Brasato di manzo alla lombarda

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Piatto per le stagioni Autunno/ Inverno

Ingredienti

per 4 persone
  • 800 g di polpa di manzo
  • 400ml di vino rosso (es. Inferno, Nebbiolo, Barolo, Raboso)
  • 1 spicchio d' aglio
  • una costola di sedano
  • una carota
  • una cipolla
  • una foglia di alloro
  • due scatole di pomodori pelati
  • olio di oliva q.b.
  • sale q.b.
  • acqua q.b.

Preparazione

  1. Salate esternamente la carne, deponetela in una pentola per preparazioni in umido, nella quale avete versato olio a sufficienza per arrostire il pezzo di manzo, con l'aglio incamiciato e l'alloro.
Avviate la cottura a fuoco medio basso, rosolando bene e girando la polpa per almeno una mezz'ora. Servitevi del coperchio per limitare l' evaporazione dei liquidi. Estraete l' aglio con un mestolo forato. Aggiungete le verdure fresche, pulite e tritate, fatele appassire nell'intingolo. Nel frattempo pulite l'aglio tiepido dalla camicia e gettatelo in pentola.
  1. Bagnate con il vino rosso e riducete il sugo di un terzo circa.
  2. Passate i pomodori e metteteli sulla carne.
  3. Abbassate la fiamma. Protraete complessivamente la cottura per quattro ore circa, avendo cura di girare il pezzo di manzo quando necessario, al fine di non bruciarne la superficie. Se il sugo si dovesse concentrare eccessivamente durante l' ebollizione, ripristinate la giusta densità con poca acqua calda.
  4. Estraete la foglia di alloro dalla preparazione.
  5. Servite la carne affettata e nappata con la salsa calda, su letto di polenta di mais giallo.

Consigli

Accompagnare la pietanza con un vino per carni rosse del tipo indicato nell' elenco degli ingredienti.

Brasato al Barolo

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Il brasato al barolo è una tipica ricetta Piemontese, è uno stufato impreziosito da spezie e vino barolo, cotto a lungo. È preferibile utilizzare carne di bovini appartenenti alla razza piemontese, allevati secondo il disciplinare tipico di questa razza. Il taglio più adatto è il cosiddetto "arrosto della vena" o "cappello del prete", ricavato dal quarto anteriore. In alternativa al barolo è possibile utilizzare altri vini derivati dall'uva nebbiolo, ad esempio il Ghemme



Ingredienti

per 6 persone
  • 1 kg di vitellone o bovino adulto di razza piemontese (fassone)
  • 75 cL di vino Barolo
  • 50 g di lardo stagionato o pancetta
  • 25 g di burro
  • 1 spicchio d'aglio
  • sedano, cipolla, carota
  • cannella, chiodi di garofano, noce moscata
  • alloro, rosmarino
  • sale, pepe
  • cognac (facoltativo)

Preparazione

  1. (consigliato) mettere carne, spezie e verdure a marinare nel vino almeno 4 ore prima di procedere alla cottura
  2. Rosolare a fiamma alta il pezzo di carne in un battuto di lardo con burro. A rosolatura avvenuta aggiungere l'aglio, le spezie e le erbe aromatiche.
  3. Aggiungere sedano, cipolla e carota tagliati a pezzi, unire una parte del vino Barolo senza versarlo direttamente sulla carne.
  4. Quando il vino è evaporato, aggiungere il resto del Barolo ed eventualmente aggiungere brodo di carne.
  5. Lasciar cuocere, coprendo la pentola, per circa 2 ore facendo attenzione che resti un po' di liquido sul fondo.
  6. Eliminare le spezie e le erbe aromatiche e passare al setaccio le verdure. Mettere nuovamente in pentola le verdure finché il sugo non si sia addensato.
  7. Affettare il brasato e ricoprirlo con il suo sugo. Prima di servirlo, è possibile (ma non indispensabile) irrorare con un bicchiere di cognac e fiammeggiare.

Consigli

Per addensare la salsa è bene evitare di aggiungere farina, molto meglio unire al sugo dopo la prima ora di cottura una piccola patata tritata, il cui amido servirà perfettamente allo scopo. Per ottenere una maggior quantità di salsa è sufficiente aumentare la quantità di verdure, in particolare cipolla e carota. Per un risultato ottimale è consigliato l'uso di una pentola di coccio. Se si utilizza un vino diverso dal Barolo può essere necessario modificare leggermente la ricetta. In caso di vini molto strutturati e passati in barrique la ricetta non cambia, mentre nel caso di vini meno tannici e non barricati è consigliabile una preventiva marinatura della carne con il vino, le spezie e le verdure.

Cotoletta alla milanese

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Questo piatto, come si desume dal nome, è originario della Lombardia e precisamente di Milano.

Ingredienti

Per 4 persone
  • 4 costolette, o nodini, di vitello alte 2 cm
  • 2 uova
  • pangrattato q.b.
  • burro q.b.

Preparazione

  1. Non battere le cotolette, che devono restare piuttosto alte, ma praticare dei taglietti sulla pellicola esterna perché non si arriccino durante la cottura.
  2. Sbattere le uova, immergervi una cotoletta per volta e passarla subito nel pangrattato, avendo cura di pigiare coi polpastrelli per farlo aderire bene alla carne.
  3. Far scaldare in una casseruola (pentola, padella o quello che si ha a disposizione) una quantità di burro tale da immergere per un terzo le cotolette. A burro caldo, far cuocere le cotolette 6 minuti circa per parte, asciugarle con carta assorbente e servirle calde, senza limone.
  4. La crosta deve avere un colore dorato, non marrone, e l'interno dev'essere leggermente umido e rosato.

