Come sistemare la cucina

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Organizzare una cucina può essere un'impresa molto complessa, soprattutto se lo spazio a propria disposizione è limitato. È necessario prima di tutto fare una distinzione tra gli oggetti che devono rimanere sempre nella cucina e quelli, invece, che vi si trovano solo di passaggio. Sarebbe, infatti, un'ottima soluzione (anche se non sempre praticabile per problemi di spazio) tenere le stoviglie (piatti, piatti da portata, bicchieri e tutto ciò che serve per apparecchiare la tavola) in una credenza apposita e lasciare, nei mobili della cucina, solo il necessario per cucinare (pentole, taglieri, coltelli, alimenti, elettrodomestici), così da poter organizzare, per un più rapido utilizzo, il tutto. Quando non è possibile effettuare questa netta separazione, è bene cercare, però, di tenere il necessario per la tavola separato dal resto. L'organizzazione efficiente di una cucina, passa per alcuni punti fondamentali e necessita anche di attrezzi indispensabili.
La cucina è senza dubbio la stanza più frequentata della casa ed anche quella che, talvolta, viene usata per scopi diversi, come smistare la spesa e sistemare i fiori, ed è anche la stanza in cui si tiene la spazzatura (meglio una veranda o un balcone se disponibile).
Per questo motivo è necessario avere bene in mente alcuni aspetti:
  • sapere di quanto spazio disponiamo per riporre le varie attrezzature quando non utilizzate, così da acquistare solo gli elettrodomestici (grandi e piccoli) di cui abbiamo reale necessità
  • scegliere piccoli elettrodomestici versatili (esempio: una piastra che possa fungere anche da tostapane)
  • sapere di quanto spazio disponiamo come piano di lavoro
  • sistemare gli oggetti nei vari scaffali o cassetti in base alla frequenza di utilizzazione
Inoltre, è bene tenere in mente che le diverse inclinazioni culinarie possono influenzare molto l'aspetto di una cucina: chi ami particolarmente preparare dolci, anche elaborati, necessiterà di attrezzature particolareggiate, rispetto a chi, invece, preparerà esclusivamente pasti familiari. Lo stesso dicasi per chi, invece, amerà una cucina etnica piuttosto che tradizionale. Cercheremo quind di creare delle guide utili per ogni tipo di utente culinario. passiamo, quindi, all'attrezzatura indispensabile per ogni tipo di cucina.

Panini

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Un Panino è una forma di pane di piccola pezzatura, che per contrazione può indicare anche il panino imbottito.

Tipologie

Molti tipi di forme di pane possono essere considerate panini, come ad esempio il filoncino, la rosetta o michetta, la biova e la biovetta, il bocconcino, la spaccatella. Si tratta spesso di denominazioni regionali che variano da una località all'altra.
La variabilità regionale dei nomi dati alle forme di pane non è peraltro un fenomeno solo italiano ma si ripropone in varie altre aree geografiche.

Uso nei panini imbottiti

La varietà nel campo dei panini imbottiti non riguarda solamente gli ingredienti dell'imbottitura ma anche il tipo di panino da utilizzare. Nei libri di ricette in base al risultato voluto vengono consiglite diverse tipologie di pane.
  • Per panini dove sono presenti sottaceti vengono sconsigliati pani troppo ricchi di mollica, in quanto questa potrebbe imbibirsi in modo eccessivo del liquido di governo rendendo il panino troppo unto o acido.
  • Per panini freddi dove predominano salumi stagionati viene consigliato pane sciocco o comunque pane non troppo salato, in modo da dare il giusto rilievo al sapore del salume.
  • Per panini nella cui imbottitura siano presenti salse (es. maionese o salsa tonnata) è preferibile un pane ricco di mollica, possibilmente piuttosto morbida, in modo che la salsa non fuoriesca ma venga trattenuta da quest'ultima.
  • Per panini che prevedono di essere riscaldati, il pane ideale dovrebbe essere basso e poco lievitato, come schiacciate o ciabatte.

Focaccia con il formaggio

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La focaccia con il formaggio (a volte ma impropriamente focaccia al formaggio), in genovese a fugassa cö formaggio, è un tipo di focaccia farcita tipica della Liguria e dell'Oltregiogo.

Descrizione

La focaccia col formaggio esiste in numerose versioni, con farciture superficiali che comprendono sia solo formaggio (di vari tipi, a volte miscelati tra di loro), sia altri ingredienti (formaggio e prosciutto cotto, formaggio e würstel, speck e fontina, ecc...).
Gli ingredienti prevedono farina, olio extravergine di oliva e lievito di birra (ingredienti di base per la pasta uguali a quelli dell'altrettanto tipica focaccia genovese), oltre ovviamente al formaggio scelto che viene posto sopra alla pasta prima dell'inserimento in forno. Riguardo a quest'ultimo esistono varianti con fontina o altri formaggi morbidi simili, con formaggi meno densi come stracchino, mozzarella o gorgonzola e, come detto, misture di diversi formaggi.
Normalmente viene venduta al taglio fasciata in carta per alimenti, al pari della focaccia genovese tradizionale, essendo lo strato superficiale di formaggio dopo la cottura abbastanza denso ed aderente alla pasta da permetterne la degustazione tenendola in posizione verticale.

