Birra Livorno

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La Birra Livorno è stata una fabbrica di birra italiana attiva fra il 1893 ed il 1939 fino alla definitiva chiusura nel 1979 dopo l'acquisizione della Birra Peroni.


Storia

Nel 1893 la famiglia De Giacomi, industriali birrai di Chiavenna, rilevò al tribunale fallimentare la piccola fabbrica di birra creata a metà dell'Ottocento da Ottavio Guglielmo Kieffer. Nel 1887 la birreria fondata da Ottavio Guglielmo era passata al figlio Emilio che insieme all'imprenditore Gino Del Moro avevano fondato la Società Kieffer-Del Moro.
Dopo l'acquisto, il direttore della fabbrica Giuseppe De Giacomi fece ampliare e modernizzare la birreria lanciando sul mercato nazionale il marchio Birra Livorno.
Negli anni trenta del Novecento raggiunse la produzione di 25.000 ettolitri e crebbe la presenza sul mercato dell'Africa Orientale Italiana.
Nel 1937 la Società Birra Peroni iniziò ad interessarsi alla Birra Livorno, le cui quote di mercato erano in aumento soprattutto in Toscana. Nel 1939 acquisì definitivamente l'impianto.
Fino al 1942 la produzione birraia non risentì degli eventi bellici. Il 10 aprile 1943 con decreto ministeriale fu cessata la vendita ai civili e la produzione fu dirottata verso le armate tedesche.
Fra maggio e giugno 1944 l'industria fu bombardata dagli Alleati e subì ingenti danni bloccando la produzione. Nell'aprile 1946 ripartì la produzione.
Nel 1979 cessò la produzione della birra e rimase solo l'impianto di confezione. Nel 1984 chiuse anche come deposito.
Negli anni successivi la storica fabbrica della birreria, ubicata nel cuore della Livorno ottocentesca, fu rasa al suolo per far posto ad un vasto complesso edilizio.
Nel 2010, dopo più di cento anni dalla nascita della Birra Livorno, il proprietario della Birreria Artigianale Brunz di Empoli, dopo aver registrato il marchio, ripropone e promuove questa birra, commercializzata in bottiglia nella città e provincia di Livorno.

Gli «scrigni» con le mozzarelline

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Gli «scrigni» con le mozzarelline Ottimi come antipasto o secondo


Gli ingredienti sono facilmente reperibili nel frigorifero di tutte le famiglie. Per la preparazione ci vuole un po’ di tempo: un’ora in frigo dopo la preparazione degli «scrigni» e poi un quarto d’ora in forno. I costi sono contenuti.
Ecco l’elenco degli ingredienti per 4 scrigni:
- 4 fette di pancarré
- un etto di prosciutto cotto
- 4 mozzarelline
- farina 00
- due uova
- pangrattato qb
- sale qb

Servono inoltre i seguenti accessori:
- mattarello
- pellicola trasparente

Ed ecco la procedura per la preparazione:
Per prima cosa assottigliate con il mattarello le fette di pancarré, dopo averle collocate al centro di un pezzo di pellicola trasparente. Poi piazzateci sopra una fetta di prosciutto e, al centro, una mozzarellina.


Il pancarré va assottigliato con il mattarello e poi ci vanno collocati sopra il prosciutto e la mozzarellina
Dopodiché richiudete il pancarré, dandogli una forma rotonda e avvolgendolo con la pellicola. A questo punto fate riposare per un’ora in frigo gli «scrigni».
Inzuppate quindi gli «scrigni» nella farina 00, nell’uovo sbattuto (che va leggermente salato) e nel pangrattato. Infine fate cuocere per 15 minuti a 180 gradi nel forno preriscaldato (su una teglia con cartaforno) e servite.

Ecco come appare lo «scrigno» poco prima di essere messo a cuocere nel forno




Ecco come appare lo «scrigno» poco prima di essere messo a cuocere nel forno.  

