Bacchette per il cibo

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Le bacchette per il cibo sono una coppia di piccoli bastoncini affusolati, di uguale lunghezza, che si ritiene generalmente abbiano avuto origine nell'antica Cina e che vengono utilizzate tradizionalmente come posate o utensili per il cibo in vari paesi dell'Asia orientale e sud-orientale (in particolare Cina, Giappone, Corea, Taiwan, Thailandia, Vietnam e Singapore). Al di fuori di tali aree, le bacchette si trovano prevalentemente nei ristoranti che propongono piatti delle cucine originarie di questi paesi.
Attualmente si possono trovare anche in alcune aree del Tibet e del Nepal vicine all'influenza culturale delle popolazioni cinesi di nazionalità Han. Le bacchette sono adoperate comunemente nello Xinjiang dagli Uiguri e da altre etnie per mangiare il lamian, una varietà di noodles cinesi, mentre nell'Asia sud-orientale si usano di solito quando si mangiano noodles o riso bianco.
Tali utensili sono fatti comunemente di legno, bambù, metallo, osso, avorio e, nei tempi moderni, anche di plastica. La coppia di bastoncini si manovra con una sola mano – tra il pollice e le altre dita – e si usa per prendere piccole quantità di cibo.

Storia

Le bacchette per il cibo provengono dall'antica Cina: sulla loro origine sono fiorite numerose leggende, ma è provato che venivano utilizzate già ai tempi della dinastia Shang (1600-1100 a.C.). Utensili simili a bacchette sono stati dissotterrati anche nel sito archeologico di Megiddo in Israele. Questa scoperta potrebbe rivelare l'esistenza di rapporti commerciali tra il Medio Oriente e l'Asia nei primi tempi dell'antichità oppure potrebbe trattarsi di uno sviluppo parallelo avvenuto in modo indipendente. Le bacchette erano oggetti domestici comuni anche tra gli Uiguri civilizzati delle steppe mongole durante il VI-VIII secolo.

Etimologia

In cinese le bacchette per il cibo sono indicate con la parola kuàizi (筷子). Il primo carattere è composto da una parte fonetica, , che significa "rapido", e da una parte semantica, , che vuol dire "bambù". Nel cinese antico, ed anche in alcune varietà di quello moderno come il min nan, la parola per "bacchette" era zhù () (cinese medio: d̪jwo-; pinyin: zhù; minnan: ). Tuttavia, zhù divenne tabù sulle navi perché suonava allo stesso modo di un'altra parola che significava "fermarsi" (). Di conseguenza, fu sostituita da una parola di significato opposto, kuài ("veloce, rapido"), che si diffuse gradualmente fino a diventare il termine corrente per designare le "bacchette" nella maggior parte delle varietà del cinese moderno. Il carattere che indica il nuovo significato di "bacchette" () ha l'elemento semantico del "bambù" () aggiunto a quello del carattere originario kùai () che, come già accennato, significa "rapido".
In giapponese, le bacchette sono chiamate hashi, scritto . Sono note anche come otemoto (おてもと), un'espressione stampata comunemente sugli involucri delle bacchette usa e getta.
In coreano, si usa il vocabolo composto jeotgarak o chŏtkarak (젓가락), che è formato da jeo ("bacchette") e garak ("bastoncino"). Jeo non può essere usato da solo.
In vietnamita, le bacchette sono dette đũa (), parola anch'essa derivata dal cinese .
Nelle lingue occidentali non esiste, in genere, un termine specifico per indicare le bacchette per il cibo. Fa eccezione la lingua inglese, che utilizza la parola chopsticks, di probabile origine asiatica. Sembra infatti che sia derivata dal pidgin sino-inglese, dove l'espressione chop chop significava "rapidamente".