Focaccia di Recco col formaggio

Una tipologia di focaccia col formaggio molto nota è la Focaccia di Recco col formaggio (in dialetto genovese a fugassa de Réccu), di cui si trovano tracce storiche in letteratura fin dal XIX secolo. La focaccia, preparata inizialmente nei ristoranti e nei forni di Recco e dei comuni limitrofi, si è rapidamente diffusa prima nel Tigullio e nel genovesato e poi in tutta la Liguria, spesso con piccole variazioni sul tipo di formaggi impiegati.
Questo ha portato i ristoratori della zona a cercare di tutelare il prodotto da possibili imitazioni ritenute di qualità inferiore, prima, nel 1997, registrando il marchio "Autentica Focaccia col Formaggio di Recco" come Consorzio Recco Gastronomica e poi, nei primi anni del XXI secolo, come Consorzio Focaccia col formaggio di Recco, richiedendo la tutela dell'Indicazione geografica protetta. Dall'estate del 2011 la Focaccia di Recco col formaggio si fregia del marchio dell'IGP, certificazione presentata il 14 luglio (decreto pubblicato in G.U. n 51 del 1º marzo 2012) negli uffici della Regione Liguria dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali inizialmente su territorio nazionale e, a partire dal 2015, a livello europeo. Prodotti simili, commercializzati al di fuori dell'area di Recco, Sori, Camogli e Avegno, pur continuando ad essere cucinati e venduti, non possono quindi più legalmente fregiarsi di nomi che contengano riferimenti a "Recco", che sovente erano presenti prima dell'ottenimento dell'IGP (es "focaccia tipo Recco").
Al contrario della versione "normale", la focaccia di Recco, secondo la ricetta originale, si compone di due strati sottilissimi di pasta a base di farina e olio di oliva (senza lievito, anche se questo viene elencato in alcuni ricettari), farciti internamente (e non nella parte superiore) con lo stracchino, che ha ormai quasi totalmente surrogato le originarie prescinsêua (ritenuta troppo liquida e acida) e formaggetta. Il formaggio fuso rimane così molto liquido e a volte può fuoriuscire da fessure che con la cottura si vengono a creare nel sottile strato superiore di pasta. La fluidità del formaggio fuso e il poco spessore della pasta rendono molto scomodo mangiarla fasciata nella carta e più pratico servirla in piatti.
A causa della ridotta produzione casearia ligure, e della conseguente provenienza extraregionale del formaggio stracchino, la focaccia con il formaggio prevede ora crescenza di origine ligure (prodotta a Masone, in valle Stura in provincia di Genova) al posto dello stesso stracchino, per rientrare nelle regole della classificazione di Indicazione Geografica Protetta europea.
Il 2 marzo 2012 è diventato un prodotto IGP italiano e il 3 giugno 2013 ha ricevuto il riconoscimento da parte dell'Unione europea la focaccia di Recco col formaggio prodotta nei comuni di Recco, Avegno, Sori e Camogli.

Prodotti similari

Simili per ingredienti e diffusione geografica alla focaccia di Recco sono le focaccette al formaggio, di dimensioni minori e con una cottura effettuata tramite frittura invece che in forno. Sempre simile alla focaccia d Recco è quella di Arenzano (cittadina costiera ligure posta a ponente di Genova), che prevede l'uso del lievito e, come farcitura tra i due strati di pasta, della panna inacidita e della fontina.

Festa della focaccia di Recco

Dal 1955 si svolge a Recco la "Festa della focaccia" che si tiene nell'ultima settimana del mese di Maggio.

Roux

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Il roux è una sostanza per salse e minestre, ottenuto mescolando farina, amido di mais (es. Maizena) e burro o altri grassi come margarina, olio o lardo sciolto.

Etimologia

È un termine francese il cui significato è "rosso, rossiccio"; solitamente viene utilizzato per indicare una persona dai capelli rossi o il colore stesso di questo tipo di capelli, che è appunto il colore che questa preparazione tende ad assumere.

Storia

François Pierre La Varenne, nel 1651, ha scritto nel suo libro di cucina ciò che si fa mescolando la farina e lo strutto. Egli chiamò questa miscela "ispessimento della farina", la quale in seguito divenne nota come farina fritta, o roux.
A metà del Settecento, la miscela fu chiamata roux de farine, fatta col lardo, che veniva cotto fino ad un colore chiaro e una consistenza cremosa.
Cento anni dopo, molti cuochi francesi pensavano che il roux fosse usato troppo, mentre altri, tra cui Antonin Carême, la pensavano diversamente. Carême credeva che il roux «...fosse indispensabile ai cuochi come l'inchiostro per gli scrittori».

Preparazione

Il roux si ottiene scaldando il burro in una padella, aggiungendo la farina e mescolando fino a quando la farina è completamente incorporata nel burro scaldato. Si ottiene un composto fluido di colore variabile a seconda del tempo di cottura:
  • roux bianco, è la base per addensare il ragù.
  • roux biondo, è la base per la salsa besciamella e le sue varianti salsa Mornay, salsa Villeroy e salsa Nantua.
  • roux bruno, è la base per una salsa per insaporire una pietanza.

