Barreado

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Il barreado è un piatto tipico della cucina brasiliana, in particolare dello Stato di Paraná (Brasile sud-orientale) e di Bahia (Brasile nord-orientale), a base di manzo, pancetta, pomodoro, cipolla e spezie. In origine consumato durante il periodo di Carnevale e considerato un piatto povero, è ora consumato in qualsiasi periodo dell'anno ed è presente nel menu di pressoché ogni ristorante delle località balneari di Paraná.

Etimologia

Il termine barreado deriva dal termine barro, che significa "pentola".

Storia

Questo piatto veniva in origine preparato nelle 4 notti di Carnevale, mentre si ballava il fandango.

Ingredienti

Per preparare un piatto di barreado occorrono i seguenti ingredienti:
  • 2,5 kg di carne
  • 300 g di pancetta tagliata a cubetti
  • 2 o 3 cipolle grandi piccanti
  • 3 o 5 spicchi d'aglio
  • 3 foglie di alloro
  • 200 ml di aceto
  • Sale e pepe
  • Cumino e altre spezie

Preparazione

Il barreado viene solitamente preparato lungo un arco di 24 ore.
La carne viene disposta a strati in una pentola di terracotta (barro). Si consiglia di cucinare il preparato a fuoco lento (meglio se in un forno a legna) per circa 12-15 ore. Il barreado viene servito in tavola accompagnato da vari tipi di frutta, quali banane e arance.

Bartolaccio

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Il bartolaccio, o bartlàz in dialetto forlivese, è un prodotto alimentare tipico dell'Appennino forlivese. Noto ad esempio è quello di Tredozio.
Si compone di una sfoglia sottile, i cui ingredienti sono soltanto acqua e farina, farcita di un particolare ripieno: purea di patate, pancetta, formaggio grana stagionato, sale e pepe. La sfoglia, poi, è richiusa su se stessa in modo da formare una mezzaluna (a somiglianza di un crescione).
Il tutto è quindi cotto sulla piastra.
Si tratta di un prodotto della tradizione contadina povera.

Sagre

A Tredozio si tiene anche, dal 1987, una ormai tradizionale "Sagra del Bartolaccio", solitamente nelle prime due domeniche di novembre.

Cucina afrodisiaca

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Con il termine cucina afrodisiaca s'intende l'attività di scelta e preparazione di tutti i cibi che sono ritenuti avere proprietà afrodisiache.
Si suole distinguere, oggi come in passato, tra sostanze afrodisiache - o afrodisiaci - e cibi dalle virtù afrodisiache: le prime sono prese in considerazione dalla farmacologia o dallo studio dei miti; i secondi vengono in conto nei campi della dietetica e della gastronomia.

Notizie storiche

Una vera e propria cucina (e non soltanto una dieta) afrodisiaca nasce nella seconda metà del XVII secolo, quando si comincia a dar peso, oltre che alle materie prime, alle preparazioni. Mentre l'inventario degli alimenti afrodisiaci si arricchisce di inediti cibi esotici (dai nidi di rondine alle pinne di pescecane) e si afferma la moda di profumare vini e piatti con ambra, muschio e zibetto, gli affaticati e gli insensibili affidano le loro speranze, piuttosto che a singoli alimenti, a un'esasperata alchimia di sapori e aromi. È soprattutto in Francia, nell'età delle «favorite», che si stabiliscono e si affinano le regole della cuisine d'amour. Attribuite alle più celebrate amanti dei sovrani francesi (ma in realtà elaborate, in tempi diversi, nelle cucine regali), sopravvivono numerose ricette che ne immortalano il nome: dalle «Costolette alla Maintenon» ai «Filetti di sogliola alla Pompadour», alla «Suprème di sogliola alla d'Estrée», ai vari piatti intitolati alla contessa du Barry, favorita di Luigi XV.
La cuisine d'amour - che accredita la Francia come la patria d'elezione di entrambe le «discipline» - è rinverdita e rilanciata prima da Anthelme Brillat-Savarin e, più in là, dal sedicente Sire de Baudricourt, il cui fantasioso e fortunato trattatello diverrà il modello di tutti i successivi manuali di cucina afrodisiaca. Tra questi andranno almeno ricordati La cucina dell'amore del catanese Omero Rompini (1926), documento garbato, saporoso e un po' patetico della stagione del tabarin, e Venere in cucina di Pilaff Bey, pseudonimo dello scrittore inglese Norman Douglas, un ricettario secco e alquanto riciclatorio compilato in Italia, per uso personale, tra il 1902 e il 1936 e pubblicato nel 1951 con la prefazione di Graham Greene.
I più recenti ricettari di cucina afrodisiaca sono le Ricette immorali dello scrittore spagnolo Manuel Vazquez Montalban: un ricettario eclettico infarcito di divagazioni divertenti, sdrammatizzanti e un po' surreali, e Afrodita di Isabel Allende, una chiacchierata alla buona sulla cucina, il sesso e i loro eventuali rapporti, inframmezzata da citazioni storico-letterarie, ricordi personali, consigli di buon senso e fantasie cautamente perverse.

