Tumact me Tulez: la tradizione italo-albanese che profuma di Basilicata

Nel cuore della Basilicata, nella provincia di Potenza, il piccolo comune di Barile custodisce un tesoro gastronomico che incarna la fusione tra storia, cultura e sapore: il Tumact me Tulez. Questo piatto di tagliatelle con mollica è molto più di una semplice ricetta: è la testimonianza viva di una comunità che, nel XV secolo, si stabilì nel sud Italia fuggendo dall’invasione ottomana dei Balcani e portando con sé la propria lingua, le proprie tradizioni e il proprio rito religioso.

Il Tumact me Tulez rappresenta oggi un elemento distintivo della cucina arbëresh, tramandato di generazione in generazione, e riconosciuto come prodotto agroalimentare tradizionale lucano (PAT) dal decreto ministeriale del 25 febbraio 2022. La sua preparazione, apparentemente semplice, nasconde un equilibrio di sapori e un legame profondo con la storia del territorio.

Il nome stesso del piatto deriva dall’espressione arbëreshe tumacë me tulë, pronunciata “tumàzzt ma tul”, che significa letteralmente “tagliatelle con la mollica”. Questa denominazione sottolinea due aspetti fondamentali: da un lato, l’uso della pasta fatta in casa, dall’altro, la valorizzazione di un ingrediente semplice ma ricco di gusto come la mollica di pane, fritta fino a diventare croccante.

La tradizione gastronomica italo-albanese si esprime in diverse varianti del piatto: tumacë ndë shpi, ovvero tagliatelle fatte in casa, tumacë me fasule con fagioli, e tumacë me qiqra con ceci. Queste versioni rappresentano la flessibilità di un alimento che, pur radicato in una cultura specifica, ha saputo integrarsi con gli ingredienti locali lucani e con le esigenze della cucina quotidiana.

La storia del Tumact me Tulez si intreccia con quella della comunità arbëresh di Barile. Giunta in Italia meridionale alla fine del XV secolo, questa colonia albanese portava con sé un bagaglio culturale completo: lingua, rito bizantino, tradizioni sociali e gastronomiche. Il piatto è quindi non solo una ricetta, ma un documento tangibile della resilienza e dell’identità culturale di un popolo migrante. Nel tempo, la ricetta ha subito contaminazioni con la cucina locale lucana, soprattutto nell’uso dei prodotti tipici del territorio come le noci e il pane casereccio.

Oltre alla tradizione, il Tumact me Tulez ha acquisito rilevanza anche in ambito artistico e culturale. Nel 1964, Pier Paolo Pasolini, durante le riprese del suo film Il Vangelo secondo Matteo a Barile, avrebbe apprezzato il piatto, riconoscendone il valore culturale e il legame con la comunità locale.

Dal 1997, la tradizione gastronomica ha trovato una celebrazione ufficiale attraverso l’omonima sagra del Tumact me Tulez, un evento annuale che richiama visitatori da tutta Italia e non solo. La manifestazione ha ottenuto nel 2019 il riconoscimento di “Sagra di Qualità” dall’Unione nazionale delle Pro Loco d’Italia (UNPLI) e, nel 2018, è stata citata da American Express tra le dieci meravigliose sagre italiane. Questi riconoscimenti hanno contribuito a diffondere la conoscenza di un piatto che, pur legato a una realtà locale, ha saputo conquistare un pubblico più ampio.

La preparazione del Tumact me Tulez richiede cura, tecnica e conoscenza degli ingredienti. La pasta, generalmente tagliatelle fatte in casa, può essere classica o leggermente riccia, e costituisce la base del piatto. Il condimento è un equilibrio di sapori decisi e contrastanti:

  • Filetto o salsa di pomodoro, alla base della ricetta, conferisce dolcezza e acidità.

  • Aglio e prezzemolo, tritati finemente, donano aromaticità e freschezza.

  • Acciughe sciolte nel condimento, che aggiungono sapidità e profondità.

