Pirilla

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La pirilla è un pane prodotto durante la panificazione casalinga tradizionale, ottenuto con impasto lievitato di acqua e farina di grano duro. Ottenuta per colatura diretta sulla pietra di un forno a legna con l'aiuto di una paletta. Ha una forma rotondeggiante di circa 20 cm di diametro e pochi centimetri di spessore, presenta la faccia superiore liscia, quasi levigata, dura ma non croccante. La pasta interna ha un aspetto compatto e quasi gommoso con piccoli alveoli. Richiede brevi tempi di cottura (meno di un'ora).
Nella pasta, specie se nata per essere mangiata senza condimento, possono essere inserite olive nere intere per dare sapore, a volte uva passa. Se la pirilla contiene altri ingredienti, come pomodoro, pezzi di zucca, cipolla, ecc. può prendere localmente un nome più specifico (ad esempio cucuzzata).
Lo spessore e la pasta compatta permettono un comodo spacco per la farcitura. La farcitura più usata era il pomodoro fresco, spesso solo il seme e gli umori interni del pomodoro, olio e sale. Pure peperoni fritti, a volte pure accompagnati da pomodoro fresco. Vanno molto bene le farciture che bagnano la pasta e l'ammorbidiscono un po', come i sughetti di pomodoro, cipolla e peperoni ma pure i pezzetti di carne di cavallo. Una variante sfiziosa della farcitura sono i peperoni fritti con fette di mortadella.

Sinonimi

Presenta vari sinonimi nel Salento. I più usati sono pirilla (Ortelle, Castro), pitilla (Specchia Gallone, Poggiardo, San Cesario di Lecce), 'mpilla (Sannicola), pilla (Cursi, Cutrofiano, Melpignano, Otranto), simeddhra (Tricase, Depressa).

Preparazione

La pastina era preparata coi resti degli impasti recuperati dai lavaggi dei contenitori. Nella panificazione tradizionale era prodotta in pochi pezzi e generalmente destinata al consumo degli stessi panificatori occupati per diverse ore nelle operazioni di impasto e cottura. A volte era prodotta appositamente con impasti ad hoc per il consumo casalingo e per distribuzione tra parenti e amici. Non era destinata alla vendita. Con la riscoperta delle antiche tradizioni alcuni forni industriali la producono e la vendono.

Storia

Nelle tradizione salentina, comune ad altre tradizioni contadine, si procedeva con cadenza regolare alla panificazione, spesso in capientissimi forni a legna pubblici. Gli intervalli di panificazione potevano essere variabili, da cadenze bisettimanali fino a periodi di oltre tre mesi, per cui il quantitativo di farina di una o più famiglie associate, poteva costituirsi anche da un impasto di 100–200 kg. Nella panificazione una quota limitata (20%) si costituiva da pezzi pane morbido da consumarsi nei primissimi giorni in genere da tagliarsi a fette. Moltissime risultano le varianti del pane fresco spesso associate alla presenza nell'impasto di olive nere, zucca, cipolla, ecc.. o a particolari lavorazioni (taralli, pirille, ecc..) per il consumo diretto senza particolari condimenti aggiunti. La quota maggiore dell'impasto di panificazione veniva riservato, in genere, alla produzione di friselle, un biscotto di più lunga conservazione rispetto al pane fresco garantendo intervalli di panificazione maggiori.
Al termine della infornatura, i recipienti e le madie sporche dell'impasto lievitato venivano sciacquate con pochissima acqua e la pastina ottenuta calata direttamente sul piano arroventato del forno. Si cuoceva molto in fretta e veniva consumata nel forno stesso per una colazione di ristoro tra gli addetti.
La pirilla, pertanto, rappresenta più che un tipo di pane, una testimonianza del mondo agricolo arcaico ormai scomparso e molti comuni nel leccese la omaggiano con feste e sagre. La più importante e consolidata è la Festa della Pirilla nel Comune di Ortelle che nell'estate del 2009 si è svolta per la ventinovesima volta, essendo tra l'altro una delle più antiche sagre gastronomiche in assoluto nella Provincia di Lecce. All'evento è accordato il patrocinio da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri - Ministero per i Rapporti con le Regioni, del Presidente della Regione Puglia e del Comune stesso.

