Pasta alla Norma

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La pasta alla Norma (in dialetto siciliano a pasta cu sucu di mulinciani, pasta ca sassa e mulinciani o pasta câ Norma) è un piatto dai sapori tipicamente mediterranei a base di pasta, solitamente maccheroni, condita con pomodoro e con l'aggiunta successiva di melanzane fritte, ricotta salata e basilico.
La ricetta è attribuita alla città di Catania, tant'è che è il piatto simbolo della cucina catanese, sebbene numerose varianti della pasta al sugo preparata con le melanzane erano certamente già diffuse in tutto il meridione prima della nascita ufficiale del piatto catanese.
L'origine della dedica alla Norma, che sembra un esplicito riferimento all'omonima opera di Vincenzo Bellini più che a una generica "norma" nel senso di una preparazione fatta "a puntino", non è certa. Sono almeno due le versioni della storia di questo piatto ritenute più plausibili ma non esistono testimonianze dirette e univoche. Secondo alcuni a dare il nome alla ricetta sarebbe stato il commediografo siciliano Nino Martoglio che davanti ad un piatto di pasta così condito avrebbe esclamato "È una Norma!", ad indicarne la suprema bontà e paragonandola alla celebre opera di Vincenzo Bellini nonostante fossero passati parecchi decenni dall'esordio della stessa.
Secondo altri, a maggior giustificazione della dedica, la ricetta sarebbe stata perfezionata, reinterpretata e messa a punto sulla base della cucina tradizionale da uno chef siciliano proprio in occasione delle celebrazioni per la nuova opera lirica del grande compositore catanese, destinata a diventare in breve tempo una dei suoi maggiori successi nonostante una prima alla Scala di Milano travagliata e tutt'altro che incoraggiante; forse in uno dei tanti ricevimenti a cui fu presente lo stesso Bellini nella sua terra natia visto che è da sempre prassi abbastanza consolidata da parte di chef di grido e organizzatori di eventi omaggiare degli ospiti d'onore illustri con piatti creati ad hoc.
In Sicilia è molto diffusa anche la pizza alla Norma, con gli stessi ingredienti del condimento della pasta.

A questo piatto della tradizione catanese e siciliana è stata dedicata anche una Giornata Nazionale della Pasta alla Norma, il 23 settembre.

Caccavelle

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Le caccavelle (pentole in napoletano) sono un tipo di pasta particolare prodotto dagli artigiani pastai di Gragnano (NA).
Con 50 grammi per pezzo, 9 cm di diametro e 6 di altezza, la caccavella è la pasta più grande del mondo. E grazie alla sua forma la caccavella è ideale per essere farcita in tantissimi modi diversi principalmente a base di salsa di pomodoro, mozzarella, carne trita e ricotta: e una delle ricette più tipiche della Campania sono le caccavelle alla sorrentina.
Solitamente, le caccavelle sono cotte e servite in terrine di terracotta invetriata o pentoline in rame.

Ugali

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L'ugali è un alimento a base di farina di mais e acqua, simile alla polenta e al fufu, che costituisce uno degli elementi principali della dieta della popolazione di molte aree dell'Africa, soprattutto orientale e meridionale. È noto localmente con numerose denominazioni e in numerose varianti: oltre a ugali (usato soprattutto in lingua swahili, Kenya e Tanzania) ci sono per esempio ngima (kikuyu, Kenya), nshima o shima (Zambia), nsima o sima (chichewa, Malawi), sadza (shona, Zimbabwe), isitshwala (ndebele, Zimbabwe), pap (afrikaans, Sudafrica e Namibia), oshifima (Namibia), posho (Uganda). In Nigeria una ricetta molto simile è chiamata akamu dagli Igbo e ogi dagli Yoruba. In genere, queste denominazioni indicavano originariamente un alimento simile a baso di miglio, sorgo o altre colture native; il loro uso è stato poi esteso a indicare la stessa ricetta realizzata col mais, e quest'ultimo significato è andato spesso a sostituire il precedente nell'uso più comune.

Storia

Il mais fu introdotto in Africa in epoca coloniale, fra il XVI e il XVII secolo, e in molte regioni andò a sostituire le coltivazioni di cereali native come il sorgo e il miglio. Il maggior rendimento rispetto a sorgo e miglio contribuì a fare rapidamente del mais uno degli alimenti principali delle popolazioni rurali africane. Molte ricette precedentemente realizzate con farina di sorgo o miglio vennero trasformate sostituendo questi ingredienti con farina di mais (o di altre coltivazioni importate, come la manioca). Anche l'ugali deriva certamente da una ricetta precedente, ma oggi la versione a base di mais è largamente più diffusa.

