Allesse

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Le allesse sono una ricetta tipica della cucina napoletana più povera. Si tratta di castagne sbucciate e lessate con foglie di alloro ed un pizzico di sale, consumate prevalentemente per la prima colazione.
Non vanno confuse con i palluòtte, o palluòttole, che sono sì lessate, ma con tutta la buccia, che talvolta si usava aggiungere in una pentola di allesse.

Usi figurati

Il termine cuoppo allesse (cartoccio di allesse), o anche solamente cuoppo, in napoletano viene usato in senso dispregiativo verso una persona, in particolare ad una donna sgraziata. Analogamente, il termine scampolo d'allesse è stato usato da Roberto De Simone ne La gatta Cenerentola.

Biscotto di Castellammare

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Il biscotto di Castellammare è un prodotto tipico campano, in particolare della zona di Castellammare di Stabia, dove è stato creato nel 1848 dai fratelli Giovanni e Francesco Riccardi, e dove si continua a produrre. Creati con farina, zucchero, pasta lievitata, vanillina, acqua e burro, hanno una tipica forma allungata. Bisogna precisare che esistono diverse ricette per la creazione di questa specialità, anche perché colei che rese famoso questo biscotto, alla sua morte non rivelò a nessuno la ricetta.
Oggi si trovano già confezionati e vengono venduti soprattutto d'estate sulle strade del litorale campano, insieme ai tarallini ricoperti di zucchero, altra specialità tipica stabiese.

Corzetti

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I corzetti o croxetti oppure anche corsetti (in dialetto genovese corzétti, che si pronuncia [kurˈzetti]) sono una pasta tipica della cucina ligure.

Tipologie

Ne esistono due tipi: quelli della val Polcevera (corzetti valpolceveraschi), dalla caratteristica forma a piccolo 8 (otto) e quelli stampati (corzétti stanpæ o corzetti del Levante). Sono detti stampati perché la decorazione di questi piccoli cerchi di pasta a forma di medaglione è ottenuta mediante uno stampino in legno che decora la pasta in modo da "prepararla" ad accogliere meglio il condimento. In alcune botteghe artigianali del centro storico genovese si trova ancora chi fabbrica questi stampi così utili per preparare questa pasta tipica. Parallelemente alla produzione artigianale, esiste anche una produzione industriale dei corzetti che viene normalmente effettuata con macchine raviolatrici.

Storia

I corzetti stampati (“cruxetti“) compaiano nel medioevo, nell'epoca rinascimentale. Le famiglie nobili del tempo pare ordinassero ai loro cuochi di realizzare un tipo di pasta che riportasse il proprio stemma, tutto ciò con lo scopo di rammentare ai commensali l'importanza della loro famiglia e per riaffermare il proprio dominio sul territorio. Le incisioni erano solitamente differenti sulle due parti. Il nome deriva dall'immagine stilizzata di una piccola croce, una crocetta (“cruxetta“) con la quale veniva originariamente decorato un lato di questi medaglioni, da qui il nome “cruxettu“. Nel levante ligure, con la parola “corzetto“ s'intende sia lo stampo di legno che la pasta così incisa.
Tecnicamente i corzetti si presentano come stampi di legno, sono composti da due parti: una che ha la funzione di “timbro” e l'altra di forma cilindrica con una parte incisa e concava, che serve per tagliare la pasta. I tipi di legno generalmente usati sono: pero, melo, faggio o acero.

Ingredienti

Acqua, farina di grano e sale.

Preparazione

Si prepara l'impasto, poi la sfoglia, quindi la si taglia a cerchietti su cui si stampa il disegno dello stampino.
Una volta fatti si lasciano asciugare un po' sulla madia e poi si cuociono.
Sono ottimi conditi con salsa di noci, salsa coi funghi (Tocco de funzi) ed anche con il pesto. Nel Levante Ligure è uso condirli anche con la salsa di pinoli

Riconoscimento

Sia i corsetti valpolceveraschi che quelli del Levante sono stati riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, su proposta della Regione Liguria, come Prodotti agroalimentari tradizionali liguri.

