La piadina romagnola è
un prodotto alimentare composto da una sfoglia di farina di grano,
strutto od olio di oliva, bicarbonato o lievito, sale e acqua, che
viene tradizionalmente cotta su un piatto di terracotta, detto teglia
(teggia in romagnolo), ma oggi più comunemente viene cotta su
piastre di metallo oppure su lastre di pietra refrattaria chiamate
testi (tëst in dialetto). È, per dirla con Giovanni Pascoli,
«il pane, anzi il cibo nazionale dei Romagnoli»: in realtà, lo era
innanzitutto per i più poveri. Nella Romagna interna si prepara
leggermente più spessa, mentre sulla costa, ad esempio nel riminese,
è tirata più sottile.
Con il Regolamento 1174 del 24
ottobre 2014, pubblicato in data 4 novembre 2014 sulla Gazzetta
ufficiale dell'Unione europea è stata registrata come Indicazione
geografica protetta la piadina romagnola / piada romagnola anche
nella variante "alla Riminese". Il marchio IGP è il
risultato di oltre dieci anni di battaglie del Consorzio di tutela e
promozione della piadina romagnola, fondato da quattordici produttori
in rappresentanza di tutto il territorio interessato.
Origini
Diverse sono le ipotesi sull'origine
della piadina e sulla sua forma e impasto originale. Fin dagli
antichi Romani ci sono tracce di questa forma di pane. La prima
testimonianza scritta della piadina risale all'anno 1371. Nella
Descriptio Romandiolae, il cardinal legato Anglico de
Grimoard, ne fissa per la prima volta la ricetta: "Si fa con
farina di grano intrisa d'acqua e condita con sale. Si può impastare
anche con il latte e condire con un po' di strutto". I prodromi
dell'odierna piada possono essere individuati anche in una focaccia a
base di farina di ghianda ed altre farine povere in uso in tempi
antichi nel territorio del Montefeltro.
Etimologia
Piada (localmente piê,
pièda, pìda, pjida), da cui il diminutivo
piadina, deriva da un termine italiano settentrionale piàdena
"vaso", dal latino medievale plàdena o plàtena,
da plathana, a sua volta dal greco πλάθανον pláthanon
"piatto lungo, teglia". La parola piada è
attestata fin dal XVI secolo (Bembo, col significato di "piattello"):
si tratta di un grecismo di probabile derivazione bizantina
(attraverso l'esarcato), assente nei dialetti greci dell'Italia
meridionale, in greco moderno sostituito da πλαστήρι plastíri
(cfr. bovese plastiri o plastrili).
Usi comuni
Può essere mangiata come surrogato del pane per accompagnare
varie pietanze nel corso del pasto.
Piadina farcita
Più spesso però viene piegata a metà
e farcita in vario modo: con pezzi di salsiccia cotti alla brace o
alla piastra e cipolla; con affettati vari di suino; con la
porchetta; con rucola e squacquerone; con erbette o verdure
gratinate; con crema gianduia, confetture o Nutella.
Crescione,
cassone o calzone
Il crescione, cassone, cascione o
calzone (in romagnolo carson o casòun) è una tipica
preparazione basata sulla piadina dove la sfoglia viene farcita,
ripiegata e chiusa prima della cottura. La farcitura di erba
crescione, che ora è difficile da trovare ma un tempo abbondava
lungo i fossati, ne darebbe il nome: questa erba - di per sé già
saporita - poteva venire ulteriormente insaporita con aglio, cipolla,
o scalogno. Questa usanza deriverebbe dal largo uso che si è sempre
fatto nella cucina romagnola di erbe (compresa la "bietola",
ovvero le foglie della barbabietola che si raccoglievano per
diradarne la coltura)
Oggi le farciture più comuni, con
variazioni da luogo a luogo, sono: alle erbe, chiamato anche
'crescione verde', (può trattarsi di spinaci e/o bietole, e nel
riminese anche 'rosole' (papaveri) macerate nel sale), con o senza
ricotta e formaggio grattugiato; con una base di mozzarella e
pomodoro abbinata o meno con salumi, e chiamato anche 'rosso'; con
zucca e patate, spesso arricchite di salsiccia o pancetta.
Nella città di Imola è chiamato
"calzone".
La
piadina della Madonna del Fuoco
A Forlì, in occasione della festa
della Madonna del Fuoco, patrona della città, è tradizione
preparare una versione dolce, festiva, della piadina, chiamata
piadina della Madonna del Fuoco o pane della Madonna del
Fuoco: la caratteristica è l'uso dell'aroma all'anice. Gli
ingredienti tradizionali risultano: farina, latte, zucchero, burro
oppure olio extra vergine di oliva, lievito di birra e semi di anice.
Diffusione
Commercializzata fresca, realizzata sul
momento, in appositi chioschi anche detti piadinerie diffusi in tutta
la Romagna, è possibile trovarla anche confezionata precotta presso
la grande distribuzione. I chioschi della piadina sono colorati a
bande verticali, con colori standardizzati per varie località
romagnole.
A seconda della zona di preparazione ci
sono alcune differenze tra piadina e piadina, per quanto riguarda la
forma e la consistenza. Nel cesenate, nel forlivese e nel ravennate è
spessa e soffice, mentre nel riminese è più sottile e di diametro
leggermente maggiore.
Pur essendo tipica della Romagna, è ormai
conosciuta in tutta l'Italia ed all'estero.
Nel 2013 ne sono state prodotte 61mila
tonnellate.
Poesie
e canzoni sulla piadina
La Piada di Giovanni
Pascoli
La Piè (Il pane dei
poveri) di Marino Moretti
Burdèla campagnola,
canzone in dialetto romagnolo di Secondo e Raoul Casadei dedicata
alla piadina: "... oh bèla fiola, zira la pida, st'atenti che
l'an's brousa, la pida rumagnola...".
«La piê» è anche il nome della
rivista culturale fondata da Aldo Spallicci nel dicembre 1919.
Tutt'oggi esistente, è considerata la più prestigiosa rivista di
cultura romagnola.
Anche la canzone Freak,
cantata da Samuele Bersani nel 1994, parla del piatto tipico
romagnolo.