Cucina della Cornovaglia

0 commenti

Risultati immagini per Cucina della Cornovaglia


La cucina della Cornovaglia è la cucina della regione inglese di Cornovaglia. Fu fortemente influenzata dalla geografia della contea come dalla sua storia. Essendo la Cornovaglia una penisola circondata dai mari storicamente ha una grande tradizione di piatti a base di pesce. Il settore della pesca ha giocato un ruolo di primo piano nell'economia della contea. Il piatto per antonomasia della Cornovaglia, il pasty affonda le sue radici in un altro settore industriale storico per la regione, il settore estrattivo.
La Cornovaglia fu influenzata dalla cucina britannica, e ha similarità con la cucina del Devon.
Ad alcuni piatti della Cornovaglia, per legge dell'Unione Europea è stato garantito lo status di protezione geografica, facendo in modo che solo certi prodotti possano essere etichettati e venduti come "della Cornovaglia".
Il festival del cibo e delle bevande di Cornovaglia promuove questa cucina.
In questa cucina viene usata anche la carne derivata da selvaggina.

Pilaf

0 commenti

Risultati immagini per Pilaf


Il pilaf è un sistema di cottura del riso attraverso cui si ottiene un composto con chicchi sgranati. Il termine "pílaf" (o "pilàf) è preso dal turco pilâv, a sua volta derivato dal persiano pilau.
La ricetta tradizionale prevede la cottura al forno del riso in casseruola coperta, mediante l'aggiunta di una quantità limitata di brodo e preventivamente insaporito con rosolatura in burro e cipolla tritata. Molti sono i modi di insaporire il riso nelle varie regioni in cui si cucina questo piatto, principalmente in India e Medio Oriente, come per esempio l'aggiunta di chiodi di garofano o di cannella. L'uso comune del riso di qualità basmati indica chiaramente l'origine indiana del piatto.
Nei paesi arabi o indiani è generalmente servito come contorno o base a cui aggiungere pezzetti di carne o pesce. Nella cucina occidentale il riso pilaf viene utilizzato come piatto leggero, soprattutto in caso di dieta.

Pastırma

0 commenti

Risultati immagini per Pastırma



Il Pastırma (turco) , noto anche come pastirma, pastourma, bastirma o basturma è un manzo stagionato essiccato all'aria, parte della tradizione culinaria dei paesi dell'ex Impero ottomano.

Cassatella

0 commenti

Risultati immagini per Cassatella


Le cassatelle (cassateddi in dialetto siciliano) o ravioli dolci, sono dolci tipici della gastronomia siciliana, originari della cittadina di Calatafimi, in provincia di Trapani, intorno al 1700, in occasione delle festività pasquali e di carnevale. Sono oggi diffusi in gran parte della Sicilia occidentale.
In determinate aree del trapanese sono denominate in altri modi, come ad esempio cappidduzzi a Marsala o raviola a Mazara del Vallo.

Caratteristiche

Sono una sorta di grandi ravioli dolci, al cui interno vi è un impasto di ricotta di pecora, zucchero, un pizzico di cannella e gocce di cioccolato, che vengono fritte per immersione nell'olio bollente. Per la pasta si usa farina di grano duro, zucchero, olio d'oliva, una goccia di vino Marsala e una grattugiata di scorza di limone.
È una produzione tipica siciliana, come tale è stata ufficialmente riconosciuta e inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf), su proposta della Regione Siciliana.

Versione salata

Nella cucina trapanese, in particolare nell'agro ericino (Erice, Valderice, Custonaci San Vito Lo Capo e Buseto Palizzolo) viene preparata come primo piatto, cucinata con il brodo di carne o pesce, ma anche condita con un ragù di carne. La pasta viene farcita con ricotta, prezzemolo e un pizzico di sale (senza zucchero) e poi bollita.

Altre varianti

Sono denominate Cassateddi anche prodotti dolciari completamente differenti, di pasta frolla, come le cassateddi di ficu (ripiene con un impasto di fichi, dette cuddureddi nel dialetto castellammarese e alcamese,tranne a casa di Vito Fazzino, buccellati nel dialetto palermitano), o la Cassatella di Agira, con dentro un impasto di cacao e mandorle. Esiste anche una versione chiamata raviola nissena tipico dolce fritto tipo sfogliata di Caltanissetta.
Esiste anche una variante con ripieno di pasta di ceci. I legumi vengono fatti bollire e poi passati ancora caldi in un setaccio o addirittura nel passa pomidoro per creare una pasta, alla quale viene aggiunto lo zucchero ed il vino cotto e per l'appunto usata come ripieno per le cassatelle. Variante tradizionalmente dell'entroterra ennese.

