Bisque: Una Raffinata Delizia della Cucina Francese

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La bisque è una zuppa cremosa e ricca, originaria della cucina francese, tradizionalmente preparata con crostacei come aragosta, gamberi, granchi o scampi. Conosciuta per il suo sapore intenso e la sua texture vellutata, la bisque è un piatto elegante spesso servito nei ristoranti gourmet, ma che può essere replicato anche a casa con un po' di attenzione e dedizione. Ecco come preparare una classica bisque di gamberi.

Per preparare una bisque di gamberi per quattro persone, avrai bisogno dei seguenti ingredienti:

500g di gamberi freschi (con guscio)

2 cucchiai di olio d'oliva

1 cipolla, tritata finemente

1 carota, tritata finemente

1 gambo di sedano, tritato finemente

2 spicchi d'aglio, tritati

2 cucchiai di concentrato di pomodoro

1 bicchiere di vino bianco secco

1 litro di brodo di pesce

1 foglia di alloro

1 rametto di timo

200ml di panna fresca

2 cucchiai di burro

Sale e pepe q.b.

Erbe fresche (prezzemolo o erba cipollina) per decorare


Procedimento

Preparazione dei Gamberi: Sguscia i gamberi, mettendo da parte le teste e i gusci. Rimuovi il filo intestinale dai gamberi e tienili da parte. Le teste e i gusci saranno utilizzati per preparare il brodo.

Preparazione del Brodo: In una pentola capiente, scalda l'olio d'oliva a fuoco medio-alto. Aggiungi le teste e i gusci dei gamberi e rosolali per circa 5-7 minuti, fino a quando diventano di un colore rosso acceso.

Aromi e Base: Aggiungi la cipolla, la carota, il sedano e l'aglio nella pentola. Cuoci per altri 5 minuti, mescolando di tanto in tanto, fino a quando le verdure si ammorbidiscono. Aggiungi il concentrato di pomodoro e cuoci per altri 2 minuti.

Deglassare e Sfumare: Versa il vino bianco nella pentola e mescola bene, raschiando il fondo per raccogliere i succhi caramellati. Cuoci fino a quando il vino è ridotto della metà.

Aggiunta del Brodo: Aggiungi il brodo di pesce, la foglia di alloro e il rametto di timo. Porta a ebollizione, quindi riduci la fiamma e lascia sobbollire per 30 minuti. Questo permetterà ai sapori di svilupparsi appieno.

Filtraggio: Utilizzando un colino fine, filtra il brodo in un'altra pentola, eliminando i gusci e le verdure. Schiaccia bene i solidi nel colino per estrarre tutto il liquido possibile.

Preparazione della Zuppa: Riporta il brodo filtrato sul fuoco. Aggiungi la panna fresca e cuoci a fuoco lento per circa 10 minuti, mescolando di tanto in tanto. Assaggia e aggiusta di sale e pepe.

Frullatura e Rifinitura: Per ottenere una texture ancora più vellutata, puoi frullare la zuppa con un frullatore a immersione. Aggiungi il burro e mescola fino a quando si scioglie, rendendo la bisque ancora più cremosa.

Cottura dei Gamberi: Poco prima di servire, aggiungi i gamberi sgusciati e cuoci per 2-3 minuti fino a quando diventano rosa e opachi. Non cuocere troppo i gamberi per evitare che diventino gommosi.

Servizio: Versa la bisque in ciotole da zuppa e guarnisci con erbe fresche tritate. Puoi accompagnare la bisque con crostini di pane tostato per aggiungere una nota croccante.


Consigli e Varianti

Variante ai Crostacei: Puoi sostituire i gamberi con aragosta, granchi o scampi, seguendo lo stesso procedimento.

Versione Vegetariana: Se desideri una versione senza crostacei, puoi preparare una bisque di funghi utilizzando un brodo vegetale e funghi freschi.

Aromi Aggiuntivi: Per un sapore più complesso, puoi aggiungere un pizzico di zafferano o una spruzzata di brandy durante la cottura.


La bisque è un piatto raffinato che porta in tavola i sapori intensi del mare, arricchiti da una texture cremosa e vellutata. Perfetta per cene speciali o semplicemente per coccolarsi con un piatto elegante, la bisque di gamberi è una ricetta che conquisterà i palati più esigenti. Buon appetito!

