiusu", cioè "culurgioni cuciti", per differenziarli appunto da quelli classici.
  • I culurzònes della Barbagia di Ollolai, importati sempre dall'Ogliastra, sono ripieni di pecorino fresco e vengono conditi con un sugo di pomodoro e carne di maiale a cubetti, o in alternativa con sugo di pomodoro e salsiccia fresca, il tutto condito da pecorino stagionato grattugiato.
  • nella Sardegna meridionale, e in genere nel Campidano, esistono altre ricette di culurgiones, e il raviolo è preparato con pasta fresca di semola di grano duro con un ripieno di ricotta fresca di pecora o di capra, uovo e zafferano (e l'aggiunta in alcuni casi di pecorino sardo, noce moscata, bietole o spinaci), conditi, dopo la cottura, con sugo di pomodoro fresco, peperoncino e basilico ed una spolverata di grana o parmigiano. A Teulada, invece, si predilige una ricetta più semplice ma non meno gustosa, con un ripieno di formaggio fresco di capra (meno frequente quello di pecora) nei culurgiones (culixionis in teuladino) di forma quadrangolare. Il condimento è solitamente il sugo di pomodoro e una spolverata di formaggio stagionato di capra.

Curiosità

Nel paese di Ulassai, sino agli anni '60, la tradizione voleva che i culurgiònes venissero consumati solo ed esclusivamente il giorno dei morti, "sa di e ir mortos", il 2 novembre.
In tutta l'Ogliastra e nei paesi di Sadali e Esterzili della Barbagia di Seulo, i culurgiònis (culurxiònis oculurgiònis o culingiònis) non sono considerati solo un alimento, ma un dono prezioso, segno di stima, di rispetto ed amicizia. Venivano preparati per ricorrenze particolari come ringraziamento alla fine del raccolto del grano, per ricordare ed onorare i morti, il giorno della commemorazione dei defunti a Novembre, con il grasso ovino ("culurgiòni de ogliu 'e seu"), per festeggiare il carnevale a Febbraio, con lo strutto ("culurgioni de ogliu 'e procu"). Sa spighitta, la tipica chiusura dei culurgiònis, rappresenta il simbolo del grano per propiziare la nuova annata agraria a fine agosto. Secondo la tradizione venivano anche considerati amuleti che proteggevano la famiglia dai lutti.

 
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