Pasta brisé

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La pasta brisé (o pasta brisée è una delle paste base della cucina classica francese.

Descrizione

Ha un gusto neutro, tuttavia è possibile aggiungervi sale cosi da poterla utilizzare come base per torte salate, o darle un gusto dolce aggiungendo zucchero o darle alcuni aromi specifici, ad esempio aggiungendo cacao amaro. È estremamente friabile e assume un colore giallo meno intenso della pasta frolla, dal momento che non contiene uova.
Si chiama brisé, cioè "spezzata", perché si impasta prima la materia grassa (burro) con la farina nella quantità sufficiente ad ottenere un impasto di pezzettini staccati l'uno dall'altro; poi si aggiunge la quantità di acqua ben fredda (a cucchiaiate, una alla volta) necessaria per ottenere una pasta omogenea.
Per donare un colore dorato alla pasta bisogna spalmarne la superficie con del tuorlo d'uovo sbattuto prima di farla cuocere in forno.
Per le varianti dolce e salata aggiungere due cucchiaini di zucchero o di sale prima di aggiungere l'acqua fredda.

Utilizzi

I suoi utilizzi in cucina sono molteplici:
  • base per torte salate o quiche;
  • base per tartellette per antipasti;
  • base per torte alla frutta o alle creme.

Cappello del prete

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Il cappello del prete (denominato alle volte tricorno) è un insaccato italiano di forma triangolare che ricorda, per l'appunto, il cappello usato dai preti. Riconosciuto come Prodotto agroalimentare tradizionale. È tipico della della Bassa piacentina e della Bassa parmense.

Storia

Il cappello del prete è un prodotto di antica origine, la sua preparazione era già diffusa nella tradizione della norcineria del Cinquecento, quando in Emilia veniva preparato per essere consumato durante le festività pasquali o durante il Carnevale.

Preparazione

La carne utilizzata per la preparazione del cappello del prete è quella della spalla di maiale. Questa viene prima disossata, quindi si procede a togliere i muscoli del fiocco della spalla e della scapola dalla cotenna che viene accuratamente preservata poiché dovrà fungere da rivestimento esterno.
La carne così ottenuta viene quindi salata e speziata con pepe in grani ed erbe aromatiche quindi viene inserita nella cotenna e lasciata a riposo un paio di giorni affinché la concia penetri interamente nei muscoli. Terminata la fase di salatura la cotenna viene cucita all'estremità ed infine si procede ad inserire il prete all'interno di due assi di legno serrate molto strettamente lungo l'asse longitudinale del cappello.
Normalmente si lascia asciugare e stagionare da un minimo di due settimane ad un massimo di sei prima del consumo.

Consumo

Il cappello del prete si consuma solo previa cottura che avviene attraverso una bollitura lenta di almeno quattro ore. Terminata la cottura il cappello del prete viene tagliato a fette di medio spessore e servito caldo accompagnato con puré di patate o lenticchie. Prima della cottura è di buona norma è consigliabile lasciarlo una decina di ore in acqua fredda priva di sale per renderne morbida la cotenna.

Curiosità

Il nome di cappello del prete deriva non soltanto dal fatto che così si chiama il taglio di carne della spalla utilizzato, ma anche dalla particolare forma triangolare con una bombatura nella parte centrale che ricorda vagamente i cappelli a tre punti utilizzati in passato dai preti.

Soffritto

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Il soffritto si utilizza in cucina come base per sughi di carne o pesce per molti tipi di pasta o risotti, per contorni quali verdure stufate, per secondi tipo spezzatino o carne brasata, per secondi di pesce, come coda di rospo o polpo stufato. Il battuto di verdure che funge da base per il soffritto è anche noto come mirepoix.

