Falafel

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I falafel (in arabo: فلافل, falāfil; in ebraico: פלאפל, traslitt. falāfel) sono una pietanza mediorientale costituita da polpette di legumi speziate e fritte. Tra i legumi più utilizzati le fave, i ceci e i fagioli tritati e conditi con sommacco, cipolla, aglio, cumino e coriandolo. I falafel sostituivano la carne nei giorni del digiuno dei copti egiziani. Il termine è formato da tre parole che in copto significavano letteralmente 'con tanti fagioli'.
I falafel sono particolarmente diffusi in Palestina, Israele, Siria, Giordania ed Egitto (qui noti principalmente nella versione a base di fave col nome di طعمية, traslitt. ta'amiyya).
Le fave, crude e senza buccia, devono essere lasciate in ammollo una notte, dopo di che si tritano finemente e si aggiungono le spezie con poco sale. In alternativa si possono unire anche le uova per rendere l'impasto compatto ed evitare che le polpette si sbriciolino. Le polpettine possono essere impanate a piacere con i semi di sesamo e poi fritte in olio ad alta temperatura. Man mano che cuociono si mettono a scolare su carta paglia e si servono calde preferibilmente con hummus (crema di ceci, tipica del medioriente).
I falafel si servono normalmente con hummus, ma anche con yogurt e/o con verdure (in genere pomodori e cetrioli, sia al naturale che sotto aceto), in un pane arabo soffice e basso (خبز عربي, traslitt. hubs 'arabi, saj, o marquq, o pita), che si arrotola facilmente oppure si apre come una tasca per contenere gli ingredienti.
Il grande successo dei falafel è dovuto alla loro economicità e praticità. In Medio Oriente sono reperibili ovunque, anche come cibo di strada, dalle bancarelle delle grandi città a quelle dei villaggi, o nelle stazioni di rifornimento nel deserto; in Europa sono stati introdotti dalle rosticcerie turche come alternativa vegetariana al kebab. In Italia alcuni ristoranti li servono sopra la pizza. L'ideale è mangiarli appena fatti: freddi o riscaldati perdono la loro fragranza.

Bratwurst

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La bratwurst è una salsiccia tipica della cucina tedesca, composta generalmente da carne di vitello, maiale o manzo. Viene generalmente cotto alla griglia o in padella, e a volte cucinato in brodo o nella birra.
Il nome deriva dall'alto-tedesco antico Brätwurst, da brät-, che è carne finemente spezzettata, e Wurst, ovvero salsiccia. La prima testimonianza del Bratwurst in Germania risale al 1404, e si può trovare nella città di Norimberga che è ancora un rinomato centro di produzione di salsicce.

Carcerato

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Il carcerato è un piatto della cucina tradizionale pistoiese.
Si tratta di una pappa ottenuta facendo cuocere del pane raffermo unito al brodo di cottura delle interiora del vitello, a cui, a piacere delle persone, si può aggiungere, una volta nel piatto, formaggio grattato e pepe. Le interiora cotte vengono spesso servite come secondo con il nome di rigaglia. In alcuni casi insieme al pane vengono unite alcune verdure, come carote e piselli, e un poco di burro, anche se la ricetta originaria non le prevede.

Storia

Il piatto nacque nel carcere di Santa Caterina in Brana di Pistoia, che si trova tuttora accanto a quelli che un tempo erano i macelli comunali, quando detenuti e secondini si facevano dare gli scarti della macellazione per realizzare così un pasto più energetico del semplice pane e acqua.
Il nome sembra derivare dal fatto che a Pistoia i macelli comunali erano vicini alle carceri, i carcerati chiesero il permesso alle autorità di poter avere le interiora che venivano buttate via, da qui la possibile origine di questa zuppa.


Draniki

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Il draniki (in bielorusso дранікі) è un piatto tipico della cucina bielorussa, preparato però anche in Russia.
È uno dei piatti salati bielorussi più famosi, e viene spesso mangiato come prima colazione. Si tratta di frittella di patate fritta in olio, e la ricetta base prevede patate, cipolle e sale; a seconda delle varianti, si possono aggiungere farina, uova, aglio, carote, funghi o pancetta. I draniki tradizionalmente vengono serviti con panna acida.

