Rigatoni con ragù di coda alla vaccinara: il trionfo della cucina romana più autentica

Se esiste un piatto in grado di raccontare con forza la romanità verace, il suo amore per i sapori decisi e l’arte di trasformare ingredienti umili in esperienze gastronomiche indimenticabili, quello è senza dubbio il ragù di coda alla vaccinara. Accostato a un formato di pasta come i rigatoni, che trattengono il sugo con generosità grazie alla loro struttura scanalata, si ottiene un piatto che parla direttamente alla pancia e al cuore, rievocando i profumi delle osterie storiche di Trastevere, dove il tempo sembra essersi fermato.

La coda alla vaccinara nasce come piatto del cosiddetto "quinto quarto", la parte meno nobile del bovino, affidata ai vaccinari, i macellai del rione Regola, tra i più antichi di Roma. Per lungo tempo, frattaglie e tagli meno pregiati erano destinati alla cucina popolare, che ha saputo trasformarli in vere e proprie specialità grazie alla lenta cottura, all’uso sapiente di erbe aromatiche e all’aggiunta – nel caso della vaccinara – di ingredienti inaspettati, come il cacao amaro e il sedano.

La ricetta tradizionale prevede una lunga stufatura della coda di bue in un ricco fondo di cipolla, sedano, carota e pomodoro, che, dopo ore di cottura, si trasforma in una salsa densa e profumatissima. Una parte del sugo viene solitamente utilizzata per condire la pasta, mentre il resto viene servito come secondo, con la carne tenerissima che si stacca dalle ossa con la sola forchetta. Una consuetudine che ancora oggi si mantiene viva nelle cucine familiari e nei ristoranti più legati alla tradizione capitolina.

Ingredienti per 4 persone

Per il ragù:

  • 1,2 kg di coda di bue già tagliata in pezzi

  • 1 cipolla grande

  • 2 coste di sedano (più 2 per la finitura)

  • 1 carota

  • 1 spicchio d’aglio

  • 2 chiodi di garofano

  • 1 bicchiere di vino rosso

  • 800 g di pomodori pelati (o passata rustica)

  • 1 cucchiaino di cacao amaro

  • 1 cucchiaio di pinoli (facoltativi)

  • 1 cucchiaio di uvetta sultanina (facoltativa)

  • Olio extravergine d’oliva

  • Sale e pepe nero q.b.

Per la pasta:

  • 400 g di rigatoni

  • Pecorino romano grattugiato (opzionale, per servire)

Preparazione: la pazienza è l’ingrediente segreto

1. Rosolare la carne. In una casseruola capiente, scalda un filo d’olio extravergine e fai rosolare bene i pezzi di coda su tutti i lati finché non saranno ben dorati. Togli la carne e tienila da parte.

2. Preparare il soffritto. Nella stessa casseruola, aggiungi altra base d’olio e fai appassire la cipolla, la carota e il sedano tritati finemente insieme all’aglio intero. Dopo qualche minuto, unisci i chiodi di garofano.

3. Sfumare col vino. Quando il soffritto è ben appassito, rimetti la carne in pentola, alza la fiamma e sfuma con il vino rosso. Lascia evaporare l’alcol, quindi aggiungi i pelati schiacciati o la passata.

4. Cottura lenta. Copri con un coperchio e lascia cuocere a fuoco bassissimo per almeno 4 ore, mescolando di tanto in tanto e aggiungendo acqua calda se il sugo si asciuga troppo. A fine cottura, la carne dovrà risultare morbidissima, quasi gelatinosa.

5. Rifinitura alla romana. Negli ultimi 30 minuti, aggiungi un cucchiaino di cacao amaro, eventualmente anche i pinoli e l’uvetta precedentemente ammollata in acqua tiepida. Regola di sale e pepe. A parte, sbollenta il sedano tagliato a losanghe e aggiungilo al sugo: darà freschezza e croccantezza.

6. Separare il sugo. Una volta pronta, separa la carne dal sugo e tienila da parte (puoi servirla come secondo o aggiungerne piccoli pezzetti nella pasta). Filtra il sugo se desideri una consistenza più vellutata, oppure lascialo rustico e corposo.

7. Cuocere la pasta. Lessate i rigatoni in abbondante acqua salata. Scolali molto al dente e trasferiscili nella casseruola con il sugo caldo. Manteca bene aggiungendo, se necessario, un mestolino d’acqua di cottura.

8. Servire. Impiatta generosamente, aggiungendo a piacere del pecorino romano grattugiato e qualche fogliolina di sedano fresco tritata.

Per una variante più ricca, alcuni aggiungono una noce di burro durante la mantecatura, che rende il sugo ancora più lucido e vellutato. Altri preferiscono non utilizzare il cacao per ottenere un gusto più diretto e meno agrodolce. Entrambe le interpretazioni sono legittime: ciò che conta è rispettare i tempi lunghi della cottura, perché solo così la coda sprigiona il suo aroma pieno.

Un piatto come i rigatoni con ragù di coda alla vaccinara richiede un vino che possa sostenerne la struttura. L’abbinamento più indicato è con un Cesanese del Piglio, rosso corposo e profondo, tipico del Lazio, che con le sue note speziate e fruttate esalta il gusto pieno del ragù. In alternativa, un Montepulciano d’Abruzzo o un Aglianico del Vulture possono regalare un’esperienza altrettanto appagante.

Per chi non consuma alcol, è perfetta una bevanda fermentata artigianale a base di melograno o uva nera, che con la sua lieve acidità contrasta la succulenza del piatto.

I rigatoni con ragù di coda alla vaccinara rappresentano l’eccellenza della cucina romana: un incontro tra radici popolari e gusto raffinato, tra tecnica e passione. Un piatto che va preparato con calma e rispetto, come si fa con tutte le cose importanti. Ogni forchettata racconta una storia: di rioni antichi, di famiglie attorno al tavolo, di mestoli che sobbollono da ore in una pentola. E quella storia, una volta servita nel piatto, è pronta a diventare anche la tua.





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