Le acciughe sotto sale sono uno
dei metodi di conservazione del pesce più antichi che ci siano. Si
tratta di scegliere, pulire e salare il pesce, al fine di poterlo
conservare a temperatura ambiente, in arbanelle di vetro, fino a due
o tre anni.
Nella salatura delle acciughe, bisogna fare attenzione
a diversi punti essenziali che sono: periodo in cui comprarle,
freschezza del pesce, pulizia dalle interiora, salatura, dissalatura,
presentazione e consumo e altri esperimenti.
Introduzione
Mettere le acciughe sotto sale è
facile, ma arrivare al risultato finale corretto è più lungo e
laborioso e bisogna fare esperienza. Se qualcosa va male, è perché,
in qualche modo, c'è stato un contatto con l'acqua dolce o col
ghiaccio che sciogliendosi produce acqua dolce.
Gli aneddoti
d'epoca riportati, riguardano la zona della Liguria, per ricordare i
costumi di quando non c'era il frigorifero e l'uso al risparmio della
mentalità ligure ma anche in Sicilia e Campania, tramandano la
tradizione di mettere le acciughe sotto sale.
Ingredienti
Attrezzatura
Arbanelle n.5, complete di peso e
coperchio.
Coltello da cucina a punta da
circa 12, 14 cm. di lama.
Contenitore di vetro di misura
16x10x5 cm. completo di coperchio.
Arbanelle
In un’arbanella ci stanno puliti, circa due chili di pesce,
dipende dal diametro e dall'altezza dell'arbanella e dalle dimensioni
del pesce.
Ci sono arbanelle non standard oppure arbanelle da
negozio di tre misure:
grosse e alte, da 4 chili di
pesce, 17x27 cm.
medie, da 2 chili di pesce, 17x14
cm.
piccole, da 1,5 chili di pesce,
larghe 15 cm. e alte 11 cm.
- non standard, casalinghe, contenenti 2 chili di pesce,
strette 14 cm. e alte 16 cm.
Un negozio specializzato in vetreria di
questo tipo si trova a Sampierdarena (Genova), BECCUTI in via
Buranello 155r, angolo via Carzino ma nei negozietti tipici dei
paesini liguri, insieme alle scope di saggina, ai seggiolini di
vimini e magari pane, salame, frutta e verdura, si trovano anche le
arbanelle. In Liguria spesso si trovano arbanelle anche al
supermercato, per esempio a Chiavari.
Bisogna passare il dito
leggermente sul bordo interno ed esterno, per verificare che non sia
scheggiato, come solitamente è, le nostre nonne le cercavano apposta
perché ne approfittavano per farsi fare uno sconto. Oggi è
sconsigliabile per la suscettibilità dei negozianti che non vogliono
più sentir parlare di sconti.
Se bisogna accontentarsi di una
arbanella scheggiata, a casa poi, si provvederà a smerigliare la
scheggiatura con una pietra da affilare, mettendo un velo d’olio
fra pietra e vetro, durante la smerigliatura.
Bisogna comprare
anche il vetro che fa da tappo e il coperchio di plastica ma non sono
indispensabili, in quanto
il vetro che fa da tappo può
essere ordinato da un vetraio, che in Liguria sa già tutto, sa le
misure e spesso ne ha già pronti oppure sostituito da
una pietra rotonda a misura
pescata al mare come si faceva un tempo o meglio
- mattonelle ottagonali da pavimento di ardesia, di scarto,
alte 3 cm., nelle discariche delle fabbriche di ardesia, che sono
l’ideale.
Fabbrica di lavorazione dell’ardesia,
si trovano nella Val Fontanabuona, a Cicagna, dove c'è due fabbriche
e dove si trova l’ideale; a Pian dei Ratti, da Lavagna verso
Carasco, vicino a Calvari, c’è un fabbricante di piastrelle
d’ardesia, da tre generazioni con cava di proprietà
“globalizzata”.
