Al Cappello Rosso

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Al Cappello Rosso è il più antico luogo di accoglienza a Bologna, tuttora esistente.
Sito in Via de Fusari 9, a pochi metri da Piazza Maggiore, Al Cappello Rosso svolge ancora oggi la funzione di albergo e di osteria (nota quest'ultima come Osteria del Cappello).
Numerose leggende sono sorte circa l'origine della locanda del Cappello.
La prima attestazione risale al 1379, in un breve passaggio di un libro redatto dall'Ufficio delle Bollette in cui compare il nome del proprietario e del suo garante economico.
Nel Medioevo, il Cappello era un nome abbastanza diffuso tra le osterie europee essendo uno dei segni distintivi dei pellegrini e dei mercanti, così come la croce, la bilancia e il carro, etc.
L'insegna di questa locanda è tuttavia di chiara matrice ecclesiastica: i fiocchi che caratterizzano il cappello sono riconducibili al galero di un priore o di un vescovo, mentre il colore rosso ricordava ai ministri della fede che per la chiesa dovevano essere disposti a versare il proprio sangue.
Dal 1682, per oltre un secolo, Al Cappello Rosso viene indicato dai numerosi Bandi cittadini come l'unico luogo in cui potessero soggiornare gli ebrei in transito in città, rappresentando un ruolo decisivo nel dialogo tra le due religioni nello Stato Pontificio.
Nel 1712 l'incisore Giuseppe Maria Mitelli inserì l'osteria nel "Giuoco nuovo di tutte le osterie che sono in Bologna". In questo gioco la locanda è raffigurata nella casella 41 da quel caratteristico cappello rosso fioccato che, ancora oggi, ne rappresenta l'insegna, indicato come il luogo in cui si mangiano le migliori pernici. Insieme all'Osteria del Sole è l'unica presente nel gioco ad essere ancora attiva a Bologna.

Quali sono alcuni cibi potenzialmente pericolosi che bisognerebbe evitare assolutamente di mangiare

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Gli esseri umani girano su questo Pianeta da almeno 200.000 anni, ed in tutto questo tempo abbiamo ingerito quasi tutto ciò che credevamo commestibile. In tanti sono morti dopo aver mangiato piante o animali velenosi, solo per assicurarsi che altri non facessero la loro stessa fine.
Pensereste che nel XXI secolo la gente abbia una buona consapevolezza su cosa non dovrebbe mangiare; e ce l'abbiamo. Questo non significa che la gente in alcune parti del mondo non rischi la vita mangiando dei cibi potenzialmente letali.

#1 Anadara granosa


Si corre sempre un rischio quando si tratta di ingerire qualsiasi tipo di animale "filtrante" come le vongole, ma il pericolo aumenta quando si parla delle Anadare granose. In inglese sono anche conosciute con il nome di "Blood clams", a causa dell'alto contenuto di emoglobina nel loro sangue, che lo rende rosso scuro.
Il rischio nasce dal fatto che questi animali hanno la sorprendente abilità di filtrare 40 litri di acqua ogni giorno. Questo è il modo in cui si nutrono, ma allo stesso tempo ingeriscono una moltitudine di batteri e virus, che non sono mai sicuri da mangiare. In zone in cui l'acqua è particolarmente inquinata, mangiare un Anadara granosa può causarti un Epatite A, E, dissenteria e tifo. Si è stimato che il 15% delle persone che mangiano le Blood clams prendano almeno un infezione.

#2 Il Polpo vivo


Sicuramente, molti di voi non hanno in mente di mangiare un polpo ancora vivo, almeno che non siate dei fan sfegatati di Oldboy. In Corea invece è una pietanza molto diffusa, in realtà non viene mangiato ancora vivo ma subito dopo averlo ucciso. I tentacoli continuano a muoversi anche dopo la morte, e quando entrano in contatto con l'olio di sesamo, si dimenano energicamente, facendo sembrare che il polpo sia ancora vivo. è divertente da vedere ma incredibilmente pericoloso da mangiare.
Il problema principale è dovuto alle ventose che continuano ad appiccicarsi mentre i tentacoli si contorcono. Ingerirlo è un'impresa, e mentre alcuni intenditori si eccitano ad avere la sensazione del cibo che gli striscia nella gola, altre persone muoiono perché i tentacoli gli ostruiscono le vie respiratorie. Si stima che almeno 6 persone muoiano ogni anno per provare a mangiare questa pietanza.