Alimenti e attività sessuale

È convinzione antica e radicata che gli alimenti influiscano positivamente o negativamente sugli stimoli e sulle prestazioni sessuali. «Sine Bacco et Cerere frigescit Venus», sentenziavano i romani. San Girolamo, seppure per opposte preoccupazioni, era della stessa opinione: «All'avidità di cibo si accompagna sempre la lascivia». Come il satollarsi «scaccia la castità» - aggiungeva sant'Ambrogio - così «la fame è amica delle verginità e nemica della lussuria». Nei monasteri medievali il consumo della carne era severamente interdetto, al punto che chi la toccava (di norma i vecchi e i malati) veniva isolato e sottoposto a sanzioni; nelle abbazie più rigoriste si arrivava a negargli la confessione e la comunione: ciò perché si riteneva che la carne, e soprattutto quella di quadrupede, attentasse alla continenza.

I cibi afrodisiaci

Le liste di proscrizione degli ordini monastici, incrociate con le raccolte di rimedi e «segreti» per i debilitati e i frigidi (il ricettario di Caterina Sforza, per esempio), ci consentono di redigere il catalogo degli alimenti considerati afrodisiaci - perché rinvigorenti o perché eccitanti - nel Medioevo come anche in età rinascimentale e barocca. Erano ritenuti risuscitatori della carne tutti i cibi «caldi», «ventosi» e «duri da digerire»: tra i vegetali, i ceci, le fave, le cipolle, i porri, i cavoli, le melanzane, le castagne, i pinoli, le mandorle, i fichi secchi, le spezie in genere e soprattutto i tartufi, che - a detta del medico Baldassarre Pisanelli - «aumentano lo sperma e l'appetito del coito»; tra i pesci e affini, le ostriche, i granchi di fiume e le uova di tutti i pesci; tra i grassi, il burro. Particolarmente efficace era giudicato il cervello di qualsiasi animale, e la carne dei piccioni e degli sfrenati passeri, capaci - secondo Aristotele - di «coire» ottantatré volte nel giro d'un'ora; erano reputati autentici toccasana, infine (e s'intende perché), i testicoli di toro e d'agnello, da cui in effetti specie se mangiati crudi è possibile assorbire una certa quantità di testosterone, i «granelli» di gallo e il membro del cervo.
Un cenno meritano anche il frumento e il mais, o meglio ancora la polenta, di cui solo recentemente sono state ipotizzate potenziali qualità afrodisiache. Il tegumento esterno del chicco di frumento (ciò che finisce in crusca, in altre parole) contiene infatti l'aleurone, una sostanza che ha appunto effetti «potenzianti» sull'uomo. Che siano dovute alla crusca che «respirano» le non comuni capacità amatorie attribuite ai mugnai? D'altra parte anche su chi mugnaio non è pare che l'effetto sia assicurato, visto che ancora oggi a Saint-Cast-le-Guildo (dipartimento Côtes-d'Armor, Francia) si parla del «mulino d'Anna» e del duca d'Aiguillon 1720, Francia - 1788, Francia], che nel 1758, durante la Guerra dei sette anni (1756-1763), proprio in quel mulino si coprì più di farina che di gloria.
Riguardo al mais, il suo effetto afrodisiaco sarebbe dovuto alla mancanza, in questo alimento (più unico che raro, sotto questo aspetto), del triptofano, una sostanza da cui viene sintetizzata la serotonina, che è un inibitore.
Proprietà stimolanti, legate probabilmente al loro effetto blandamente irritante sulle vie urinarie e sull'intestino, sono ancora riconnesse a molte spezie, tra cui il pepe e la noce moscata; così come all'uso gastronomico del cacao e del ginseng per i relativi effetti tonici o eccitanti.
Non vanno dimenticati infine i «pousse l'amour», cocktail per così dire alimentari, ottenuti versando in un bicchiere da sherry un tuorlo d'uovo e, senza mescolarli, ma facendo in modo che risultino stratificati, liquori (freddi, ma non ghiacciati) dai colori diversi (ad esempio, nell'ordine, 1/3 di maraschino, un tuorlo d'uovo, 1/3 di Bénédictine e 1/3 di cognac).