  • Mollica di pane fritta, croccante e fragrante, che costituisce l’elemento caratterizzante del piatto.

  • Granella di noci, per una nota croccante e leggermente amarognola.

  • Peperoncino, facoltativo, per chi desidera conferire una punta di piccantezza.

La chiave della riuscita del piatto sta nella cottura della pasta al dente e nel dosaggio della mollica e delle noci, che devono completare senza sovrastare gli altri ingredienti. Ogni forchettata deve combinare morbidezza e croccantezza, dolcezza e sapidità, creando un equilibrio che sorprende il palato pur nella sua semplicità.

La mollica di pane va fatta tostare in olio extravergine di oliva fino a ottenere una doratura uniforme: se bruciata, il piatto perde armonia. Le noci, tritate grossolanamente, si aggiungono solo a fine cottura per preservare aroma e croccantezza. L’aglio e le acciughe, invece, vanno soffritti lentamente per sciogliere completamente i sapori e creare una base aromatica intensa.

Il condimento va unito alla pasta appena scolata, lasciando che l’amido residuo leghi leggermente il sugo. La mollica e la granella di noci si aggiungono successivamente, fuori dal fuoco, per garantire che rimangano croccanti. Il risultato è un piatto ricco di texture e contrasti, dove ogni ingrediente trova il proprio spazio senza sovrastare gli altri.

Il piatto non è solo una preparazione da ristorante o da sagra: tradizionalmente, veniva servito durante eventi speciali, come matrimoni, la festa di San Giuseppe o il Natale, occasioni in cui la comunità si riuniva attorno alla tavola per celebrare e rafforzare i legami sociali. In questo senso, il Tumact me Tulez è anche un veicolo di memoria collettiva, un piatto che racconta la storia di un popolo e la sua capacità di adattarsi pur mantenendo identità e tradizioni.

In tutta la regione dell’Arbëria, piatti simili sono conosciuti come tumacë ndë shpi (tagliatelle fatte in casa) o accompagnati da legumi, come i ceci o i fagioli, dimostrando la versatilità di una ricetta che può adattarsi agli ingredienti disponibili senza perdere la propria identità.

Il Tumact me Tulez, grazie alla sua complessità di sapori, si abbina bene a vini bianchi strutturati e aromatici della Basilicata, come un Aglianico bianco o un Fiano leggermente fresco. L’acidità del vino contrasta la croccantezza della mollica e bilancia la sapidità delle acciughe, creando armonia nel bicchiere e nel piatto. Per chi preferisce i rossi, un Aglianico del Vulture giovane può sostenere il piatto senza sopraffarlo, grazie ai tannini morbidi e ai profumi fruttati.

In alternativa, per chi cerca un abbinamento non alcolico, un infuso leggermente aromatico a base di erbe mediterranee, come rosmarino o salvia, può pulire il palato e valorizzare le note croccanti e aromatiche della pasta.

Il Tumact me Tulez rappresenta un esempio perfetto di come la cucina possa essere memoria storica, tradizione culturale e piacere del gusto allo stesso tempo. Ogni ingrediente racconta una storia, dalla mollica fritta alle noci, dalle acciughe al pomodoro fresco. La sua diffusione a Barile e nelle altre comunità arbëresh testimonia la capacità della gastronomia di mantenere viva l’identità di un popolo, pur adattandosi ai cambiamenti dei tempi e del territorio.

Oggi, gustare il Tumact me Tulez significa non solo apprezzare un piatto ricco e articolato, ma anche compiere un viaggio nella storia, tra le colline della Basilicata e le radici della comunità albanese che vi si stabilì secoli fa. La sua preparazione, pur rispettosa della tradizione, offre la possibilità di interpretazioni personali, mantenendo sempre il dialogo tra croccantezza e morbidezza, tra sapidità e dolcezza, che lo rende un punto fermo della cucina lucana e della cultura italo-albanese.



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