Varianti non tradizionali

Questo è un elenco delle varianti non tradizionali, ma che piano piano stanno diventando abituali.
  • la doppia panatura, ovvero il passaggio della cotoletta già panata nuovamente nell'uovo e pangrattato
  • l'utilizzo al posto del burro comune di burro chiarificato, che avendo un punto di fumo più alto rende più facili le operazioni di cottura

Suggerimento

Prima di mettere la cotoletta nell'uovo passarla prima nel pan grattato, poi nell'uovo ed ancora nel pan grattato. La crosta aderirà meglio e risulterà più croccante.

Storia

A mettere pace fra le fazioni che la definiscono Milanese oppure Viennese, può servire sapere dell'esistenza di un documento che dirimerebbe definitivamente la questione: una lettera dell'Imperatore d'Austria Francesco Giuseppe che sostiene di aver assaggiato una gustosa preparazione tipica di Milano, fatta così e così: esattamente la nostra cotoletta.
Come per tutte le ricette di cucina locale, anche della cotoletta alla milanese esistono numerose versioni, più o meno filologiche, più o meno interpretate secondo i gusti del tempo in cui vengono scritte. Quella che è descritta nella pagina, è informata al tentativo di mantenere un equilibrio tra i due criteri.

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Canederli

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I canederli sono una ricetta basata sulla tradizione trentina; è un piatto semplicissimo e divertente da fare, di cui esistono moltissime varianti, come i canederli al formaggio.
Essi nascono per recuperare gli avanzi di cucina, in particolare il pane vecchio e la carne avanzata. Gli ingredienti sono indicativi, in particolare la carne, va bene qualsiasi carne avanzata anche se per la ricetta verrà indicato qualche pezzo per insaporire i canederli.
La tradizione prevede che vengano serviti in brodo di carne (magari usando proprio la carne lessa per preparare i canederli), ma si possono anche servire asciutti.

Ingredienti

Le dosi sono indicative per 4 persone circa. Ogni elemento può essere aumentato o diminuito a seconda dei gusti e della fantasia di ognuno.
  • brodo quanto basta
  • circa 400 g. di pane raffermo
  • carne avanzata
  • 200 g. di pasta di lucanica
  • 200 g. di grana trentino
  • latte q.b.
  • 1 uovo
  • prezzemolo
  • mezza cipolla
  • 2 spicchi di aglio
  • sale
  • pepe
Nota: in caso non si abbia della carne avanzata si può sostituire con i fondi degli affettati (si possono reperibili al supermercato), preferendo lo speck, ma vanno bene tutti i tradizionali purché non siano troppo "saporiti". La stessa cosa per il formaggio, l'ideale è un formaggio stagionato dal sapore non troppo marcato. La pasta di lucanica può essere sostituita anche con delle semplici salsicce (o salamelle) private della pelle.

Preparazione

  1. Tritare il pane raffermo a grana grossa (non troppo finemente), metterlo in un recipiente grande. Tale recipiente servirà per contenere tutti gli ingredienti e impastare i canederli. Successivamente aggiungete del latte, indicativamente 0,4 L; la quantità di latte dipende da quanto vecchio è il pane. La prima volta che fate i canederli è meglio scarseggiare. Lasciate riposare il pane in modo che il latte si distribuisca in tutto il pane più o meno unifomemente. Per capire se il latte è sufficiente impastate il pane con il latte, l'impasto deve risultare "grumoso", morbido ma abbastanza asciutto da non essere maneggiabile. In ogni caso si può correggere la quantità di latte alla fine.
  2. Cuocere la pasta di lucanica in una padella per una decina di minuti. Non deve essere cotta del tutto, ma neanche cruda in quanto non verrà cotta nel canederlo. Consiglio di separare il grasso liquefatto dalla pasta di lucanica.
  3. Tritare il prezzemolo, la carne o gli eventuali pezzi di affettato, la lucanica semicotta, il formaggio grana aggiungere il tutto all'impasto del pane con il latte.
  4. Mescolare energicamente in modo da omogeneizzare i componenti. Aggiungere l'uovo precedentemente sbattuto, il sale e il pepe. Non aggiungete troppo sale in quanto una parte di sale viene dal brodo. Viceversa, se il brodo è scarso di sale, aggiungetelo all'impasto.
  5. Formare delle palline di circa 5/6 cm di diametro. È importante pressare un po' l'impasto da rendere le palline più consistenti possibile. In caso l'impasto risulti tropo asciutto aggiungere il latte necessario.
  6. Portate ad ebollizione il brodo e successivamente immergete i canederli. Lasciate bollire per una decina di minuti (scarsi) e servite con o senza il brodo.

Consigli

  • Nel caso in cui vengano serviti asciutti si può condire il canederlo con della conserva fatta in casa (fredda, non calda), dell'origano e un filo d'olio.
  • Le porzioni sono all'incirca di due canederli a testa; nel caso avanzino, si possono congelare. In tal caso, dopo averli inseriti nella scatola, cospargeteli di pane grattugiato.

Cocido

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Il Cocido ("bollito") è un piatto tipico spagnolo. Originario della capitale Madrid, può essere cucinato in vari modi e con diversi ingredienti: esistono infatti numerosi "cocidos" spagnoli, ogni regione presenta più di una variante del cocido di Madrid, il bollito alla madrilena.