Tipi

Vi sono diversi stili di bacchette che variano in relazione a:
  • Lunghezza: le bacchette molto lunghe, solitamente circa 30 o 40 centimetri, tendono ad essere utilizzate per cucinare, specialmente per friggere a fondo i cibi. In Giappone sono chiamate saibashi (菜箸). Le bacchette più corte sono usate generalmente come utensili per mangiare, ma anche per cucinare.
  • Affusolamento: le bacchette per prendere il cibo sono affusolate con l'estremità smussata o appuntita. Quelle smussate forniscono una superficie maggiore per trattenere il cibo e per spingere il riso nella bocca. Quelle appuntite consentono di manipolare più facilmente il cibo e di spinare il pesce cotto intero.
  • Materiale: le bacchette possono essere fatte di una varietà di materiali: bambù, plastica, legno, osso, metallo, giada e avorio.
  • Le bacchette di bambù e legno sono a buon mercato, conducono poco il calore e forniscono una buona presa per trattenere il cibo grazie alle loro superfici opache. Si possono incurvare e deteriorare con l'uso prolungato e se non vengono pulite adeguatamente possono annidare batteri. Quasi tutte le bacchette per cucinare e quelle usa e getta sono fatte o di bambù o di legno. Le bacchette usa e getta non laccate si usano in particolare nei ristoranti. Si presentano spesso come un pezzo di legno che è parzialmente tagliato e deve essere spezzato in due bacchette dall'utilizzatore (dimostrando così che non sono state usate in precedenza). In giapponese, sono conosciute come waribashi (割り箸).
  • Le bacchette di plastica sono a buon mercato e conducono poco il calore. Inoltre non annidano batteri né si deteriorano molto con l'uso prolungato. Tuttavia, a causa della loro composizione, non sono buone come quelle di legno e di bambù per prendere il cibo. Per la stessa ragione, le bacchette di plastica non possono essere impiegate per cucinare dal momento che le temperature elevate potrebbero danneggiarle e produrre composti tossici.
  • Le bacchette di metallo sono durevoli e facili da pulire. Come quelle di plastica, non trattengono il cibo bene quanto quelle di legno o di osso. Tendono anche ad essere più costose. La loro più elevata conduzione del calore, inoltre, significa che non sono comode da usare per cucinare.
  • Materiali come avorio, giada, oro e argento sono scelti tipicamente per ragioni di lusso.
  • Ornamenti: le bacchette di legno o di bambù possono essere dipinte o laccate per decorarle e renderle impermeabili all'acqua. Le bacchette di metallo a volte vengono irruvidite o rigate all'estremità affusolata per renderle meno scivolose quando si prende il cibo. Coppie di bacchette di metallo molto lunghe talvolta sono legate da una corta catena all'estremità non affusolata per impedirne la separazione.

Stili di bacchette utilizzati nelle diverse culture

  • Cinesi: bastoncini più lunghi che hanno la sezione trasversale quadrata ad un'estremità (quella con cui si tengono) e rotonda all'altra (quella con cui vengono a contatto con il cibo), terminando con una punta smussata.
  • Giapponesi: bastoncini di lunghezza da corta a media che si affusolano con un'estremità appuntita. Questa forma si potrebbe attribuire al fatto che la dieta giapponese consiste in grandi quantità di pesce con la lisca intera. Le bacchette giapponesi sono fatte tradizionalmente di legno laccato. Alcuni servizi comprendono bacchette di due lunghezze diverse: più corte per le donne e più lunghe per gli uomini. Sono inoltre assai diffuse bacchette a misura di bambino.
  • Coreane: asticciole affusolate di media lunghezza, in acciaio inossidabile, con una sezione trasversale piatta e rettangolare. (Tradizionalmente, erano fatte di ottone o di argento.) Molte bacchette coreane di metallo sono riccamente decorate all'impugnatura.
  • Vietnamite: lunghi bastoncini che si affusolano con una punta smussata; tradizionalmente di legno, ma fatte ora anche di plastica. Un đũa cả è una grande coppia di bacchette piatte, usate per servire il riso da una pentola.
  • In uso in Italia: sono simili a quelle giapponesi e sono fatte di legno laccato oppure di plastica; esistono anche quelle usa e getta. Nello scegliere tra i due tipi di bacchette è bene tener conto dei loro difetti: quelle di legno laccato possono essere portatrici di malattie, mentre quelle usa e getta hanno l'inconveniente di essere costose. Riprendendo il termine giapponese, le bacchette in Italia si chiamano Hashi.

Uso

Generalità

Molte sono le regole di etichetta che governano il modo appropriato di usare le bacchette. Tenute fra il pollice e le dita di una mano, le bacchette si usano a mo' di pinza per prendere piccole quantità di cibo, che sono preparate e portate in tavola in porzioni piccole e adeguate. Le bacchette si possono utilizzare (tranne che in Corea) per spingere in bocca il riso e altri piccoli bocconi direttamente dalla ciotola.
Le bacchette si tengono insieme nella stessa mano, solitamente la destra. Alcune persone, specialmente i mancini, hanno cominciato ad usare le bacchette anche con la mano sinistra. In alcune occasioni (formali), tuttavia, questo comportamento potrebbe essere considerato sconveniente.
Nelle culture che fanno uso delle bacchette, il cibo generalmente è preparato in piccole porzioni; tuttavia, alcuni modelli di bacchette hanno bordi intagliati intorno alle punte per aiutare ad afferrare porzioni di cibo più grandi. Il riso, che solitamente sarebbe quasi impossibile da mangiare con le bacchette se preparato utilizzando metodi occidentali, normalmente in Asia orientale è preparato con una minor quantità di acqua, il che lo porta ad "agglutinarsi", rendendo così più facile mangiare con le bacchette. Le caratteristiche collose del riso dipendono anche dalla cultivar selezionata; quella impiegata nei paesi est-asiatici di solito è la cultivar japonica, che è un tipo di riso naturalmente più agglutinante dell'indica, il riso utilizzato nella maggior parte dei paesi occidentali e sud-asiatici.
Oltre che come posate per mangiare, le bacchette sono utilizzate anche come utensili da cucina per mescolare gli ingredienti in una pentola o trasferire i cibi dalla pentola ai piatti.