Carciofolata

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La carciofolata è un termine in dialetto romanesco che designa un pranzo a base di carciofi.

Carciofolata alla matticella

È la pietanza campestre e tipica dei Castelli Romani, principalmente nel comune di Velletri e Lariano dove ogni primavera si svolge la sagra della carciofolata: la carciofolata è detta matticella quando i carciofi (varietà “cimarolo” o “mammola”) non sfogliati vengono conditi all'interno con mentuccia romana, aglio, sale e olio poi cotti su un letto di brace di sarmenti di vite asciugati.
La carciofolata alla matticella si consuma abitualmente su una fetta di pane casareccio o su una bruschetta accompagnata da vino.


Tortilla spagnola

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Tortilla de Patatas (Corte transversal).jpg



La tortilla spagnola, nota come tortilla de patatas, è una "frittata di uovo sbattuto" e patate. Si tratta di una delle pietanze più classiche della cucina spagnola che si può trovare in qualsiasi bar o ristorante. Persino grandi cuochi come Ferrán Adrià le hanno dedicato attenzioni particolari.

Storia

Dalle Cronache dall'India si evince che già nel 1519 la tortilla d'uovo era conosciuta sia in Europa dai conquistadores spagnoli, sia in America, per lo meno dagli Aztechi che le preparavano e vendevano nei mercati di Tenochtitlan. In questi testi ci si riferisce alla tortilla sudamericana con il termine pan de maíz, così che è chiara l'allusione alla tortilla di uovo quando appare:
.."Vendono uova di gallina e di oca e di tutti gli altri volatili che ho menzionato, in grandi quantità; vendono tortillas di uova fatte. Infine, in questi mercati si vendono tutte le cose che si trovano sulla terra.." Seconda lettera di relazione di Hernán Cortés.
.."Carne e pesce arrosto, cucinati con pane, torte, tortillas di uova di tanti volatili diversi. È innumerevole il tanto pane cotto e in grane e in spiga che si vende, assieme a fagioli, piselli e molti altri legumi…" Storia generale dell'India di Francisco López de Gómara.
La papa o patata è una pianta originaria dell'America del sud, conosciuta agli spagnoli grazie alla popolazione Inca. Questi la chiamavano papa, in quechua. La somiglianza tra questa papa e la batata fece sì che nel XVII secolo in Spagna chiamassero patata la prima. Il primo documento noto in cui si fa riferimento a una tortilla di patate è della Navarra. Si tratta di un memoriale anonimo destinato alla Corte di Navarra nel 1817 che descrive le misere condizioni di vita degli agricoltori se comparate a quelle degli abitanti di Pamplona o la riviera della Navarra. Dopo un lungo elenco dei miseri alimenti mangiati dai montanari appare quanto segue:
"..due o tre uova in una tortilla per cinque o sei, perché le nostre donne sono in grado di farle grandi e grosse con poche uova aggiungendo patate, impasto di pane o altro.."
Una leggenda narra che fu il generale Tomás de Zumalacárregui colui che, durante l'assedio di Bilbao, inventò la tortilla di patate come piatto semplice, rapido e nutriente per ovviare alla grande penuria dell'esercito carlista. Anche se non si sa con certezza, sembra che la tortilla quindi abbia cominciato a diffondersi durante le prime guerre durante il carlismo. Un'altra versione della leggenda narra che la pietanza sia stata inventata da una casalinga della Navarra, alla cui casa si fermò il già menzionato generale Zumalacárregui. Questa, molto povera e in possesso solo di un po' di uova, cipolle e patate finì per assemblare questi tre ingredienti, miscuglio che fu così gradito al Generale da far sì che egli lo rendesse conosciuto.
Recentemente, il libro La patata in Spagna. Storia e agro ecologia del tubero andino, scritto da Javier López Linaje del Centro di Scienze Umane e Sociali del CSIC, colloca l'origine della tortilla spagnola a Villanueva de la Serena, località dell'Estremadura. Il libro contiene dati concreti che si riferiscono della tortilla di patate una ventina d'anni prima rispetto alle prime menzioni della leggenda tradizionale, sebbene tali dati siano ancora al vaglio di diversi studiosi e storici sia locali che nazionali.
Infine, una nuova teoria sulla sua invenzione si deve al cuoco aragonese Teodoro Bardají Mas che il 17 marzo del 1935 nel settimanale "ellas" affermò di conoscere la ricetta originale della tortilla. Si trattava di quella che oggi è conosciuta come tortilla spagnola con la sola differenza che la cipolla e le patate non venivano precedentemente fritte. Con molta probabilità è questa l'origine della tortilla di patate come oggi viene intesa.