Culurgiones

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I culurgiònes (nome in lingua sarda, detti anche culurgiònis, culurjònes, culurjònis, culirjònis, culunjònis, culinjònis, culurzònes, in italiano culurgiòne o culurgiòni) sono i classici ravioli di Sardegna, conosciuti anche come angiulottus, cioè agnolotti, e quelli a base di patate, pecorino, cipolle e menta sono una specialità culinaria tipica della zona barbaricina dell'Ogliastra, mentre nel resto dell'Isola esistono ricette diverse, come quella di Gallura, che aromatizza il prodotto con scorza di limone o arancia.
Dal 2015 i "Culurgionis d'Ogliastra" sono stati riconosciuti come prodotto IGP.

Varianti

Il piatto, a seconda del paese d'origine, è presente in più varianti:
  • nell'Ogliastra una delle sei Barbagie della provincia di Nuoro e nelle zone interne (tra cui Sadali, al confine con l'Ogliastra, dove si organizza un'interessante Sagra di degustazione nel mese di Agosto) vengono preparati con pasta fresca di semola di grano duro e un ripieno di pecorino sardo (fresco di uno o due giorni, come a Talana, o stagionato come in altri paesi), oppure di patate, aglio e menta come a Gairo e Ulassai, in quest'ultimo paese al posto del pecorino si mette "su fiscidu" un particolare formaggio acido messo in salamoia, (o menta sostituita da "sa nepidedda", nepitella, a Jerzu), chiusi in modo da formare con le dita una piccola spiga, cotti in acqua bollente e conditi con olio d'oliva, di recente col sugo di pomodoro e pecorino grattugiato.
  • La chiusura a spighitta da entrambi i lati è una caratteristica dei paesi di Talana e Urzulei.
  • A Baunei, invece, "us culurgiones" non hanno la forma classica con la chiusura a spiga. Hanno invece una forma simile a quella dei classici ravioli, ma a differenza di questi ultimi sono molto più grandi. La tradizionale chiusura a spiga viene comunque ampiamente utilizzata, ma i culurgiones prodotti in questo modo vengono chiamati "culurgiones cosiusu", cioè "culurgioni cuciti", per differenziarli appunto da quelli classici.
  • I culurzònes della Barbagia di Ollolai, importati sempre dall'Ogliastra, sono ripieni di pecorino fresco e vengono conditi con un sugo di pomodoro e carne di maiale a cubetti, o in alternativa con sugo di pomodoro e salsiccia fresca, il tutto condito da pecorino stagionato grattugiato.
  • nella Sardegna meridionale, e in genere nel Campidano, esistono altre ricette di culurgiones, e il raviolo è preparato con pasta fresca di semola di grano duro con un ripieno di ricotta fresca di pecora o di capra, uovo e zafferano (e l'aggiunta in alcuni casi di pecorino sardo, noce moscata, bietole o spinaci), conditi, dopo la cottura, con sugo di pomodoro fresco, peperoncino e basilico ed una spolverata di grana o parmigiano. A Teulada, invece, si predilige una ricetta più semplice ma non meno gustosa, con un ripieno di formaggio fresco di capra (meno frequente quello di pecora) nei culurgiones (culixionis in teuladino) di forma quadrangolare. Il condimento è solitamente il sugo di pomodoro e una spolverata di formaggio stagionato di capra.

