Cartellate

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Le cartellate (a Bari Carteddàte, a Lucera Crùstele, a Lecce Cartiddate), sono un tipico dolce natalizio della tradizione gastronomica pugliese, diffuso in tutta la regione.
Preparate soprattutto a Natale, nella tradizione cristiana rappresenterebbero l'aureola o le fasce che avvolsero il Bambino Gesù nella culla, ma anche la corona di spine al momento della crocifissione. Una volta pronte vengono conservate in grandi contenitori custoditi in luoghi chiusi e lontani da fonti di luce. Dolci simili vengono prodotti anche in Calabria, dove vengono chiamati nèvole o crispelle, ed in Basilicata, dove prendono il nome di rose o crispedde.).

Cartellate al miele
Il nome potrebbe derivare da carta, incartellate, cioè sinonimo di incartocciate, secondo la loro tipica forma arabesca.
Tra le varie ipotesi sia il dizionario Saracino sia il Nobile fanno derivare la parola dal greco κάρταλλος (kartallos) = cesto o paniere a forma puntuta.
Esse vengono raffigurate la prima volta in una pittura rupestre del VI secolo a.C. rinvenuta nei pressi dell'attuale Bari in cui viene rappresentata la preparazione di un dolce assai simile chiamato la lanxsatura: il piatto colmo era offerto agli Dei secondo il culto di Cerere, di probabile origine greca e associato alle offerte fatte a Demetra, dea della terra, durante i misteri Eleusini.
Agli albori del Cristianesimo, queste frittelle rituali si sarebbero trasformate in doni alla Madonna, cucinati per invocarne l'intervento sulla buona riuscita dei raccolti.
Le cartellate sono, inoltre, citate come nuvole in un resoconto del 1517, stilato in occasione del banchetto nuziale di Bona Sforza, figlia d'Isabella d'Aragona e nel 1762 in un documento redatto dalle suore benedettine di un convento di Bari.

Preparazione
La preparazione avviene componendo nastri di una sottile sfoglia di pasta, ottenuta con farina, olio e vino bianco, unita e avvolta su se stessa sino a formare una sorta di "rosa" coreografica con cavità e aperture, che poi verrà fritta in abbondante olio.
Ne esistono numerose varianti, ma la ricetta tipica regionale è quella che le vede impregnate di vincotto tiepido o di miele, e poi ricoperte di cannella, zucchero a velo oppure mandorle. Il vincotto è un condimento derivante dalla cottura del mosto proveniente dalle uve pugliesi Negroamaro e Malvasia o dai fichi.
Altre varianti le vedono con il cioccolato al posto del vincotto, oppure semplicemente lo zucchero a velo. Una volta preparate si conservano in grossi tegami, lontane dalla luce e in ambienti interni.



Cucina pugliese

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La cucina pugliese si caratterizza soprattutto per il rilievo dato alla materia prima, sia di terra che di mare, e per il fatto che tutti gli ingredienti sono appunto finalizzati ad esaltare e a non alterare i sapori base dei prodotti usati.
Pertanto si troveranno tutte le verdure di stagione, dalla cima di rapa al cavolo verde, al cardo, ai peperoni, alle melanzane, ai carciofi, tutti i legumi, dai fagioli alle lenticchie alle cicerchie e alle fave, e tutti i prodotti del mare, in particolare dell'Adriatico; questi ultimi hanno una particolare caratteristica che li distingue, in conseguenza della particolare pastura che si rinviene lungo le sue coste, e dalle polle di acqua dolce che si scaricano in mare, e che servono ad attutire il salmastro, ma non ad alterarne il profumo.
Peraltro, anche se vi sono dei piatti comuni, le ricette variano da provincia a provincia, e talvolta, da città a città, così per esempio le ricette tipiche delle province di Taranto, Brindisi e Bari, adagiate sul mare, non sono uguali a quelle praticate nella provincia di Foggia, più collinosa, e di Lecce, più terragna.
Tante sono le ricette che presenta questa cucina, che ha poi una particolarità che la distingue dalle altre, di offrire piatti diversi in relazione alle diverse stagioni, così che durante le stagioni più miti, cioè in primavera e in estate, viene data preferenza alle verdure e al pesce, mentre nelle altre predominano i legumi, la pasta fatta in casa condita con vari sughi, da sola o combinata alle verdure o al pesce.
Il piatto più tipico è quello delle "Orecchiette al ragù di carne di cavallo", la cui ricetta è ormai diffusa in tutti i ricettari, ma non sono meno conosciute le "Orecchiette con le cime di rapa", la "cicoria con la purea di fave", e quelle che ricollegano il territorio al Mediterraneo, come i "Cavatelli con le cozze" o il riso al forno alla barese chiamato pure riso, patate e cozze.
I piatti più diffusi sono comunque riprodotti nei vari ricettari in circolazione, mentre sarebbe opportuno far emergere alcune delle vecchie ricette ormai non più praticate, per il notevole impegno che richiedono, ma che, se non trascritte da qualche parte, potrebbero andare perdute.