Tortilla di patate delle Asturie, conosciuta per il suo spessore.



Preparazione

I modi di preparare la tortilla sono molti. Secondo alcuni, le patate devono essere ben cotte, e non fritte, in olio (d'oliva o girasole a seconda che si voglia far risaltare o meno il gusto dell'ingrediente) e devono poi essere lasciate in ammollo nell'uovo per un po' - non meno di dieci minuti, anche se sarebbe meglio lasciarle per almeno mezz'ora - affinché si imbevano e acquistino la consistenza giusta. In ogni caso, è opportuno strizzare per bene le patate dall'olio prima di unirle all'uovo.
Talvolta viene utilizzato un piatto apposito per rigirare la tortilla cosicché questa si possa cuocere in modo simile da entrambe le parti. Si può scegliere di far coagulare l'uovo o completamente o solo parzialmente, di usare la cipolla oppure no, di tagliarla fina o spessa, solo scottata o lasciandola riposare. Si può optare per mangiare la tortilla in piatto oppure all'interno di un panino oppure come tapa o stuzzichino. Inoltre, si possono aggiungere alla ricetta base ingredienti diversi come peperoncini (che solitamente vengono utilizzati come decorazione del piatto), chorizo, champignon, ecc.. Inoltre può variare la forma in cui si sceglie di tagliare le patate: pezzi irregolari, dischi, dadini…


Il famoso pincho di tortilla, che si usa servire nei bar con la forchetta conficcata all'interno.






Varianti

Assieme a uova e patate, spesso troviamo nella ricetta la cipolla, a seconda della zona o dei gusti di chi mangia e di chi cucina. A Madrid servono per esempio la tortilla brava, cucinata con una salsa piccante simile a quella utilizzata per preparare le patatas bravas e solitamente di dimensione più ridotta. Allo stesso modo, è frequente incontrare tortillas accompagnate da maionese, altre salse, curry o altri condimenti. Esistono poi due varianti che prevedono due distinti ingredienti. Una di queste è la tortilla paesana che oltre a patate e uovo prevede il chorizo, pepe rosso e piselli. L'altra invece è la tortilla ripiena che può essere sia una tortilla spessa tagliata e aperta a metà oppure due sottili sovrapposte. Come in un panino, all'interno vanno inserite delle farciture che possono essere di verdure, insalata russa, prosciutto, formaggio, pancetta, surimi,…


Bocadillo con tortilla di patate.

Varianti in altre culture

Anche in alcune culture del Nord Europa s'incontrano preparazioni con uova e patate. Tuttavia la tortilla non va confusa - anche se potrebbe sembrare simile - con il Rösti della cucina svizzera-tedesca, che tra l'altro non prevede l'uovo. Inoltre, nonostante il nome, non va confusa con la tortilla di papa di Chiloé (Cile), che è un tipo di pane di papa ottenuto dalla lavorazione di papa bollita e farina di grano.