Anche i marmisti della zona di
Staglieno a Genova, hanno qualcosa in ardesia. I pescivendoli usano
cubi da chilo di marmo, fatti dal marmista ma il marmo diventa
giallo e granuloso perché alla lunga si corrode e puzza.
una plastichetta rotonda 13 cm,
con la scritta per uso alimentare ma che è meglio evitare di usare
perché sta a contatto del sale quasi tutto l'anno e forse non è
del tutto sicuro.
- Per far da peso sono necessarie 4 mattonelle per ogni
arbanella.
Un tempo il coperchio non esisteva e si
rabboccava il liquido che evaporava con acqua salata. Oggi con
l’arbarella danno anche un coperchio di plastica e che non fa
evaporare ed evita i rabbocchi. Questa plastica, ad uso alimentare,
non sta a contatto diretto con la salamoia e quindi si può usare con
maggiore tranquillità.
Dunque con dieci chili di pesce, si
calcola cinque arbanelle di quelle piccole.
Perché 5 arbanelle ?
Una serve di rabbocco e 12 mesi all'anno diviso 4 arbanelle fa un
consumo di una arbanella ogni tre mesi. Sono 7,5 strati da 12
acciughe, per cui sono 2,5 strati al mese, sono 28 acciughe al mese,
sono 7 acciughe alla settimana, che si mettono nella pizza d'inverno
o si mangiano crude sott’olio d'estate, quando aumenta la richiesta
corporea di sale.
Salatura
delle acciughe
Periodo
Per mettere le acciughe sotto sale, la luna migliore è la Luna
piena di luglio; perché alla Luna piena di luglio, tutte le acciughe
raggiungono la loro massima grossezza però va bene anche la Luna
piena di maggio e di giugno ma alla Luna di maggio, ci sono mischiati
assieme i riproduttori grossi dell'anno precedente e il novellame più
piccolo. Se si mettono giù le acciughe alla Luna piena di maggio, su
dieci arbanelle, si hanno sette arbanelle di acciughe grosse e tre
con acciughe di grossezza media, alla Luna di giugno le acciughe di
grossezza media sono un po' più grosse ma alla Luna piena di luglio
le acciughe sono tutte della grossezza massima. Le ave le mettevano
giù a maggio ma nell’Italia del Sud le mettono giù a luglio.
Cosa c'entra la Luna ?Effettivamente le acciughe si
prendono anche senza Luna però con la Luna piena e il caldo, le
acciughe vengono in superficie e se ne prende di più e più
facilmente.
Tanto per dire delle cifre a Genova, nel 2002, alla Luna di maggio
si pagavano 2,5 euro al chilo, comprando 16 chili, due cassette, di
acciughe fresche dell'Adriatico, pescate la notte e vendute il
pomeriggio successivo; talvolta vengono dalla Turchia, che in alta
stagione sono belle grosse ma possono contenere l'Anchilostoma nelle
interiora, che non è un problema perché non va nelle carni e se per
caso ci schizzasse sopra, verrebbe disidratato e ucciso dalla
salamoia. Il pericolo della anchilostomiasi sussiste solo per
acciughe turche consumate crude, con olio e limone, solitamente in
alta stagione, quando l'inquinamento è più marcato.
A giugno
siamo già sui 6 euro al chilo e a luglio non si trovano a meno di 8
euro al chilo.
Le acciughe del mese di agosto non vanno bene per
essere messe sotto sale, perché grosse non ce n'è più e sono tutte
alici. Le alici messe sotto sale sono talmente piccole che nel
processo di salatura si dissolvono e nel processo di dissalatura
vanno a finire in niente, tutte sciolte nell'acqua. Malgrado ciò, si
può incontrare dei commercianti improvvisati pescivendoli e che
pretendono di vendere le alici a caro prezzo, da salare, sostenendo
che sono le migliori.