Formaggi
Da tritare sulla pasta come nel caso del cacioricotta salentino, da aggiungere al ragù o spalmare sulla bruschetta come per la ricotta forte, da gustare per delicati antipasti o leggeri piatti di mezzo come per la mozzarella, la burrata ed il Canestrato Pugliese, i formaggi pugliesi sono alimenti versatili e gustosi. In passato erano utilizzati come merce di scambio tra i pastori che abitavano numerosi le campagne e i pescatori che vivevano asserragliati, a causa degli assalti dei pirati, in poche cittadelle fortificate sul mare. Per molti secoli, infatti, il territorio costiero non fu abitato se non dai greggi caprini e ovini da cui provengono appunto questi formaggi tipici.
Tipico della Puglia, come anche di altre regioni è il Caciocavallo podolico, formaggio a pasta filata, così chiamato perché prodotto con latte proveniente da vacche di razza podolica, allevate allo stato brado.

Bocconotto

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I bocconotti sono dei dolci tipici della tradizione abruzzese, molisana, salentina, lucana, pugliese e calabrese con un ripieno che varia secondo le località in cui viene prodotto.

Storia

La leggenda popolare fa risalire la prima elaborazione di questo dolce alla fine del Settecento, nel territorio abruzzese. In quel periodo infatti iniziò l'importazione di cioccolato e caffè. Si narra che in un paese d'Abruzzo (Castel Frentano) una domestica, per omaggiare il suo padrone, goloso di questi due nuovi prodotti, inventò un dolce che ricordava la tazzina di caffè (naturalmente senza manico e coperchio) realizzando l'esterno con la pasta frolla e riempiendo l'interno con caffè e cioccolato liquidi. Alla prima cottura vide che il ripieno rimaneva troppo liquido; allora decise di addensarlo con mandorle (che in Abruzzo venivano importate dalla Puglia) e tuorli d'uova e di ricoprire la "tazzina" con un coperchio che a cottura ultimata spolverò di zucchero a velo. Quando il Padrone assaggiò il dolce ne rimase estasiato e chiese alla sua domestica come si chiamava; la donna, che non gli aveva dato nessun nome, improvvisò chiamandolo "Bocconotto" visto che si mangiava in un boccone. Le dimensioni del bocconotto infatti sono rimaste piccole fino agli anni '50 del XX secolo, quando iniziarono a aumentare. Fino a quell'epoca si aggiungeva al ripieno anche un chicco di caffè, a ricordo del caffè messo inizialmente e per aromatizzare il ripieno.
Secondo altri invece il bocconotto sarebbe originario dei contadini dell'entroterra murgiano che, costretti a vivere in spazi stretti ed angusti, adattarono le esigenze culinarie alla propria realtà. Le ridotte dimensioni dei bocconotti, la possibilità di essere conservati anche per molti giorni in ambiente naturale, nonché il loro alto grado nutrizionale, ne hanno fatto per anni uno dei cavalli di battaglia della tradizione culinaria meridionale.
Secondo altri ancora il dolcetto avrebbe origini calabresi. A Cosenza infatti già dal 1300 venivano preparati dei dolci molto simili, le "Varchiglie". In origine questo dolce veniva preparato dalle monache per le tavole dei vescovi. La Varchiglia è uno scrigno di pastafrolla che racchiude un ripieno di farina di mandorle e zucchero e che viene infine ricoperto di cioccolato. Il dolce è ancora preparato in apposite forme di metallo a forma di barca da cui probabilmente, deriva il nome. I bocconotti, quindi, più semplicemente, venivano preparati nelle case dei cosentini dove le grandi forme di metallo vennero sostituite da piccole formine, sempre di metallo, e sostituendo il costoso ripieno di farina di mandorle con una più reperibile marmellata d'uva fatta in casa, e la preziosa cioccolata con lo zucchero a velo che li ricopre.
Ancora oggi la tradizione della ricetta si tramanda di famiglia in famiglia, con numerose varianti.

Origine del nome

Il nome deriva dal fatto che questi dolci sono piccoli abbastanza da poter essere mangiati in un solo boccone, magari accompagnati da vino passito.