Varianti "d'emergenza"

Un'altra possibilità è quella di preparare la tortilla senza uovo ma con un amalgama di farina, acqua e latte. Questa variante nacque in Spagna durante il periodo di grande scarsità successivo alla Guerra civile spagnola del 1936. Sempre nel periodo del conflitto si diffuse la falsa tortilla, preparata con bucce d'arancia al posto delle patate. Oggigiorno, questa variante viene scelta dai vegani. La ricetta senza uova, o con uova pastorizzate, viene spesso scelta nei ristoranti per evitare il rischio di salmonella. Infine la tradizione culinaria della provincia di Cadice offre la cosiddetta , fatta con uovo e patatine fritte.

Salute

Si consiglia che al termine della preparazione la tortilla sia compatta e "ben fatta" al suo interno, senza parti crude che potrebbero essere origine di salmonella.



Cucina creola della Louisiana

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La cucina creola della Louisiana ebbe origine in Louisiana negli Stati Uniti ed è una miscela fra le cucine francese, spagnola, portoghese, italiane, dei nativi americani e influenze africane. È simile alla cucina cajun per gli ingredienti usati (sedano, peperone e cipolla), ma la distinzione importante è che la cucina cajun nacque dalla più rustica cucina provinciale francese adattata agli ingredienti della Louisiana, mentre quella creola tendeva più verso quella classica europea adattata ai prodotti alimentari locali. In generale, l'influenza francese nella cucina cajun discende da varie cucine francesi provinciali dei contadini, mentre la cucina creola si è evoluta nelle case dei benestanti, aristocratici, o di coloro che imitavano il loro stile di vita. Anche se la cucina creola è strettamente identificata con la cultura di New Orleans, gran parte di essa si è evoluta nelle proprietà delle piantagioni del paese così amate dai creoli prima della guerra di secessione.

Storia

Le influenze spagnole, italiane, e delle Canarie nella cucina creola erano dovute al piccante del peperoncino, all'utilizzo della gamma delle marinate in succo di agrumi, all'importanza suprema del riso, e all'introduzione dei fagioli. Gli spagnoli e gli italiani utilizzavano ampiamente anche i pomodori, che non erano un ingrediente frequente in epoca anteriore alla francese. I sughi di pomodoro per la pasta giunsero durante il periodo in cui New Orleans era una destinazione popolare per i coloni italiani (circa, 1815-1925). Molti di loro aprirono negozi alimentari, forni, caseifici e praticarono l'agricoltura del frutteto, e quindi influenzarono la cucina creola di New Orleans e della sua periferia. Le influenze africane, che erano ampie, nacquero dal fatto che molti dei servi erano afro-americani, così come molti dei cuochi in ristoranti e caffè.
I primi libri di cucina creola in francese, spagnolo e portoghese risalgono al periodo antecedente all'acquisto della Louisiana. Il primo libro di cucina creola in inglese fu La Cuisine Creole: A Collection of Culinary Recipes, From Leading Chefs and Noted Creole Housewives, Who Have Made New Orleans Famous For Its Cuisine, scritto da Lafcadio Hearn e pubblicato nel 1885.
A quel tempo la cucina creola regionale era già identificabile al di fuori della Louisiana: per esempio, un menù del 1882, di un hotel della Florida, offriva un "Chicken Saute, á la Creole" come da un documento presente nella New York Public Library.
A partire dagli anni 1980, la cucina cajun iniziò ad influenzare la cucina creola di New Orleans, stimolata dal famoso ristorante dello chef Paul Prudhomme, un cajun di Opelousas. Si sviluppò così un interesse nazionale per la cucina cajun e molti turisti si recavano a New Orleans aspettandosi di trovare cibo cajun. Ciò portò all'apertura di nuovi ristoranti e molti locali cambiarono il loro tipo di cucina per soddisfare questa esigenza. Il "New Orleans New Cooking" del celebre chef Emeril Lagasse serve sia cucina cajun che creola. Nei suoi scritti e negli spettacoli televisivi, Lagasse traccia le distinzioni tra cucina cajun e creola e spiega le sovrapposizioni.
Con l'emergere della cucina sud americana negli anni 1980, si affermò una cucina neo creola (a volte chiamata Nouvelle Creole o Neo-American Creole Fusion). Questo movimento è caratterizzato in parte da una rinnovata enfasi sui preparati a base di ingredienti freschi e leggeri e in parte ad un'apertura verso altre tradizioni culinarie, tra cui cajun, sud, sud-ovest, e in misura minore, sud-est asiatico. Mentre la moda del cibo cajun andò scemando, quella per la moderna cucina creola è rimasta come forza predominante nella maggior parte dei principali ristoranti di New Orleans.