Birra Metzger

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Birra Metzger fu una fabbrica di birra italiana di Torino, attiva fra il 1848 ed il 1975.


Storia

Fu fondata nel 1848 a Torino, da Carlo Metzger (originario dell'Alsazia) la Società Perla Crova & Co. La piccola fabbrica sorgeva nel rione Valdocco, nella zona chiamata il Fortino.
Nel 1859 la birreria cambiò denominazione in Società Perla Crova & Co.-Luigi Vigna e nel 1862 fu trasferita nella nuova sede di Via San Donato, 68 angolo Via Bogetto.
Nel 1878 Carlo Metzger divenne l'unico proprietario. Nel 1888, dopo un duro tirocinio nelle fabbriche tedesche, il figlio Francesco Giuseppe prese le redini della birreria.
La qualità della birra nel frattempo migliorava e nell'Esposizione dell'Industria Italiana del 1898 a Torino fu riconosciuta con la medaglia d'oro.
Nel 1903 si trasformò in Società in Accomandita Semplice Birra Metzger-Torino di Carlo Dorna & C..
Negli Anni '30 complice il divieto di importare birra straniera a seguito del regime autarchico, la produzione della birra aumentò notevolemte riuscendo a conquistare anche i mercati coloniali dell'Africa Orientale.
Nel 1952 a Milano nasceva la Holding Mobiliare Industriale Cisalpina proprietaria della SPAM, questa assunse il controllo della Birra Metzger e della Birra Cervisia di Genova.
Nel 1970 sparì il marchio Birra Metzger dal mercato ed il giro di vendite fu assorbito dalla Birra Dreher di Trieste ormai promossa a marchio nazionale. Nel 1975 chiusero gli stabilimenti della birreria.
Nel Dicembre 2014 il marchio Metzger viene ceduto ad un imprenditore torinese per il rilancio del brand. Nel 2015 la birra Metzger viene rimessa in commercio utilizzando marchio e ricetta originale.


Cronologia societaria

Questo il cambio cronologico della società di capitali secondo la Guida scritta da Luciano Cossu:
1848 - 1859 Società Perla Crova & Co. (Torino)
1859 - 1871 Società Perla Crova & Co. - Luigi Vigna (Torino)
1871 - 1898 Birra Vigna Metzger (Torino)
1890 - 1930 Birra Fratelli Metzger (Asti)
1898 - 1914 Birra Francesco Giuseppe Metzger (Torino)
1900 - 1905 Birra Fratelli Metzger (Pinerolo)
1914 - 1952 Birra Metzger S.P.A. (Torino)
1952 - 1969 S.P.A.M. (Società Per Azioni Metzger) (Torino)
1952 - 1969 S.P.A.M. S.P.A (Società Per Azioni Metzger) (Genova)
1969 - 1975 Dreher S.P.A.- Fabbrica di Torino (Torino)




Cacioricotta di capra cilentana

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Il cacioricotta di capra cilentana (dial.: casorecotta re crapa) è un prodotto caseario della regione del Cilento, la cui lavorazione avviene dal latte caprino, con una tecnica che si pone a metà strada tra la produzione della ricotta e quella del formaggio. Infatti essa è ottenuta attraverso la coagulazione in parte presamica (caratteristica del formaggio) e in parte termica (caratteristica della ricotta).
Tutto il ciclo produttivo avviene con mezzi manuali.
È inserito con il nome di cacioricotta caprino del Cilento nell'elenco dei prodotti tipici campani.


Materia prima

Viene utilizzato esclusivamente latte crudo, prodotto da una variante autoctona di capra, con caratteristiche specifiche, denominata cilentana. Il latte viene raccolto, poche ore prima della trasformazione, mediante mungitura a mano da esemplari non stabulati, bensì condotti al pascolo.


Preparazione del caglio

Il caglio viene prodotto dallo stesso allevatore, mediante essiccazione in aria dell'abomaso intero del capretto, in luogo coperto ed aerato, per 30-40 giorni. La pasta, di colore bruno, ottenuta dal pestaggio nel mortaio, è conservata in vasetto ricoperta da uno sottile strato d'olio d'oliva.


