Perché al Nord la pasta si mangia quasi scotta, molle e collosa?

Sfatiamo un mito.

La pasta al dente è una, chiamiamola, moda abbastanza recente.

Se a mio padre gli si propone un piatto di pasta al dente lo rifiuta dicendo che è cruda.

Al sud, soprattutto in Sicilia ed in Puglia, l'abitudine storica di preparare la pasta casereccia con la semola di grano duro e non di grano tenero, oppure di usare farine ottenute con grano tostato, il cosiddetto grano arso, ha abituato i consumatori a mangiare anche la pasta secca commerciale un pò più "solida" al morso rispetto magari ad altre popolazioni italiane.

Ma è una teoria tutta mia, una mia opinione e che riguarda le persone di una certa età piuttosto che i giovani dove il gusto oramai credo si sia omologato in tutta Italia.

Mi piace ricordare da dove deriva l'uso del grano tostato:

"In passato, nel Meridione d'Italia, dopo il raccolto del grano duro, per preparare il terreno alla successiva aratura e liberarlo dalle stoppie del precedente raccolto i campi venivano incendiati. Dopo il rogo che ne conseguiva era lasciata la possibilità a chi volesse, in particolare ai braccianti ed alle donne delle famiglie più povere, di entrare a spigolare le spighe che avevano subito la bruciatura ed erano sopravvissute intatte. Questo grano, scuro e faticosamente raccolto, poteva essere conservato dalle famiglie povere in casa senza problemi, in quanto riconoscibile, proprio perché annerito, come spigolato regolarmente, a differenza del grano duro biondo che avrebbe potuto anche essere stato rubato prima del raccolto o spigolato prima della bruciatura ed avrebbe potuto portare ad accuse di furto chi lo deteneva. La farina ottenuta in maniera casalinga da questo grano, seppure più povera e debole rispetto alla farina di grano duro, era comunque una importante fonte di sostentamento e rientrava, in miscela con altre farine, nella preparazione dei piatti più tradizionali e tipici, come la pasta fresca (orecchiette, strascinati, maritati), pane focacce, a cui conferiva un colore bruno ed un retrogusto di tostato ed affumicato del tutto peculiari."

In foto orecchiette caserecce di grano arso con il loro tipico colore brunito.



In calce aggiungo che durante la seconda guerra mondiale era proibito macinare il grano in proprio. La produzione granaria doveva essere consegnata interamente allo Stato salvo una piccola quantità. Le nostre donne nascondevano piccole quantità di grano alla mietitura. Ma poi i sistemi domestici per macinare il grano si riducevano ad uno: macinare il grano con il macinino da caffè. Mia nonna mi raccontava che per macinare grano sufficiente per fare la farina necessaria a 4 o 5 porzioni di pasta occorrevano 3 o 4 giorni impegnando ogni momento libero. Non c'era la TV e le donne chiacchieravano fra loro o recitavano il rosario (tutte le sere) macinando grano contrabbandato per sfamare i figli.

Il macinino era così e si macinava un pugnetto di grano alla volta. Due volte per fare una farina grossolana. Tre volte per farla più fine. Quattro volte per la pasta delle feste. Un lavoraccio da monaci certosini.



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