#3 Anacardi


Penso che tutti almeno una volta nella vita abbiano mangiato gli anacardi, ma questo non vuol dire che non possano essere dannosi. Quando li compriamo "crudi" al supermercato in realtà sono già stati cucinati. Questo perché contengono una molecola chiamata urusciolo che si trova anche in alcune piante velenose.
Un singolo anacardo non vi ucciderà, ma se ne mangiate abbastanza potrebbero farvi molto male, ed anche uccidervi. Anche se per morire dovreste mangiarne veramente tanti, e sicuramente vi fermereste prima a causa delle irritazioni che sentireste mentre le mangiate, Fortunatamente, basta cuocere gli anacardi al vapore per rimuoverne la tossicità, così da poterli mangiare in modo sicuro.
#4 Hákarl


Credo che nessuno pensi che l'idea di mangiare delle strisce di carne di squalo fermentata sia invitante, ma non si può dire lo stesso per gli Islandesi. il Kæster Hákarl è un piatto tradizione a base di carne e pelle di squalo della Groenlandia. Il problema nell'ingerirlo nasce dal fatto che questo animale non ha ne i reni, ne un tratto urinario. Gli scarti devono comunque andar via, dunque vengono filtrati dalla pelle, che contiene alti livelli di acido urico e ossido di Trietilammina.
Per renderla sicura da ingerire, la carne viene fermentata ed appesa a seccare per sei mesi. Un po di tempo in meno e potresti correre i rischi del mangiare gli scarti di un animale. La morte può avvenire solamente se mangiato non fermentato.

#5 Ackee


Il frutto nazionale della Giamaica non si trova facilmente nei supermercati, dato che contiene una sostanza tossica chiamata Ipoglicina. Ingerendo questo frutto si rischia seriamente la morte o nella migliore dell'ipotesi potresti finire in ospedale. La pericolosità del frutto dovuta ai livelli di Ipoglicina causa vomito, da cui prende il nome la malattia del vomito Giamaicano. Il vomito potrebbe continuare fino a portare alla morte.
Fortunatamente, il frutto può essere ingerito prendendo alcuni accorgimenti. I semi sono sempre tossici e non vanno mai mangiati, ma la polpa può essere gustata in sicurezza. Quando il frutto viene appena raccolto e sbucciato la polpa potrebbe essere contaminata dal seme e causare il vomito giamaicano. Raramente le condizioni diventato gravi, ma le persone possono anche avere le convulsioni, epatite tossica e persino il coma. Ogni anno ci sono un numero di morti consistenti a causa di questo frutto, 29 casi nel 1988 e più di 50 nel 2001.


Biltong

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Il biltong è un alimento tipico della cultura afrikaner sudafricana e diffuso soprattutto in Sudafrica, Zimbabwe e Namibia. È costituito da carne essiccata, marinata, speziata e tagliata a strisce o a pezzetti sottili. Può essere fatto con la carne di manzo o di struzzo, o anche con diversi tipi di selvaggina (per esempio impala, orice, eland o springbok); si può anche usare il pesce, nel qual caso prende il nome di bokkoms. Viene venduto in bustine di plastica ed è considerato più uno snack che un piatto da servire a tavola. La parola "biltong" deriva dall'olandese bil (scamone) e tong (striscia).

Origini

Il biltong nacque nel XVII secolo nella Colonia del Capo (attuale Sudafrica), come evoluzione di una ricetta olandese per la carne tagliata a strisce e marinata con aceto, spezie e sale. La necessità di conservare la carne in un ambiente caldo, e proteggerla dagli insetti, portò a modificare questa ricetta aggiungendo il procedimento dell'essiccazione. Questa idea si diffuse e si sviluppò ulteriormente nel periodo del Grande Trek, in cui i boeri voortrekker che partivano dal Capo di Buona Speranza verso l'interno dovevano portare con sé scorte di cibo per molti giorni di viaggio.