Brasciole

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Con il termine brasciole si indicano degli involtini di carne di cavallo (o, in alcuni casi, di vitello) tradizionalmente preparati in Puglia.
L'origine del nome è incerta.
Le brasciole sono degli involtini di carne di dimensioni medio-grandi (10–15 cm), preparati con fettine di cavallo (o di vitello, contravvenendo alla ricetta tradizionale) ripiene di lardo e pecorino. Nella tradizione barese si usa preparare questa pietanza nei giorni di festa, cuocendoli in un ragù con il quale condire le altrettanto tradizionali orecchiette. In provincia di Foggia, di Bari, Taranto e in parte del Salento, sono un piatto tipico del pranzo domenicale, tradizionalmente associate ai pezzetti di cavallo al sugo e alla classica pasta fatta in casa (orecchiette e maccheroni).
Le fettine di carne, non troppo sottili, vengono inizialmente adagiate su un tagliere ed eventualmente battute con un batticarne; dopo averle salate leggermente e pepate, si distribuisce su ognuna di esse qualche foglia di prezzemolo, dell'aglio, dei tocchetti di lardo ed una generosa spolverata di formaggio pecorino. Le fettine vengono quindi arrotolate e successivamente legate con del filo da cucito o, più praticamente, richiuse con degli stuzzicadenti, assicurando così che il ripieno non fuoriesca durante la cottura. Gli involtini così preparati vengono cotti per almeno quattro ore in un ragù tradizionale di pomodoro.
Le orecchiette al ragù di brasciole rappresentano il piatto della domenica per eccellenza in molte famiglie di Bari, Taranto e le relative province. Probabilmente a causa della lunga preparazione e cottura, non è facile per il turista riuscire a gustare questa specialità nei ristoranti della zona, rendendolo un piatto tipico molto ricercato e destinato quasi esclusivamente all'ambito della cucina domestica.


Ciorbă

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Ciorbă (dal turco çorba pron. ciorba) è un gruppo di minestre acide realizzate con carne, ortaggi vari o funghi, diffusa in Asia centrale e in alcune aree balcaniche storicamente di influenza turco-altaica.
Il termine deriva forse dall'arabo شربة, che significa "bere".
Ricetta tradizionale nota in tempi molto remoti e codificata ufficialmente con la ricetta attuale già nel III secolo d.C.
La maggior parte dei rumeni distinguono supă (zuppa), zeama (brodo) e bulion (brodo di carne ristretto) dalla ciorbă sulla base del fatto che la prima non prevede aggiunta di sostanze acide e, soprattutto, non contiene al suo interno alcun tipo di carne o verdura, essendo solamente un brodo, mentre la ciorbă può contenere una grande varietà di ingredienti acidi, come limoni, borş (crusca fermentata), panna acida (smântână) o zeamă de varză acră (succo di crauti).
Spesso si aggiunge del levistico. La ciorbă richiede la presenza di pezzetti di verdura (mista di solito) e a volte anche di carne. È un piatto povero, spesso preparato dai contadini delle campagne con quello che la terra offriva loro, ovvero verdura mista e in proporzioni variabili (molto di raro conteneva la carne, ingrediente ricco), questa variante libera è detta ciorbă ţărănească (minestrone contadino).
Vi sono diversi tipi di ciorbă che si cucinano nelle varie zone della Romania. Ricordiamo qui:
  • ciorbă de burtă (ciorbă con trippa)
  • ciorbă de perişoare (ciorbă con polpette di carne)
  • ciorbă de legume (ciorbă di verdure)
  • ciorbă de ştevie (ciorbă con Rumex patientia)
  • ciorbă de viţel (ciorbă di vitello)
  • ciorbă de văcuţă (ciorbă con carne bovina)
  • ciorbă de pui (ciorbă di pollo)
  • ciorbă de conopidă (ciorbă di cavolfiore)
  • ciorbă de potroace (ciorbă con frattaglie e interiora di gallinacei)
  • ciorbă de dovleac (ciorbă di zucca)
  • ciorbă de peşte (ciorbă di pesce)
  • ciorbă de urzici (ciorbă di ortiche)



Canjiquinha

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La canjiquinha, conosciuta anche come quirera de milho ou péla égua, una ricetta brasiliana tipica dello stato di Minas Gerais che si prepara utilizzando il mais triturato grossolanamente (quirera), lessato con costine di maiale e altre spezie. Ne esistono diverse ricette, meno comuni, fatte con carne bovina, pollo o salsiccia. Normalmente è servita in un piatto fondo, o una ciotola, accompagnata da cavolo tritato fine, soffritta in padella o con peperoncini. Nel Paraná, la stessa preparazione è nota con il nome di quirera de suã.
La vera origine della canjiquinha è sconosciuta, ma ci sono documenti che testimoniano della sua esistenza fin dal 1749. A grandi linee, può essere considerata una varietà dello xerém, nome dato in Portogallo e in altre regioni a vari piatti della cucina luso-brasiliana basati sul mais spezzato e bollito.


 
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