Esempio di bollito spagnolo: bollito alla madrilena

Ingredienti

  • Polpa di manzo
  • Pollo
  • Lardo
  • Prosciutto crudo
  • Piedino di maiale
  • Chorizo
  • Sanguinaccio
  • Osso di manzo
  • Ceci
  • Verza (oppure bietole, cardi, fagiolini verdi)
  • Carota
  • Cipolla (steccata con chiodo di garofano)
  • Sedano
  • Rapa
  • Patate (pelate)
  • Pasta
  • Acqua

Tempi

  • Preparazione: 30 minuti (+ 12 ore per l'ammollo dei ceci e del piedino di maiale).
  • Cottura: 3 ore.

Preparazione

Riempire una pentola con tre litri d'acqua mettendo dentro la polpa di manzo, l'osso di manzo, il piedino di maiale (tenuto a bagno le precedenti 12 ore), il lardo e il prosciutto. Appena bolle schiumare e aggiungere nella pentola il pollo, i ceci (tenuti 12 ore a bagno), la carote, la rapa, il sedano, la cipolla. Fare cuocere per 2 ore e mezzo a fuoco dolce. Aggiungere le patate mezz'ora prima della fine della cottura. Intanto fare cuocere la verza con il chorizo e il sanguinaccio in metà del brodo del "cocido" e metà acqua. Togliere il brodo necessario dalla pentola e aggiungerlo ad una parte del brodo di cottura della verza e delle salsicce. Insieme fare cuocere la pasta. La zuppa sarà servita come primo. In un piatto semifondo disporre da una parte i ceci ben scolati e dall'altra la carne tagliata a fette, la verza e le salsicce a pezzi. Servire con salsa di pomodoro all'aglio.

Bacalao al pil-pil

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Il Bacalao al pil-pil ("baccalà al pil-pil") è un piatto tipico spagnolo. È originario delle province basche ed è spesso accompagnato da una salsa bianca.

Ingredienti

  • Baccalà
  • Olio
  • Aglio
  • Acqua fredda

Tempi

  • Preparazione: 15 minuti (+ 24 ore per l'ammollo del baccalà).
  • Cottura: 35 minuti.

Preparazione

Tagliare il baccalà a pezzetti e lasciarlo nell'acqua fredda per 24 ore, senza togliere la pelle e cambiando spesso l'acqua. Successivamente metterlo in una casseruola coprendolo con acqua fredda. Portare così ad ebollizione. Ritirare la casseruola dal fuoco quando si formerà una schiuma bianca in superficie. Quindi mescolare i pezzi di baccalà e diliscarli attentamente. Fare imbiondire l'aglio nell'olio in un tegame di coccio, poi toglierlo e metterlo da parte. Aggiungere nell'olio i pezzi di baccalà insieme all'acqua fredda e fare cuocere a fuoco moderato. Durante la cottura muovere spesso il tegame affinché la salsa prenda volume. Aggiungere l'aglio schiacciato e sciolto in poca acqua e infine unire il resto dell'olio già scaldato. Fare cuocere per 20 minuti circa in modo che la salsa risulti simile a una maionese. Servire nello stesso recipiente di cottura.



Acciughe sotto sale

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Le acciughe sotto sale sono uno dei metodi di conservazione del pesce più antichi che ci siano. Si tratta di scegliere, pulire e salare il pesce, al fine di poterlo conservare a temperatura ambiente, in arbanelle di vetro, fino a due o tre anni.
Nella salatura delle acciughe, bisogna fare attenzione a diversi punti essenziali che sono: periodo in cui comprarle, freschezza del pesce, pulizia dalle interiora, salatura, dissalatura, presentazione e consumo e altri esperimenti.

Introduzione

Mettere le acciughe sotto sale è facile, ma arrivare al risultato finale corretto è più lungo e laborioso e bisogna fare esperienza. Se qualcosa va male, è perché, in qualche modo, c'è stato un contatto con l'acqua dolce o col ghiaccio che sciogliendosi produce acqua dolce.
Gli aneddoti d'epoca riportati, riguardano la zona della Liguria, per ricordare i costumi di quando non c'era il frigorifero e l'uso al risparmio della mentalità ligure ma anche in Sicilia e Campania, tramandano la tradizione di mettere le acciughe sotto sale.

Ingredienti

  • Per 1 persona all'anno:
  • Acciughe 10 chili, una cassetta.
  • Sale grosso circa 5 chili.

Attrezzatura

  • Arbanelle n.5, complete di peso e coperchio.
  • Coltello da cucina a punta da circa 12, 14 cm. di lama.
  • Contenitore di vetro di misura 16x10x5 cm. completo di coperchio.

Arbanelle

In un’arbanella ci stanno puliti, circa due chili di pesce, dipende dal diametro e dall'altezza dell'arbanella e dalle dimensioni del pesce.
Ci sono arbanelle non standard oppure arbanelle da negozio di tre misure:
  • grosse e alte, da 4 chili di pesce, 17x27 cm.
  • medie, da 2 chili di pesce, 17x14 cm.
  • piccole, da 1,5 chili di pesce, larghe 15 cm. e alte 11 cm.
  • non standard, casalinghe, contenenti 2 chili di pesce, strette 14 cm. e alte 16 cm.