Parmigiana di melanzane

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La parmigiana di melanzane, anche melanzane alla parmigiana o semplicemente parmigiana, è un piatto a base di melanzane fritte e gratinate in forno con passata di pomodoro, basilico, aglio e uno o più formaggi inclusi, parmigiano reggiano, pecorino siciliano, mozzarella, scamorza e caciocavallo.
È un piatto di dubbia origine, in quanto è ancora oggetto di discussione se sia pugliese o, a detta dei siciliani, di origine sicula. Altri attribuiscono l'origine alla Campania o a Parma. È stata ufficialmente riconosciuta e inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf).

Storia

La melanzana è una pianta originaria del continente asiatico; venne probabilmente introdotta in Europa ad opera di mercanti arabi in Spagna e poi nel resto d'Europa nel corso del basso medioevo. Come altri vegetali appartenenti alla famiglia delle solanacee, è stata per lungo tempo accompagnata da cattiva fama; per questa ragione la sua diffusione in Europa ebbe inizio solo a partire dal XVIII secolo, periodo in cui comincia a diventare di uso comune nelle mense del popolo prima e della nobiltà poi.
Un indizio importante per individuare il momento in cui la ricetta cominciò a prendere corpo è identificabile nella presenza di un ingrediente importante qual è il pomodoro, fatto che in certa misura ne certifica l'origine settecentesca: anche questo frutto, importato in Europa solo con la scoperta delle Americhe, ha seguito lo stesso destino della melanzana, riuscendo infine ad affermarsi nelle mense europee solo nel corso del XVIII secolo.
Queste osservazioni sostengono la tesi che la comparsa della parmigiana sia da collocare tra la seconda metà del XVIII ed i primi decenni del XIX secolo, anni in cui le dominazioni spagnole in italia erano consolidate da secoli come appunto il Ducato di Parma, il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia.
La storia della ricetta tuttavia non è chiara e dunque risulta impossibile risalire con certezza all'origine della stessa, e l'invenzione del piatto viene per questo motivo contesa dalla Sicilia e dalle città di Napoli e di Parma.

Attribuzione siciliana

Il termine "parmigiana", secondo alcuni, deriverebbe dalla parola siciliana parmiciana, plausibilmente derivante dal latino "parma" (scudo), con cui sono chiamate le liste di legno che compongono una finestra persiana, forma richiamata dalla disposizione a strati sovrapposti delle fette di melanzana fritte. La teoria che affermerebbe la paternità della ricetta alla Sicilia trae forza anche dal fatto che in questa parte d'Italia il piatto viene chiamato "parmigiana di melanzane", non "melanzane alla parmigiana" come in Emilia, quindi il sostantivo principale è "parmigiana" e "di melanzane" è la specificazione.
Il nome di questo piatto potrebbe più verosimilmente derivare dalla parola turca patlıcan' e/o da quella araba 'al-badingian' (in queste lingue le consonanti p e b si pronunciano allo stesso modo). Infatti sia nella cucina araba che in quella turca esiste un piatto in qualche modo simile che è passato nella cucina greca con il nome di moussaka. Ad avvalorare tale ipotesi il termine siciliano del tipo di melanzana con cui si fa la pietanza, petronciana. Nelle ricette antiche è previsto l'uso del formaggio pecorino siciliano, molto utilizzato nella cucina meridionale, per cui non sembrerebbe esserci alcune relazione con il formaggio parmigiano reggiano il cui utilizzo nella cucina meridionale si è diffuso nel secondo dopoguerra.


Attribuzione napoletana

Jeanne Caròla Francesconi, scrittrice e conoscitrice della cucina napoletana, sostiene che le origini della ricetta risalgono ad oltre due secoli or sono ed individua, nelle opere di Vincenzo Corrado e Ippolito Cavalcanti, i primi tentativi di illustrare quella che noi conosciamo attualmente come parmigiana di melanzane.
«Un'altra gloria della cucina napoletana, è la parmigiana. Pochi elementari sapori che si completano ed ecco uno squisito piatto, saporito ed appetitoso, che bene si addice all'estate.»
(J. C. Francesconi, La cucina napoletana)
Troviamo la prima ricetta riconducibile in certa misura a quella che noi oggi conosciamo come parmigiana nel celebre trattato Il Cuoco Galante di Vincenzo Corrado, autore di origine pugliese che tra il XVIII e il XIX secolo prestò servizio nelle più prestigiose casate napoletane. È possibile, anche per le ragioni esposte, che in origine la preparazione fosse tipica delle zucchine. Nell'unica ricetta dedicata alle melanzane (petronciani) l'autore suggerisce la possibilità di prepararle alla maniera di zucche, pastinache (sorta di carote) e pomodori.
Delle zucche lunghe alla parmigiana
«Le zucche lunghe (zucchine) devono essere né troppo lunghe, né piccole. Prima di cuocerle bisogna raderle d'intorno, e tagliarle in sottili fette rotonde; poi polverate di sale, per qualche tempo, acciocché mandino fuori un certo cattivo umore, e si renda la loro carne piacevole, da usarla in quelle maniere che si dirà, si spremono tra le mani, o tra due tondi, s'infarinino, e si friggano nello strutto. Si servano in un piatto tramezzate di parmigiano, e butirro, coverte con salsa di gialli di uova, e butirro, rassodate nel forno.»
(Vincenzo Corrado, Il Cuoco Galante)
Per trovare la prima ricetta delle melanzane alla parmigiana a noi familiare bisogna invece aspettare il 1837, quando Ippolito Cavalcanti duca di Buonvicino diede alle stampe la sua opera più importante: "Cucina teorico pratica". Del Cavalcanti riproponiamo un estratto della ricetta presentata nel libello Cucina casereccia in dialetto napoletano, comparso in appendice all'edizione del 1839.
Melanzane alla parmigiana,
«… e le farai friggere; e poi le disporrai in una teglia a strato a strato con il formaggio, basilico e brodo di stufato o con salsa di pomodoro; e coperte le farai stufare.»
(Ippolito Cavalcanti, "Cusina casarinola co la lengua napolitana, Cucina casareccia in lingua napolitana)



