Bulgogi

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Il bulgogi (불고기, letteralmente "carne al fuoco") è un piatto tipico della cucina coreana, consistente in sottili fette di carne di manzo marinate e grigliate, ed è forse il piatto di carne più rinomato in Corea.

Preparazione
La carne di manzo, solitamente lombo o comunque tagli pregiati, viene tagliata a fette sottili e lasciata marinare insieme a vari ingredienti quali salsa di soia, zucchero, pepe nero macinato, cipolle, aglio, scalogno, zenzero, funghi (champignon o matsutake), olio di sesamo e semi di sesamo per esaltarne il sapore. Pere e cipolle ridotte in purea sono spesso utilizzate per aumentarne la tenerezza, mentre gli spaghetti trasparenti vengono aggiunti al piatto se previsti dalla ricetta, che varia da regione a regione. Successivamente la carne viene cotta tradizionalmente su di una griglia, oppure anche in padella; il piatto viene talvolta accompagnato da riso e verdure.

Varianti
Il bulgogi può essere preparato anche con carne di maiale (돼지불고기dwaeji bulgogi), mentre l'osam bulgogi (오삼불고기) si cucina con calamari e pancia di maiale, grigliati e serviti con verdure. Nel villaggio di Eonyang (Ulju-gun), invece, ha avuto origine il bassak bulgogi (바싹 불고기 – lett. "carne asciutta"): la carne viene tagliata finemente, marinata, compattata come un hamburger e cotta in padella fino all'evaporazione dei liquidi, poi rotta a bocconcini prima di essere consumata.

Storia
Si crede che il bulgogi abbia avuto origine a Goguryeo, dove veniva chiamato maekjeok (맥적) e la carne di manzo si grigliava una volta infilzata su uno spiedino. Durante la dinastia Joseon si chiamava neobiani (너비아니neobi-ani), che significa "[carne] sottilmente disposta", ed era un piatto servito ai ricchi e ai nobili.
Il nome bulgogi è una parola composta unendo bul ("fuoco") e gogi ("carne"), che trae la sua origine dal dialetto della regione di Pyongan (successivamente entrata nel territorio della Corea del Nord), dove il piatto è nato. In seguito alla liberazione della penisola coreana dall'occupazione giapponese nel 1945, il piatto venne reso popolare a Seul e in Corea del Sud dai rifugiati provenienti da Pyongan, e inserito nel 1947 nel dizionario della lingua coreana come "carne grigliata direttamente sul fuoco di carbone".


Budella alla sestese

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Le budella di maiale sono il piatto tipico di Sesto Fiorentino.
Nonostante le sempre maggiori difficoltà di reperimento dell'ingrediente principale, ormai acquistabile in poche macellerie della cittadina, su prenotazione ed a prezzo relativamente caro, la ricetta è ancora molto popolare tra i sestesi.
Le budella, dopo un'opportuna ed accurata pulitura, vengono cucinate come un normale bollito con i cosiddetti "odori", sale e pepe e devono essere mangiate calde.
Un altro piatto tipico di Sesto Fiorentino è il riso sulle budella, che si ottiene cuocendo il riso nel brodo di cottura delle frattaglie.



Ćevapčići

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ćevapčići sono un piatto a base di carne trita, variamente speziata, tipico della cucina dei paesi della penisola balcanica. Sono ampiamente diffusi anche in parte del Nord-Est italiano (nelle province di Trieste, Gorizia, Udine), dell'Austria e degli altri territori confinanti con l'ex Jugoslavia.

Caratteristiche
Si presentano come polpettine cilindriche del diametro di un paio di centimetri e della lunghezza di 7/8 centimetri, ma sono diffuse anche versioni più tondeggianti. Sono solitamente composti di carne trita fina di manzo e agnello, condita di sale, spezie e aromi. Vengono serviti cotti al barbecue, sulla griglia o alla piastra. Solitamente si gustano con cipolla (generalmente quella bianca) tagliata a dadini o anelli, ed ajvar, una salsa piccante preparata con peperoni rossi macinati e spezie, o con kajmak, un prodotto lattiero-caseario cremoso, tipico dei Balcani. Una variante li vede infarinati e rosolati in padella. A richiesta è possibile averli con una pallina di formaggio. Possono essere serviti su un piatto o dentro una forma di pane. Nella Bosnia ed Erzegovina i tipici ćevapčići di Sarajevo tradizionalmente si vendono come cibo di stradaserviti dentro le forme speciali di pane dette somun.
Normalmente secondo piatto o addirittura piatto unico, possono essere serviti anche come antipasto, ovviamente in proporzioni più contenute.