Variazioni

Il roux è la base per numerose salse usate nella cucina francese, come le quattro salse madri francesi, la salsa vellutata, la salsa besciamella, il fondo bruno legato o salsa spagnola, la salsa di pomodoro, da cui derivano le salse di base, che sono la salsa alemanna o salsa parigina, la salsa suprema e la salsa al vino bianco, la salsa alla crema e la salsa demi-glace. Da queste salse di base derivano tutte le altre, le salse bianche composte e le salse brune composte.

Attenti la CIA (critica indipendente e anonima) vi spia

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Qualunque critico che si rispetti riceve regali. Volete che ora mi stupisca per gli inviti a cena che mi vengono offerti in qualità di critico gastronomico?
Via, siate seri: mi ci vedete travestito con baffi e naso finto per non farmi riconoscere dai cuochi?
Con un abbondante trucco e parrucco, dovrei presentarmi in incognito nei ristoranti manco fossi una spia dell’intelligence: solo così potrei garantire la correttezza dell’informazione, quest'ultima la recito per i moralisti di turno, che mi raccomandano di pagare il conto!
Ma davvero siamo convinti che un buon ispettore delle guide debba recensire il lavoro di un cuoco in incognito e senza conoscerlo di persona? Maddai!
Personalmente sono più affezionato al modello del cattivissimo Anton Ego: ingresso teatrale nel ristorante e allo chef tremano anche le mutande. Uno duro, arcigno fino al primo boccone di proustiana Ratatouille, che provoca in lui lacrime di nostalgia. Tornato umano e bambino vuole conoscere il cuoco e si ritrova davanti un sorcio.
“Si ma così facendo lo chef tenterà di compiacere l'”Anton Ego” di turno portando in tavola il meglio” Direte voi. Se ce la fa, rispondo io. Se il cuoco è una schiappa e i gamberi surgelati, non c’è carineria che tenga: il critico bravo lo capisce. E se il critico è bravo, non basterà una cena a fargli cambiare idea.
Ecco il motivo per cui non credo vi interessi sapere se pago la cena, come letto in un commento.
“Non credo che interessi sapere se il tale libro di cui ho disquisito in questa o quella occasione sia stato da me regolarmente acquistato… .”
Non so come la pensiate voi ma io la vedo così.
Perfino Ruth Reichl, direttrice della rivista americana Gourmet, che si è resa irriconoscibile con decine di travestimenti quando era critico gastronomico del New York Times, oggi ironizza sul suo passato.

Buzzonaglia

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La buzzonaglia (o busonaglia) è una particolare conserva del tonno che fa uso del taglio meno pregiato del pesce, di norma confezionato sott'olio. È un prodotto tipico della Sicilia e della Sardegna.
Il colore è rosso scuro, quasi marrone-nero. La buzzonaglia di tonno è costituita dalle parti di filetto a contatto con la lisca centrale che risultano molto scure perché abbondantemente irrorate di sangue. È costituita dalle parti più piccole e meno pregiate che non sono state usate per gli altri prodotti (ventresca, filetti, bottarga, musciame, lattume, cuore ecc.). È venduta a un prezzo inferiore rispetto ai tagli più pregiati.

Uso in cucina
Apprezzata per la sua morbidezza, viene anche usata per condire la pasta, a volte insieme a pomodorini secchi. Ha un sapore più intenso di quello del comune tonno sott'olio. Avendo quindi un sapore più acceso, la buzzonaglia, sotto forma di antipasto, viene spesso servita con i fagioli cannellini, la cipolla di Tropea, un po' di olio di oliva, un pizzico di sale.


Burrito

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Il burrito taco de harina è una pietanza che appartiene alla cucina tex-mex e consiste in una tortilla di farina riempita con carne di bovino, pollo o maiale, che è poi chiusa ottenendo una forma sottile.
Negli Stati Uniti il ripieno include anche altri ingredienti come riso, fagioli, lattuga, pomodori, salsa, guacamole e formaggio, quindi lo spessore del burrito aumenta considerevolmente. La tortilla di farina è solitamente grigliata leggermente, in modo da renderla più morbida e flessibile. Una versione industriale americana è a base di farina di mais.
I burritos possono essere farciti in vario modo e sono differenti dai tacos messicani perché sono preparati con tortillas di farina invece che di mais.

Origini
La parola burrito deriva dallo spagnolo "piccolo asino". La pietanza ha origine durante la Rivoluzione Messicana quando un venditore di cibo, Juan Méndez, per conservare il cibo al caldo cominciò ad avvolgerlo in una grande tortilla. Quest'idea fu un successo al punto che Méndez comprò un "burro", cioè un asino, e andò oltre i confini del Messico per vendere la sua invenzione. 
Oggi il burrito è molto conosciuto negli Stati Uniti e in Canada, probabilmente grazie alla disponibilità elevata di tortilla di farina di grano, ma è raro da trovare in Messico nonostante sia percepito come un piatto della cucina messicana.



 
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