Trasformazione

Il latte viene riscaldato fino alla temperatura di circa 85-90° celsius, utilizzando, quale innesco della trasformazione, il siero acido proveniente dalla cagliata del giorno precedente.
Successivamente la mistura viene lasciata raffreddare fino a raggiungere una temperatura di 36°-40° Celsius per essere poi portata a cagliatura con l'aggiunta di caglio di capretto in pasta, nella misura di 40-50 grammi per quintale.


Lavorazione

La cagliata, ottenuta in circa 30 minuti, non viene rotta ma lasciata a rassodare per circa 30-40 minuti, prima di venire estratta e pressata, per circa 15 minuti, nei tipici stampi detti fiscelle (dial.: fuscedde), fino ad espungere la maggior parte del siero.
La stufatura si ottiene in maniera naturale esponendo per 24 ore le forme alla temperatura del locale di cagliatura.
La salatura viene effettuata poche ore dopo la formatura, o dopo la stufatura, a secco, mediante cospargimento con sale da cucina.
La stagionatura avviene generalmente su graticci, con una maturazione che, qualora si intenda avviare il prodotto al consumo da formaggio fresco, può avere durata brevissima, tipicamente 2 o 3 giorni (maturazione proteolitica). Nel caso del prodotto stagionato si prolunga invece per 3-4 mesi (maturazione proteolitico-lipolitica).



Varianti

In alcune zone del Cilento, come Montano Antilia e Laurito, la massa viene sottoposta a un ciclo termico più lungo (per circa 10-20 minuti in più), contenendo la temperatura con allontanamenti periodici dalla fiamma.
In altri casi la cagliata può subire, dopo il rassodamento, la rottura in piccoli fiocchi della dimensione di un chicco di mais, lasciati in sosta nel siero per ulteriori 10-20 minuti.


Aspetto e qualità organolettiche

Si presenta in forme di 13-24 centimetri di diametro e di 4–7 cm di altezza con una superficie increspata.
La pasta è bianca, morbida e priva di occhiatura nel prodotto fresco, secca, scagliosa e giallo paglierina, con occhiatura fine, nel prodotto maturo.
Il cacioricotta presenta una percepibile complessità aromatica, conferitagli anche dalle specie arbustive della macchia mediterranea e della gariga che entrano nell'alimentazione dell'animale. In virtù di esse la composizione aromatica presenta una notevole variabilità in funzione dei terreni di pascolo e del progredire della stagione di raccolta.


Uso alimentare

Il cacioricotta fresco è usato per condire primi piatti, entra nelle composizione di insalate o antipasti e come formaggio da tavola, anche in abbinamento col miele.
La varietà stagionata, grattugiata o a scaglie, si presta bene all'abbinamento a piatti tipici come i fusilli cilentani conditi con il ragù di castrato.


Riconoscimenti

Il cacioricotta di capra cilentana è stato ritenuto meritevole di tutela dall'Associazione Slow Food che lo ha classificato tra i suoi presidii.
È incluso inoltre nella classificazione ministeriale dei Prodotti agroalimentari tradizionali italiani.

Ciambota

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La ciambota cilentana (variante della Ciambotta) è un piatto tipico del sud della Campania.
Nasce come piatto povero ed è solitamente preparato con aglio, pomodori, melanzane, zucchine, patate, fiori di zucca e peperoni. Solitamente si accompagna con pane a tozzetti; tuttavia gli ingredienti possono variare da zona a zona o dai semplici gusti di chi la prepara.
Questo tradizionale piatto è tuttora ben radicato nel territorio.