Un negozio specializzato in vetreria di questo tipo si trova a Sampierdarena (Genova), BECCUTI in via Buranello 155r, angolo via Carzino ma nei negozietti tipici dei paesini liguri, insieme alle scope di saggina, ai seggiolini di vimini e magari pane, salame, frutta e verdura, si trovano anche le arbanelle. In Liguria spesso si trovano arbanelle anche al supermercato, per esempio a Chiavari.
Bisogna passare il dito leggermente sul bordo interno ed esterno, per verificare che non sia scheggiato, come solitamente è, le nostre nonne le cercavano apposta perché ne approfittavano per farsi fare uno sconto. Oggi è sconsigliabile per la suscettibilità dei negozianti che non vogliono più sentir parlare di sconti.
Se bisogna accontentarsi di una arbanella scheggiata, a casa poi, si provvederà a smerigliare la scheggiatura con una pietra da affilare, mettendo un velo d’olio fra pietra e vetro, durante la smerigliatura.
Bisogna comprare anche il vetro che fa da tappo e il coperchio di plastica ma non sono indispensabili, in quanto
  • il vetro che fa da tappo può essere ordinato da un vetraio, che in Liguria sa già tutto, sa le misure e spesso ne ha già pronti oppure sostituito da
  • una pietra rotonda a misura pescata al mare come si faceva un tempo o meglio
  • mattonelle ottagonali da pavimento di ardesia, di scarto, alte 3 cm., nelle discariche delle fabbriche di ardesia, che sono l’ideale.
Fabbrica di lavorazione dell’ardesia, si trovano nella Val Fontanabuona, a Cicagna, dove c'è due fabbriche e dove si trova l’ideale; a Pian dei Ratti, da Lavagna verso Carasco, vicino a Calvari, c’è un fabbricante di piastrelle d’ardesia, da tre generazioni con cava di proprietà “globalizzata”.
  • Anche i marmisti della zona di Staglieno a Genova, hanno qualcosa in ardesia. I pescivendoli usano cubi da chilo di marmo, fatti dal marmista ma il marmo diventa giallo e granuloso perché alla lunga si corrode e puzza.
  • una plastichetta rotonda 13 cm, con la scritta per uso alimentare ma che è meglio evitare di usare perché sta a contatto del sale quasi tutto l'anno e forse non è del tutto sicuro.
  • Per far da peso sono necessarie 4 mattonelle per ogni arbanella.
Un tempo il coperchio non esisteva e si rabboccava il liquido che evaporava con acqua salata. Oggi con l’arbarella danno anche un coperchio di plastica e che non fa evaporare ed evita i rabbocchi. Questa plastica, ad uso alimentare, non sta a contatto diretto con la salamoia e quindi si può usare con maggiore tranquillità.
Dunque con dieci chili di pesce, si calcola cinque arbanelle di quelle piccole.

Perché 5 arbanelle ?

Una serve di rabbocco e 12 mesi all'anno diviso 4 arbanelle fa un consumo di una arbanella ogni tre mesi. Sono 7,5 strati da 12 acciughe, per cui sono 2,5 strati al mese, sono 28 acciughe al mese, sono 7 acciughe alla settimana, che si mettono nella pizza d'inverno o si mangiano crude sott’olio d'estate, quando aumenta la richiesta corporea di sale.

Salatura delle acciughe

Periodo

Per mettere le acciughe sotto sale, la luna migliore è la Luna piena di luglio; perché alla Luna piena di luglio, tutte le acciughe raggiungono la loro massima grossezza però va bene anche la Luna piena di maggio e di giugno ma alla Luna di maggio, ci sono mischiati assieme i riproduttori grossi dell'anno precedente e il novellame più piccolo. Se si mettono giù le acciughe alla Luna piena di maggio, su dieci arbanelle, si hanno sette arbanelle di acciughe grosse e tre con acciughe di grossezza media, alla Luna di giugno le acciughe di grossezza media sono un po' più grosse ma alla Luna piena di luglio le acciughe sono tutte della grossezza massima. Le ave le mettevano giù a maggio ma nell’Italia del Sud le mettono giù a luglio.
Cosa c'entra la Luna ?
Effettivamente le acciughe si prendono anche senza Luna però con la Luna piena e il caldo, le acciughe vengono in superficie e se ne prende di più e più facilmente.
  • con la luna c'è più acciughe e il prezzo si abbassa.
  • Le acciughe vanno comprate in bassa stagione a maggio quando i ristoranti della Riviera sono vuoti e sul mercato c'è un eccesso di pesce invenduto, per cui i prezzi alla Luna piena di maggio sono i più bassi dell’anno. A giugno il prezzo delle acciughe aumenta e a luglio le acciughe sono abbastanza care, oltre perché sono le più grosse, anche perché sono maggiormente richieste e di avanzi ce ne sono pochi.
Tanto per dire delle cifre a Genova, nel 2002, alla Luna di maggio si pagavano 2,5 euro al chilo, comprando 16 chili, due cassette, di acciughe fresche dell'Adriatico, pescate la notte e vendute il pomeriggio successivo; talvolta vengono dalla Turchia, che in alta stagione sono belle grosse ma possono contenere l'Anchilostoma nelle interiora, che non è un problema perché non va nelle carni e se per caso ci schizzasse sopra, verrebbe disidratato e ucciso dalla salamoia. Il pericolo della anchilostomiasi sussiste solo per acciughe turche consumate crude, con olio e limone, solitamente in alta stagione, quando l'inquinamento è più marcato.
A giugno siamo già sui 6 euro al chilo e a luglio non si trovano a meno di 8 euro al chilo.
Le acciughe del mese di agosto non vanno bene per essere messe sotto sale, perché grosse non ce n'è più e sono tutte alici. Le alici messe sotto sale sono talmente piccole che nel processo di salatura si dissolvono e nel processo di dissalatura vanno a finire in niente, tutte sciolte nell'acqua. Malgrado ciò, si può incontrare dei commercianti improvvisati pescivendoli e che pretendono di vendere le alici a caro prezzo, da salare, sostenendo che sono le migliori.
I prezzi si abbassano di nuovo a novembre, quando i ristoranti richiudono, le acciughe sono tutte grosse e costano di nuovo sui 2 euro al chilo. Però, queste acciughe di novembre, non sono belle magrine, come a maggio dopo l'inverno e non hanno mangiato tutta la primavera perché hanno in mente la fregola. A novembre le acciughe sono belle grassottelle, per prepararsi al freddo dell'inverno. Quel grasso, non è che sia velenoso, anzi fa bene perché ricco di Omega 3 però, alle acciughe sotto sale di novembre, il grasso ci dà un sapore più pesante.
Questo grasso di pesce, da un punto di vista alimentare fa bene, perché contiene degli acidi grassi che si mettono in competizione, con i grassi animali, occupandone il posto e facendo abbassare il colesterolo però perde un pochino quel sapore puro di mare e acquista un pochettino più sapore di olio rancido.