Curiosità

Nel paese di Ulassai, sino agli anni '60, la tradizione voleva che i culurgiònes venissero consumati solo ed esclusivamente il giorno dei morti, "sa di e ir mortos", il 2 novembre.
In tutta l'Ogliastra e nei paesi di Sadali e Esterzili della Barbagia di Seulo, i culurgiònis (culurxiònis oculurgiònis o culingiònis) non sono considerati solo un alimento, ma un dono prezioso, segno di stima, di rispetto ed amicizia. Venivano preparati per ricorrenze particolari come ringraziamento alla fine del raccolto del grano, per ricordare ed onorare i morti, il giorno della commemorazione dei defunti a Novembre, con il grasso ovino ("culurgiòni de ogliu 'e seu"), per festeggiare il carnevale a Febbraio, con lo strutto ("culurgioni de ogliu 'e procu"). Sa spighitta, la tipica chiusura dei culurgiònis, rappresenta il simbolo del grano per propiziare la nuova annata agraria a fine agosto. Secondo la tradizione venivano anche considerati amuleti che proteggevano la famiglia dai lutti.

Beer can chicken

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Il beer can chicken è un piatto statunitense che risulta essere inventato nella Louisiana.
Il singolare metodo di preparazione del beer can chicken, in cui viene inserita una lattina di birra nella cavità addominale di un pollo intero che assume così una postura "seduta" durante la sua cottura, ha spinto molti a soprannominare ironicamente tale piatto chicken on a throne ("pollo su un trono"), beer butt chicken ("pollo con la birra nel sedere"), dancing chicken ("pollo che balla") e drunken chicken (pollo ubriaco).

Preparazione
Il beer can chicken viene preparato inserendo una lattina di birra aperta e parzialmente piena nella cavità inferiore di un pollo che, durante la cottura, viene posto verticalmente sulla griglia o in forno. Durante il processo di cottura la birra evapora, sprigionando umidità nella cavità dell'uccello e conferendo l'aroma della birra alla carne. La posizione eretta dell'animale permette alla carne di sgrassarsi e di cuocere la pelle in modo uniforme. Il pollo può essere marinato e speziato prima della cottura.

Accoglienza
Tale piatto è stato apprezzato da alcuni entusiasti proponenti secondo cui la birra, evaporando, manterrebbe umido il pollo all'interno, mentre il calore secco della griglia renderebbe la pelle croccante. Il cuoco britannico Jamie Oliver afferma che "il vapore della birra crea i risultati più sorprendenti", mentre, secondo lo Houston Press, "quando è ben fatto, l'uccello risultante è umido, succulento e un piacere per la folla." Il quotidiano asserisce anche che il suo sapore sarà ulteriormente migliore se viene "strofinato con aglio, erbe aromatiche, spezie e condimenti" prima della cottura.
Per contro, alcuni hanno messo in discussione la pratica di usare una lattina di birra ritenendola inutile o pericolosa. Secondo Epicurious, il pollo alla birra "potrebbe essere una bufala", in quanto non differirebbe in alcun modo dal normale pollo arrosto e sostiene che la birra non può penetrare ai lati del pollo a causa della lattina di birra inserita al suo interno. Lo stesso quotidiano dichiara che "se l'acqua potesse evaporare, se la birra potesse evaporare, potrebbe entrare in contatto con le spalle del pollo, nulla di più." L'Istituto federale di valutazione dei rischi tedesco sconsiglia di cucinare il pollo usando una lattina di birra in quanto la cottura di quest'ultima favorirebbe il trasferimento dell'inchiostro e altre sostanze tossiche nella carne.

Popeyes' Beer Can Chicken
Nell'ottobre del 2014, la catena di ristoranti Popeyes Louisiana Kitchen ha proposto un beer can chicken in edizione limitata che non presentava birra. Il piatto consisteva in un petto di pollo tagliato a fette, marinato in una miscela di spezie ideata per imitare il sapore del pollo alla birra e successivamente sottoposto a frittura profonda. La miscela era composta da burro, cipolla, aglio, rosmarino, scorza di limone, pepe di Cayenna e un "ingrediente segreto" che la Popeyes Louisiana Kitchen non ha mai rivelato. Il direttore marketing della società ha dichiarato a una fonte di stampa che la società "ha lavorato per anni" al beer can chicken.

Grigliata

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La grigliata (in lingua inglese barbecue, abbreviato come BBQ) è un metodo di cottura secondo il quale cibo, usualmente carne, è posto su una griglia sospesa su fiamma libera o carboni ardenti.