Acarajé

0 commenti

Risultati immagini per Acarajé


L'Acarajé è un piatto tipico della cucina afro-brasiliana, composto da una pasta di fagioli del tipo feijão-fradinho (Vigna unguiculata, il nostro fagiolo bruno con occhio nero), cipolla e sale, fritta nell'olio di dendê, una palma del Nord-Est del Brasile. Una volta fritta, la pasta acquista consistenza ed è generalmente riempita o accompagnata da peperoncino, gamberi, vatapá, caruru, insalata. Il suo uso è principalmente nella regione del Nord-Est del Brasile, in particolare nello Stato di Bahia, dove è costume friggerlo e imbottirlo per strada, e mangiarlo quindi sul posto.
La bancarella dove la baiana espone i suoi prodotti è chiamato tabuleiro da baiana. L'acarajé è venduto dalle baiane nell'abito tradizionale di colore bianco. A Salvador da Bahia l'attività è regolamentata da un decreto municipale.
In Africa è chiamato àkàrà che significa palla di fuoco, dove je ha il significato di "mangiare". In Brasile le parole si unirono formando la parola, acara-je, ossia, "mangiare la palla di fuoco".

Acarajé degli orixá

L'acarajé è un piatto rituale nella religione afro-brasiliana denominata candomblé: è il cibo rituale dell'orixá Iansã, divinità dei venti e delle tempeste.
La sua origine è legata al mito della relazione tra la divinità Xangô e le sue due spose Oxum e Iansã. Il cibo divenne così un'offerta propiziatoria a questi orixás.
Nonostante sia venduto nelle strade in un contesto "profano", l'acarajé viene ancora considerato, dalle baiane adepte del candomblé, un cibo sacro agli dei. Per questo motivo, la sua ricetta, benché non sia segreta, non può essere modificata, e può essere preparata solo dal "clero" del candomblé, i cosiddetti filhos-de-santo.
L'acarajé è preparato con un fagiolo chiamato feijão-fradinho, che è pestato su una pietra in pezzi grandi e posto a bagnomaria affinché la buccia si stacchi. Una volta sbucciato, viene tritato per raggiungere una consistenza finissima. Si aggiungono quindi cipolla tritata e un po' di sale.
Il segreto per un acarajé di pasta morbida è il tempo dedicato alla battitura della pasta. Questa raggiunge la consistenza ideale quando assume la consistenza di una spuma. Per la frittura si usa un padellone con olio di dendê molto caldo o, in alternativa, un olio vegetale dolce.
Il primo acarajé viene sempre offerto all'orixá Exu, la prima divinità nella gerarchia del candomblé. A seguire gli altri acarajé vengono offerti agli altri orixá.
Forme particolari hanno gli acarajé offerti a Iansã, della grandezza di un piatto da tavola, è rotondo e ornato da nove gamberi affumicati e circondato da nove piccoli acarajé (simboli dei nove pianeti); e a Xangô, di forma ovale come la tartaruga, il suo animale preferito, circondato da sei o dodici piccoli acarajé.

Abará

L'acarajé è simile ad un altro piatto della cucina baiana, l'abará: mentre l'acarajé è fritto, l'abará è cotto al vapore e meno calorico.

Zeppola

0 commenti

Risultati immagini per Zeppola



Il nome di zeppola indica vari tipi di dolci italiani, di diversa origine e ricetta. Tutte le zeppole, comunque possono rientrare in due grandi gruppi:
  • zeppole preparate in occasione della festa di San Giuseppe
  • zeppole preparate durante il periodo di Carnevale; in questo caso sono dunque un tipico dolce carnevalesco.