Piatti classici

Antipasti

  • Crabmeat Ravigote
  • Oysters Bienville
  • Oysters en brochette
  • Oysters Rockefeller
  • Shrimp remoulade

Zuppe

  • Crawfish Bisque
  • Gumbo
  • Oyster and Artichoke Bisque
  • Yakamein
  • Turtle soup
  • Oxtail soup

Piatti principali

  • Blackened Salmon
  • Chicken Creole
  • Creole Baked Chicken
  • Crawfish étouffée
  • Crawfish Fettuccine
  • Jambalaya
  • Mirliton
  • Pompano en Papillote
  • Potato Salad
  • Quiche
  • Red beans and rice
  • Rice and gravy
  • Sauce Piquante
  • Shrimp Bisque
  • Shrimp Creole
  • Smothered Pork Chops/Steak
  • Stuffed Bell Peppers
  • Trout meunière

Contorni

  • Maque choux
  • Red beans
  • Dirty rice
  • Green Beans w/Potatoes

Dessert

  • Bananas Foster
  • Pudding di pane
  • Beignets
  • King cake
  • Torta Doberge
  • Pralines
  • Pecan pie
  • Banana Pudding
  • Peach Cobbler
  • Blackberry Cobbler
  • T-cakes

Bevande

  • Café Brûlot
  • Café au lait
  • Ramos Gin Fizz
  • Sazerac cocktail

Colazione

  • Calas
  • Eggs Sardou
  • Grits and Grillades
  • French toast (Pain perdu)


 

 

Alimenti che possono trasformarsi in veleno se non consumati in modo adeguato ed entro un certo limite

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Il cibo è una fonte essenziale di energia nel nostro corpo, ma ciò di cui non siamo a conoscenza è che siamo inclini a consumare veleno in alcuni di essi, ne ho elencati alcuni che sono molto comuni.

Funghi


Non tutti i funghi sono uguali. I funghi Champignon potrebbero essere perfetti per la pasta, ma alcune specie contengono veleni che possono uccidere.

Pomodori


Il succoso frutto rosso contiene un veleno, Glycoalkaloid, nelle sue foglie, che è noto per causare mal di stomaco, crampi gravi e ansia. Quindi stai alla larga da foglie e steli.

Patate


Le patate hanno sia gambi che foglie velenose, ma nonostante ciò, l'avvelenamento da patate è raro. La maggior parte dei decessi per patata deriva dal consumo di patate verdi.

Mandorle


Le mandorle possono contenere molti benefici per la salute, ma sono anche potenzialmente piene di veleno. Le mandorle amare, mentre nella loro forma grezza, sono piene di cianuro. Devono sottoporsi a trattamenti termici specializzati (oltre alla semplice tostatura del forno fai-da-te) per rimuovere le tossine.

Miele


Alcaloidi di pirrolizidina, tossine velenose, si trovano in questo dolce e appiccicoso trattamento. Se il miele non è pastorizzato correttamente, mangiarlo può portare a mal di testa, vertigini, debolezza e vomito: mangiarne troppo può essere fatale.

Fagioli rossi


I fagioli rossi sono buoni per te a meno che non siano preparati in modo errato. Immergi i fagioli rossi per diverse ore per rimuovere le lectine, che possono uccidere le cellule dello stomaco, e cuoci e scola a fondo i fagioli per eliminare il composto chimico, il linamarin, che può trasformarsi in acido cianidrico.