I prezzi si abbassano di nuovo a novembre,
quando i ristoranti richiudono, le acciughe sono tutte grosse e
costano di nuovo sui 2 euro al chilo. Però, queste acciughe di
novembre, non sono belle magrine, come a maggio dopo l'inverno e non
hanno mangiato tutta la primavera perché hanno in mente la fregola.
A novembre le acciughe sono belle grassottelle, per prepararsi al
freddo dell'inverno. Quel grasso, non è che sia velenoso, anzi fa
bene perché ricco di Omega 3 però, alle acciughe sotto sale di
novembre, il grasso ci dà un sapore più pesante.
Questo grasso
di pesce, da un punto di vista alimentare fa bene, perché contiene
degli acidi grassi che si mettono in competizione, con i grassi
animali, occupandone il posto e facendo abbassare il colesterolo però
perde un pochino quel sapore puro di mare e acquista un pochettino
più sapore di olio rancido.
Provenienza e qualità
Se si vuole le acciughe del Mar Ligure,
freschissime come un tempo, si va a Camogli, alla Cooperativa dei
pescatori, verso le cinque del pomeriggio, meglio prenotarle il
giorno prima e non fare alcuna discussione sul prezzo, altrimenti le
vendono nel giro di cinque minuti, il tempo di pesarle, ad altri
clienti. Sono appena pescate, non toccano il ghiaccio, sono ancora
vive quando i pescatori arrivano sulla spiaggia e le tolgono dalle
reti ancora guizzanti, davanti a vostri occhi. Gli avi le chiamavano,
acciughe "vive", commercialmente vengono
classificate freschissime.
Altre provenienze rinomante sono
le acciughe di Monterosso e quelle della Liguria di Levante in
generale. Altrimenti, vengono dal Mar Tirreno, dalla Toscana e
talvolta da Marsiglia o dalla Turchia. Le pescano il pomeriggio, la
notte viaggiano e si trovano al mattino alle sette, al mercato del
pesce di Genova e di altre città italiane. C'è la coda, bisogna
svegliarsi prestissimo e spesso si torna a mani vuote. Qualità:
pesce fresco.
Se non si vuol smanicare con una levataccia, ci si
mette d'accordo col pescivendolo sotto casa, quando si vede che c'è
abbondanza, gli si chiede quanto mette una cassetta il giorno dopo,
se gliela si ordina. Dice un prezzo, che può essere fino al 50% del
prezzo esposto al minuto e può essere conveniente.
Ciò che fa marcire il pesce di mare è
l'acqua dolce, quindi nella cassetta del pesce che si acquista non ci
deve essere assolutamente ghiaccio. Il pesce può essere conservato
in frigo ed essere freddo ma guai se si acquista una cassetta di
pesce con dentro ghiaccio tritato, questo pesce venuto a contatto con
acqua dolce ghiacciata, marcisce irrimediabilmente, qualsiasi
salatura si faccia.
Freschezza del
pesce
Il pesce in vendita viene classificato in base alle
caratteristiche organolettiche in:
pesce freschissimo, si presenta
pelle lucida, che riflette la luce, colorata, specialmente nella
pancia si vedono i colori dell’arcobaleno; carni di consistenza
gommosa, si lascia piegare con le mani senza rompersi e dopo un po’
di tempo riacquista la posizione originale; occhio limpido e
trasparente, tale che guardando attraverso l’occhio si vede il
fondo dell’occhio; branche rosse, ancora piene di sangue.
pesce fresco, la pelle è opaca,
non riflette più la luce, il colore è grigio acciaio uniforme;
carni di consistenza lignea, se si piega si rompe; occhio opaco
lattiginoso, non si vede più il fondo; branche esangui, biancastre
o rosate.
- pesce marcio, la pelle è disidratata, screpolata; le carni
sono di nuovo molli e si sfaldano prendendolo in mano; l’occhio è
decisamente bianco; le branche decisamente bianche.