Come adoperare le bacchette

  1. Mettete una bacchetta tra il palmo e la base del pollice, usando il dito anulare (cioè il quarto dito a partire dal pollice) per sostenere la parte inferiore del bastoncino. Con il pollice, schiacciate il bastoncino verso il basso mentre il dito anulare lo spinge verso l'alto. La bacchetta dovrebbe essere fissa e molto stabile.
  2. Usate le punte del pollice, dell'indice e del medio per tenere l'altra bacchetta come una penna. Assicuratevi che le punte dei due bastoncini siano allineate.
  3. Ruotate la bacchetta superiore in alto e in basso verso la bacchetta inferiore fissa. Con questo movimento si possono prendere cibi di dimensioni sorprendenti.
  4. Con sufficiente pratica, i due bastoncini funzionano come un paio di pinze.
Suggerimento: per maneggiarle più facilmente all'inizio, tenete le bacchette a metà come farebbe un bambino. Quando sarete divenuti più bravi, tenete le bacchette alle estremità superiori per arrivare più lontano ed avere un movimento più sicuro ed elegante.
Se le punte non riescono ad allinearsi, sarà difficile trattenere i cibi. Tenete le bacchette diritte con una delle punte che tocca leggermente il tavolo, e spingete le bacchette verso il basso o allentate la presa per un istante (sempre delicatamente) per far sì che le punte raggiungano la stessa lunghezza. In questo modo potete anche regolare la presa o la posizione di tenuta.
Con la pratica, è possibile eseguire i passi 1 e 2 simultaneamente, sollevando le bacchette con una sola mano in modo fluido. Se necessario, tenete la bacchetta ad angoli diversi per sentirvi a vostro agio con i bastoncini tra le dita.

Buone maniere a tavola

Etichetta universale

Nei vari paesi in cui si utilizzano le bacchette per mangiare, generalmente si osservano le seguenti regole:
  • Le bacchette non si usano per fare rumore, per attirare l'attenzione o per gesticolare. Giocare con la bacchette è considerato maleducato e volgare (proprio come sarebbe giocare con le posate in un ambiente occidentale).
  • Le bacchette non si usano per spostare ciotole o piatti.
  • Le bacchette non si usano per giocherellare con il cibo o con i piatti in comune.
  • Più spesso, le bacchette non si usano per infilzare il cibo, tranne poche eccezioni, ad esempio quando si fanno a pezzi cibi più grandi come verdure e kimchi. Nell'uso informale, cibi piccoli, difficili da prendere come pomodori ciliegia e polpette di pesce possono essere infilzati, ma quest'uso è biasimato dai tradizionalisti.
  • Le bacchette si possono appoggiare orizzontalmente sul proprio piatto o ciotola per tenerle completamente lontano dalla tavola. Per tenere le punte lontano dalla tavola si può utilizzare un poggiabacchette.
  • Le bacchette non si dovrebbero lasciare appoggiate verticalmente in una ciotola di riso o di altro cibo. Qualsiasi oggetto simile ad un bastoncino con la punta rivolta verso l'alto assomiglia, infatti, ai bastoncini d'incenso che alcuni popoli asiatici usano come offerte per i familiari defunti; non a caso, certi riti funerari indicano le offerte di cibo ai defunti usando bacchette messe in posizione eretta.

Etichetta cinese

  • Nella cultura cinese, è normale sollevare la ciotola di riso alla bocca e usare le bacchette per spingere il riso direttamente in bocca. Se il riso però viene servito su un piatto, come è più comune in Occidente, è accettabile e più pratico mangiarlo con una forchetta, un cucchiaio o una forchetta-cucchiaio.
  • L'estremità smussata si usa a volte per trasferire il cibo da un piatto comune al piatto o alla scodella di un commensale.
  • È accettabile trasferire il cibo a persone strettamente imparentate (ad es. nonni, genitori, moglie, figli e altre figure importanti) se stanno avendo difficoltà a prenderlo. Inoltre è un segno di rispetto passare il cibo per primi ai più anziani prima che inizi il pasto.
  • Le bacchette non devono mai essere appoggiate sul piatto, ma sulla tovaglia o sugli appositi poggiabacchette. Lasciare le bacchette infilzate in una portata è un segno di ostilità verso il padrone di casa.

Etichetta giapponese

  • Il cibo non si dovrebbe trasferire dalle bacchette di qualcuno a quelle di qualcun altro. I Giapponesi offriranno sempre il loro piatto per trasferirlo direttamente, o passeranno il piatto della persona da servire se la distanza è grande. In Giappone, infatti, le bacchette si usano in questo modo solo durante la cerimonia del funerale buddhista: dopo aver cremato il defunto, la famiglia e gli amici spostano le ossa bruciate del morto dalla bara ad una pentola appunto con le bacchette.
  • Quando le bacchette non si usano, le estremità appuntite dovrebbero essere appoggiate su un poggiabacchette.
  • È abbastanza frequente rovesciare le bacchette ed usare l'estremità opposta pulita per spostare il cibo dal piatto comune, sebbene non sia considerato segno di buona educazione. Piuttosto, i commensali dovrebbero chiedere altre bacchette per trasferire il cibo dal piatto comune.
  • Le bacchette non si dovrebbero incrociare sulla tavola, né lasciare appoggiate verticalmente in una ciotola di riso, poiché questo simboleggia la morte.
  • Come già ricordato, in Giappone, si adoperano spesso bacchette monouso chiamate waribashi ("bacchette divise"), che sono unite tra loro e devono quindi essere spezzate in due per poter essere usate. In questi casi, è da maleducati sfregare insieme le bacchette dopo averle divise, perché questo gesto comunica all'ospite che si pensa siano a buon mercato.