Jules Maincave

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«Noi vogliamo una cucina adeguata alla comodità della vita moderna e alle ultime concezioni della scienza. Noi proietteremo i raggi del nostro sole nell'antro delle vostre cucine, e le tenebre saranno dissipate. Noi metteremo sottosopra i vostri buffet, noi rovesceremo i vostri fornelli»
(Jules Maincave)



Jules Maincave (1890 circa – ...) è stato un cuoco francese. Fu esponente del futurismo

Biografia

Si trasferì presto a Parigi. Maincave iniziò ad essere un vero e proprio futurista dal 1913, pubblicando sul quotidiano Fantasio un suo scritto dal titolo Manifeste de la cuisine futuriste (Manifesto della cucina futurista), e per un breve periodo insieme a Filippo Tommaso Marinetti aveva aperto un ristorante futurista.
Nel 1914 inizia la sua carriera come cuoco futurista, essendo annoiato dei metodi tradizionali. Maincave inventò il piatto Cotolette d'attacco.
Egli descrive la cucina futurista come un'armonia originale della tavola (cristalleria, vasellame, addobbo) coi sapori e colori delle vivande.
In seguito alla partenza per la prima guerra mondiale, non poté seguire lo sviluppo del movimento.
Dopo la sua morte, nel 1920, gli è stato dedicato un pezzo, dal titolo Roma futurista, scritto a Roma da una Irba futurista.

Paul Bocuse

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Paul Bocuse (Collonges-au-Mont-d'Or, 11 febbraio 1926) è un cuoco e gastronomo francese.

Biografia

Figlio unico di Georges Bocuse e di Irma Roulier, proviene da un'antica famiglia di cuochi risalente al XVII secolo.
È considerato uno dei più grandi cuochi mondiali del XX secolo. Per lui la cucina è stata una autentica ragione di vita: l'ha promossa e innovata dando origine, con un gruppo di altri cuochi francesi, al "fenomeno" della Nouvelle cuisine.
Con l'edizione della Guida Michelin 2015, è l'unico Chef ad essere riuscito a mantenere 3 stelle, la valutazione massima della guida, consecutivamente per 50 anni per il suo ristorante situato a Collonges-au-Mont-d'Or, di proprietà del nonno paterno, che in seguito verrà unito all' Hôtel du Pont, di proprietà dei nonni materni, situato a 400 metri di distanza. Nel 1936, i genitori si installano all'interno dell'albergo che diviene L’Auberge du Pont, dove il piccolo Paul muoverà i primi passi nel campo della cucina.




Beneficenza

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L'arte, la salute e l’appartenenza alla nostra città ci portano ad essere solidali nei confronti di tutte le difficili realtà che purtroppo esistono e che per questo non possiamo far finta di non vedere”.
Per questo motivo, dunque, una parte dei ricavati del Gruppo 1437 ed associati verrà devoluta in beneficenza. “Vogliamo essere con la città e per la città”.
Straordinario solista, attivo da circa trent’anni sulla scena italiana ed estera, volutamente lontano dai clamori della pubblicità e del presenzialismo, ma stimatissimo, Cesio Endrizzi incarna l’esempio di colui che è sempre alla ricerca di impasti inediti e soluzioni nuove, attraverso la sua arte comunica una rara voglia di divertirsi e giocare. Ha collaborato con campioni del Budo classico, alfieri del wushu moderno, fino a esponenti delle correnti più attuali.
Il ricavato delle nostre iniziative sarà interamente devoluto in beneficenza.
Il gruppo1437 in collaborazione con alcuni amici blogger presentano un'iniziativa a scopo benefico, fortemente voluto dal Presidente Cesio Endrizzi. Il ricavato sarà devoluto in beneficenza all'associazione il Bambino di vetro, per le attività a tutela dei bambini disabili, e per le Attività a Sostegno dei Disabili Adulti.
E' bene precisare subito che:
Gli eventi pubblici del gruppo 1437 non hanno fini di lucro.
Organizzatori ed addetti prestano il proprio servizio gratuitamente ed il ricavato viene interamente devoluto in beneficienza.
Anche il ricavato dalla pubblicità andrà quindi devoluto in beneficienza.

Al momento ci sostengono:
https://senzaesclusionedicolpi.blogspot.com/
https://1437network.blogspot.com/
https://flashpoint1437.blogspot.com/
https://1437internationalfood.blogspot.com/
https://1437letsgetdrunk.blogspot.com/
https://pixelpasticceria.blogspot.com/
https://salem1437.blogspot.com/



Bottarga

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La bottarga è un alimento costituito dall'ovario del pesce, le cui uova vengono salate ed essiccate con procedimenti tradizionali.
Viene ricavata dalle uova del muggine, la più classica, o di tonno. I due prodotti differiscono sia nel colore che nel gusto (più deciso quella di tonno).