Tipologie di soffritto

Il soffitto presenta due elementi: il grasso e il battuto, a sua volta composto di verdure e di aromi, divisi in odori (freschi) e spezie (secche).
Il grasso è solitamente di pregio: olio d'oliva (extra)vergine, burro o lardo. Non oli da frittura o margarina. È controverso se gli aromi vadano gettati nell'olio bollente o messi a freddo con fiamma vivace. Quando presente nel battuto, il grasso animale (pancetta, guanciale...) va buttato subito e con poco olio: altri grassi non sono consigliati perché renderebbero il piatto indigesto.
Il battuto dipende dalla ricetta: sughi di tonno, pesce spada, verdure, e certi tipi di carne richiedono un trito di scalogno, porro, o cipolla, bianca o di Tropea. Cibi dal sapore più deciso come le carni rosse prediligono la cipolla rossa forte. Per certi sughi e secondi di carne bianca, pesce, o particolari verdure (zucchine, melanzane...) si preferisce l'aglio. A causa del forte aroma, sono rare le ricette che prevedano l'utilizzo congiunto di agli e cipolle. Per ragù, secondi di carne, zuppe o altro, spesso si aggiungono carota e sedano (mirepoix). A volte il soffritto prevede funghi, peperoni o pomodori tritati finemente; in alcune ricette sono invece presenti tagli grassi di carne come pancetta o guanciale.
Il soffritto può comprendere anche erbe aromatiche o spezie secche, che sottostanno a costanti precise: le erbe aromatiche carnose o coriacee (rosmarino, salvia, alloro...) vengono soffritte tritate, mentre quelle dall'aroma deperibile (basilico, prezzemolo...) sono aggiunte in seguito. Le spezie vengono grattugiate nel soffritto o nel piatto pronto, oppure soffritte intere e poi tolte (come peraltro alcuni fanno con l'aglio); anche queste ultime seguono delle regole: solitamente i piatti in bianco sono resi piccanti dal pepe nero, i piatti al pomodoro dal peperoncino; altri tipi di pepe sono grattati a crudo e non fanno parte del soffritto. Altre spezie solitamente non vengono soffritte.

Nella cucina veneta

Il soffritto viene usato in grande quantità per la preparazione di un piatto tipico veneto, le sarde in saor. Le sardine vengono infarinate, fritte e disposte in una pirofila, alternate ad ogni strato con uno di cipolla saltata in soffritto e sfumata con l'aceto di vino bianco. Vengono consumate a temperatura ambiente.

Nella zona di Reggio Calabria e a Napoli

Il soffritto 'u suffrittu è tutt'altra cosa. Trattasi di uno stracotto di interiora di vitello, di capretto o di agnello, più raramente di maiale, cucinato con conserva di pomodoro, cipolla, sedano, olio d'oliva ed abbondante peperoncino rosso. Simile al Morzeddhu catanzarese. A Napoli la stessa ricetta nella variante di maiale è ben conosciuta e apprezzata nella cucina popolare con il nome di "zuppa 'e suffritto" o "zuppa forte". Utilizzata da sola, sul pane o sulla pasta. Viene venduta anche già pronta in macelleria.

Nella cucina tradizionale lucana

In Basilicata il termine "soffritto" indica una preparazione a base di solo fegato di agnello. Il fegato viene grossolanamente affettato, bagnato con vino rosso e fatto friggere, all'interno di un coccio di terracotta, in olio extravergine di oliva insieme a cipolla e foglie di alloro, dopodiché viene coperto con conserva di pomodoro e fatto cuocere lentamente per almeno un'ora. Infine è condito con peperoncino, e portato in tavola molto caldo nel suo stesso coccio.

Nel Mondo

In altri paesi, come la Spagna o il Portorico, il soffritto, detto sofrito, è a base di cipolla, aglio, pomodoro, peperoncini ed erbette. Si può mettere sul pane come in Italia si fa con la bruschetta.