Etichetta coreana

  • I Coreani considerano segno di maleducazione sollevare la ciotola di riso dal tavolo per mangiare.
  • Diversamente da altre culture che fanno uso delle bacchette, i Coreani adoperano un cucchiaio per il riso e la zuppa, e le bacchette per la maggior parte degli altri cibi in tavola. (Tradizionalmente, i cucchiai coreani hanno una testa relativamente piatta, circolare, con un manico diritto, diversamente dai cucchiai da minestra cinesi o giapponesi.)
  • Diversamente dal riso consumato in molte parti della Cina, il riso cucinato in Corea può essere preso facilmente con le bacchette, sebbene mangiare riso con il cucchiaio sia più accettabile.
  • Quando si posano le bacchette sul tavolo accanto ad un cucchiaio, non bisogna mai metterle a sinistra di quest'ultimo. Le bacchette, infatti, si poggiano a sinistra solo per i membri defunti della famiglia.
  • Le estremità smussate del manico delle bacchette non si usano per trasferire il cibo dai piatti comuni.
  • Quando non sono disponibili bacchette comuni, è perfettamente accettabile prendere il banchan e mangiarlo senza prima metterlo giù sulla propria ciotola.
  • Inoltre, c'è un vecchio detto secondo cui più si tiene la mano vicina alle punte delle bacchette, più a lungo si rimane non sposati.



Etichetta vietnamita

  • Come nel caso dell'etichetta cinese, la ciotola di riso si solleva alla bocca ed il riso si spinge in bocca usando le bacchette.
  • Diversamente dai piatti cinesi, è pratico usare le bacchette anche per prendere il riso nei piatti, ad esempio il riso fritto, perché quello vietnamita è tipicamente colloso.
  • È corretto usare sempre due bacchette insieme, anche quando le si adopera per mescolare.
  • Non si dovrebbe prendere il cibo dalla tavola e porlo direttamente in bocca. Il cibo deve prima essere messo nella propria ciotola.
  • Non si dovrebbero tenere le bacchette in bocca mentre si sceglie il cibo.
  • Dopo mangiato, le bacchette non si dovrebbero mai poggiare sulla tavola formando una "V"; è interpretato come un segno di malaugurio.



Problemi con le bacchette

L'uso delle bacchette comporta essenzialmente due tipi di problemi:
  • Le bacchette usa e getta hanno un pesante impatto sull'ambiente
  • Usare regolarmente le bacchette può causare certi problemi di salute.



Le bacchette e l'ambiente

Usare una sola volta un servizio di bacchette e poi gettarle via, causa problemi per l'ambiente.
Sono sorti alcuni movimenti volti a spingere la gente ad utilizzare più volte lo stesso paio di bacchette. In Cina, si usano circa 45 miliardi di paia di bacchette usa e getta all'anno. Questo equivale ad 1,7 milioni di metri cubi di legname - circa 25 milioni di alberi adulti. La Cina è il più grosso produttore di bacchette usa e getta: basti pensare che quasi 60.000 persone sono impiegate in questo settore. Se la produzione continuerà al livello attuale, le foreste della Cina saranno esaurite nel giro di qualche decennio.
Per questa ragione, nell'aprile 2006 sulle bacchette monouso è stata introdotta un'imposta. Si parla anche di sostituire le bacchette usa e getta fatte di legno con quelle in plastica o metallo.

Le bacchette e la salute

Nel 2003, fu fatto uno studio in base al quale l'uso regolare delle bacchette potrebbe aumentare lievemente il rischio di sviluppare l'artrosi nella mano, una condizione in cui la cartilagine si consuma, causando dolore alle articolazioni della mano, in particolare tra gli anziani. Sono stati inoltre avanzati timori circa il fatto che l'utilizzo di certi tipi di bacchette usa e getta, fatte di legno scuro sbiancato con candeggina, possa causare tosse o addirittura asma.
Un'indagine condotta nel 2006 dal Ministero della salute di Hong Kong rilevò che la proporzione di persone che si servono di bacchette o altri utensili per il cibo è aumentata dal 46% al 65% dopo lo scoppio della SARS nel 2003, determinando anche un miglioramento delle condizioni igieniche generali.

Amorphophallus konjac

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Il konjac (Amorphophallus konjac) (in giapponese コンニャク, in cinese 蒟蒻, in coreano 곤약) è una pianta asiatica appartenente al genere Amorphophallus, nativa della zona subtropicale orientale asiatica. È conosciuta anche con i nomi di konnyaku, konjak, konjaku, patata konjac, giglio voodoo, lingua del diavolo o igname di elefante.
Dalla radice del konjac viene prodotto il konnyaku, ingrediente utilizzato nella cucina orientale.