Preparazione

Gli ingredienti tradizionali del biltong sono l'aceto di mele, il sale, il coriandolo, il pepe e lo zucchero. A questi possono essere aggiunti altri sapori, come nitrato di potassio, aceto balsamico, aglio, salsa Worcestershire e cipolla. La carne viene tagliata lungo le venature naturali, in strisce o piccoli pezzi, e marinata per diverse ore prima di essere cosparsa di spezie. Il preparato viene quindi lasciato riposare per qualche ora, e poi messo ad essiccare (tradizionalmente all'aperto, oppure in scatole di cartone o di legno). L'essiccazione deve durare circa 4 giorni. Al termine del procedimento, il biltong assume un colore molto scuro (talvolta quasi nero) e una consistenza molto solida. Per questo motivo, le strisce o i pezzetti devono essere di piccole dimensioni e sottili, in modo che sia possibile masticarli senza fatica.

Distribuzione

Il biltong si trova praticamente in tutti i supermercati e negozi di alimentari del Sudafrica e della Namibia, normalmente con una certa scelta di sapori e di carni. Poiché viene considerato uno snack, non è infrequente trovarlo anche presso i distributori di benzina, nei bar e in luoghi analoghi. Ci sono anche negozi (o chioschi) specializzati nella vendita di biltong.

Diffusione nel mondo

Oltre che in Namibia e in Sudafrica, il biltong è apprezzato nel Regno Unito, nell'Australia e negli Stati Uniti.

El Pollo Loco

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El Pollo Loco è una catena di ristoranti Fast Food in franchise specializzata nel servire piatti a base di pollo grigliato. Ha il suo quartier generale a Costa Mesa, California.
Il termine El pollo Loco in spagnolo significa "Il pollo pazzo".
Il fondatore Juan Francisco Ochoa iniziò aprendo un ristorante a Guasave in Messico nell'anno 1975. Nel 1980 venne aperto il primo ristorante a Los Angeles in California. Nel 1983 i ristoranti americani della catena vennero acquistati da Denny's in accordo con la famiglia Ochoa.
Negli stati uniti la catena di El pollo Loco opera primariamente nel sud ovest ed in California, con tre sedi nell'area di Chicago, quattro nella zona di Atlanta ed una nel Connecticut.
Il 5 maggio 2008 El Pollo Loco ha aperto il suo primo ristorante a Vancouver nello stato di Washington. Il 2 febbraio 2009 El Pollo Loco ha annunciato l'apertura del suo primo ristorante nel New Jersey. Infine altri 15 ristoranti sono pianificati nel nord e centro del new Jersey ed a Long Island, New York.
Il piatto principale è il pollo asado, il pollo marinato e poi grigliato. Sono poi presenti altre specialità messicane come burrito ed insalate.

Ciabatta

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La ciabatta è un classico tipo di pane italiano con un alto contenuto di liquidi almeno il 70% sul peso totale della farina, generalmente senza lipidi, riconoscibile dalla grande alveolatura della mollica, dalla crosta generalmente bruna e dalla sua croccantezza.
Il procedimento di questo pane venne messo a punto ad Adria (in provincia di Rovigo) da Arnaldo Cavallari assieme al già noto panificatore Francesco Favaron. Nel 1982, Cavallari lo registrò come marchio commerciale con il nome di "Ciabatta Italia".
L'impasto è formato in gran parte da biga a cui verrà aggiunta poi nella fase di impastamento una ulteriore quantità di farina.

Preparazione

Dosi per l'impasto:
  • 14,5 kg di biga (10 kg di Farina W 320, 100 grammi di Lievito di Birra Fresco e 4,5 L di acqua impasto lasciato riposare 18—24 ore)
  • 2 kg di farina di rinfresco tipo 0 (w 260)
  • 3,9 L d'acqua (70% sul totale del peso della farina, ma si può arrivare anche all'80% dipende dalla farina utilizzata)
  • 80 g malto
  • 200 g sale
  • 40 g lievito di birra
Impastare bene aggiungendo l'acqua un po' alla volta, e una volta terminato lasciar riposare in mastella per 25 minuti, quindi schiacciare l'impasto per far fuoriuscire l'anidride carbonica e taglia l'impasto delle pezzature desiderate. Una volta terminato di tagliare tutto l'impasto, lasciar lievitare per 40—45 minuti per prodotti con pezzature fino a 200 grammi e circa 1 ora per prodotti fino a 1 kg.
Per pezzature da 70 a 200 g cuocere a 235—240° C per 25/35 minuti a seconda del peso, per prodotti da 1 kg cuocere a 210° C per 1 ora.