Attualmente (2000), si sono visti dei
documentari in cui il pesce viene manipolato in betoniere contenenti
acqua salata, antibiotici e altri prodotti antifungini. Queste
manipolazioni sono illegali ma purtroppo incontrollabili e rendono il
pesce così trattato simile al pesce fresco per un numero di giorni
tale che se non fosse così trattato sarebbe decisamente marcio. In
linea di massima gli animali questa roba non la mangiano e quindi se
si hanno dubbi basta far assaggiare al gatto e vedere le sue
reazioni. Il gatto è un buon assaggiatore di cibi in generale e le
carni che rifiuta, fino a prova contraria, sono da evitare. Il gatto
è vorace di pesce freschissimo e fresco, mangia di gusto anche pesce
congelato di buona qualità, mangia pesce in scatola ma il gatto
mangia molto ma molto meno pesce trattato con acqua e sale e rifiuta
sia il pesce marcio che quello trattato con antibiotici.
Negli anni 1960, si andava a colpo
sicuro all’ultima Luna di maggio alle cinque del mattino a Prà
(Genova), appena tornavano i pescatori, dove molte persone lo
preparavano sulla spiaggia e lo sciacquavano nell’acqua di mare,
altri lo portavano a casa e lo preparavano in mattinata, senza
sciacquarlo, che l’acqua dolce lo fa marcire. Qualità:
freschissimo.
Dopo che hanno buttato in mare un chilometro di
terra, per costruire il porto, le acciughe che migravano davanti a
Prà, il primo anno, sono spiaggiate: hanno raccontato che le
acciughe si buttavano sulla spiaggia come un'onda e le hanno prese
con le mani. Negli anni successivi sono scomparse, a Prà non si sono
più prese acciughe e le portavano da Genova con un camion frigo.
Chi
ha mancanza di tempo, può comprarlo a cinque chili per volta, a 4
euro al chilo (1992), al mercato comunale Orientale di Genova, nel
quale c'è abbondanza fino alla chiusura serale e al mercato comunale
di Terralba, nel quale al pomeriggio si esauriscono le scorte o di
Sampierdarena, nel quale a mezzogiorno non c'è più niente. Questo
pesce comprato alla spicciolata, si mette giù in diversi giorni
successivi, salando solo il pesce con le dimensioni più grosse e
consumando subito il pesce più piccolo. Se costa di più, non se ne
fa niente, perché diventa conveniente quello in scatola. Qualità:
fresco.
Comunque, se si ha pazienza di andarci, azzeccare il
giorno giusto, ossia andarci quasi tutte le mattine per una
settimana, quando c'è la luna e il caldo, al Mercato del pesce di
Genova, si può trovare una cassetta da 10 chili di acciughe,
freschissime a 12, 15 euro. Bisogna stare attenti che se il prezzo è
troppo basso vuole dire che danno una cassetta da 8 chili, a meno di
10 euro. Insomma bisogna chiedere se le cassette sono da otto o da
dieci chili. Ricordarsi di andare al mercato con uno o due grossi
catini di plastica alimentare o predisporre un sistema di sacchi di
plastica, per non bagnare l'auto, altrimenti poi puzza per tutta la
stagione. Qualità, fresco.
Il pescivendolo non tiene mai le
acciughe in frigorifero, per venderle il giorno dopo, gli avanzi di
acciughe il pescivendolo le sala nel pomeriggio stesso e poi vende le
arbanelle a circa 30-35 euro l'arbarella di grossezza piccola,
tenendo conto del costo dell'arbarella che rimane in casa, è un
prezzo del tutto ragionevole e per bassi consumi forse
concorrenziale. Queste arbanelle piene di pesce, in Liguria, si
trovano un po’ dappertutto, da Agosto a Dicembre.
Pulizia del pesce
Ciò che fa marcire il pesce di mare è
l'acqua dolce e le interiora che hanno un'alta carica batterica.
Quindi assolutamente non bagnare con acqua dolce in nessuna fase
della preparazione, le mani o il pesce o le arbanelle, assolutamente
mai risciacquare il pesce con acqua dolce.