Composizione

Esiste una variante dolce ed una variante salata.
La variante dolce è sempre fatta di pasta frolla con un ripieno che può essere di miele o pappa reale o di crema pasticcera o di marmellata o di cioccolato secondo le varianti regionali.
La versione salata varia sia nella farcitura che nell'involucro: la pasta frolla è sostituita dalla pasta sfoglia e si usa un impasto di funghi, rigaglie di pollo, animelle e tartufo, anziché il cioccolato e le mandorle.
Nella versione dell'area brindisina, il ripieno di confettura è solitamente di pera o di mela cotogna.


Prodotti agroalimentari tradizionali

Il Bocconotto di Castel Frentano è un prodotto agroalimentare la cui tipicità è riconosciuta dalla regione Abruzzo, caratterizzato dalla presenza nel ripieno di cioccolato, cannella e mandorle tostate. Esiste anche una variante pescarese uguale a quella di Castel Frentano con la sola aggiunta del liquore Centerba.
Sempre in Abruzzo troviamo il Bocconotto di Montorio al Vomano, dolce tipico del territorio e vanto della pasticceria locale, è caratterizzato dal ripieno di marmellata d'uva, solitamente uva montepulciano, che viene aromatizzata con mandorle tostate e tritate, cioccolato e cannella in polvere.
La variante pugliese, prevede un ripieno di mandorle e amarene, racchiuso nel medesimo involucro compatto.
Tipico il bocconotto di Bitonto, che si fa risalire alle monache benedettine di Bitonto, dove la ricetta prevede un ripieno di ricotta e canditi e meno zucchero nell'impasto.
La Calabria ha segnalato per l'elenco dei PAT il Bucconotto di Mormanno provincia di Cosenza (bucchinotto nella forma dialettale) di 4 cm di diametro che può essere ripieno tanto di cioccolato che di marmellata e spolverato di zucchero al velo.
Sempre in Calabria il Bocconotto di Amantea ha una forma ovaleggiante con l'esterno in pasta frolla ricoperta da zucchero a velo con un ripieno di cioccolato, mandorle tostate tritate, zucchero, cannella e chiodi di garofano.

Trepang

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Il trepang è un prodotto alimentare largamente consumato da alcune popolazioni orientali. Si ottiene da varie specie di oloturie, in particolare da Holothuria edulis dell'Oceano Indiano che, cotte in acqua di mare e poi passate in acqua dolce, vengono disseccate e talora affumicate. Per il consumo, soprattutto come minestre, le oloturie così preparate si tagliano a pezzi e si fanno bollire insieme ad erbe aromatiche.

Bellavista

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Nell'arte culinaria, le preparazioni di piatti ricoperti di gelatina vengono dette in bellavista.


Preparazione

In cucina, le pietanze realizzate in bellavista sono piatti freddi che si possono servire in tavola o al buffet, generalmente presentate su piatti da portata di grande dimensione, coreograficamente definite. Spesso il termine indica un pesce servito senza pelle, gelatinato e decorato.
La gelatina usata a livello domestico è di solito quella già pronta, detta anche colla di pesce perché ottenuta anticamente dal grasso di halibut, ma a livello industriale oppure nelle cucine dei grandi alberghi o dei grandi ristoranti essa viene preparata con un lungo processo di cottura utilizzando il grasso e le cartilagini dei bovini.

Maccheroni al formaggio

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I maccheroni al formaggio (in inglese macaroni and cheese, macaroni cheese, mac and cheese e mac n cheese) sono un piatto inglese a base di maccheroni e formaggio.

Storia
Antecedenti
Fra i più antichi antecedenti dei maccheroni al formaggio vi è la pasta al Parmigiano descritta sul Liber de coquina, curato da un anonimo italiano vissuto nel XIV secolo e fra i più antichi libri di cucina medievale. Altrettanto longeva è la ricetta dei makerouns contenuta nel Forme of Cury, pubblicato sul finire dello stesso secolo. Tale piatto consisteva in una pasta fresca tagliata a mano e condita con una miscela di burro fuso e formaggio. La ricetta (in inglese medio recita:

(EN)
«Take and make a thynne foyle of dowh. and kerve it on peces, and cast hem on boillyng water & seeþ it wele. take chese and grate it and butter cast bynethen and above as losyns. and serue forth.»

(IT)
«Prepara una sottile lamina di pasta e tagliala a pezzi. Metti a bollire la pasta nell'acqua e falla cuocere bene. Grattugiate il formaggio e aggiungetelo con il burro sotto e sopra come si fa con i losyns (un piatto simile alle lasagne) e servite.»