Provenienza e qualità

Se si vuole le acciughe del Mar Ligure, freschissime come un tempo, si va a Camogli, alla Cooperativa dei pescatori, verso le cinque del pomeriggio, meglio prenotarle il giorno prima e non fare alcuna discussione sul prezzo, altrimenti le vendono nel giro di cinque minuti, il tempo di pesarle, ad altri clienti. Sono appena pescate, non toccano il ghiaccio, sono ancora vive quando i pescatori arrivano sulla spiaggia e le tolgono dalle reti ancora guizzanti, davanti a vostri occhi. Gli avi le chiamavano, acciughe "vive", commercialmente vengono classificate freschissime.
Altre provenienze rinomante sono le acciughe di Monterosso e quelle della Liguria di Levante in generale. Altrimenti, vengono dal Mar Tirreno, dalla Toscana e talvolta da Marsiglia o dalla Turchia. Le pescano il pomeriggio, la notte viaggiano e si trovano al mattino alle sette, al mercato del pesce di Genova e di altre città italiane. C'è la coda, bisogna svegliarsi prestissimo e spesso si torna a mani vuote. Qualità: pesce fresco.
Se non si vuol smanicare con una levataccia, ci si mette d'accordo col pescivendolo sotto casa, quando si vede che c'è abbondanza, gli si chiede quanto mette una cassetta il giorno dopo, se gliela si ordina. Dice un prezzo, che può essere fino al 50% del prezzo esposto al minuto e può essere conveniente.
Ciò che fa marcire il pesce di mare è l'acqua dolce, quindi nella cassetta del pesce che si acquista non ci deve essere assolutamente ghiaccio. Il pesce può essere conservato in frigo ed essere freddo ma guai se si acquista una cassetta di pesce con dentro ghiaccio tritato, questo pesce venuto a contatto con acqua dolce ghiacciata, marcisce irrimediabilmente, qualsiasi salatura si faccia.

Freschezza del pesce

Il pesce in vendita viene classificato in base alle caratteristiche organolettiche in:
  1. pesce freschissimo, si presenta pelle lucida, che riflette la luce, colorata, specialmente nella pancia si vedono i colori dell’arcobaleno; carni di consistenza gommosa, si lascia piegare con le mani senza rompersi e dopo un po’ di tempo riacquista la posizione originale; occhio limpido e trasparente, tale che guardando attraverso l’occhio si vede il fondo dell’occhio; branche rosse, ancora piene di sangue.
  2. pesce fresco, la pelle è opaca, non riflette più la luce, il colore è grigio acciaio uniforme; carni di consistenza lignea, se si piega si rompe; occhio opaco lattiginoso, non si vede più il fondo; branche esangui, biancastre o rosate.
  3. pesce marcio, la pelle è disidratata, screpolata; le carni sono di nuovo molli e si sfaldano prendendolo in mano; l’occhio è decisamente bianco; le branche decisamente bianche.
Attualmente (2000), si sono visti dei documentari in cui il pesce viene manipolato in betoniere contenenti acqua salata, antibiotici e altri prodotti antifungini. Queste manipolazioni sono illegali ma purtroppo incontrollabili e rendono il pesce così trattato simile al pesce fresco per un numero di giorni tale che se non fosse così trattato sarebbe decisamente marcio. In linea di massima gli animali questa roba non la mangiano e quindi se si hanno dubbi basta far assaggiare al gatto e vedere le sue reazioni. Il gatto è un buon assaggiatore di cibi in generale e le carni che rifiuta, fino a prova contraria, sono da evitare. Il gatto è vorace di pesce freschissimo e fresco, mangia di gusto anche pesce congelato di buona qualità, mangia pesce in scatola ma il gatto mangia molto ma molto meno pesce trattato con acqua e sale e rifiuta sia il pesce marcio che quello trattato con antibiotici.
Negli anni 1960, si andava a colpo sicuro all’ultima Luna di maggio alle cinque del mattino a Prà (Genova), appena tornavano i pescatori, dove molte persone lo preparavano sulla spiaggia e lo sciacquavano nell’acqua di mare, altri lo portavano a casa e lo preparavano in mattinata, senza sciacquarlo, che l’acqua dolce lo fa marcire. Qualità: freschissimo.
Dopo che hanno buttato in mare un chilometro di terra, per costruire il porto, le acciughe che migravano davanti a Prà, il primo anno, sono spiaggiate: hanno raccontato che le acciughe si buttavano sulla spiaggia come un'onda e le hanno prese con le mani. Negli anni successivi sono scomparse, a Prà non si sono più prese acciughe e le portavano da Genova con un camion frigo.
Chi ha mancanza di tempo, può comprarlo a cinque chili per volta, a 4 euro al chilo (1992), al mercato comunale Orientale di Genova, nel quale c'è abbondanza fino alla chiusura serale e al mercato comunale di Terralba, nel quale al pomeriggio si esauriscono le scorte o di Sampierdarena, nel quale a mezzogiorno non c'è più niente. Questo pesce comprato alla spicciolata, si mette giù in diversi giorni successivi, salando solo il pesce con le dimensioni più grosse e consumando subito il pesce più piccolo. Se costa di più, non se ne fa niente, perché diventa conveniente quello in scatola. Qualità: fresco.
Comunque, se si ha pazienza di andarci, azzeccare il giorno giusto, ossia andarci quasi tutte le mattine per una settimana, quando c'è la luna e il caldo, al Mercato del pesce di Genova, si può trovare una cassetta da 10 chili di acciughe, freschissime a 12, 15 euro. Bisogna stare attenti che se il prezzo è troppo basso vuole dire che danno una cassetta da 8 chili, a meno di 10 euro. Insomma bisogna chiedere se le cassette sono da otto o da dieci chili. Ricordarsi di andare al mercato con uno o due grossi catini di plastica alimentare o predisporre un sistema di sacchi di plastica, per non bagnare l'auto, altrimenti poi puzza per tutta la stagione. Qualità, fresco.
Il pescivendolo non tiene mai le acciughe in frigorifero, per venderle il giorno dopo, gli avanzi di acciughe il pescivendolo le sala nel pomeriggio stesso e poi vende le arbanelle a circa 30-35 euro l'arbarella di grossezza piccola, tenendo conto del costo dell'arbarella che rimane in casa, è un prezzo del tutto ragionevole e per bassi consumi forse concorrenziale. Queste arbanelle piene di pesce, in Liguria, si trovano un po’ dappertutto, da Agosto a Dicembre.