Tutto deve essere
perfettamente asciutto, anche il lavandino dove si tolgono le teste e
si appoggia il pesce, va asciugato preventivamente con uno straccio.
Se ogni tanto si lavano le mani è meglio farlo nel bagno per non
schizzare acqua dolce nei dintorni delle arbanelle. Poi le mani
bisogna asciugarle perfettamente, con uno straccio adatto che si
impuzzirà di pesce e alla fine va lavato subito. Gli schizzi di
acqua dolce dentro un'arbanella provocano delle macchie di muffa,
facendo imputridire localmente la preparazione.
La prima operazione è togliere
eventuali squame dal pesce, le acciughe hanno poche squame e vanno
tolte con le mani. Si prende un'acciuga e tenendola con una mano per
la coda, si portano via le squame passando delicatamente le dita
del'altra mano sul dorso e sulla pancia del pesce. Non togliere le
squame implica che quando si salano, le squame si induriscono e si
attaccano alla carne in modo irreversibile; di conseguenza quando si
desalano la carne attaccata alle squame viene perduta, riducendo
notevolmente la parte edule.
La seconda operazione è togliere la
testa e le interiora. Si toglie la testa, spezzando il pesce con le
mani a livello delle branchie e si tira. In questo modo, vengono via
anche le interiora. Per essere sicuri che le interiora siano
completamente pulite, si passa l'indice all'interno della pancia del
pesce, aprendola e togliendo eventuali residui. Comunque se nella
fretta rimane, l'ultimo filo di interiora del pesce attaccato, il
sale poi lo sterilizza e non è quello che fa deteriorare il pesce o
il sapore. Si pulisce così circa settanta ottanta pesci, cioè un
vassoio, sono 2 chili con la testa e 1,4 chili senza testa e si
riempie subito un’arbarella.
Le teste invece che strappate, possono
essere tagliate con abilità.
Si prende un tagliere di legno e il
coltello da cucina a punta.
Si appoggia la punta del coltello sul
tagliere con la mano destra, con la sinistra si prende la coda di una
acciuga e si appoggia il pesce sul tagliere. Si appoggia la punta del
coltello sul tagliere, al di là della testa del pesce e si schiaccia
lievemente, fino a tagliare la lisca, non di più e poi rimanendo con
la destra fermi così, si tira la coda, strappando il corpo dalla
testa che è trattenuta dal coltello. In questo modo le interiora
rimangono attaccate alla testa e ci si ritrova con una acciuga bell'è
pulita, nella mano sinistra che la lancia nel vassoio e si dà un
colpo di coltello alla testa con le interiora che rotolano di fianco
sul lavandino. Con un po' di esperienza, questa procedura forse è un
po' più veloce, perché non prevede il ripasso nel ventre. Se si
taglia la testa troppo in profondità, le interiora rimangono dentro,
in questo caso è meglio non interrompere e sporcarsi le mani di
sangue ma si destina il pesce in un piatto diverso, di pesce da
ripassare con una ditata nel ventre. Oppure si può dare una
coltellata di taglio al ventre, tagliando via le interiora, però in
questo caso viene portata via un po' di carne. Dare una coltellata di
punta nel ventre aprendolo completamente non risolve il problema di
portare via le interiora che rimangono adese al dorso e inoltre è
pericoloso, perché si perde il controllo della punta che può bucare
le mani.
Un tempo (1950-1960) si salava il pesce
sulla spiaggia, al mattino presto, dove arrivavano le barche dei
pescatori, verso le ore cinque, sei. Le persone, dopo aver tolto le
teste ad una cassetta intera di pesce, dato che a questo punto il
pesce era un po' sporco di sangue, lavavano il pesce nell'acqua di
mare, immergendo la cassetta di pesce a fior d'acqua e scrollandola
un po'. A casa, se proprio si vuol lavare il pesce, bisognerebbe
lavarlo con una salamoia di sale da cucina sciogliendo per ogni litro
di acqua, a temperatura ambiente, 360 grammi di cloruro di sodio,
oppure portarsi a casa una tanica da 20 litri di acqua di mare,
pulita. Non lavare il pesce non comporta problemi, perché il sale
disinfetta tutto e la salamoia stessa che si forma, lava il pesce.