Preparazione

La preparazione dell'ugali è simile a quella della polenta. La farina di mais viene bollita in acqua fino a formare una poltiglia che viene poi battuta e contemporaneamente addensata con altra farina, fino a ottenere la consistenza desiderata, che come nel caso della polenta può variare a seconda delle tradizioni locali. In molti paesi (per esempio Zambia e Malawi) la preparazione dell'ugali (chiamato nsima o nshima) viene considerata una forma d'arte, e la tecnica per ottenere la consistenza e il sapore considerati ideali viene preservata con cura di generazione in generazione.
L'ugali viene in genere consumato appallottolandolo e intingendolo in salse e contorni a base di carne, pesce, verdure o talvolta arachidi; fra le verdure più usate si possono citare le foglie di zucca o il cavolo. In genere lo si mangia con le mani; una depressione praticata con le dita in una palla di ugali può servire come contenitore in cui versare o raccogliere salse, brodo o altri condimenti.

Baccalà alla Bras

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Il baccalà alla Bras (Bacalhau à Brás) è una ricetta tipica della cucina portoghese e di Macao in cui l'ingrediente principale è il baccalà. Facile da prepararsi è una ricetta molto popolare in quasi tutto il territorio portoghese.
In alcune zone del Portogallo, questo piatto si trova scritto sui menu come bacalhau à Braz, con la zeta finale, dovuto al fatto che l'inventore della ricetta, il proprietario di una taverna del Bairro Alto di nome Braz, scriveva così il suo cognome con una grafia in uso. Nelle zone vicine alla frontiera con la Spagna, si possono incontrare varietà di questa ricetta col nome di bacalhau dourado.

Caratteristiche
Gli ingredienti di questo piatto tipico sono il baccalà sotto sale e l'uovo che si sbatte e si mescola con delle patate fritte tagliate molto fini e cipolla fritta. Quando si serve, si guarnisce con prezzemolo e olive nere.

Piadina romagnola

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La piadina romagnola è un prodotto alimentare composto da una sfoglia di farina di grano, strutto od olio di oliva, bicarbonato o lievito, sale e acqua, che viene tradizionalmente cotta su un piatto di terracotta, detto teglia (teggia in romagnolo), ma oggi più comunemente viene cotta su piastre di metallo oppure su lastre di pietra refrattaria chiamate testi (tëst in dialetto). È, per dirla con Giovanni Pascoli, «il pane, anzi il cibo nazionale dei Romagnoli»: in realtà, lo era innanzitutto per i più poveri. Nella Romagna interna si prepara leggermente più spessa, mentre sulla costa, ad esempio nel riminese, è tirata più sottile.
Con il Regolamento 1174 del 24 ottobre 2014, pubblicato in data 4 novembre 2014 sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea è stata registrata come Indicazione geografica protetta la piadina romagnola / piada romagnola anche nella variante "alla Riminese". Il marchio IGP è il risultato di oltre dieci anni di battaglie del Consorzio di tutela e promozione della piadina romagnola, fondato da quattordici produttori in rappresentanza di tutto il territorio interessato.

Origini

Diverse sono le ipotesi sull'origine della piadina e sulla sua forma e impasto originale. Fin dagli antichi Romani ci sono tracce di questa forma di pane. La prima testimonianza scritta della piadina risale all'anno 1371. Nella Descriptio Romandiolae, il cardinal legato Anglico de Grimoard, ne fissa per la prima volta la ricetta: "Si fa con farina di grano intrisa d'acqua e condita con sale. Si può impastare anche con il latte e condire con un po' di strutto". I prodromi dell'odierna piada possono essere individuati anche in una focaccia a base di farina di ghianda ed altre farine povere in uso in tempi antichi nel territorio del Montefeltro.

Etimologia

Piada (localmente piê, pièda, pìda, pjida), da cui il diminutivo piadina, deriva da un termine italiano settentrionale piàdena "vaso", dal latino medievale plàdena o plàtena, da plathana, a sua volta dal greco πλάθανον pláthanon "piatto lungo, teglia". La parola piada è attestata fin dal XVI secolo (Bembo, col significato di "piattello"): si tratta di un grecismo di probabile derivazione bizantina (attraverso l'esarcato), assente nei dialetti greci dell'Italia meridionale, in greco moderno sostituito da πλαστήρι plastíri (cfr. bovese plastiri o plastrili).

Usi comuni

Può essere mangiata come surrogato del pane per accompagnare varie pietanze nel corso del pasto.

Piadina farcita

Più spesso però viene piegata a metà e farcita in vario modo: con pezzi di salsiccia cotti alla brace o alla piastra e cipolla; con affettati vari di suino; con la porchetta; con rucola e squacquerone; con erbette o verdure gratinate; con crema gianduia, confetture o Nutella.

