Con il termine cucina afrodisiaca
s'intende l'attività di scelta e preparazione di tutti i cibi che
sono ritenuti avere proprietà afrodisiache.
Si suole distinguere, oggi come in
passato, tra sostanze afrodisiache - o afrodisiaci - e
cibi dalle virtù afrodisiache: le prime sono prese in
considerazione dalla farmacologia o dallo studio dei miti; i secondi
vengono in conto nei campi della dietetica e della gastronomia.
Notizie storiche
Una vera e propria cucina (e non
soltanto una dieta) afrodisiaca nasce nella seconda metà del XVII
secolo, quando si comincia a dar peso, oltre che alle materie prime,
alle preparazioni. Mentre l'inventario degli alimenti afrodisiaci si
arricchisce di inediti cibi esotici (dai nidi di rondine alle pinne
di pescecane) e si afferma la moda di profumare vini e piatti con
ambra, muschio e zibetto, gli affaticati e gli insensibili affidano
le loro speranze, piuttosto che a singoli alimenti, a un'esasperata
alchimia di sapori e aromi. È soprattutto in Francia, nell'età
delle «favorite», che si stabiliscono e si affinano le regole della
cuisine d'amour. Attribuite alle più celebrate amanti dei
sovrani francesi (ma in realtà elaborate, in tempi diversi, nelle
cucine regali), sopravvivono numerose ricette che ne immortalano il
nome: dalle «Costolette alla Maintenon» ai «Filetti di sogliola
alla Pompadour», alla «Suprème di sogliola alla d'Estrée»,
ai vari piatti intitolati alla contessa du Barry, favorita di Luigi
XV.
La cuisine d'amour - che
accredita la Francia come la patria d'elezione di entrambe le
«discipline» - è rinverdita e rilanciata prima da Anthelme
Brillat-Savarin e, più in là, dal sedicente Sire de Baudricourt, il
cui fantasioso e fortunato trattatello diverrà il modello di tutti i
successivi manuali di cucina afrodisiaca. Tra questi andranno almeno
ricordati La cucina dell'amore del catanese Omero Rompini
(1926), documento garbato, saporoso e un po' patetico della stagione
del tabarin, e Venere in cucina di Pilaff Bey,
pseudonimo dello scrittore inglese Norman Douglas, un ricettario
secco e alquanto riciclatorio compilato in Italia, per uso personale,
tra il 1902 e il 1936 e pubblicato nel 1951 con la prefazione di
Graham Greene.
I più recenti ricettari di cucina
afrodisiaca sono le Ricette immorali dello scrittore spagnolo Manuel
Vazquez Montalban: un ricettario eclettico infarcito di divagazioni
divertenti, sdrammatizzanti e un po' surreali, e Afrodita di
Isabel Allende, una chiacchierata alla buona sulla cucina, il sesso e
i loro eventuali rapporti, inframmezzata da citazioni
storico-letterarie, ricordi personali, consigli di buon senso e
fantasie cautamente perverse.
Alimenti e attività sessuale
È convinzione antica e radicata che
gli alimenti influiscano positivamente o negativamente sugli stimoli
e sulle prestazioni sessuali. «Sine Bacco et Cerere frigescit
Venus», sentenziavano i romani. San Girolamo, seppure per
opposte preoccupazioni, era della stessa opinione: «All'avidità di
cibo si accompagna sempre la lascivia». Come il satollarsi «scaccia
la castità» - aggiungeva sant'Ambrogio - così «la fame è amica
delle verginità e nemica della lussuria». Nei monasteri medievali
il consumo della carne era severamente interdetto, al punto che chi
la toccava (di norma i vecchi e i malati) veniva isolato e sottoposto
a sanzioni; nelle abbazie più rigoriste si arrivava a negargli la
confessione e la comunione: ciò perché si riteneva che la carne, e
soprattutto quella di quadrupede, attentasse alla continenza.
I cibi afrodisiaci
Le liste di proscrizione degli ordini
monastici, incrociate con le raccolte di rimedi e «segreti» per i
debilitati e i frigidi (il ricettario di Caterina Sforza, per
esempio), ci consentono di redigere il catalogo degli alimenti
considerati afrodisiaci - perché rinvigorenti o perché eccitanti -
nel Medioevo come anche in età rinascimentale e barocca. Erano
ritenuti risuscitatori della carne tutti i cibi «caldi», «ventosi»
e «duri da digerire»: tra i vegetali, i ceci, le fave, le cipolle,
i porri, i cavoli, le melanzane, le castagne, i pinoli, le mandorle,
i fichi secchi, le spezie in genere e soprattutto i tartufi, che - a
detta del medico Baldassarre Pisanelli - «aumentano lo sperma e
l'appetito del coito»; tra i pesci e affini, le ostriche, i granchi
di fiume e le uova di tutti i pesci; tra i grassi, il burro.
Particolarmente efficace era giudicato il cervello di qualsiasi
animale, e la carne dei piccioni e degli sfrenati passeri, capaci -
secondo Aristotele - di «coire» ottantatré volte nel giro
d'un'ora; erano reputati autentici toccasana, infine (e s'intende
perché), i testicoli di toro e d'agnello, da cui in effetti specie
se mangiati crudi è possibile assorbire una certa quantità di
testosterone, i «granelli» di gallo e il membro del cervo.
Un cenno meritano anche il frumento e
il mais, o meglio ancora la polenta, di cui solo recentemente sono
state ipotizzate potenziali qualità afrodisiache. Il tegumento
esterno del chicco di frumento (ciò che finisce in crusca, in altre
parole) contiene infatti l'aleurone, una sostanza che ha appunto
effetti «potenzianti» sull'uomo. Che siano dovute alla crusca che
«respirano» le non comuni capacità amatorie attribuite ai mugnai?
D'altra parte anche su chi mugnaio non è pare che l'effetto sia
assicurato, visto che ancora oggi a Saint-Cast-le-Guildo
(dipartimento Côtes-d'Armor, Francia) si parla del «mulino d'Anna»
e del duca d'Aiguillon 1720, Francia - 1788, Francia], che nel 1758,
durante la Guerra dei sette anni (1756-1763), proprio in quel mulino
si coprì più di farina che di gloria.
Riguardo al mais, il suo effetto
afrodisiaco sarebbe dovuto alla mancanza, in questo alimento (più
unico che raro, sotto questo aspetto), del triptofano, una sostanza
da cui viene sintetizzata la serotonina, che è un inibitore.
Proprietà stimolanti, legate
probabilmente al loro effetto blandamente irritante sulle vie
urinarie e sull'intestino, sono ancora riconnesse a molte spezie, tra
cui il pepe e la noce moscata; così come all'uso gastronomico del
cacao e del ginseng per i relativi effetti tonici o eccitanti.
Non vanno dimenticati infine i «pousse
l'amour», cocktail per così dire alimentari, ottenuti versando in
un bicchiere da sherry un tuorlo d'uovo e, senza mescolarli, ma
facendo in modo che risultino stratificati, liquori (freddi, ma non
ghiacciati) dai colori diversi (ad esempio, nell'ordine, 1/3 di
maraschino, un tuorlo d'uovo, 1/3 di Bénédictine e 1/3 di cognac).