Menemen

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Il menemen è un piatto a base di uova della tradizione turca, che comprende uova, cipolla, pomodori, peperoni verdi e spezie come pepe nero in polvere, pepe rosso in polvere, sale e origano. Si posso aggiungere beyaz peynir (formaggio biancoturco) e prodotti di salumeria turchi come il sucuk, letteralmente suciuk o la pastırma, anche se questo si distanzia dalla ricetta tradizionale. Si prepara con olio di oliva o con olio di girasole. Il piatto assomiglia al shakshuka, però le uova non restano intere.
Il menemen si consuma generalmente a colazione e si serve con il pane.
L'aggiunta di cipolle si fa soprattutto quando il menemen si consuma come piatto principale, e meno comunemente in occasione della colazione.
Le cipolle sono soffritte con il burro o l'olio caldo, solo in seguito si aggiungono i peperoni verdi. Una volta che le cipolle siano intenerite e di colore più chiaro, si aggregano i pomodori e i peperoni. I pomodori devono essere molto teneri e anche loro dovranno cambiare di colore. Infine, si aggiungono le uova e le spezie, mescolati con gli altri ingredienti e cucinati. Le uova dovranno risultare perfettamente cotte, ma non secche.
Nei ristoranti, si suole preparare il menemen al momento e servirlo nella padella di cottura con due maniglie, per porzioni individuali, chiamata sahan, nella quale è stato cucinato.

Jiaozi

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Nella cucina cinese, i jiaozi (餃子, 饺子, jiǎozi, in giapponese 餃子, gyōza, in coreano 교자, gyoja, kyoja), sono un tipo di fagottini (in italiano comunemente chiamati ravioli) molto popolare in Cina, Giappone e Corea. Ripieni di carne e/o verdura, sono avvolti con una sottile pasta sigillata con la pressione delle dita. Non devono essere confusi con i wonton: i jiaozi hanno una pasta più spessa e ondulata, schiacciata alle estremità, e sono generalmente consumati dopo l'immersione in salsa di soia e aceto di soia (o salsa chili piccante); i wonton sono più sottili e sferici, di solito serviti in brodo.

Versione cinese

Esistono quattro tipi a seconda della tecnica di cottura:
  • Ravioli bolliti - shuijiao (水餃, shuǐjiǎo, letteralmente "fagottini d'acqua")
  • Ravioli al vapore - zhengjiao (蒸餃, zhēngjiǎo, letteralmente "fagottini al vapore")
  • Ravioli brasati - guotie (鍋貼, guōtiē, letteralmente "bastone al tegame"), chiamati anche jianjiao (煎餃, jiānjiǎo, letteralmente "fagottini fritti asciutti").
  • Ravioli all'uovo - danjiao (蛋餃, dànjiǎo) - se avvolti con uovo invece che con la pasta.
Di solito si usa per il ripieno carne tritata di maiale, bovino, agnello, pollo, pesce o gamberi, spesso mescolati con verdure come cavolo, scalogno, cipollotti o erba cipollina cinese. I ravioli sono accompagnati da salsa di soia con aggiunta di aceto, aglio, zenzero, aceto di riso, salsa piccante o olio di sesamo.
I ravioli sono uno dei principali cibi consumati al Capodanno cinese. La forma assomiglia a un Tael d'oro (moneta cinese) e simboleggia un augurio di buona fortuna per l'anno nuovo. Per lettizione, le famiglie e gli amici si riuniscono per preparare i ravioli insieme. Nelle campagne si sacrifica il bestiame migliore e si conserva la carne per i ravioli approfittando del clima freddo. Sono anche popolari un tipo di ravioli dolce.
Nella cucina cantonese, i dim sum differiscono dai jiaozi per essere più piccoli e avvolti in una pasta molto sottile e semitrasparente. Di solito sono cotti al vapore. Sono ripieni di gamberi, pollo, tofu, misto di verdure o altro. Il tipo più comune è ripieno di gamberi, talvolta chiamato Haa Gaau (Cantonese: 蝦餃). Al contrario dei jiaozi, di facile preparazione casalinga, gli Haa Gaau richiedono una complessa elaborazione e raramente vengono fatti in casa. Ristoranti specializzati in dim sum spesso offrono ricette e preparazioni originali. Gli chefs usano gli ingredienti in modo creativo o traggono ispirazione da altre cucine lettizionali come quella di Chiuchow, Hakka, di Shanghai. I cuochi più audaci propongono fusioni fra cucine diverse o di altre culture come quella giapponese (teriyaki) o del sud-est asiatico (satay, curry). I ristoranti di lusso fanno uso di ingredienti costosi o esotici come l'aragosta, lo squalo o i nidi di rondine.
I jiaozi hanno questo nome per la forma a corno. In cinese, corno si dice jiǎo () e jiaozi fu in origine scritto con il carattere di "corno", in seguito sostituito con il carattere specifico , che ha il radicale di cibo a sinistra e la componente fonetica jiāo a destra.
Secondo le storie popolari, i jiaozi furono inventati da Zhang Zhongjing, uno dei più grandi maestri medici cinesi della storia. Furono in origine chiamati "娇耳"(pinyin: jiao er) perché usati per trattare il congelamento alle orecchie.