Pulizia del pesce

Ciò che fa marcire il pesce di mare è l'acqua dolce e le interiora che hanno un'alta carica batterica. Quindi assolutamente non bagnare con acqua dolce in nessuna fase della preparazione, le mani o il pesce o le arbanelle, assolutamente mai risciacquare il pesce con acqua dolce.
Tutto deve essere perfettamente asciutto, anche il lavandino dove si tolgono le teste e si appoggia il pesce, va asciugato preventivamente con uno straccio. Se ogni tanto si lavano le mani è meglio farlo nel bagno per non schizzare acqua dolce nei dintorni delle arbanelle. Poi le mani bisogna asciugarle perfettamente, con uno straccio adatto che si impuzzirà di pesce e alla fine va lavato subito. Gli schizzi di acqua dolce dentro un'arbanella provocano delle macchie di muffa, facendo imputridire localmente la preparazione.
La prima operazione è togliere eventuali squame dal pesce, le acciughe hanno poche squame e vanno tolte con le mani. Si prende un'acciuga e tenendola con una mano per la coda, si portano via le squame passando delicatamente le dita del'altra mano sul dorso e sulla pancia del pesce. Non togliere le squame implica che quando si salano, le squame si induriscono e si attaccano alla carne in modo irreversibile; di conseguenza quando si desalano la carne attaccata alle squame viene perduta, riducendo notevolmente la parte edule.
La seconda operazione è togliere la testa e le interiora. Si toglie la testa, spezzando il pesce con le mani a livello delle branchie e si tira. In questo modo, vengono via anche le interiora. Per essere sicuri che le interiora siano completamente pulite, si passa l'indice all'interno della pancia del pesce, aprendola e togliendo eventuali residui. Comunque se nella fretta rimane, l'ultimo filo di interiora del pesce attaccato, il sale poi lo sterilizza e non è quello che fa deteriorare il pesce o il sapore. Si pulisce così circa settanta ottanta pesci, cioè un vassoio, sono 2 chili con la testa e 1,4 chili senza testa e si riempie subito un’arbarella.
Le teste invece che strappate, possono essere tagliate con abilità.
Si prende un tagliere di legno e il coltello da cucina a punta.
Si appoggia la punta del coltello sul tagliere con la mano destra, con la sinistra si prende la coda di una acciuga e si appoggia il pesce sul tagliere. Si appoggia la punta del coltello sul tagliere, al di là della testa del pesce e si schiaccia lievemente, fino a tagliare la lisca, non di più e poi rimanendo con la destra fermi così, si tira la coda, strappando il corpo dalla testa che è trattenuta dal coltello. In questo modo le interiora rimangono attaccate alla testa e ci si ritrova con una acciuga bell'è pulita, nella mano sinistra che la lancia nel vassoio e si dà un colpo di coltello alla testa con le interiora che rotolano di fianco sul lavandino. Con un po' di esperienza, questa procedura forse è un po' più veloce, perché non prevede il ripasso nel ventre. Se si taglia la testa troppo in profondità, le interiora rimangono dentro, in questo caso è meglio non interrompere e sporcarsi le mani di sangue ma si destina il pesce in un piatto diverso, di pesce da ripassare con una ditata nel ventre. Oppure si può dare una coltellata di taglio al ventre, tagliando via le interiora, però in questo caso viene portata via un po' di carne. Dare una coltellata di punta nel ventre aprendolo completamente non risolve il problema di portare via le interiora che rimangono adese al dorso e inoltre è pericoloso, perché si perde il controllo della punta che può bucare le mani.
Un tempo (1950-1960) si salava il pesce sulla spiaggia, al mattino presto, dove arrivavano le barche dei pescatori, verso le ore cinque, sei. Le persone, dopo aver tolto le teste ad una cassetta intera di pesce, dato che a questo punto il pesce era un po' sporco di sangue, lavavano il pesce nell'acqua di mare, immergendo la cassetta di pesce a fior d'acqua e scrollandola un po'. A casa, se proprio si vuol lavare il pesce, bisognerebbe lavarlo con una salamoia di sale da cucina sciogliendo per ogni litro di acqua, a temperatura ambiente, 360 grammi di cloruro di sodio, oppure portarsi a casa una tanica da 20 litri di acqua di mare, pulita. Non lavare il pesce non comporta problemi, perché il sale disinfetta tutto e la salamoia stessa che si forma, lava il pesce.