Anacardi


I gusci degli anacardi contengono acido anacardico che può causare ustioni alla pelle e disturbi di stomaco. C'è anche il fatto che gli anacardi devono essere bolliti o arrostiti prima di mangiarli. Allo stato grezzo, hanno l'urushiolo, una sostanza chimica che può causare eruzioni cutanee simili a edera velenosa - o peggio, morte a seconda di quanto consumi.

Latte grezzo


Il latte del negozio di alimentari è pastorizzato, ma alcune persone bevono latte direttamente dall'animale. Si chiama latte grezzo ed è una bevanda rischiosa. Chiunque lo beva, in particolare i bambini piccoli, è a rischio di malattie mortali.

Carne, frutti di mare e uova crudi


La carne cruda - tra cui carne rossa, pollame e frutti di mare - e le uova crude possono contenere batteri della salmonella, che possono causare gastroenterite nell'uomo. L'avvelenamento da salmonella può anche portare a gravi complicazioni, come la batteriemia che sono potenzialmente letali per le persone con un sistema immunitario più debole. Quindi accendi una fiamma sotto la carne per evitare rischi.


Guanciale amatriciano

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Il guanciale amatriciano è una specialità dei comuni di Amatrice, in provincia di Rieti, e di Campotosto in provincia dell'Aquila.
Il guanciale è ottenuto dalla guancia del maiale che deve essere distaccata a partire dalla gola, ottenendo un pezzo di forma triangolare, che viene messa sotto sale per la durata di quattro o cinque giorni. La speziatura prevede l'uso del pepe e del peperoncino e posto nelle vicinanze di un camino con fuoco di quercia per una parziale affumicatura.
Viene utilizzato soprattutto per la realizzazione di un sugo per condire la pasta detto appunto all'amatriciana.

Laina

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La làina (dal greco antico λάγανον, láganon) è un tipo di pasta tipico della bassa Ciociaria. Per indicare questo particolare tipo di pasta lunga, si utilizza generalmente il singolare "laina", ma anche meno spesso il plurale "laine"; è indicata nelle varie località del Lazio meridionale anche come lacne, làccane o làcchene. La parola "laina" ha anche il significato generale di impasto ammassato steso con il matterello. La lacna stracciata di Norma è riconosciuta come Prodotto Agroalimentare Tradizionale laziale dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, su proposta della Regione Lazio.
La laina si ottiene impastando la farina di grano duro con acqua ed un pizzico di sale. L'impasto va lavorato energicamente fino ad ottenere una massa uniforme, che poi, per mezzo del matterello (detto lainaturo), viene stesa formando una sfoglia. La sfoglia viene ricoperta con un sottile strato di farina, fatta riposare per alcuni minuti e poi arrotolata su se stessa, quindi tagliata con un coltello in strisce non sottili. Queste vengono infine lasciate ad asciugare. Il risultato sono delle fettuccine larghe e spesse, con dimensioni un po' incostanti.
Le laine sono un tipico piatto povero e si accompagnano tradizionalmente quindi con condimenti poveri. L'accostamento tipico è con il sugo ai ceci, legumi tipici ciociari; in diversi comuni della Ciociaria si svolgono sagre come quella della "Laina e ceci" od anche quella della "Laina e cicerchie".
Numerose citazioni dalla letteratura greca e latina fanno dedurre che questo piatto è esistito con continuità dall'epoca classica: ricordiamo Aristofane e Orazio, che usano i termini làganon (greco) e laganum (latino) per indicare un impasto di acqua e farina, tirato e tagliato a strisce. Il laganum, considerato inizialmente cibo dei poveri, acquisisce tanta dignità da entrare nel quarto libro del De re coquinaria di Marco Gavio Apicio. Egli ne descrive minuziosamente i condimenti tralasciando le istruzioni per la loro preparazione, facendo supporre che fosse ampiamente conosciuta.

Laena in Irpinia

Laena è il corrispettivo irpino, ancor oggi realizzata ad esempio a Sturno (AV). Laena e laenaturo sono termini che derivano da laena (sfoglia); il termine sembra derivare direttamente dal latino laena = mantello (sfoglia larga come un mantello).

 
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