Versione giapponese

I gyoza (ギョーザ o ギョウザ o 餃子 gyōza,) sono la versione giapponese dei jiaozi. Il termine viene scritto soprattutto con i kanji 餃子, mentre la pronuncia deriva dal dialetto del cinese della provincia dello Shandong, dove viene pronunciato giaozi e scritto coi caratteri semplificati 饺子, come nel resto del Paese.
La maggior differenza rispetto ai jiaozi cinesi è il forte sapore di aglio e il delicato sapore degli altri condimenti come sale o soia. Sono sempre serviti con salsa di soia in cui intingerli, alla quale viene aggiunto aceto di riso ed eventualmente rāyu (ラー油, 辣油, conosciuto come 辣油 in Cina: olio di sesamo con peperoncino piccante). La ricetta più comune prevede un ripieno misto di carne tritata di pollo, aglio, cavolo, zenzero, nira (erba cipollina cinese), sake, salsa di soia, sale, pepe e olio di sesamo, il tutto avvolto in pasta sottile. La nira può essere sostituita da cipolla o porro.
I gyōza si trovano confezionati al supermercato in Giappone sia surgelati che non, e si trovano anche altre versioni, soprattutto con frutti di mare al posto del maiale. Nei supermercati si trovano anche quadratini di pasta fresca confezionati già pronti per la farcitura. Di solito sono serviti brasati come antipasto in quasi tutti i ristoranti di ramen e ristoranti cinesi del Giappone. Sono spesso venduti in bancarelle quando vi sono feste popolari, fiere o altre occasioni simili.
Il metodo di preparazione più comune è quello brasato detto yaki-gyōza (焼き餃子), nel quale i ravioli sono prima fritti dal lato piatto per creare una superficie croccante. Si aggiunge quindi acqua e si copre con un coperchio finché la parte superiore non si cuoce al vapore. Altri metodi sono la bollitura (水餃子 sui-gyōza, in questo caso vengono spesso cucinati in brodo) e la frittura (揚げ餃子 age-gyōza, immersi nell'olio). Ognuna di queste versioni viene venduta in confezioni diverse nei supermercati; la maggior parte dei gyoza in vendita sono quelli destinati alla brasatura, che tendono a disfarsi se bolliti. Migliori se consumati caldi, i ravioli brasati sono a volte presenti nel bentō (cestino del pranzo giapponese).

Versione coreana

Nella cucina coreana, i mandu (만두) derivano il proprio nome dal cinese mantou (饅頭, mántou), ma assomigliano ai jiaozi. Sono ripieni di maiale, bovino, cavolo, noodles o kimchi. Sono spesso fritti per formare una sottile superficie croccante. Popolare è anche la cottura al vapore, per la quale sono preparati in diverse forme: a "corno", a bordi arricciati, a corno con i lati arrotondati, ecc. Di solito sono immersi nella salsa di soia con aceto e salsa piccante.

Guotie

I Guotie (锅贴, guōtiē) sono jiaozi brasati, conosciuti anche come potstickers in Nord America. Tipici del Nord della Cina, appetitosi, si trovano spesso dai venditori ambulanti o nelle bancarelle. Sono serviti come antipasto nella cucina cinese, giapponese e coreana. Accompagnano talvolta un menu di dim sum. Il ripieno può contenere maiale, pollo, bovino, cavolo, spinaci, cipolle verdi, zenzero, vino di riso cinese, vino per cucinare, olio di sesamo.
Sono saltati nell'olio fino alla doratura e poi cotti al vapore. Se cotti correttamente, non si incollano. Un metodo alternativo è la cottura a vapore nel wok, seguita da frittura da un lato finché non diventa croccante.
I guotie assomigliano ai gyoza giapponesi.
I guotie sarebbero stati consumati già ai tempi della dinastia Song (960-1280).