Etimologia
La denominazione deriva dal termine persiano kebab, insieme al diminutivo delle lingue slave -čići (in croato, bosniaco: ćevapčići/ćevapi; in sloveno: čevapčiči/čevapi). In alcune zone, come la Serbia, vengono chiamati anche solamente ćevapi, senza il diminutivo con cui sono maggiormente conosciuti all'estero e, in particolar modo, in Italia. In Macedonia vengono anche chiamati "kebapi" denominazione piu vicina a quella originaria.

Le origini dei Ćevapčići
Secondo quanto riporta Branislav Nušić, i ćevapčići vennero serviti per la prima volta a Belgrado intorno al 1860 nella trattoria "Da Tanasko Rajić" nei pressi del Grande Mercato (oggi Piazza degli Studenti). Il proprietario della trattoria, il padrone Živko (che si suppone abbia avuto origini dalla regione di Leskovac), secondo le parole di Nušić, si era così arricchito che con il guadagno riuscì a costruire una chiesa nella sua regione d'origine.




Le Club des Chefs des Chefs

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Le Club des Chefs des Chefs (CCC) è un club che porta ogni anno insieme gli chef di capi di stato per incontrarsi e discutere il loro lavoro ed è stata fondata da Gilles Bragard, nel 1977.

Membri attuali
Neil Dhawan, Chef del Primo Ministro del Canada
Lin Yong & Liu Wei, Chef della Grande Sala del Popolo della Cina
Martin Kristoffersen, Chef di Sua Maestà la Regina di Danimarca
Taigo Lepik, Chef della Repubblica d'Estonia
Isto Tahvanainen, Chef della Repubblica di Finlandia
Guillaume Gomez, Chef della Repubblica di Francia
Maurice Alexis, Chef del Presidente del Gabon
Ulrich Kerz, Chef del Cancelliere della Germania
Mark Flanagan (Vicepresidente del C.C.C.), Chef di Sua Maestà la Regina del Regno Unito
Montu Saini, Chef della Repubblica d'India
Ingimar Ingimarsson, Chef del Presidente d'Islanda
Rosaleen Mc Bride, Chef del Presidente d'Irlanda
Fabrizio Boca, Chef del Presidente d'Italia
Franck Panier, Chef di Sua Altezza il Granduca di Lussemburgo
Christian Garcia (Presidente del C.C.C.), Chef di Sua Altezza il Principe Alberto II di Monaco
Gregor Rzeszotarski, Chef della Repubblica di Polonia
Hilton Little, Chef del Presidente della Repubblica di Sudafrica
Jose Roca, Chef del Primo Ministro di Spagna
Magnus Åke Rehbäck, Chef di Sua Maestà il Re di Svezia
Gregor Zimmermann, Chef responsabile dei ricevimenti ufficiali della Confederazione Svizzera
Cristeta Comerford, Chef del Presidente degli Stati Uniti d'America

Ex membri
Machindra Kasture, Chef del Presidente dell'India (2007-2015)
Bernard Vaussion, Chef del Presidente di Francia (1974-2013)
Henry Haller, Chef del Presidente degli Stati Uniti d'America (1966-1987)


Agnello sambucano

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L'agnello sambucano è un particolare tipo d'agnello, molto apprezzato per uso gastronomico, rientrante tra i Presidi di Slow Food e i prodotti agroalimentari tradizionali italiani allevato nella valle Stura, in Piemonte.