Produzione

In Italia la bottarga di muggine, o cefalo, (Mugil cephalus) viene prodotta principalmente in:
  • Sardegna: sono conosciute quelle di Cagliari, Tortolì, Sant'Antioco, Marceddì di Terralba ma la più nota è quella dello Stagno di Cabras
  • Toscana: a Orbetello, nella Maremma Grossetana.
La bottarga di tonno rosso (Thunnus thynnus), viene prodotta principalmente negli stabilimenti di:
  • Favignana, Trapani, e San Vito Lo Capo in Sicilia occidentale;
  • a Marzamemi e Portopalo di Capo Passero, nella costa più meridionale della Sicilia;
  • Carloforte in Sardegna;
  • in provincia di Reggio Calabria.
L'"uovo di tonno rosso" siciliano è inserito tra i Prodotti agroalimentari tradizionali siciliani riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, su proposta della Regione Siciliana.
Negli ultimi anni è prodotta quasi esclusivamente bottarga di tonno pinna gialla, di qualità inferiore, riconoscibile perché le baffe sono più piccole e non superano i 6/8 cm di larghezza.

Storia

L'origine del prodotto sembra essere stata fenicia, ma il termine deriva dall'arabo batārikh (بطارخ) ("uova di pesce salate"), legando il vocabolo a una radice che avrebbe acquisito perciò il significato di "conservare sotto sale". Gli arabi erano famosi nell'area del Mediterraneo per le loro affinate tecniche culinarie, che trasmisero anche alle altre popolazioni del Mediterraneo, spesso assieme al nome dei prodotti. Nella lingua sarda essa è chiamata butàriga conservando una forte assonanza col termine arabo. L'origine del nome arabo deriva, forse, dal greco bizantino ᾠοτάριχον (ootàrichon) che significa uova di pesce essiccate e salate (in greco moderno αυγοτάραχο - avgotàraho) ed è conservato in cera d'api.
In Sicilia la Regione ne ha regolamentato la produzione.

Caratteristiche

La bottarga di tonno ha un colore che varia dal rosa chiaro a quello scuro, mentre quella di muggine ha un colore ambrato. Anche le pezzature variano. La baffa di un tonno di oltre 100 chili può superare il chilo di peso, mentre non superano i 400 grammi quelle di muggine.
La sacca ovarica viene estratta dal pesce femmina e facendo attenzione a non romperla, è lavata per eliminarne le impurità e poi sottoposta a salatura (ricoperta con sale marino, avendo cura di rivoltare quotidianamente le sacche e di sostituire periodicamente il sale), pressatura e stagionatura. È un alimento apprezzato per l'alto tenore di proteine.


Altre specialità

Esistono specialità simili anche in altri tratti costieri del Mar Mediterraneo: la poutargue nel francoprovenzale dove è anche chiamata caviale del Mediterraneo. Ad Alghero e nella Spagna catalanofona (soprattutto nella provincia di Alicante) è diffuso un tipo di bottarga ottenuto dalle uova di molva, una specie imparentata col merluzzo, dal colore arancione carico e con un aroma ancor meno deciso di quella di muggine. In spagnolo è huevas de maruca.
Varianti sono prodotte utilizzando anche uova di pesce spada: in tal caso la dicitura "bottarga" non è più appropriata.
Particolare pregio commerciale ha la Bottarga di muggine con "Su Biddiu", parte del pesce che le dà valore gastronomico e di immagine: si eviscera contemporaneamente la sacca ovarica insieme ad una parte del pesce (detta "Su Biddiu"), parte dell'"ombelico" del muggine.
In Giappone con le uova di muggine si produce il karasumi (からすみ in caratteri Hiragana, カラスミ in Katakana et 鱲子 in caratteri Kanji), mentre con il merluzzo d'Alaska si produce il mentaiko.


In cucina

In Sardegna e in Sicilia in passato era diffusa l'abitudine di consumare la bottarga, sia quella di muggine che di tonno, come antipasto o come condimento per la pasta, grattugiata come si fa con il formaggio: l'abitudine si è poi estesa a tutta l'Italia tirrenica, soprattutto sugli spaghetti, dando vita alla ricetta degli spaghetti alla bottarga. In Sardegna si sfornano anche pizze di mare spolverate di bottarga.
Come antipasto si consuma la bottarga in fettine tagliate obliquamente, cosparse con un filo d'olio d'oliva, o poggiate su crostini imburrati. Un ottimo antipasto può essere costituito da mucchietti di ricotta frullata in un mixer e poi cosparsi con bottarga grattugiata, poggiati su crostini imburrati.
In Sicilia, a Trapani, si è soliti condirvi la pasta, sciogliendola grattugiata in mezzo bicchiere d'acqua calda della pasta, aggiunta a fuoco spento a un soffritto d'aglio.


Varianti linguistiche

In italiano, la bottarga può essere chiamata anche “bottarda”. Infatti, se usata nella cucina francese, così può essere scritta nei menu oppure tradotta come “Botargue”, “Boutargue” e “Poutargue”.
In alcune zone della Sardegna, specialmente nell'algherese, la bottarga è detta anche “bottariga”.

 
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