È comunque da rimarcare il fatto che in molti libri di gastronomia stampati tra il 1600 ed il 1800, tra i quali quelli del Corrado e del Cavalcanti, la locuzione "alla parmigiana" veniva adoperata per indicare la presenza del tipico formaggio nelle ricette, valga l'esempio delle 28 ricette "alla parmigiana" illustrate nel Cuoco Galante, tutte caratterizzate dalla presenza del formaggio Parmigiano.

Attribuzione parmense

La parmigiana per antonomasia è oggi quella di melanzane, ma il termine viene talvolta riferito anche a preparazioni a base di ortaggi affettati e disposti come le scalette di una finestra persiana a formare strati alternati con altri ingredienti. Il dizionario Devoto-Oli definisce il termine come segue: "cucinare alla maniera dei parmigiani, ovverosia degli abitanti della città di Parma, vuol dire cucinare vegetali a strati". Stessa etimologia è proposta dal "Dizionario etimologico" Cortelazzo-Zolli, che fa risalire la comparsa del termine parmigiana, ma non si sa se riferito alla pietanza di melanzane fritte e cotte al forno, a prima del 1440 da Simone de' Prodenzani. Nella sequenza delle portate del Prodenzani, tuttavia, le parmigiane sono collocate tra la frutta e i dolci.

Pesce all'acqua pazza

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L'acqua pazza è una preparazione del pesce tipica della cucina napoletana che consiste nella cottura di pesci di medie dimensioni, quali spigole, orate o pezzogne o mormore, con olio, aglio e pomodorini tagliati a pezzi. A termine cottura si aggiunge del prezzemolo tritato.

Minestra maritata

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La minestra maritata è un tipico piatto di origine campana, in genere preparata secondo la più stretta tradizione napoletana per pranzi festivi, quali quelli in occasione di Natale e Pasqua.
La dicitura maritata deriva dal fatto che gli ingredienti di carne e verdura si "maritano", partecipando insieme alla minestra. La ricetta nel corso degli anni è stata notevolmente rimaneggiata, eliminando o modificandone gli ingredienti, che sono sempre più rari da reperire in commercio. Durante le festività tradizionali, tuttavia, nei mercatini rionali di Napoli ancora si possono acquistare le verdure tipiche per preparare la minestra maritata, che sono cicoria, piccole scarole (scarulelle), verza, e borragine, che gli conferisce una nota amarognola. In qualche variante si usa anche la catalogna (in napoletano: puntarelle). La carne di uso tipico è quella di maiale di minor pregio, con tracchie, salsicce (tipica era la cosiddetta nnoglia, o salame pezzente), e altri tagli.
Nella tradizione più antica, invece del pane tostato si usano gli scagliuozzi, tipiche frittelle di farina di mais fritte dalla forma arrotondata, adagiate sul fondo del piatto.
La preparazione ricorre anche nella tradizione gastronomica ciociàra (della Ciociarìa, regione storica del Lazio meridionale), dove tale ricetta trova ospitalità nei libri di cucina ed è segnalata sui ricettari tipici della zona.

Pane di Triora

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Il pane di Triora è un prodotto di panetteria tradizionale riconosciuto come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (P.A.T.) italiano. Viene prodotto in Liguria, nel comune di Triora - Valle Argentina.