Salsa bernese

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Salsa bernese è una salsa fatta di burro chiarificato emulsionato nei tuorli d'uovo e aceto di vino bianco e aromatizzato con le erbe . È considerato un "figlio" della salsa madre olandese, una delle cinque salse madri del repertorio di alta cucina francese. La differenza sta solo nell'aroma: Béarnaise usa scalogno , cerfoglio ,pepe in grani e dragoncello in una riduzione di aceto e vino, mentre la salsa olandese è più spogliata, utilizzando una riduzione di succo di limone o vino bianco. (Un modo per preparare la Béarnaise, vedi sotto, è iniziare con Hollandaise e aggiungere gli altri ingredienti.) Il suo nome è legato alla provincia di Béarn , Francia.

All'aspetto è giallo chiaro e opaco, liscio e cremoso.

La bernese è una salsa tradizionale per la bistecca .

La salsa fu inventata accidentalmente dallo chef Jean-Louis Françoise-Collinet, l'inventore accidentale delle patate soffiate (pommes de terre soufflées), e servita all'apertura del 1836 di Le Pavillon Henri IV , un ristorante a Saint-Germain- en-Laye , non lontano da Parigi. Questa ipotesi è supportata dal fatto che il ristorante si trovava nell'ex residenza di Enrico IV di Francia, lui stesso un buongustaio, originario di Béarn, un'ex provincia ora nel dipartimento dei Pirenei atlantici, nel sud-ovest Francia.


Preparazione


Una salsa bernese è semplicemente burro chiarificato, un tuorlo d'uovo, uno scalogno, un po 'di aceto di dragoncello. Ci vogliono anni di pratica perché il risultato sia perfetto. - Fernand Point


Come la salsa olandese, esistono diversi metodi per la preparazione della salsa bernese. La preparazione più comune è un metodo a bagnomaria (frullare a una temperatura di 150 ° F (65,6 ° C)), dove si usa una riduzione di aceto per acidulare i tuorli. Escoffier richiede una riduzione di vino, aceto, scalogno, cerfoglio fresco, dragoncello fresco e grani di pepe schiacciati (successivamente filtrati), con dragoncello e cerfoglio freschi per finire al posto del succo di limone. Altri sono simili. In alternativa, gli aromi possono essere aggiunti a un'olandese finita (senza succo di limone).Joy of Cooking descrive una preparazione del frullatore con gli stessi ingredienti.


Derivati della salsa bernese

  • La salsa choron o salsa bernese Tomatée è una variante della bernese senza dragoncello o cerfoglio, ma con aggiunta di passata di pomodoro. Prende il nome da Alexandre Étienne Choron .

  • La salsa Foyot (aka Valois) è bernese con aggiunta di glassa di carne ( Glace de Viande ).

  • Sauce Colbert è Sauce Foyot con l'aggiunta di vino bianco ridotto.

  • Sauce Paloise è una versione della bernese con menta sostituita al dragoncello.





Cipolla di Vatolla

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La CipoIla di Vatolla è una varietà di cipolla, il cui nome deriva dal luogo di provenienza, Vatolla, un borgo del comune di Perdifumo (SA). Essa è un elemento del variegato patrimonio della biodiversità del Cilento e un ingrediente storico della dieta mediterranea che, proprio in questo territorio, il Cilento, è stata teorizzata dallo scienziato statunitense Ancel Keys.

Luogo di produzione

Il territorio di produzione, Vatolla, è un borgo medievale immerso nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, Patrimonio dell'Umanità UNESCO. Vatolla è posizionata in altura ed è affacciata sulla costa tra Agropoli e Castellabate. Dal centro del paese si gode una vista panoramica da cui si scorgono Capri e Ischia. Questa particolare posizione geografica genera un microclima particolare che il filosofo napoletano Giambattista Vico, durante il suo soggiorno come precettore della nobile famiglia Rocca nel Palazzo De Vargas, definì "perfettissima aria", insieme alla qualità del terreno che si mostra particolarmente fertile per la presenza di aree boschive miste a campi ricchi di humus proveniente dal sottobosco di lecci e castagni e grazie alla bontà delle acque che sgorgano da fonti rocciose, riesce a produrre una qualità di pianta dalle particolari quanto uniche qualità organolettiche.


