Perché i ristoranti cinesi in Italia costano così poco


Negli ultimi trent’anni i ristoranti cinesi hanno conquistato un posto stabile nelle città italiane, diventando sinonimo di pasti veloci, convenienti e accessibili a quasi tutte le tasche. Ma come fanno a mantenere prezzi così bassi rispetto ad altri locali?

La risposta è un intreccio di fattori economici, organizzativi e culturali.

Uno dei primi motivi è la gestione delle materie prime. Molti ristoratori cinesi acquistano prodotti economici come riso, noodles, germogli di soia e verdure di base in grandi quantità, spesso tramite canali di importazione diretta dalla Cina o da fornitori internazionali a basso costo. In altri casi, preferiscono tagli di carne meno pregiati o ortaggi “imperfetti” dal punto di vista estetico, ma perfettamente commestibili, che vengono comunque lavorati e cucinati.

Questa strategia di approvvigionamento consente di ridurre notevolmente le spese rispetto ai canali tradizionali usati da molti ristoranti italiani.

Gran parte dei ristoranti cinesi in Italia è a conduzione familiare. Ciò significa che spesso i proprietari e i loro parenti lavorano direttamente in cucina e in sala, abbattendo il costo della manodopera. Inoltre, in passato, non sono mancati casi di lavoratori immigrati da poco in Italia che hanno accettato stipendi molto bassi e turni lunghi, fattore che ha contribuito ad abbassare ulteriormente i costi complessivi.

Un altro elemento chiave è la velocità. Le ricette tipiche della cucina cinese servita in Italia sono studiate per essere preparate in pochi minuti, con cotture veloci in wok che riducono tempi e consumi energetici. Ciò permette di servire un numero elevato di clienti in tempi ridottissimi, aumentando il volume d’affari anche con margini unitari molto bassi.

La formula “all you can eat” ha amplificato questo meccanismo: un prezzo fisso invoglia i clienti a entrare, e il gran numero di coperti garantisce la sostenibilità del modello.

Non bisogna però generalizzare. Accanto ai ristoranti economici, negli ultimi anni è cresciuto anche il numero di locali cinesi di fascia medio-alta che puntano sulla qualità delle materie prime e su un’offerta gastronomica più vicina alla tradizione autentica, con piatti regionali come il mapo tofu del Sichuan o gli xiao long bao di Shanghai.

Allo stesso tempo, la categoria è stata costretta a rivedere i listini verso l’alto: l’inflazione, l’aumento delle materie prime e i maggiori controlli hanno spinto molti menù a superare le cifre simboliche degli anni ’90 e 2000.

Non mancano tuttavia le ombre. Diversi controlli condotti negli ultimi anni dalle autorità italiane hanno evidenziato irregolarità in alcuni locali, soprattutto in merito alla conservazione degli alimenti e alla pulizia delle cucine. Va precisato che non si tratta di un fenomeno esclusivo dei ristoranti cinesi, ma riguarda trasversalmente il settore della ristorazione a basso costo.

La storia dei ristoranti cinesi in Italia è, in fondo, la storia dell’integrazione e della globalizzazione. Nati come luoghi “esotici” negli anni ’80 e ’90, hanno saputo adattarsi ai gusti locali, proponendo piatti come “riso alla cantonese” e “pollo alle mandorle” che spesso poco hanno a che vedere con le ricette originali. Oggi, però, nuove generazioni di ristoratori puntano a riportare in tavola la vera cucina regionale cinese, cercando di conciliare autenticità e sostenibilità economica.

Così, dietro ai prezzi contenuti, si cela un sistema fatto di lavoro familiare, filiere parallele e strategie di volume, che spiegano perché un piatto in un ristorante cinese in Italia continui a costare meno che altrove.


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