Notizie generali
La sambucana è comparsa sulle montagne dell'occitana valle Stura, in provincia di Cuneo, nel XVIII secolo e si è subito adattata ai pascoli d'alta quota. È una pecora di taglia medio-grande, con una groppa larga e muscolosa e arti fini, solidi, non molto lunghi. La testa è leggera, senza corna, priva di lana, il muso è leggermente montonino, le orecchie leggermente divaricate. La lana è bianco paglierina (solo rari esemplari hanno il vello nero e una piccola macchia a stella sul capo) e la coda, sottile e lanosa, arriva fino ai garretti.
La sambucana è preziosa per la lana, ma soprattutto per la carne. Gli agnelli sono macellati a un'età che va dai 45 ai 60 giorni (tra i 18 e i 25 chili di peso circa). La maggior produzione cade nel periodo natalizio, ma c'è anche, in valle, la tradizione di consumare l'agnello già a partire dalla fine di ottobre, quando le macellerie mettono in vendita l'agnellone (tardun) nato alla fine della primavera e alimentato con il latte materno e l'erba degli alpeggi.
Vent'anni fa questa razza è stata segnalata dalla Fao come "vulnerabile" e nel 1985, in valle, si contavano appena 80 capi.
Poi è iniziata la lenta rinascita. Sono nati il consorzio L'Escaroun (1988), e il centro di selezione degli arieti di Pietraporzio, gestito dal Consorzio. Infine si è ottenuto il riconoscimento del marchio "Agnello Sambucano garantito". Oggi in valle ci sono più di 5000 pecore e ogni anno nascono 10.000 agnelli. Crescono in piccoli allevamenti, d'estate al pascolo e nel resto dell'anno ricoverati in stalla e alimentati con fieno secco.
L'ultima domenica di ottobre, a Vinadio, la fiera dei Santi è l'occasione per esporre i migliori capi di pecora sambucana.

Dati gastronomici
La carne dell'agnello Sambucano è compatta, sapida, saporita, poco grassa e ricca di proteine.

Area di produzione
  • Alta valle Stura: comuni di Pietraporzio, Sambuco, Vinadio, Aisone.
  • Media e bassa valle Stura: comuni di Demonte, Moiola, Roccasparvera


Agnello di Zeri

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L'agnello zerasco (o agnello di Zeri) è un prodotto agroalimentare tradizionale toscano e un presidio Slow food. Prende il nome dal Comune di Zeri, dove si concentra l'allevamento e la produzione della pecora zerasca, diffusa soltanto in pochi altri centri della Lunigiana (in quantità comunque molto limitate).

La pecora zerasca
La zerasca è una razza ovina italiana distintasi nel tempo a causa dell'isolamento geografico delle valli zerasche. Le prime notizie documentate della sua presenza risalgono alla metà del XVIII secolo e l'ipotesi più accreditata circa la sua origine parla di incroci tra una popolazione autoctona, alcune razze del Settentrione (come la biellese e la bergamasca) e altri ceppi appenninici. Negli anni sessanta e settanta è stato fatto largo uso di incroci con la razza massese ma da anni gli allevatori cercano di mantenere le peculiarità degli ovini zeraschi. Viene allevata soprattutto per le carni, mentre la produzione casearia e lanifera, pur riscoperte negli ultimi anni, hanno ancora un'importanza molto secondaria.

Consistenza numerica
La popolazione contava 3110 capi al 31 dicembre 2004 scesi a 2050 al 31 dicembre 2006 . L'esiguità dei volumi produttivi rende l'agnello zerasco inadeguato alla commercializzazione di massa e ne fa una specialità esclusivamente locale.

Il consorzio di tutela
Un ente appositamente creato nel 2001, il Consorzio per la valorizzazione e la tutela della pecora e dell'agnello di Zeri, vigila sul rispetto del disciplinare di allevamento ed è impegnato nella promozione di tutta la economia culturale legata alla pecora autoctona. Tra i risultati va annoverata anche la riscoperta di un tessuto tipico della Lunigiana e dei costumi contadini, la mezzalana, una stoffa realizzata incrociando un ordito di canapa con una trama in lana.

Disciplinare
Secondo il disciplinare l'allevamento deve lasciare il bestiame allo stato semi-brado e l'alimentazione degli agnelli deve essere rigorosamente a base di latte materno e di erba e fieno locale.. I capi, capaci di adattarsi molto bene alle difficili condizioni climatiche dell'Appennino, restano quasi tutto l'anno nei pascoli, localizzati ad un'altezza tra 600 e 1200 metri, e solo durante la stagione invernale vengono tenuti nell'ovile e alimentati con il fieno prodotto dai pascoli stessi.

Uso in cucina
L'elevata qualità delle carni dell'agnello di Zeri è dovuta sia alle caratteristiche della razza, che produce tra l'altro un latte molto nutriente per l'alto contenuto proteico e lipidico, sia al rigoroso disciplinare che impone che i capi vivano e si alimentino in un ambiente poco antropizzato e relativamente incontaminato.

Può essere consumato fritto, in umido, alla brace o al forno, accompagnato dall'altrettanto tipica patata di Zeri. La ricetta tradizionale prevede però l'utilizzo dei testi, particolari pentole di ghisa dotate di coperchio che vengono messe a scaldare sulla brace e garantiscono un risultato a metà tra la cottura al forno e la cottura al vapore.

 
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