Procedimento salatura

Ogni arbarella piccola porta circa un chilo e mezzo, due di pesce e necessita di un chilo di sale grosso.
Si cosparge il fondo di un arbarella con un pugnetto di sale grosso, due cucchiai da cucina e poi si dispongono i pesci, in una fila da 12-14 pesci disposti testa-coda, con due o quattro pesci ai lati per riempire lo spazio rotondo che avanza ai lati della fila.
Poi si butta il solito pugno di sale sullo strato di acciughe, non c'è bisogno di metterci un centimetro di sale, come c’è scritto sui libri, non succede nulla se la carne del pesce di due strati si toccano, l’importante è non lasciare grosse bolle.
Diciamo che ci deve essere abbastanza sale da riempire i buchi fra i pesci e un lieve eccesso sopra, tale da ricoprire appena i pesci sottostanti. Se rimangono dei punti senza sale, lì si possono formare delle bolle d'aria che è meglio evitare, perciò ogni strato che si fa, si scuote un po' l'arbarella per far sistemare meglio pesci e il sale ed eventualmente aggiungere sale dove manca.
In croce si fa un altro strato, ossia se si è fatta una fila dall'avanti verso di sè, lo strato successivo lo si fa da destra a sinistra. E lo strato successivo lo si fa di nuovo dall'avanti verso di sè.
Si va avanti così, per 5-6-7 strati finché non si riempie l'arbarella fino a 2 cm dal bordo.
Allora si riempie di due centimetri di sale fino all'orlo.
Si mette una pietra piatta, o una plastichetta o una piattina di vetro, addirittura se non si ha altro un piattino da caffè che sia abbastanza largo e piatto e sopra un peso di 1-2 chili, di forma cilindrica, che non si incastri. Può essere anche un bottiglione da un litro e mezzo due litri di vino, ben pulito sul fondo e senza etichetta, si trovano cilindri di pietra da carotaggio da due tre chili, ma si possono usare impilate le famose piastrelle di ardesia. Deve essere molto pesante e schiacciare il più possibile fino al massimo.
Quando il pesce è schiacciato, durante la prima settimana si possono fare dei rabbocchi di pesce, ossia togliere con un cucchiaio, i due centimetri di sale, conservandoli in un piatto e aggiungere altri due o tre strati, di pesce sia fresco o meglio usando il pesce di un arbarella di servizio che poi, facendo i rabbocchi di 4 arbanelle, rimane vuota. E poi si ricopre di nuovo col sale che si era tolto. Però è un lavoro in più ed è sempre un rimaneggiamento di per sé pericoloso.

Tempi di uso e conservazione

Il pesce così salato, schiacciandosi al massimo, perde i propri liquidi interni e diminuisce di volume. L’arbarella deve essere posta su di un piatto perché trabocca salamoia. La salamoia non va buttata via, perché serve per fare eventuali rabbocchi di liquido salato, che non deve mai mancare. L’arbarella deve essere lasciata col pesce così schiacciato, al buio e aperta all'aria, per circa due mesi. Il minimo è un mese e dopo un mese lo si può già mangiare ma in genere si lascia così due mesi. Si possono formare delle bolle che è meglio evitare e far uscire scuotendo l'arbarella con un movimento come quando si setaccia la farina. Se le bolle sono piccole non succede niente ma se sono lunghe come un pesce sono punti a rischio e bisogna andare a riempirle di sale.
Dopo due mesi, l'arbarella può essere chiusa per fare evaporare meno il liquido ma comunque il pesce deve rimanere sempre schiacciato, ricoperto di sale e di salamoia; ora basta anche una pietra del mare piatta e rotonda da mezzo chilo appoggiata sul vetro oppure la famosa piastrella ideale di ardesia che fa da tappo e da vetro. Soprattutto deve essere rabboccato se il liquido evapora, con una salamoia preparata al momento di acqua e sale, in soluzione satura. Mai e poi mai lasciare la superficie del pesce asciutta. Per saturare la salamoia, si fa sciogliere due cucchiai di sale grosso, a caldo in un bicchiere d'acqua, e si continua ad aggiungere sale finché l’ultima cucchiaiata rimane indisciolta sul fondo. Poi si lascia raffreddare e si aggiunge al bisogno. Per due mesi lo si deve curare che non si asciughi. Solo durante le estati molto calda succede di dover fare delle aggiunte di salamoia, di solito va tutto bene così, però lo si deve curare, perché se lo lascia in una zona ventilata, se il liquido evapora, dopo una settimana va tutto a male, marcisce. Comunque in qualsiasi momento rimanga senz'acqua, bisogna innanzitutto controllare che non ci siano muffe e che non si senta odore di putrido. Se si vede muffe, specialmente rosa o verdi, con un minimo odore non buono, anche se si toglie due o tre strati sopra e sotto sembra buono, è meglio non fidarsi ed è necessario buttare via tutto.