Le origini
La prima vera e propria ricetta dei maccheroni al formaggio apparve però nel libro di Elizabeth Raffald The Experienced English Housekeeper, uscito nel 1769. La ricetta di Raffald consisteva in una besciamella con formaggio formaggio Cheddar (detta anche salsa Mornay) che viene mescolata con maccheroni, cosparsa di parmigiano e cotta fino a diventare spumosa e dorata. Una ricetta del 1784 afferma invece che i maccheroni vanno bolliti e scolati in un setaccio prima di essere versati in padella. Successivamente, i tubetti di pasta vengono insaporiti con la panna e una "noce di burro" arrotolata nella farina. Infine, il tutto deve essere cotto per cinque minuti prima di essere impiattato e condito con parmigiano tostato e pepe. Il noto libro di cucina vittoriana Book of Household Management di Isabella Beeton contiene due ricette per preparare i maccheroni al formaggio. Una di queste riporta:

(EN)
«The macaroni, (which should be "tender but perfectly firm, no part being allowed to melt, and the form entirely preserved" – lest one be tempted to cook it for so long it actually disintegrated) is then topped with more cheese, pepper and breadcrumbs, before receiving a final dose of melted butter for good measure and being placed before a "bright fire" to brown the crumbs, or grilled with a salamander broiler.»

(IT)
«I maccheroni, (che dovrebbero essere "teneri ma perfettamente sodi, nessuna parte dovrebbe sciogliersi e la forma interamente preservata" - affinché non si sia tentati di cuocerli per troppo tempo in quanto altrimenti si disintegrerebbero) vengono quindi conditi con formaggio, pepe e pangrattato, prima di venire conditi con una dose finale di burro fuso per buona misura e di essere posti davanti a un "fuoco luminoso" per dorare le briciole o grigliati con una griglia salamandra.»

Diffusione
Stati Uniti d'America
I maccheroni al formaggio divennero noti negli odierni USA grazie al presidente Thomas Jefferson che, dopo aver scoperto la pietanza a Parigi assieme al suo chef e servitore James Hemings, decise di conservare la ricetta per prepararla nella sua villa a Monticello. Jefferson disegnò uno schizzo della pasta e scrisse note dettagliate sul suo processo di estrusione. Nel 1793, ordinò al suo ambasciatore americano stanziato a Parigi William Short di far costruire una macchina per preparare i maccheroni con formaggio. Tuttavia, la macchina non si rivelò idonea e Jefferson fece successivamente importare maccheroni e parmigiano a Monticello. Durante una cena di stato avvenuta nel 1802, Jefferson servì "una torta chiamata maccheroni". Il menu della cena fu scritto dal reverendo Manasseh Cutler, che pare non apprezzasse il piatto. Una ricetta chiamata macaroni and cheese apparve nel tomo di cucina The Virginia Housewife, scritto da Mary Randolph nel 1824. La ricetta di Randolph aveva tre ingredienti: maccheroni, formaggio e burro, sovrapposti e cotti al forno. Secondo lo storico gastronomico Karen Hess, quello di Randolph era il volume di cucina più influente del XIX secolo. Altre ricette per preparare i maccheroni con il formaggio si possono trovare in Hand-book of Useful Arts (1852), Godey's Lady's Book (1861) e in altri tomi culinari, tutti pubblicati in varie aree degli USA orientali (fra cui lo stato del Kansas e la cittadina di Festus, nel Missouri). Sebbene, durante la seconda rivoluzione industriale, la notorietà dei maccheroni al formaggio godesse di una certa notorietà e i gli ingredienti per prepararli fabbricati, tale piatto rimase inizialmente un'esclusiva per i ricchi. Nonostante ciò, con il trascorrere del tempo, gli ingredienti dei maccheroni al formaggio divennero sempre più economici e il piatto ebbe sempre più successo fra le classi meno agiate.

Canada
La ricetta dei maccheroni al formaggio fu esportata in Canada da immigrati britannici provenienti da altre parti dell'Impero britannico. Si presume che le ricette per preparare i maccheroni al formaggio risalgano quantomeno al 1845, anno in cui venne pubblicato il Modern Practical Cookery, che riporta il metodo per prepararli. Questo volume culinario dichiara che tale piatto andrebbe cucinato con usando pasta sfoglia (all'epoca un ingrediente consumato dalle classi più ricche) salsa con panna, tuorli d'uovo, macis, senape e parmigiano grattugiato o formaggio Cheshire. All'epoca, fra gli altri ingredienti per preparare i maccheroni veniva probabilmente usato anche il Cheddar, un prodotto che stava guadagnando sempre maggiore attenzione. Oggi tale piatto vanta un grande successo in Canada, dove viene venduto il Kraft Dinner, celebre marchio di pasta confezionata. Scrivendo sulla rivista The Walrus, Sasha Chapman considera i maccheroni al formaggio un piatto canadese ancor più rappresentativo dei poutine.