Procedimento
salatura
Ogni arbarella piccola porta circa un
chilo e mezzo, due di pesce e necessita di un chilo di sale
grosso.
Si cosparge il fondo di un arbarella con un pugnetto di
sale grosso, due cucchiai da cucina e poi si dispongono i pesci, in
una fila da 12-14 pesci disposti testa-coda, con due o quattro pesci
ai lati per riempire lo spazio rotondo che avanza ai lati della
fila.
Poi si butta il solito pugno di sale sullo strato di
acciughe, non c'è bisogno di metterci un centimetro di sale, come
c’è scritto sui libri, non succede nulla se la carne del pesce di
due strati si toccano, l’importante è non lasciare grosse
bolle.
Diciamo che ci deve essere abbastanza sale da riempire i
buchi fra i pesci e un lieve eccesso sopra, tale da ricoprire appena
i pesci sottostanti. Se rimangono dei punti senza sale, lì si
possono formare delle bolle d'aria che è meglio evitare, perciò
ogni strato che si fa, si scuote un po' l'arbarella per far sistemare
meglio pesci e il sale ed eventualmente aggiungere sale dove
manca.
In croce si fa un altro strato, ossia se si è fatta una
fila dall'avanti verso di sè, lo strato successivo lo si fa da
destra a sinistra. E lo strato successivo lo si fa di nuovo
dall'avanti verso di sè.
Si va avanti così, per 5-6-7 strati
finché non si riempie l'arbarella fino a 2 cm dal bordo.
Allora
si riempie di due centimetri di sale fino all'orlo.
Si mette una
pietra piatta, o una plastichetta o una piattina di vetro,
addirittura se non si ha altro un piattino da caffè che sia
abbastanza largo e piatto e sopra un peso di 1-2 chili, di forma
cilindrica, che non si incastri. Può essere anche un bottiglione da
un litro e mezzo due litri di vino, ben pulito sul fondo e senza
etichetta, si trovano cilindri di pietra da carotaggio da due tre
chili, ma si possono usare impilate le famose piastrelle di ardesia.
Deve essere molto pesante e schiacciare il più possibile fino al
massimo.
Quando il pesce è schiacciato, durante la prima
settimana si possono fare dei rabbocchi di pesce, ossia togliere con
un cucchiaio, i due centimetri di sale, conservandoli in un piatto e
aggiungere altri due o tre strati, di pesce sia fresco o meglio
usando il pesce di un arbarella di servizio che poi, facendo i
rabbocchi di 4 arbanelle, rimane vuota. E poi si ricopre di nuovo col
sale che si era tolto. Però è un lavoro in più ed è sempre un
rimaneggiamento di per sé pericoloso.
Tempi
di uso e conservazione
Il pesce così salato, schiacciandosi al massimo, perde i propri
liquidi interni e diminuisce di volume. L’arbarella deve essere
posta su di un piatto perché trabocca salamoia. La salamoia non va
buttata via, perché serve per fare eventuali rabbocchi di liquido
salato, che non deve mai mancare. L’arbarella deve essere lasciata
col pesce così schiacciato, al buio e aperta all'aria, per circa due
mesi. Il minimo è un mese e dopo un mese lo si può già mangiare ma
in genere si lascia così due mesi. Si possono formare delle bolle
che è meglio evitare e far uscire scuotendo l'arbarella con un
movimento come quando si setaccia la farina. Se le bolle sono piccole
non succede niente ma se sono lunghe come un pesce sono punti a
rischio e bisogna andare a riempirle di sale.