Zeppole legate alla festa di San Giuseppe
La "zeppola di San Giuseppe" (chiamata 'a zeppola , zéppele o "sfinci") è un dolce tipico della tradizione pasticcera campana, preparato con modalità leggermente diverse nelle varie regioni dell'Italia meridionale. Il nome deriva dal fatto che in alcune regioni dell'Italia meridionale centro-meridionale è un dolce tipico della festa di San Giuseppe.
Da notare inoltre che in Campania, in particolare nel Cilento, sono chiamate confidenzialmente "zeppole" anche dei dolci natalizi, il cui nome più appropriato sarebbe scauratielli, composti di acqua, olio e farina a forma di nodo e guarniti con il miele sciolto.
Le zeppole di San Giuseppe sono molto popolari nella zona vesuviana e un tempo erano preparate direttamente nelle strade. Malgrado il nome, non traggono le proprie origini nel comune di San Giuseppe Vesuviano: ci sono varie ipotesi sull'invenzione di questo dolce, riferita sia alle suore di San Gregorio Armeno sia a quelle della Croce di Lucca, sia a quelle dello Splendore, sempre comunque a Napoli. La prima ricetta scritta risale al 1837, nel trattato di cucina napoletana di Ippolito Cavalcanti.
Vengono preparate generalmente nel periodo di San Giuseppe (19 marzo) tanto da essere un dolce tipico della festa del papà. Gli ingredienti principali sono la farina, lo zucchero, le uova, il burro e l'olio d'oliva, la crema pasticcera, una spolverata di zucchero a velo e le amarene sciroppate per la decorazione. Nella tradizione napoletana esistono due varianti di zeppole di San Giuseppe: fritte e al forno. In entrambi i casi le zeppole hanno forma circolare con un foro centrale dal diametro di 2 cm circa e sono guarnite ricoprendole di crema pasticciera con sopra delle amarene sciroppate. Alcune pasticcerie provvedono anche alla farcitura interna della zeppola con tale crema, discostandosi dalla tradizione. Ultimamente si trovano zeppole ripiene di crema gianduia e panna. Infine questo dolce viene sottoposto a una spolverata di zucchero a velo.

Zeppole in friggitoria
A Napoli viene usato il nome zeppola anche per indicare le pastacresciute, specialità delle friggitorie tipiche, molto diverse e salate. In questa versione, talvolta vengono aggiunti ingredienti come alghe di mare, acciughe salate o cicenielli.

Zeppole itrane
A Itri (LT), con il nome di Zeppola di San Giuseppe si indica una piccola frittella di farina, acqua e lievito di birra, lievitata e poi fritta in olio di oliva e successivamente cosparsa di zucchero o miele. Ne esiste anche una variante più elaborata con l'aggiunta nell'impasto di uova e latte. È uno dei piatti tipici del paese preparati in occasione dei Fuochi di San Giuseppe.

Zeppole pugliesi
Le zeppole vengono preparate per la festa di San Giuseppe e in alcuni paesi dove si preparano le tradizionali "Tavole di San Giuseppe" vengono utilizzate come ultima pietanza, per dolce.
Sebbene negli ultimi anni si sia affermato l'uso di friggere la pasta della zeppola anche usando olio di oliva, la vera zeppola pugliese viene fritta nello strutto.
Vengono preparate con acqua, strutto, sale, farina, limone grattugiato e uova, fritte o al forno e decorate con crema pasticcera e crema al cioccolato, oppure due o tre amarene sciroppate. La zeppola fa parte della pasticceria pugliese ed è presente tutto l'anno, con una maggiore produzione nel periodo della festa di San Giuseppe.
Tra le varianti preparate in casa vi sono zeppole intrecciate a forma di "elle" minuscola, fritte e passate ancora calde nello zucchero. Queste zeppole non hanno tipicamente la crema.

Zeppole siciliane
A Catania fanno parte della tradizione le crispelle di riso. Le crispelle, listelli di forma cilindrica lunghi circa 6-8 centimetri, vengono fritte nell'olio bollente e alla fine ricoperte di miele d'arancio e zucchero a velo con cannella.
A pari merito nella Sicilia Occidentale, in particolare a Palermo, si cucina la sfincia.

Zeppole reggine
A Reggio Calabria le zeppole di San Giuseppe (zippuli duci ca' ricotta) sono dei piccoli bignè preparati con farina, zucchero, uova, vanillina e strutto farciti con ricotta, zucchero, cannella, limone grattugiato e zucchero a velo. Esiste inoltre una variante salata, preparata con patate, farina, lievito di birra e acqua. Possono avere forma di ciambella irregolare o contenere al loro interno acciughe dissalate, baccalà, 'nduja e olive a piacimento. Infine vengono fritte in olio bollente.

Zeppole catanzaresi
Nella città di Catanzaro vengono preparate con margarina o strutto, farina, uova, cotte al forno e successivamente riempite con ricotta. Vengono poi farcite con crema e si inserisce in un ricciolo di crema una ciliegina caramellata.

Zeppole molisane
Come nella tradizione napoletana, nel Molise vengono cotte sia al forno sia fritte. All'interno si usa esclusivamente crema pasticciera con l'aggiunta di un cucchiaino di marmellata di amarena o amarene intere come finitura. Una volta venivano vendute a pezzo, piuttosto soddisfacente per dimensione; oggi vengono offerte anche nella versione mignon e vendute a peso.