Specie

Quella di Vatolla è una cipolla di ceppo asiatico attribuita alla famiglia delle Liliacee anche se schemi tassonomici più recenti la inseriscono tra le Amaryllidaceae pur se con caratteristiche diverse dalle altre della stessa famiglia.


Storia

È incerta l'origine dell'impianto originario di Cipolla nell'area di Vatolla, anche se diversi storici concordano sulla possibilità che essa fu coltivata probabilmente per la prima volta dai Monaci basiliani provenienti dall'Oriente Impero bizantino e rifugiatisi nelle aree interne del Cilento e dell'Italia Meridionale a seguito dell'Editto emanato dall'Imperatore bizantino Leone III Isaurico nel 726 che diede inizio alla lotta iconoclasta.



Caratteristiche fisiche

La Cipolla di Vatolla ha due forme caratteristiche, quella a trottola e quella affusolata. Il colore delle tuniche esterne varia tra il paglierino ed il rosa tenue mentre il colore interno è biancastro con lievi riflessi rosati. La pezzatura si presenta di considerevole mole, dai 400-500 gr fino a 1000 gr e oltre, essa dipende dalle annate.

Caratteristiche organolettiche

La Cipolla di Vatolla ha un gusto molto dolce, una scarsissima pungenza e un profumo delicato e poco penetrante. La particolare dolcezza di questa cipolla la rende diversa dalle altre simili per famiglia. Una caratteristica di particolare pregio è l'elevata digeribilità. La cipolla di vatolla è anche nota perché non fa lacrimare durante il taglio e la preparazione. Essa si presenza particolarmente ricca di flavonoidi che svolgono un'azione benefica sul sistema cardio-vascolare.


Coltivazione

Le metodiche di lavorazione sono quelle tipiche dell'orticoltura intensiva. Viene venduta a mazzi intrecciati a mano. Vegeta nei terreni friabili con buona esposizione al sole. L'impianto avviene verso la fine dell'Autunno e la raccolta termina a luglio. Il prodotto se consumato fresco si conserva al massimo 3 mesi a causa della bassa pungenza che la rende deperibile. Oggi è prodotta da pochi piccoli agricoltori, senza particolari accorgimenti e secondo indicazioni tramandate dal passato. Si operano dei sesti di trapianto più ampi rispetto alle altre cipolle normalmente coltivate e si adoperano distanze elevate a causa dalla tendenza dei bulbi a raggiungere grosse dimensioni.


Usi principali

Per le sue caratteristiche risulta particolarmente indicata per arricchire insalate di ortaggi e verdure fresche, per la classica frittata di Cipolla e formaggio Cacioricotta del Cilento, per l'antico piatto "Susciello di Cipolla", una zuppa tradizionale condita con olio extravergine d'oliva e formaggio pecorino. La Cipolla di Vatolla risulta facilmente digeribile e delicata di sapore e di profumo. È una varietà molto utilizzata, ancora oggi, nell'orticoltura familiare dell'area, prodotta, nella maggior parte dei casi per autoconsumo.


Tutela e valorizzazione

La Cipolla di Vatolla è uno degli elementi della Biodiversità del Cilento e come tale rientra nel patrimonio UNESCO che tutela il territorio del Parco Nazionale del Cilento e la Dieta Mediterranea. La Regione Campania l'ha inserita nei prodotti tipici di tutela e il Gruppo di Azione Locale (GAL Cilento Regeneratio), l'Università di Napoli e l'Istituto di Alta Cultura "Fondazione Giambattista Vico" ne hanno fatto oggetto di studio in Misure attuative del PSL (Programma di Sviluppo Locale). Oggi si sta cercando di estenderne la produzione nel rispetto delle metodiche produttive al fine di renderla una leva al processo di sviluppo sostenibile del territorio. Tra le attività che vanno in questa direzione si segnala la "Festa della Cipolla di Vatolla" istituita dal 2014.



 
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