Cucina borghese

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La cucina borghese è nata in Francia tra il 1715 e il 1750 come espressione di una cultura gastronomica legata all'emergente nuova classe borghese.
A differenza di una cucina incentrata sulla carne e votata all'occultamento dei sapori naturali (mediante l'utilizzo di frollature, cotture plurime, e forti speziature), la cucina borghese predilige gli alimenti freschi, le salse, le glasse e gli accostamenti oculati.

«Una cucina più semplice e forse anche più dotta [che persegue] un'armonia, per così dire, di tutti i gusti fusi insieme»
(Pierre Brunoy e Guillaume Hyacinthe Bougeant, nella prefazione a Les dons de Comus ou les délices de la table, François Marin)

 

Storia

Tra il 1715 e il 1750 si registra, in Francia, il tramonto di una civiltà gastronomica che resisteva da oltre tre secoli e si assiste al sorgere di un'altra di segno contrario, come documenta Vincent La Chapelle nel suo Cuisinier moderne (1733): «la tavola di un gran signore, se apparecchiata oggi come vent'anni fa, lascerebbe i commensali insoddisfatti».
Nel 1746, con la pubblicazione della Cuisinière bourgeoise di Menon, all'aggettivo "moderno" si accoppia l'aggettivo "borghese". Questo termine era già stato utilizzato in precedenza, ma, mentre prima per cucina borghese si intendeva una cucina di paese o regionale, ora questa si carica di un significato polemico nei confronti della declinante cucina della nobiltà.

Ricezione

Dalla Francia il nuovo verbo culinario dilaga in breve tempo in tutta Europa. L'anonimo Cuoco piemontese perfezionato a Parigi è il primo manuale italiano di cucina moderna e costituisce uno spartiacque fra la trattatistica gastronomica di vecchia e nuova osservanza.
Se nel Cuoco piemontese la lezione d'Oltralpe è dichiarata nel frontespizio, debitori alla Francia sono tutti i ricettari italiani dell'ultimo Settecento e del primo Ottocento: dal Cuoco galante del napoletano Vincenzo Corrado (1773) all’Apicio moderno di Francesco Leonardi (1790); dalla Nuovissima cucina economica di Vincenzo Agnoletti (1814) al Nuovo cuoco milanese economico di Giovan Felice Luraschi (1829). In questi e negli altri ricettari sette-ottocenteschi si contano a decine i piatti denominati "alla borghese": l'espressione non designa una preparazione specifica, ma allude a un tipo di cucina insieme raffinato e sobrio.
Nel 1814, insieme con la Nuovissima cucina economica del romano Vincenzo Agnoletti, è data alle stampe La cucina borghese semplice ed economica di ignoto autore. Qui e altrove l'aggettivo economico – accoppiato di norma agli aggettivi nuovo e moderno, in aggiunta o sostituzione di borghese, di cui è a un dipresso sinonimo – rimanda a un'etica alimentare e culinaria che rifiuta «sprechi, splendori insoliti e stravaganze» (come annota Piero Camporesi a proposito del manuale di Pellegrino Artusi), in nome di una «cucina semplice ma saporita, non fine ma equilibrata, ragionevolmente sana, pratica ed oculata. Improntata a una «morale [...] chiusa in sé stessa, sorda e un poco impietosa», olimpicamente dimentica del dramma della !sottoalimentazione delle masse popolari e anzi dichiaratamente classista («s'intende bene», precisa Pellegrino Artusi, «che io in questo scritto parlo alle classi agiate»), La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene, del 1891 – l'anno dell'enciclica Rerum Novarum e della nascita del Partito Socialista Italiano – costituisce il punto d'approdo della cucina borghese italiana, di cui, di fatto, diverrà presto e resterà a lungo la bibbia.

Caldaro dell'Argentario

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Il caldaro è la zuppa di pesce che i pescatori dell'Argentario preparavano e mangiavano in navigazione durante la cala delle reti a strascico. Prende il nome dalla grossa pentola, nella quale si cucinava al momento, spesso direttamente sugli scogli, il pescato fresco di giornata. Oggi è uno dei piatti tradizionali di Monte Argentario.

 
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