Coltivazione e utilizzo

La pianta di konjac viene coltivata in Cina, Giappone, Corea, Taiwan e nel Sud-est asiatico. Dal suo cormo viene prodotta la gelatina konnyaku.
Nella cucina giapponese il konnyaku viene prodotto mixando la farina di konjac con acqua o acqua di calce; viene utilizzato come ingrediente in molti piatti e specialità come l'oden, il sukiyaki, il gyūdon e gli spaghetti shirataki. Inoltre, viene usato anche dai vegetariani come sostituto della gelatina animale. Il konnyaku destinato alla vendita nei negozi alimentari viene confezionato in sacchetti di plastica, contenenti acqua, e ha l'aspetto di un blocco grigio dalla consistenza di una gelatina soda.
Il cormo del konjac contiene il glucomannano, una gomma naturale vegetale (denominata anche gomma di konjac) utilizzata all'interno di alcuni tipi di gomme da masticare.

Benessere e diete alimentari

Il glucomannano, prodotto dal cormo del Konjac, viene usato come componente di alcuni integratori alimentari assunti per perdere peso, ridurre il colesterolo o per facilitare il transito intestinale; a contatto con l'acqua, può aumentare il proprio volume fino a 60-80 volte e, grazie a questo fattore, determina un senso di sazietà e riduce lo stimolo alla fame. Grazie a queste caratteristiche, gli integratori a base di glucomannano sono usati per curare il sovrappeso e l'obesità.
Il Konjac è quasi privo di calorie ed è ricco di fibre; per questo motivo, viene utilizzato come alimento dietetico. In Corea viene usato anche come crema per i massaggi al viso.

Gelatine alla frutta

Il Konjac è utilizzato anche per preparare gelatine alla frutta; questo tipo di snack, confezionato in coppette di plastica, è molto conosciuto in Giappone e negli Stati Uniti d'America.

Rischio di soffocamento

A differenza delle altre gelatine, il Konnyaku ha una consistenza quasi solida e non si scioglie subito in bocca; per questo motivo, è vivamente consigliato masticarlo molto bene prima di ingoiarlo.
In seguito a parecchi decessi di bambini (avvenuti nella San Francisco Bay Area) causati da soffocamento durante l'ingerimento di gelatina Konnyaku alla frutta, la Food and Drug Administration ha lanciato l'allarme sulla distribuzione dello snack e la sua vendita è stata proibita negli Stati Uniti d'America, in Canada e nell'Unione europea.
In Giappone, la MannanLife (la più grande azienda produttrice di merendine a base di gelatina Konnyaku) ha temporaneamente sospeso la produzione degli snack in seguito alla morte scampata di un ragazzo ventunenne. Tra il 1995 e il 2008 si sono verificati 17 decessi per soffocamento con gelatina Konnyaku.
Ora sulle confezioni delle gelatine alla frutta prodotte dalla MannanLife è presente una nota che invita i consumatori a spezzare il prodotto in piccole parti prima di somministrarlo ai bambini.
Sono ancora in commercio, comunque, i blocchi di Konnyaku da usare come ingrediente nella preparazione di cibi vari.
Oltre al rischio di soffocamento dovuto all'ingerimento della gelatina, si può incorrere in altri rischi dovuti all'utilizzo non conforme alle istruzioni riportate sulla confezione dei prodotti a base di glucomannano, utilizzati per curare particolari patologie.

Agar agar

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L'agar-agar (noto anche come agar, dal nome malese delle alghe rosse) è un polisaccaride usato come gelificante naturale e ricavato da alghe rosse appartenenti a diversi generi (tra i quali Gelidium, Gracilaria, Gelidiella, Pterocladia, Sphaerococcus).
Dal punto di vista chimico è un polimero costituito principalmente da unità di D-galattosio (è quindi detto poligalattoside). Il galattosio è uno dei due componenti del lattosio, lo zucchero presente anche nel latte; infatti il lattosio è per definizione un disaccaride formato da una molecola di α-glucosio e una di β-galattosio.