Crescione, cassone o calzone

Il crescione, cassone, cascione o calzone (in romagnolo carson o casòun) è una tipica preparazione basata sulla piadina dove la sfoglia viene farcita, ripiegata e chiusa prima della cottura. La farcitura di erba crescione, che ora è difficile da trovare ma un tempo abbondava lungo i fossati, ne darebbe il nome: questa erba - di per sé già saporita - poteva venire ulteriormente insaporita con aglio, cipolla, o scalogno. Questa usanza deriverebbe dal largo uso che si è sempre fatto nella cucina romagnola di erbe (compresa la "bietola", ovvero le foglie della barbabietola che si raccoglievano per diradarne la coltura)
Oggi le farciture più comuni, con variazioni da luogo a luogo, sono: alle erbe, chiamato anche 'crescione verde', (può trattarsi di spinaci e/o bietole, e nel riminese anche 'rosole' (papaveri) macerate nel sale), con o senza ricotta e formaggio grattugiato; con una base di mozzarella e pomodoro abbinata o meno con salumi, e chiamato anche 'rosso'; con zucca e patate, spesso arricchite di salsiccia o pancetta.
Nella città di Imola è chiamato "calzone".

La piadina della Madonna del Fuoco

A Forlì, in occasione della festa della Madonna del Fuoco, patrona della città, è tradizione preparare una versione dolce, festiva, della piadina, chiamata piadina della Madonna del Fuoco o pane della Madonna del Fuoco: la caratteristica è l'uso dell'aroma all'anice. Gli ingredienti tradizionali risultano: farina, latte, zucchero, burro oppure olio extra vergine di oliva, lievito di birra e semi di anice.

Diffusione

Commercializzata fresca, realizzata sul momento, in appositi chioschi anche detti piadinerie diffusi in tutta la Romagna, è possibile trovarla anche confezionata precotta presso la grande distribuzione. I chioschi della piadina sono colorati a bande verticali, con colori standardizzati per varie località romagnole.
A seconda della zona di preparazione ci sono alcune differenze tra piadina e piadina, per quanto riguarda la forma e la consistenza. Nel cesenate, nel forlivese e nel ravennate è spessa e soffice, mentre nel riminese è più sottile e di diametro leggermente maggiore.
Pur essendo tipica della Romagna, è ormai conosciuta in tutta l'Italia ed all'estero.
Nel 2013 ne sono state prodotte 61mila tonnellate.

Poesie e canzoni sulla piadina

  • La Piada di Giovanni Pascoli
  • La Piè (Il pane dei poveri) di Marino Moretti
  • Burdèla campagnola, canzone in dialetto romagnolo di Secondo e Raoul Casadei dedicata alla piadina: "... oh bèla fiola, zira la pida, st'atenti che l'an's brousa, la pida rumagnola...".
  • «La piê» è anche il nome della rivista culturale fondata da Aldo Spallicci nel dicembre 1919. Tutt'oggi esistente, è considerata la più prestigiosa rivista di cultura romagnola.
  • Anche la canzone Freak, cantata da Samuele Bersani nel 1994, parla del piatto tipico romagnolo.




Bodeguita del Medio

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La Bodeguita del Medio è un tipico bar ristorante de L'Avana, Cuba. Locale storicamente frequentato da personaggi famosi del passato, che tramite foto, firme nelle pareti, graffiti e oggettistica varia, hanno lasciato il segno del loro passaggio in questo ristorante. Salvador Allende, Pablo Neruda, lo scrittore Ernest Hemingway, sono solo alcuni che in passato frequentarono questo locale. Sulla parete spicca una famosa frase, in inglese, di Hemingway: "My mojito in La Bodeguita, My daiquiri in El Floridita".
Fondata dall' ungherese Sepy Dobronyi come negozio di viveri, fu comprata nel 1942 dallo spagnolo Angel Martinez, che trasformò il negozio in un ristorante, servendo piatti tipici cubani. Dopo la rivoluzione, Martinez, passato da proprietario ad amministratore statale, introdusse un nuovo cocktail, il Mojito, che divenne poi un simbolo del bar e dei tipici cocktail cubani.
Oggigiorno, il ristorante è uno dei luoghi più visitati dai turisti stranieri in visita a La Habana Vieja, principalmente questo è dovuto alla sua storia e ai ricordi dei personaggi famosi che passarono per questo luogo, il nome deriverebbe dal fatto che tali locali erano solitamente posizionati agli angoli delle strade, mentre questo si trova nel mezzo.