Età contemporanea
Durante gli anni 2010, i maccheroni al gusto formaggio videro un'impennata di popolarità nel Regno Unito, dove divennero un pasto e contorno popolare nei fast food e nei ristoranti.

Preparazione
Solitamente, i maccheroni al formaggio vengono bolliti, conditi con formaggi a piacere fra cui Cheddar, Groviera, Gouda e Havarti, messi in casseruola e infornati. A volte il condimento al formaggio viene mescolato con la besciamella al fine di preparare una salsa Mornay. Alcuni preferiscono utilizzare altri tipi di pasta per preparare la ricetta fra cui conchiglie e i noodles. I maccheroni al formaggio possono contenere altri ingredienti fra cui pangrattato, carne e verdure.

Buffet

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Buffet è un termine francese di etimo incerto originario del XVII secolo. In italiano viene adattato in buffè.
Indicava originariamente il mobile sul quale erano disposte le vivande, in modo ben visibile ai consumatori, oggi indica invece il tipo di esposizione e servizio dove le pietanze risultano esposte e sono i commensali che provvedono a scegliere secondo preferenza cosa consumare.
Può essere accostato al significato di credenza, ma non dispone di una parte alta dove vengono riposte le stoviglie.
In tempi più recenti questo tipo di arredamento ha cominciato ad essere poco frequente nelle abitazioni e relegato all'ambito ristorativo, perciò la parola buffet ha cominciato ad essere usata non più per indicare l'arredamento, ma per designare la disposizione delle portate e dal servizio agli ospiti in cui il cibo è posto in un'area pubblica dove i commensali si servono da soli o vengono serviti da personale.

Il mobile: buffet e controbuffet

Arredo che iniziò ad essere introdotto nelle case a partire dal XVIII secolo, era posto nella sala da pranzo ed era costituito da un mobile con una spaziosa superficie che veniva apparecchiata disponendo le vivande su vassoi e piatti da portata. Il mobile poteva essere abbinato ad un secondo, di foggia similare e definito controbuffet (in italiano controbuffè), che faceva da riscontro al buffet vero e proprio riprendendone le fogge in dimensioni minori. A volte buffet e controbuffet erano provvisti di specchiera o solo uno dei due.
I materiali di fabbricazione erano di legno con i ripiani d'appoggio in pietra, marmo, vetro, specchio o altro. La loro estetica ha seguito le mode dei periodi nei quali è stato impiegato. Successivamente furono introdotti anche materiali più moderni come plastica e melaminico.



Il servizio a buffet

Il nome deriva da quello del mobile dove erano disposti i piatti da consumare, dal quale ha traslato il significato, anche se solo di recente ha iniziato ad identificare il modo di presentare il cibo e non più il supporto.
In questo tipo di servizio i commensali possono vedere direttamente il cibo e immediatamente scegliere quali piatti si desiderano consumare, e quindi anche quanto cibo prendere.
Come l'arredo omonimo, questo tipo di servizio prese piede nel Settecento e rimase in voga per tutto l'Ottocento e il Novecento fino ad oggi, variando principalmente le pietanze offerte, adattandosi bene alle circostanze sociali più affollate.
È storicamente "a buffet" la colazione del servizio all'inglese nelle case delle classi più abbienti, mentre pranzi e cene erano invece serviti da camerieri al tavolo.
I buffè possono contemplare sia piatti caldi sia freddi e di solito comportano l'utilizzo di posate, ma esiste anche la possibilità di un "buffet a dito" (finger food), dove, solo per una serie di alimenti, si riesce a consumarli con una mano sola, come, ad esempio, fette di pizza, piccole tartine e crostini, salumi vari, ecc.
L'uso di buffet è utile quando bisogna servire un gran numero di persone tutte assieme, come in contesti istituzionali, convention aziendali o grandi feste.
Alcuni esercizi commerciali sono specializzati in un servizio a buffet e offrono solitamente un menù a prezzo fisso secondo la formula "all-you-can-eat" ("tutto quello che puoi mangiare").

 
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