Utilizzo in cucina

L'agar-agar ha un alto contenuto di mucillagini (65%) e di carragenina (sostanza gelatinosa, nota in farmacopea come alginato). La gelatina prodotta dall'agar-agar ha un sapore tenue ed è ricca di minerali. Viene impiegato nella preparazione di gelatine per dessert e aspic, poiché ha la proprietà di non alterarne il sapore naturale. L'agar-agar produce una gelatina più solida di quella commerciale, non si scioglie facilmente, ed è inoltre completamente vegetale. Viene assorbita in minima parte dall'organismo, quindi non fornisce alcun apporto calorico. La sua preparazione è facile e veloce e richiede solo una breve cottura, il tempo più lungo è richiesto per la sua solidificazione: un'ora a temperatura ambiente. Non necessitando di zuccheri per gelificare, è adatta per la produzione di confetture a basso tenore di zucchero.
Usata per preparazioni salate non necessita di grandi quantità, per addensare dolci ne occorrono quantità maggiori.
L'alga da cui si ricava l'agar-agar ha pareti cellulari ricche di amidi e di polisaccaridi complessi simili alla cellulosa.
L'alga ha un sapore molto forte ed intenso per cui è necessario trattarla per ammorbidire le fibre e per neutralizzarne il sapore. In tal proposito vengono utilizzati due metodi:
  • Metodo industriale: implica l'uso dell'acido solforico per sciogliere gli amidi e dei procedimenti di sbiancatura inorganica e tintura per neutralizzare il colore e il sapore. La maggior parte dell'agar-agar in polvere è così preparata, come anche quella in barre;
  • Metodo tradizionale: le alghe sono raccolte e fatte seccare sulla spiaggia; in inverno sono poi trasportate in montagna, cotte in pochissimo aceto poco aspro per ammorbidire le fibre più dure. Tale composto è poi pressato e filtrato in sacchetti di tela, da cui esce un liquido omogeneo. Viene versato in grosse forme simili a vassoi, dove si rapprende; questa gelatina è poi tagliata a strisce o barre e messa all'aperto su telaiature basse di bambù perché prenda quanto più sole possibile; si ripete un ciclo di congelamento notturno alle basse temperature e di scioglimento diurno all'esposizione al sole in modo che tutta l'umidità contenuta evapori e che le barrette di amido rimangano così secche, fibrose e leggerissime, scolorite naturalmente e divenute di un colore grigio e di un sapore neutro (kanten in giapponese significa infatti "cielo freddo"). Le barrette vengono successivamente impacchettate o ridotte in fiocchi finissimi.
L'agar-agar naturale è ricco di iodio e di oligoelementi ed ha leggere proprietà lassative che possono venire esaltate dall'aggiunta di succo di zenzero fresco; il suo potere addensante varia a seconda dell'alcalinità o dell'acidità dei cibi con cui è mescolato: gli alimenti acidi ne richiedono una maggior quantità di quelli alcalini.
In cucina, è un sostituto vegetariano per la colla di pesce.
È catalogato tra gli additivi alimentari codificati dall'UE col numero E406.

Altri usi

L'agar agar non può essere digerito dagli enzimi presenti nella maggior parte degli organismi, batteri e miceti compresi, per questo motivo è utilizzato in microbiologia per solidificare i terreni di coltura per tali microorganismi.
È anche usato nella preparazione di terreni di coltura per la coltivazione di piante in vitro, e in particolare per la riproduzione mediante semina delle orchidee e anche nella preparazione dei terreni di coltura semisolidi per i batteri. L'agar è utilissimo per questo scopo in quanto è liquido a 80° e solidifica a temperature inferiori a 50°; in questo modo rimane in stato di gel a quelle temperature che sono ottimali per la crescita batterica. La consistenza dell'agar permette ai batteri di riprodursi per schizogonia, ma impedisce loro di muoversi in modo tale da dar luogo alla formazione di colonie separate. L'uso in questo campo è stato ipotizzato per la prima volta da Fanny Angelina (Lina) Eilshemius Hesse, moglie di Walther Hesse, assistente di Robert Koch, e utilizzato da quest'ultimo nei suoi studi. In particolare un terreno agarizzato è composto dallo 0,5% di peptoni (sostanze derivanti dalla degradazione di estratti di carne), dallo 0,2% di estratto di carne, dall'1,5% di agar e da acqua.
È adoperato per la preparazione dei ponti salini caratteristici delle celle elettrolitiche. A tal scopo viene miscelato ad un quantità di sale circa 10 volte più grande in peso e fatto bollire in un quantità d'acqua circa 30 volte più grande in peso. La soluzione viene lasciata solidificare e il gel così ottenuto viene trasferito nel tubo ad U tipico dei ponti salini.
L'agar agar nell'industria farmaceutica e dolciaria è usato come addensante. Il suo principale utilizzo in fitoterapia è legato all'effetto calmante, dimagrante, antinfiammatorio e protettivo che esso esercita a livello della mucosa gastrica e dell'intestino poiché ricopre con un sottile strato le mucose e le protegge dagli ulteriori danni dell'infiammazione. A dosaggi più elevati esso è efficacissimo come lassativo: per la proprietà di idratarsi, aumenta la massa intestinale e si comporta da purgante meccanico, privo di effetti collaterali. L'agar agar è indicato pertanto in pediatria e in età avanzata. L'agar agar viene anche utilizzato come strumento di pulitura e detersione superficiale nell'ambito del restauro delle policromie lignee e delle tele. Inoltre è un coadiuvante per la stipsi (azione meccanica), il colon irritabile, la diverticolite, la gastrite e come dimagrante.
In passato veniva utilizzato in odontoiatria protesica per la presa di impronte di precisione, date le caratteristiche di buona stabilità dimensionale ed idrofilia. Per questo utilizzo veniva anche denominato idrocolloide reversibile, per distinguerlo dagli alginati, non reversibili. L'introduzione dei materiali da impronta siliconici e dei polieteri, di più agevole utilizzo, conservazione e disinfezione, ne ha decretato l'abbandono.