Dopo due mesi,
l'arbarella può essere chiusa per fare evaporare meno il liquido ma
comunque il pesce deve rimanere sempre schiacciato, ricoperto di sale
e di salamoia; ora basta anche una pietra del mare piatta e rotonda
da mezzo chilo appoggiata sul vetro oppure la famosa piastrella
ideale di ardesia che fa da tappo e da vetro. Soprattutto deve essere
rabboccato se il liquido evapora, con una salamoia preparata al
momento di acqua e sale, in soluzione satura. Mai e poi mai lasciare
la superficie del pesce asciutta. Per saturare la salamoia, si fa
sciogliere due cucchiai di sale grosso, a caldo in un bicchiere
d'acqua, e si continua ad aggiungere sale finché l’ultima
cucchiaiata rimane indisciolta sul fondo. Poi si lascia raffreddare e
si aggiunge al bisogno. Per due mesi lo si deve curare che non si
asciughi. Solo durante le estati molto calda succede di dover fare
delle aggiunte di salamoia, di solito va tutto bene così, però lo
si deve curare, perché se lo lascia in una zona ventilata, se il
liquido evapora, dopo una settimana va tutto a male, marcisce.
Comunque in qualsiasi momento rimanga senz'acqua, bisogna
innanzitutto controllare che non ci siano muffe e che non si senta
odore di putrido. Se si vede muffe, specialmente rosa o verdi, con un
minimo odore non buono, anche se si toglie due o tre strati sopra e
sotto sembra buono, è meglio non fidarsi ed è necessario buttare
via tutto.
Dissalatura e
consumo
Le acciughe sotto sale durano anche due
o tre anni, però più il tempo passa e più il sale corrode la
carne, per cui dopo un anno ponendo le acciughe in acqua corrente
rimangono integre; desalando le acciughe dopo due anni, le parti più
sottili della pancia si sfanno nell’acqua. Desalando dopo tre anni,
dell’acciuga originale rimane sempre meno, perché l’acciuga si
scioglie nell’acqua.
Aprendo il coperchio, viene su
un'ondata dall'odore di mare. Si toglie il pesce dal sale, facendo
attenzione di non bagnare assolutamente con acqua dolce il pesce
restante, la salamoia, l'arbarella, il tappo o il coperchio. La dove
cadono gocce d'acqua dolce, per esempio sulla piastra o sul peso, si
crea una zona non salata che fa la muffa. Se la muffa rimane così
confinata la si toglie mentre è piccola ma se dilaga, poi non da più
fiducia. Per desalare il pesce lo si lascia in acqua corrente una o
due ore, la dissalatura va a gusto e stagione, d’estate è meglio
consumarlo più salato e d’inverno più insipido.
La salinità
della carne conservata del pesce varia a seconda delle ore che lo si
lascia a bagno, nell'acqua corrente. Se lo si lascia nell'acqua
corrente 4 ore o più, alla fine si hanno delle carni assolutamente
insipide e se non le si consuma subito, vanno a male. Se lo si bagna
appena e lo si asciuga subito, lasciandogli tutto il suo sale, dura
parecchi giorni sott'olio in frigo. In campagna, ci tolgono il sale
più grosso sbattendolo, senza lavarlo e mettono il pesce sott'olio
così com'è, consumandolo tutto l'anno abbastanza salato.
Lo si pulisce, si apre e si toglie la
lisca. Per togliere la lisca più facilmente, farlo sotto il
rubinetto lasciando scorrere sopra un filo di acqua dolce che
facilita lo stacco della lisca dalla carne, specie se il pesce era
molto fresco. Lo si lascia asciugare su un tagliere di legno o lo si
asciuga in un panno o nella carta assorbente, tovagliolini di carta e
simili. Lo si lascia nell'olio un paio d'ore, di solito nel frigo ma
non è necessario mantenerlo freddo, nel suo contenitore di vetro. Si
consuma servendolo dal suo contenitore di vetro in un piatto, su
crostini di pane tostato, imburrato con burro o margarina.