Zeppole teramane
A Teramo città e nelle vallate attigue, dal Gran Sasso fino al mare, nel giorno di San Giuseppe, è tradizione che il pranzo termini gustando una zeppola di San Giuseppe. La zeppola teramana è una sorta di bignè più grande nella forma, con all'interno della crema pasticciera rigorosamente bianca con l'aggiunta di un'amarena.

Zeppole di Carnevale
In Sardegna, Marche, Umbria, Campania e altre regioni le zeppole sono un dolce carnevalesco.

"Zippole" sarde (tzípulas o frisgiolas)
Le tzípulas o frisgiòlas, il cui nome italianizzato è "zippole" o semplicemente "frittelle", costituiscono un dolce tradizionale del carnevale tipico della Sardegna. La ricetta può variare in diverse parti della Sardegna, ma in linea generale ha come ingredienti fondamentali la farina, il lievito e l'acqua, e come elementi eventuali, in alcune varianti, il latte, le uova, il limone, l'arancio, la mozzarella, le patate e nel sassarese e nel cagliaritano l'acquavite, il mirto o il liquore di anice. Il prodotto si consuma zuccherato o glassato. Un comune dove l'antica tradizione nella preparazione delle tzípulas e ben nota è quello di Narbolia, in provincia di Oristano, nella subregione del Montiferru, dove si tiene ogni anno, nel periodo del carnevale, una sagra dedicata a tale dolce, in cui la degustazione è accompagnata dalla presentazione di altri prodotti locali e da festeggiamenti folkloristici.

Zeppole marchigiane
Le zeppole marchigiane hanno sempre forma di ciambella e non sono mai accompagnate da crema o da amarene. Insieme con arancini, frappe, cicerchiata e castagnole compongono il quintetto dei dolci carnevaleschi marchigiani. All'impasto spesso si aggiunge come aroma rum o anice (spesso presente nei dolci marchigiani) e la buccia di limone grattugiata.

Zeppole di Nocelleto
Sono un tipico dolce di Carnevale conservato e tramandato per tradizione a Nocelleto di Carinola e nei paesi del territorio di Carinola (CE). Le origini di questo dolce non sono certe, potrebbero essere di epoca romana per composizione della pastella di base - anche se alcuni dei principali ingredienti sono stati nel tempo sostituiti, ad esempio il miele con lo zucchero - o potrebbero essere correlate all'episodio attribuito a Papa Gelasio nel V secolo che, per sfamare i pellegrini francesi giunti a Roma per la festa della Candelora, sancì in un certo senso l'origine ufficiale di una "cugina" della zeppola nocelletese, ovvero la crespella o crêpe o pan cake, e la sua diffusione. Sta di fatto che ancora oggi questo particolarissimo e gustosissimo dolce, viene cucinato in tegame in cotto; questo tegame per la sua forma è comunemente chiamato “ruoto” (tradotto in italiano significa teglia rotonda) - ruoto pà 'zeppula - ed ha dimensioni che variano dai 20 ai 30 ai 40 cm di diametro con una serie di forellini concentrici da 1–2 mm nella parte centrale ed è rigorosamente costruito a Cascano (l'antica Gallicanum), rinomata per i laboratori e per le fornaci ove lavorare e cuocere la terracotta (famose le anfore per il trasporto del vino Falerno nell'antica Roma). Il dolce originariamente era considerato il “dolce dei poveri” in quanto costituito da ingredienti semplici come farina, acqua, buccia di limone grattugiato, uova, sale, sugna e farcito da zucchero; a questi ingredienti nella versione attuale sono stati aggiunti, cannella, vaniglia ed anice. Riuscire a preparare, cuocere ed ottenere una zeppola è improbabile se almeno una volta non si è assistito al suo procedimento dal vivo. In particolare la cottura della zeppola avviene in maniera indiretta, per induzione nel “ruoto” di terracotta portato a una specifica temperatura e quindi non per cottura sul fuoco. Il risultato che si ottiene è una sorta di crespella omogeneamente bucherellata come un nido di ape. Una volta solidificato, l'impasto è rimosso dal "ruoto" per guarnirne la superficie con dello zucchero granulare (nelle versioni più moderne anche con marmellata o con crema alla nocciola). Generalmente la zeppola viene mangiata calda e non è tagliata a fette in quanto, viene come da tradizione piacevolmente “strappata” con le mani.


 
  • 1437 International food © 2012 | Designed by Rumah Dijual, in collaboration with Web Hosting , Blogger Templates and WP Themes