Uovo all'occhio di bue

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Con l'appellativo uovo all'occhio di bue (o con quello di uovo al tegamino) viene comunemente chiamato un piatto composto da un uovo preparato mediante frittura; spesso in un piatto se ne consumano 2 o 3 insieme.
In vari paesi occidentali è un alimento tipico di pranzo e cena che si sta diffondendo anche in altre culture. In paesi di cultura germanica e anglosassone sono spesso consumati a colazione; è infatti uno degli ingredienti fondamentali della colazione del Nord Europa assieme al bacon.

Preparazione

Per preparare la pietanza è necessario riscaldare dell'olio o del burro in una padella. Una volta raggiunta la giusta temperatura, (prima del punto di fumo), si aprono le uova e le si fanno cadere delicatamente nella padella. Si aggiungono sale e pepe a piacere, e dopo pochi minuti di cottura la pietanza è pronta.

Nome

Il nome deriva dal loro aspetto, simile ad un grande occhio (dove il tuorlo ricorda una pupilla). Talvolta infatti l'uovo viene girato durante la frittura, in tal caso l'uovo fritto non viene più detto "all'occhio di bue", nonostante i cambiamenti siano estetici piuttosto che organolettici.

Ragù bolognese

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Il ragù bolognese è un tipico ragù di carne tritata mista della cucina bolognese. Il sugo è tradizionalmente servito con le tagliatelle all'uovo (tagliatelle alla bolognese), ma è usato anche per condire altri tipi di pasta come le lasagne al forno (arricchito con la besciamella) ed il tipico piatto povero del passato, la polenta.
Un uso molto comune all'estero del ragù è per condire gli spaghetti (erroneamente chiamati spaghetti alla bolognese), piuttosto comuni nel Nord Europa e venduti perfino in lattina: tale piatto, ormai diffuso anche in Italia, non è da attribuirsi alla cucina bolognese, in quanto la cucina emiliana ha sempre preferito la sfoglia all'uovo, solitamente fresca, rispetto alle paste di semola di grano duro, generalmente secche.

La ricetta del ragù bolognese

Nell'ottobre del 1982 la delegazione di Bologna dell'Accademia italiana della cucina ha depositato presso la Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bologna la ricetta ufficiale del ragù bolognese, allo scopo di garantire la continuità ed il rispetto della tradizione gastronomica bolognese in Italia e nel mondo.

Ingredienti

Un ragù tradizionale per quattro persone può essere preparato con:
  • 300 g di polpa di manzo (la cartella, cioè la parte che divide i polmoni dalle costole)
  • 100 g di pancetta di maiale dolce
  • mezzo bicchiere di vino bianco secco
  • un bicchiere di brodo di carne
  • 5 cucchiai di concentrato di pomodoro (triplo o doppio)
  • 1 cipolla, 1 carota gialla e 1 costa di sedano (50 g l'uno, interi)
  • un cucchiaio di panna da affioramento (facoltativa)

Preparazione

  1. Far soffriggere il trito di pancetta e verdure; aggiungere poi la carne di manzo tritata e, dopo una abbondante rosolatura, versare mezzo bicchiere di vino bianco secco.
  2. Ad evaporazione del vino terminata aggiungere il concentrato di pomodoro, sale e pepe a piacere, un bicchiere di brodo di carne e continuare la cottura a fuoco basso per un paio d'ore, aggiungendo la panna.
  • Variante moderna: sostituire cartella e pancetta con carne di manzo più magra e di maiale (ad esempio salsiccia fresca), la panna con un paio di cucchiai di latte e soffriggendo carne e verdure in due cucchiai di olio extravergine di oliva.

 
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