Riferimento

Il termine si può riferire a:
  • i cibi cotti in tal modo;
  • allo strumento usato per la cottura, nei ristoranti vengono di norma usati dei grandi forni in mattone o metallo, disegnati specificatamente per il barbecue;
  • all'evento in sé, ovvero la cottura e la degustazione dei cibi cotti mediante questa tecnica. La grigliata si svolge spesso all'aperto e come fonte di calore vengono spesso usati del legno o del carbone vegetale, del gas propano o della corrente elettrica;
  • per barbecue si può intendere anche un piatto tipico della Carolina del sud, le costolette alla griglia.
Il termine barbecue deriva dallo spagnolo "barbacoa", che a sua volta avrebbe origine caraibica (struttura di rametti su sostegni).

Tecnica

La grigliata, a seconda del metodo di cottura, può essere:
  • Per irraggiamento, o indiretta, dove la cottura è effettuata principalmente ad opera della radiazione infrarossa (calore) emessa dal combustibile, più indirettamente attraverso il fumo e l'aria calda.
Il carbone viene disposto ai lati, o comunque a una certa distanza dalla grata, e molti considerano questo metodo una tecnica specifica dell'affumicatura, mentre negli stati del sud e nel Midwest degli Stati Uniti questo viene considerato il barbecue vero e proprio. Questa tecnica risulta essere lenta, anche 12 ore, e utilizza delle temperature di cottura medio-basse, di circa 100 - 120 °C (infatti è detta "Low & Slow") o dai 120 - 160 °C (cottura indiretta) o > 180 ° (Grilling o cottura diretta). Per favorire l'affumicatura, si impiegano anche dei trucioli umidi di legno di particolari essenze, che vengono fatti bruciare sulle braci roventi per farne sprigionare l'aroma.
  • Per contatto, o diretta, dove si utilizzano delle piastre di vario tipo (ad esempio, le tipiche lose in pietra) o griglie arroventate riscaldate elettricamente o dal carbone/legna. Il cibo da cuocere viene disteso sopra tali elementi. La tecnica risulta essere veloce e utilizza delle temperature di cottura elevate
In altre nazioni, come in Australia e molte parti dell'Europa, per barbecue s'intendono carni sia fritte che grigliate. L'attrezzo utilizzato per cuocere non ha un coperchio.

Assume un ragazzo africano e riceve insulti, ma fuori dal ristorante scrive:"se sei razzista, non entrare"

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Il cartello fuori dal ristorante



Succede a Rimini, alla locanda Malatesta a Montescudo. Il gestore: "ho dovuto farlo, il razzismo è inaccettabile"

Riccardo Lanzafame, da due anni gestore della locanda Malatesta a Montescudo una frazione di Rimini, ha appeso fuori dal ristorante un cartello: "In questo locale abbiamo assunto un ragazzino africano, se sei razzista non entrare".
L'iniziativa è nata da una serie di insulri razzisti che proprio il giovane aiutocuoco, un ragazzo di 20 anni originario del Gambia. "C'è stato chi ha scritto che potevo fare a meno di assumere un africano. Domenica scorsa sono partite le telefonate: mi ordinavano pizze e poi non le venivano a prendere. Dovevo mettere quel cartello, è una questione di dignità, non si può attaccare un ragazzo di colore. È razzismo, e per me è inaccetabile".
Il giovane era stato assunto da poco, con le referenze della scuola alberghiera che frequentava, per aiutare in cucina. "Tanti quando cerco personale, anche italiani, mi dicono di no, rifiutano perché preferiscono la disoccupazione", spiega Riccardo Lanzafame. "Lui è un ragazzo bravissimo, sa fare le pizze. Quando gli ho detto dei commenti si è messo a piangere, non voleva più venire a lavorare, l'abbiamo convinto a restare. Perché questo razzismo? Mi hanno detto: hai un africano? Io non vengo più. Le persone devono farsi un esame di coscienza".

 
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