Essere chef famosi e ubriachi non è
una scusa per provarci, soprattutto con qualcuno che ti dice
esplicitamente "NO!".
Bentrovati in Confessioni al
Ristorante, la rubrica che dà voce a tutte quelle storie inascoltate
dei lavoratori della ristorazione, dall'ultimo gradino delle cucine
fino al bancone dei locali. In questa puntata ascolteremo la voce di
una chef canadese e la sua doccia fredda una volta incontrato uno
collega che una volta ammirava molto...
Ho lavorato sia come chef sia come
capo-pasticcera, ma è soprattutto nella pasticceria che mi sono
fatta una carriera a Toronto. Un paio d'anni fa ho preso qualche
giorno di ferie per partecipare a un festival di cucina sull'East
Coast. Era la prima volta che andavo a un evento simile, ed ero
contemporaneamente emozionata e un po' preoccupata: emozionata
all'idea di incontrare altri chef e fare networking, e preoccupata
perché la scena della ristorazione è molto maschilista.
Una delle cose che ho notato è che non
c'erano donne coinvolte al festival, né come speaker né come chef.
Non che mi aspettassi un eccesso di attenzione per le donne, ma
almeno che fossero incluse alla pari. E invece, c'erano tutti questi
chef machi amici tra loro, sempre lo stesso gruppo che fa tutti gli
eventi. È come al liceo. Ci sono sempre le stesse persone come
ospiti, sempre le stesse a cucinare e fare dimostrazioni. Ed è così
negli Stati Uniti, a Parigi, ovunque. Tutte le cene del festival
erano realizzate da chef uomini. Che noia.
Nella "line up" c'era anche
uno che di solito non è in cartellone durante questi eventi - non
perché non sia macho, semplicemente perché raramente viene
coinvolto negli eventi culinari canadesi. Io ero contentissima di
conoscerlo e di discutere di cucina, perché è uno chef famoso ed è
canadese, ma si è fatto un nome fuori dal Canada, e ha una stella
Michelin. (O meglio ce l'aveva. Ora il suo ristorante è chiuso.)
Ha fatto anche pasticceria, anzi è
noto forse più per quello, e avendo io fatto entrambe le cose lo
stimo e ci tenevo molto a parlarci. A un certo punto, durante il
festival, alcuni miei amici hanno cominciato a chiacchierarci e io ho
cercato di entrare nel discorso parlando di pasticceria. Mi ha
ignorato. Era ubriaco. Non l'ho visto per un po', perché il posto
era pienissimo.
Quando stavamo facendo ritorno alla
nostra sistemazione, lo chef ha deciso di tornare con noi e salire in
camera. La nostra camera, infatti, era diventata l'afterparty - ma
niente di selvaggio. Tutti bevevano e parlavano, e forse lo chef era
la persona più ubriaca lì dentro. Era diventato molto esplicito e
appiccicaticcio e non gli interessava affatto parlare di cibo. Anche
se continuavo a dirgli no, sembrava proprio non recepire il
messaggio.
Allora me ne sono andata e ho messo il
pigiama. Non un pigiama sexy - pantaloni di ciniglia con delle
confezioni di caramelle stampate sopra e una maglia a maniche lunghe.
Il messaggio era chiaro: scordatelo. Quando sono tornata abbiamo
cercato di capire dove ordinare della pizza, ma poi lo chef si è
seduto accanto a me e mi ha messo una mano sulla gamba. Ha cercato di
baciarmi un paio di volte, io ho detto no e l'ho spinto via.
A questo punto devo anche aggiungere
che vedevo il suo telefono continuare a illuminarsi: una foto di
donna continuava a comparire insieme al nome della persona che lo
chiamava. Lo sapevo, era fidanzato. Chi altro l'avrebbe chiamato a
notte fonda? E nondimeno lui continuava a chiedermi di andare in
camera con lui, e perché non volevo baciarlo. Con il suo
comportamento diceva, "Sono una rockstar della cucina, perché
non vuoi scoparmi?" Non gli importava chi ero. Voleva solo
qualcuno da scopare.
Alla fine, mi sono alzata e ho
raggiunto il cortile, dove c'erano altre persone. Lui se n'è andato.
A quel punto della mia vita, mi sembrava che avrebbe dovuto
rispettarmi e considerarmi una collega, non solo una chef donna, o
una conquista. Ma chiaramente mi sbagliavo, perché anche se nelle
cucine ci stiamo muovendo nella direzione della parità dei sessi,
non siamo ancora considerate minimamente alla pari. Siamo noi le
prime a sentirci diverse, e non otteniamo altro che un trattamento
iniquo.
Se fossi stata uno chef uomo, avremmo
potuto bere una cosa, chiacchierare, e condividere le nostre
esperienze. Probabilmente non mi avrebbe messo la mano sulla gamba.
Ma non importa che io sia una collega e una sua pari. Era ubriaco e
voleva fare sesso con qualcuno e quindi, così, giusto perché sono
una donna, quel qualcuno sono diventata io. Se lo raccontassi ad
altri chef uomini, non mi crederebbero, o forse minimizzerebbero
perché era ubriaco. "Perché stai facendo tutte queste scene?
Non ha fatto niente di così grave - ti ha solo toccato la gamba e ha
cercato di baciarti." È quello che succede alle donne che
parlano di molestie. "Sì ma lei cosa ha fatto per provocarlo?
Flirtava? Se l'è cercata? Poteva dire di no."
Be', alla fine puoi dire no tutte le
volte che vuoi, ma a volte il concetto proprio non passa. Ho detto no
mille volte. Avevo un pigiama a maniche lunghe, cazzo. E cose simili
continuano a succedere, sempre, non vedo segni di miglioramento.
Questo chef probabilmente non si ricorda nemmeno di me - non ha la
minima idea di chi io sia - ma io non me lo dimenticherò mai.
Prima questi chef maschilisti capiranno
quanto ostracizzante e svilente è trattare così le colleghe donne,
meglio staremo tutti.