Storia

Triora, in passato era nota come il granaio della Repubblica di Genova e aveva un unico forno comunale in Vico del Forno; il pane veniva cotto per ogni famiglia, una volta alla settimana, nel forno comune. Oggi (2007) il pane di Triora viene prodotto da un unico panificio, che lo produce in modo artigianale, per tutta la Liguria del Ponente e del basso Piemonte.

Preparazione

Il pane è preparato con farina 1, farina di grano saraceno e crusca, lievitata per una notte con acqua tiepida e sale; all'impasto viene aggiunto il giorno successivo altro lievito e farina. Dopo aver riposato ancora qualche ora su uno strato di crusca i pani, in forme basse e larghe che dopo la cottura raggiungono un peso di circa 850 grammi, vengono cotti in forno caldo utilizzando foglie di castagno per evitare che si attacchino alla base del forno. A cottura ultimata le pagnotte presentano sulla crosta una incisione di forma quadrata.

Consumo

Può servire ad accompagnare una vasta gamma di secondi, ed è particolarmente indicato - tagliato a fette - per essere spalmato di bruss. E conservabile a lungo e può essere consumato fresco per circa una settimana dopo la produzione.

Bruss

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Il bruss, in piemontese bross, in ligure brussu, bruzzu, a volte italianizzato in bruzzo, è un derivato del latte simile ad un formaggio cremoso e spalmabile dal gusto molto forte. È diffuso soprattutto in Piemonte e Liguria. La versione ligure differisce da quella piemontese, perché si ricava dalla ricotta di pecora, e/o di mucca, e/o di capra, opportunamente lasciata fermentare in appositi recipienti in luoghi freschi, umidi e bui, e rimestata ogni giorno delicatamente con cura dal basso verso l'alto. La versione piemontese, è tradizionalmente ricavata dalla fermentazione, anch'essa opportunamente controllata e rimestata, degli avanzi di uno o più formaggi locali, a pasta molle o semidura del cuneese, Langhe, Monferrato e basso Piemonte in genere, quali Toma, Raschera, Sôra, Alta Langa, Murazzano, Roccaverano, ecc. Nella versione ligure vi è una variante, che consiste nell'aggiungere, ad un certo punto della fermentazione, una modesta quantità di formaggio erborinato, come gorgonzola naturale, rimestandolo con cura. I lactobacilli riprenderanno la loro attività, donando man mano al brussu un profumo e un sapore ancora più complessi e interessanti.

Storia

Deve la sua origine alla necessità, tipica della cultura contadina e in particolare delle zone più povere, di sfruttare al meglio ogni possibile alimento.
Anticamente veniva prodotto facendo fermentare croste o pezzi di altri formaggi (spesso anche ammuffiti) nel distillato di vinacce, la grappa, che i contadini producevano in proprio.
Dopo aver mescolato il composto si otteneva un prodotto cremoso dal sapore intenso che veniva mangiato sul pane.

Diffusione

Attualmente si trova in commercio presso mercanti specializzati nella vendita di prodotti tipici ma può anche essere realizzato in proprio facendo fermentare del formaggio fresco (ad esempio robiole o tomini) con grappa o brandy. Viene spesso commercializzato in vaschette di plastica trasparenti o in vasetti di vetro.

Abbinamenti

Un abbinamento classico della versione ligure del bruss è quello con il pane di Triora. Viene anche utilizzato per condire la pasta o la polenta, per insaporire minestre o con le patate al cartoccio.
I vini più indicati per accompagnare il bruss, quanto meno nella sua versione langarola, sono robusti rossi quali i nebbioli o le barbere oppure, con un abbinamento che ne esalta il sapore piccante, vini più zuccherini quali l'Erbaluce di Caluso passito.

Riconoscimenti

È stato denominato come PAT, la versione ligure anche come presidio del gusto di Slow Food (bruzzo della valle Arroscia); quella piemontese, con la denominazione di brus.


Barbagiuai

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Barbagiuai è il nome in lingua ligure dato ai ravioli fritti (i tourtons francesi) e ripieni di zucca e formaggio, nell'entroterra ventimigliese, specialmente nella val Nervia. Ma l'origine la più probabile di questa ricetta sarebbe la città di Castellar, vicino a Menton.
Il nome di questo raviolo fritto deriverebbe da un certo zio (barba in ligure) Giovanni (Giuà), cuoco provetto ed inventore di questa ricetta.
La qualità gustativa del piatto risulta nel contrasto tra il dolce della zucca e il gusto deciso del brusso (ricotta fermentata tipica delle valli imperiesi).
Nel Principato di Monaco questa specialità fa parte della gastronomia locale e si chiama in monegasco Barbagiuan.

 
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