Dissalatura e consumo

Le acciughe sotto sale durano anche due o tre anni, però più il tempo passa e più il sale corrode la carne, per cui dopo un anno ponendo le acciughe in acqua corrente rimangono integre; desalando le acciughe dopo due anni, le parti più sottili della pancia si sfanno nell’acqua. Desalando dopo tre anni, dell’acciuga originale rimane sempre meno, perché l’acciuga si scioglie nell’acqua.
Aprendo il coperchio, viene su un'ondata dall'odore di mare. Si toglie il pesce dal sale, facendo attenzione di non bagnare assolutamente con acqua dolce il pesce restante, la salamoia, l'arbarella, il tappo o il coperchio. La dove cadono gocce d'acqua dolce, per esempio sulla piastra o sul peso, si crea una zona non salata che fa la muffa. Se la muffa rimane così confinata la si toglie mentre è piccola ma se dilaga, poi non da più fiducia. Per desalare il pesce lo si lascia in acqua corrente una o due ore, la dissalatura va a gusto e stagione, d’estate è meglio consumarlo più salato e d’inverno più insipido.
La salinità della carne conservata del pesce varia a seconda delle ore che lo si lascia a bagno, nell'acqua corrente. Se lo si lascia nell'acqua corrente 4 ore o più, alla fine si hanno delle carni assolutamente insipide e se non le si consuma subito, vanno a male. Se lo si bagna appena e lo si asciuga subito, lasciandogli tutto il suo sale, dura parecchi giorni sott'olio in frigo. In campagna, ci tolgono il sale più grosso sbattendolo, senza lavarlo e mettono il pesce sott'olio così com'è, consumandolo tutto l'anno abbastanza salato.
Lo si pulisce, si apre e si toglie la lisca. Per togliere la lisca più facilmente, farlo sotto il rubinetto lasciando scorrere sopra un filo di acqua dolce che facilita lo stacco della lisca dalla carne, specie se il pesce era molto fresco. Lo si lascia asciugare su un tagliere di legno o lo si asciuga in un panno o nella carta assorbente, tovagliolini di carta e simili. Lo si lascia nell'olio un paio d'ore, di solito nel frigo ma non è necessario mantenerlo freddo, nel suo contenitore di vetro. Si consuma servendolo dal suo contenitore di vetro in un piatto, su crostini di pane tostato, imburrato con burro o margarina.
Se lo si usa al volo sulla pizza, non c’è bisogno di asciugarlo e immergerlo nell’olio. Si può mettere nell'insalata con le uova sode.
Ghiotto è preparare un battuto d’aglio e capperi e mettendo un paio di acciughe intere su una fetta di peperone, con dentro un velo d’olio, che si cuoce al forno.
Con le acciughe desalate si preparano pure vari tipi di pasta d’acciuga da spalmare su crostini di pane. La pasta d’acciuga più comune è pura e semplice, battitura delle acciughe in un mortaio. Altrimenti si possono aggiungere a questa pasta d’acciughe di base, il rosso sodo di uova, con capperi e mollica acetosa di pane, che si dice abbia proprietà afrodisiache.
L'acciuga desalata si può friggere, come il baccalà desalato, invece che nella pastella, l'acciuga desalata va inserita in una frittella (frisceu in genovese o crispeddi in siciliano) che si fa lievitare. Fritta da sola è troppo piccola, risultano degli stecchini secchi come grissini.
Forse, si potrebbero mettere le acciughe desalate sotto limone e olio, come si fa con le alici fresche. Gli avi ci mettevano l'aglio.
Il gusto di salato giusto, dovrebbe essere quello dell'acciuga fresca, dargli il giusto salato va a proprio gusto.

Esperimenti

Dopo diversi anni che si mette il pesce sotto sale con successo e si ha esperienza di tutte le fasi e dei trucchi, si può incominciare a pensare, se si può fare di più:
  1. esperimento pesce esangue, (la prima volta, si consiglia di farlo su di una arbarella sola).
    I primi due chili di pesce che si pulisce, invece di metterli subito nell'arbarella, si mettono sul lavandino da parte e si lascia scolare completamente il sangue che viene buttato. Intanto si mette sotto sale le altre 4 arbanelle.
    Alla fine della mattinata, si mette sotto sale i pesci così dissanguati e trattati sempre allo stesso modo. Al momento del consumo si vedrà che le carni sono quasi bianche. Il sapore è più leggero e più fine.
  2. esperimento sale fino, (sconsigliabile).
    Usando il sale fino le acciughe vengono così salate ma così salate, che il salato non lo si toglie nemmeno in una giornata a bagno nell'acqua dolce corrente.
  3. esperimento con le sarde, (da provare).
    Invece che le acciughe mettere sotto sale le sarde. Costano niente, tipo 2 euro (2002), la cassetta da 10 chili.
    Le sarde non sono saporite come le acciughe e producono comunque un olio rancido. Forse come pesce bisognerebbe imbroccare la salacca. Le salacche vengono dalla Sardegna e le vendono per sarde, però sono più magre e filate, si vede che sono diverse, sono sardine un po' strane e sono meglio da salare, infatti si trovano anche al supermercato. Le sarde si possono preparare da regalare, piacciano; a volte in commercio si trovano le sarde sotto sale, fatte passare per acciughe ma solo gli intenditori se ne accorgono.
  4. esperimento cambio della salamoia (sconsigliabile).
    Meglio non sostituire la salamoia del pesce con una salamoia d'acqua e sale, come qualcuno fa. Va tutto bene ma perde tutto il suo gusto di mare.
  5. utilizzo della salamoia, dalla lavorazione avanzano circa 6 etti fra teste e interiora ogni chilo di pesce acquistato e ci si chiede se non siano utilizzabili. Così si scopre il garum, una antica salsa romana, fatta con interiora salate e fermentate al sole con aggiunta di pesce e piccoli pezzi di pesce. Farla in casa richiama nuguli di mosche e non si è mai sicuri se il liquamen sia commestibile oppure no, tanto che questa salsa è caduta in disuso. A Cetara, in Campania, usano una salamoia trattata, per condire pietanze.

 
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