Zongzi

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Lo zongzi (caratteri cinesi: 粽子 o ; pinyin: zòng zi; Wade-Giles: tsung-tzu; hakka: zung ne; min: Bah-chàng; wu: tsoŋ tsX; cantonese: zung zi; Yale: júngjí), o più semplicemente zong, è un cibo tradizionale della cucina cinese, la cui pasta composta di riso glutinoso viene riempita con ripieni di diverso genere e poi avvolta in foglie di bambù o di giunchi. Il piatto risultante viene cotto al vapore oppure bollito. In altre parti dell'Asia orientale tale piatto assume altri nomi: in Giappone diventa chimaki, in Laos, Thailandia e Cambogia nom asom, nelle Filippine machang (parola derivante dal dialetto lan-nang), in Indonesia bakcang oppure bacang (肉粽). La stessa parola bakcang deriva dall'hokkien, un dialetto cinese parlato dai cinesi-indonesiani. Nel mondo occidentale, invece, i zongzi sono conosciuti come involtini di riso oppure tamales cinesi.

Origini

I zongzi vengono tradizionalmente consumati durante la festa delle barche drago (cinese: Duanwu; cantonese: Tuen Ng), la quale viene celebrata il quinto giorno del quinto mese del calendario cinese (approssimativamente tra la fine di maggio e la metà di giugno) come commemorazione della morte di Qu Yuan, famoso poeta vissuto nel regno di Chu durante il periodo dei regni combattenti. Rinomato per il suo patriottismo, Qu Yuan aveva tentato senza successo di avvisare il suo re ed i suoi compatrioti dei tentativi di espansione del vicino stato di Qin. Quando nel 278 a.C. il generale Qin Bai Qi prese la città di Yingdu, la capitale Chu, il dolore di Qu Yuan fu talmente forte che egli si annegò nel fiume Miluo, dopo aver scritto una poesia intitolata Ai Ying (Lamento per Ying). Secondo la leggenda, la popolazione gettò nel fiume pacchetti di riso per evitare che i pesci si nutrissero del corpo del poeta. Un'altra versione della medesima leggenda racconta che i zongzi vennero gettati nel fiume per placare, invece, un drago che vi abitava.

Descrizione

La forma dei zongzi varia dall'essere relativamente tetraedrica nella Cina meridionale a cilindrica nella Cina settentrionale. L'abilità di avvolgere uno zongzi in modo adeguato viene tramandata nelle famiglie di generazione in generazione, così come le variazioni nella ricetta. In passato, così come avveniva in Messico per i tamales ed in Brasile per i pamonha, la preparazione dei zongzi era un evento al quale tutta la famiglia partecipava come occasione per stare insieme.
Mentre i zongzi tradizionali cinesi vengono avvolti in foglie di bamboo, in altri paesi e in alcune regioni queste vengono sostituite da foglie di loto, mais, banano, canna, alpinia zerumbet o pandan. Ogni pianta dona al riso con il quale viene a contatto un odore ed un sapore diversi.
I ripieni utilizzati nei zongzi variano da regione a regione, invariabile è solamente il tipo di riso, ossia quello glutinoso (chiamato anche colloso o dolce). A seconda della zona di produzione, inoltre, il riso può venire leggermente precotto al wok oppure bagnato in acqua prima di essere utilizzato.

Ripieni




  • Fagioli mungo, sgusciati e divisi
  • Pasta di fagioli rossi
  • Giuggiolo
  • Char siu (maiale barbecue cinese)
  • Salsiccia cinese
  • Maiale salato
  • Funghi neri cinesi
  • Uova d'anatra salate
  • Castagne
  • Arachidi cotte
  • Fagiolini
  • Gamberetti essiccati
  • Capesante
  • Maiale rosso
  • Pollo
  • Taro
Lo Zongzi deve essere cotto a vapore o bollito per diverse ore, a seconda della qualità del riso, prima che vi sia aggiunto il ripieno. Una volta cotto, lo zongzi può essere facilmente surgelato a favore di una consumazione successiva. Zongzi surgelati si trovano spesso nei supermercati cinesi.

Varianti

  • Jia zong (假粽): invece del riso glutinoso, vengono usate per contenere il ripieno delle palline di farina di riso glutinoso simili a mochi (cosicché non si distinguano singoli chicchi di riso nell'impasto). Questa variante è tipicamente più piccola dello zongzi originale, e molto più gommosa al gusto.
  • Jianshui zong (碱水粽): questa variante, il cui nome significa "zong all'acqua alcalina", viene mangiata come dessert piuttosto che come portata principale. Il riso glutinoso viene trattato con acqua alla liscivia (carbonato di sodio acquoso) oppure con carbonato di potassio. Da queste misture deriva il suo tipico colore giallo. In genere, questo tipo di zong non contiene ripieno oppure viene riempito con qualcosa di dolce (ad esempio pasta di fagioli dolci), per poi essere servito con zucchero oppure sciroppo leggero. A volte viene inserito all'interno un ramoscello di legno rosso (shu mok), per dare più sapore e colore.
  • Nyonya zong (娘惹粽): una specialità della cucina nyonya, questi zong sono molto simili per ripieno agli zong cinesi in stile del sud, tuttavia vi si differenziano poiché vengono avvolti in foglie di pandan.



 
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