Se lo si usa al volo sulla pizza, non
c’è bisogno di asciugarlo e immergerlo nell’olio. Si può
mettere nell'insalata con le uova sode.
Ghiotto è preparare un
battuto d’aglio e capperi e mettendo un paio di acciughe intere su
una fetta di peperone, con dentro un velo d’olio, che si cuoce al
forno.
Con le acciughe desalate si preparano pure vari tipi di
pasta d’acciuga da spalmare su crostini di pane. La pasta d’acciuga
più comune è pura e semplice, battitura delle acciughe in un
mortaio. Altrimenti si possono aggiungere a questa pasta d’acciughe
di base, il rosso sodo di uova, con capperi e mollica acetosa di
pane, che si dice abbia proprietà afrodisiache.
L'acciuga
desalata si può friggere, come il baccalà desalato, invece che
nella pastella, l'acciuga desalata va inserita in una frittella
(frisceu in genovese o crispeddi in siciliano) che si fa lievitare.
Fritta da sola è troppo piccola, risultano degli stecchini secchi
come grissini.
Forse, si potrebbero mettere le acciughe desalate
sotto limone e olio, come si fa con le alici fresche. Gli avi ci
mettevano l'aglio.
Il gusto di salato giusto, dovrebbe essere
quello dell'acciuga fresca, dargli il giusto salato va a proprio
gusto.
Esperimenti
Dopo diversi anni che si mette il pesce sotto sale con successo e
si ha esperienza di tutte le fasi e dei trucchi, si può incominciare
a pensare, se si può fare di più:
- esperimento pesce esangue, (la prima volta, si consiglia di
farlo su di una arbarella sola).
- I primi due chili di pesce che si pulisce, invece di metterli
subito nell'arbarella, si mettono sul lavandino da parte e si lascia
scolare completamente il sangue che viene buttato. Intanto si mette
sotto sale le altre 4 arbanelle.
-
Alla fine della mattinata, si mette sotto sale i pesci così
dissanguati e trattati sempre allo stesso modo. Al momento del
consumo si vedrà che le carni sono quasi bianche. Il sapore è più
leggero e più fine.
-
esperimento sale fino, (sconsigliabile).
- Usando il sale fino le acciughe vengono così salate ma così
salate, che il salato non lo si toglie nemmeno in una giornata a
bagno nell'acqua dolce corrente.
-
esperimento con le sarde, (da provare).
- Invece che le acciughe mettere sotto sale le sarde. Costano
niente, tipo 2 euro (2002), la cassetta da 10 chili.
-
Le sarde non sono saporite come le acciughe e producono comunque un
olio rancido. Forse come pesce bisognerebbe imbroccare la salacca.
Le salacche vengono dalla Sardegna e le vendono per sarde, però
sono più magre e filate, si vede che sono diverse, sono sardine un
po' strane e sono meglio da salare, infatti si trovano anche al
supermercato. Le sarde si possono preparare da regalare, piacciano;
a volte in commercio si trovano le sarde sotto sale, fatte passare
per acciughe ma solo gli intenditori se ne accorgono.
-
esperimento cambio della salamoia (sconsigliabile).
- Meglio non sostituire la salamoia del pesce con una salamoia
d'acqua e sale, come qualcuno fa. Va tutto bene ma perde tutto il
suo gusto di mare.
-
utilizzo della salamoia, dalla lavorazione avanzano circa 6 etti fra
teste e interiora ogni chilo di pesce acquistato e ci si chiede se
non siano utilizzabili. Così si scopre il garum, una antica salsa
romana, fatta con interiora salate e fermentate al sole con aggiunta
di pesce e piccoli pezzi di pesce. Farla in casa richiama nuguli di
mosche e non si è mai sicuri se il liquamen sia commestibile oppure
no, tanto che questa salsa è caduta in disuso. A Cetara, in
Campania, usano una salamoia trattata, per condire pietanze.