Cucina di Hong Kong

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La cucina di Hong Kong è una cucina cinese, influenzata dalla cucina cantonese, dalla cucina hakka, Teochew, Hokkien, da quella occidentale, giapponese e del sud est asiatico. Tutte queste influenze sono dovute al suo passato di città commerciale e facente parte dell'impero coloniale britannico. Dalle bancarelle ai ristoranti più esclusivi, Hong Kong offre una varietà illimitata di cibo per ogni classe sociale. Combinazioni complesse e competenze gourmet internazionale hanno dato Hong Kong le etichette reputazione di "paradiso Gourmet" e "Fiera mondiale di prodotti alimentari".

Abitudini a tavola

La maggior parte dei ristoranti ad Hong Kong servono portate piccole rispetto agli standard internazionali e soprattutto rispetto alle nazioni occidentali. La portata principale è accompagnata da riso o noodle. Ad Hong Kong si mangia 5 volte al giorno: colazione, pranzo, il tè del pomeriggio (verso le 15:00) la cena e il siu yeh, dopo le 22.00.

Cucina malese

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La cucina malese (makanan di Malaysia) riflette molto bene la società multiculturale caratteristica della nazione. La popolazione è formata in prevalenza da malesi di fede musulmana, da cinesi buddisti o taoisti e da indiani di religione indu.
A queste etnie si aggiungono numerose comunità di sikh, eurasiatici, peranakan e gruppi indigeni. Ogni gruppo etnico ha così sviluppato nei secoli una propria cucina legata alle antiche tradizioni culturali e religiose, ma rimodellata nel tempo dalle numerose influenze reciproche.
Il panorama gastronomico malese è quindi molto vario, ricco di sapori, spezie e profumi; per un quadro completo non si può allora parlare della sola cucina malese tradizionale senza affiancare la cucina cinese, la cucina indiana, la cucina nonya, la cucina eurasiatica, la cucina indigena del Sabah e Sarawak.
Menzione particolare per la cosiddetta cucina hawker (ambulante) dove con pochi soldi è possibile mangiare piatti presi dalle varie tradizioni culinarie e rielaborati sia per seguire i precetti della religione islamica sia per poterli mangiare tranquillamente per strada.

La cucina malese tradizionale

La cucina malese tradizionale è decisamente piccante, avvicinandosi alla cucina indonesiana.
La principale caratteristiche di questa cucina è rappresentata dall'uso abbondante di erbe e spezie e in particolare dalla presenza quasi costante del peperoncino nei vari piatti. Comune l'utilizzo della citronella, della centinodia, delle foglie di Pandan e del lime Cafra, mentre le spezie tradizionali come il cumino e coriandolo sono oramai associate a spezie indiane e cinesi quali pepe, cardamomo, anice stellato, e fieno greco.
Una giornata tipo prevede almeno tre pasti principali: la colazione, il pranzo e la cena, più innumerevoli snack consumati per lo più in strada. L'elemento comune di tutti i pasti è la presenza del riso, a colazione accompagnato da tè o caffè zuccherati e a piacere macchiati con latte condensato, a pranzo o cena servito con 4 o 5 piatti principali fritti o in umido e da stuzzichini vari, sambal e peperoncino.
La cucina del Kelantan, a nord del paese, è più simile a quella thailandese, in particolare i sapori sono dolci legati all'ampio uso del latte di cocco e dello zucchero. La cucina del Kedah a est è invece più speziata per i contatti avuti in passato con l'India durante il periodo del commercio delle spezie.

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Le tipologie di ristorante sono molteplici – si va dai fast food ai ristoranti raffinati, trattorie, ecc. Ogni tipologia offre servizi e cibi diversi, per cui attira una clientela specifica in base a queste caratteristiche. A prescindere dal tipo di ristorante, a seguire troverai diverse qualità da cercare in un buon ristornate.
Atmosfera / Ambiente.
Quando entri nel ristorante, che sensazione provi? È pulito, elegante e accogliente? La prima impressione rivela molte informazioni sul ristorante. Dopotutto, dal momento che dovrai passare almeno 20 minuti seduto a mangiare, è giusto che tu ti senta a tuo agio.
Pulizia.
Il ristorante ti sembra pulito? Devi pulire le sedie e magari anche il tavolo prima di sederti? Fai fatica a decidere dove sederti e non per via della veduta migliore?

Servizio.
I camerieri sono gentili, loquaci, efficienti ed esperti? Il servizio è molto importante nella valutazione dell’esperienza.

Cibo.
Ovviamente, la qualità del cibo è l’aspetto più importante. Come viene presentato? Come è il sapore? Quanto costa?



Consigli

Pulizia

  • Controlla il bagno. Il bagno è il fattore rivelatore dell’igiene del posto. Se non ti sembra pulito – nonostante sia visibile a tutti – pensa alle condizioni della cucina dove viene preparato il cibo!
  • Controlla il pavimento. È pulito? Noti la presenza di insetti o topi?
  • Osserva i camerieri. Ti sembrano puliti e ordinati? Se non si prendono cura del loro aspetto, è probabile che anche il cibo non riceva le attenzioni giuste!
  • C’è cattivo odore nel ristorante? Di solito, questo è un segno di allarme del fatto che il ristorante non viene gestito correttamente.
  • Nota le posate, i bicchieri e i piatti: sono puliti? Osserva inoltre il livello di pulizia dei tavoli e delle sedie.

Atmosfera / Ambiente

  • Osserva l’arredo del ristorante. È bello e attraente? I tavoli e le sedie sono comodi e sistemati in modo ordinato? Se ci sono piante o fiori, sono freschi? Ci sono dei quadri o delle decorazioni artistiche che creano un’atmosfera accogliente, esotica, etnica, ecc.?
  • Controlla le luci. Sono adatte al tipo di ristorante? Sono troppo brillanti o troppo buie?
  • Nota la temperatura. Fa troppo caldo o troppo freddo?
  • Controlla di nuovo i camerieri. Si presentano in modo ordinato e complementare all’atmosfera del ristorante? Ti sembrano amichevoli e gentili?

Servizio

  • Se hai prenotato in anticipo, hai dovuto attendere molto tempo prima che qualcuno rispondesse al telefono? La persona con cui hai parlato aveva un tono cortese e professionale? Ha ascoltato i tuoi bisogni o ha continuato a interromperti dicendoti, ad esempio, che è possibile prenotare solo fra le 14:00 e le 21:00?
  • Nei ristoranti più raffinati, valuta il modo in cui ti è stato dato il benvenuto. Ti hanno accolto alla porta? Quanto hai dovuto aspettare prima di sederti? Ti hanno offerto un aperitivo per rendere l’attesa più piacevole?
  • Nota i camerieri. Sono professionali? Sono educati o ti sembrano annoiati, impazienti, insistenti, sarcastici o semplicemente poco piacevoli?
  • Il tuo cameriere ha cercato di rispondere a una domanda che gli hai fatto sul cibo, oppure, se non sapeva la risposta, è andato in cucina a chiedere?
  • Nota l’attesa per il cibo. Quando ti è stato servito, il cibo era freddo? C’è stata una buona comunicazione da parte dei camerieri sui tempi di attesa in caso di ritardo del cibo, oppure ti hanno fatto semplicemente aspettare?
  • Controlla il cibo. Ti è stato servito quello che avevi ordinato? Il piatto è stato preparato seguendo le tue richieste (ad esempio: niente formaggio)?
  • Se hai avuto una lamentela, il cameriere ti ha ascoltato a dovere e si è comportato di conseguenza? Si è scusato per eventuali errori e ha cercato di risolvere il problema?

Cibo

  • Controlla quello che stanno mangiando negli altri tavoli. Che reazione hanno al piatto? Se vedi il piatto che vuoi anche tu servito a qualcun altro, ti sembra che sia presentato nello stesso modo invitante?
  • Studia il menu. Ti sembra che i prezzi siano adeguati al contesto, al servizio e ai piatti? I piatti offerti sono ben bilanciati? C’è una vasta gamma di scelta per persone con gusti diversi, ad esempio, piatti per vegetariani, piatti poco grassi, ecc.?
  • Come viene presentato il cibo? Ha l’aspetto e l’odore invitante? Ti sembra fresco? Oppure mediocre e poco attraente? Emana cattivo odore? Nota: annusare il cibo in pubblico è considerata una cattiva abitudine da molte persone. Prova ad annusare le folate di odore quando viene servito.
  • Valuta il cibo dopo il primo morso o sorso. Il sapore è buono? Fantastico? Mediocre? Insipido? Terribile? Il sapore è simile a un piatto che avresti tranquillamente potuto preparare a casa, oppure ha un tocco 'extra'? Che consistenza ha? La consistenza delle proteine è diversa rispetto a quella di carboidrati e verdure, oppure è uniforme e spappolata? Il cibo è troppo cotto, crudo, non condito abbastanza o troppo salato, troppo dolce, amaro, piccante o fresco? Vorresti che ci fosse più cibo nel piatto?
  • Grazie a questi consigli potrai creare una scala di valutazione personale, adattabile a ogni ristorante. I ristoranti migliori di solito sono già famosi grazie alle valutazioni positive dei clienti. Inoltre, se sei proprietario di un ristorante e se ti prenderai cura di tutti gli aspetti di questo articolo, vedrai un sacco di clienti varcare la porta! Se invece ti piace mangiare fuori, sarai in grado di trovare i posti migliori dove andare e da consigliare ai tuoi amici. Buon appetito!


Mustazzoleddus

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Il mustazzoleddus è un dolce sardo di origini antichissime forse di origine araba. Il termine mostacciolo deriva dalla parola in lingua latina mustaceum e indicava una focaccia dolce, cotta su foglie di alloro, che, tra gli ingredienti, annoverava anche il mosto d’uva. La prima e semplice descrizione dei mustacei ce la fornisce Catone il Censore nel suo Liber De Agri Cultura. Il termine Mustaceum è citato anche da Giovenale e da Cicerone, che, addirittura ha usato questo termine nel famoso detto: laureolam in mustaceo quaerere, ossia, ottenere la gloria a buon mercato. È un dolce tipico dell'oristanese.

 
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